Barbara Alberti prima serata Beppe Costa Incontri



Nella libreria Pellicanolibri, Roma [Via Gattico, 3 - Roma, Casalotti] Lunedì, 12 maggio alle ore 21
Ingresso libero


“Le figlie d’Israele vivono a testa bassa. Io guardo invece negli occhi le creature di Dio, perché il mondo è nello sguardo degli uomini, e voglio vederlo. (…) Ho studiato in silenzio la viltà degli uomini; basta poco a tenerli lontani. Quanto a me voglio tessere piuttosto la mia sorte”.

Nel romanzo di Barbara Alberti (edito già trentanni orsono da Mondatori riproposto oggi da Castelvecchi) ritorna, per chi l’avesse dimenticata, e sono molti, troppi, la figura della donna Maria che, torna ad essere simbolo di ribellione aspra e di riconquista del sé.

La vita di Maria, il sogno della donna non è molto cambiato. Anzi! è davanti alla crudeltà e all’indifferenza, che lei, madre, lei sorella, lei fidanzata o moglie, riesca ad essere sempre e ancora vittima, spesso secondaria della tragedia che la vedono ancora colpita da coltelli sempre più impuniti.

Non passa giorno che, come fosse la solita intervista ai casini o ai bossi di turno che, un marito, un fidanzato, un ex di questo e di quello armato non commetta delitto nei confronti di moglie fidanzata sorella amante. Come tassa necessaria da pagare per andare in tivvù.

Perché qui volevo arrivare, quasi sempre il delitto compiuto nei confronti della donna viene attribuito a lei stessa e un lontano ricordo mi assale: il primo processo per violenza sessuale dove l’allora avvocato Tina Lagostena Bassi difendeva non solo la ragazza che aveva avuto il coraggio di denunciare la violenza subita ma addirittura se stessa, dalla ironia e dalle risate di pubblico e magistrati. Ricordo vivo delle risate e il godimento degli imputati era da voltastomaco. Non ho più amato Siracusa: vi erano comprese A) la Madonna delle Lacrime, B) le risate di pubblico, magistrati e violentatori!

I colpevoli erano invece loro: la giovane donna e il suo avvocato. Non fu il solo caso: si ricorderà l’uso del jeans o della gonna come strumento di ‘provocazione’. Non ricordo il ‘luminare’ che assolse il violentatore.

Certo sembro distaccarmi dalla lettura del libro di Barbara Alberti ma, credo, che a questo aspetto si lega l’attualità del “Vangelo secondo Maria”. C’è sempre appostato un Giuliano Ferrara, che può essere il nemico di turno, ma dietro lui (e la figura lo permette così come la mia facile ironia ) c’è una grande quantità di uomini ben lieti di volere la donna come persona di serizio, madre di figli esemplari ed elemento decorativo.

Come la Madonna. Come spesso la Madonna può essere vista e come invece sempre Lei si sia ribellata a questa immagine.

Una “favola sovversiva” è perciò da parte dell’autrice “un torto da essa subito, una figura tanto mortificata dalla storia, venerata e al tempo stesso ignorata più d’ogni altra.

Se trentanni fa, si riteneva che le donne potessero prendere in mano la loro stessa vita, decidendone la sorte nel bene e nel male, questo non è accaduto ed è forse per questo che l’Autrice oggi come allora, sembra dedicarlo ancora a quelle donne. Risarcimento aritistico a loro e a Maria.