Altri poeti: "Acqua privata? No Grazie!" antologia in versi a cura di Marco Cinque

In questa antologia sono intervenuti autori come Fabio Barcellandi, Stefania Battistella, Alessandra Bava, Ferruccio Brugnaro, Giancarlo Cavallo, Marco Cinque, Beppe Costa, Javier Heraud, Jack Hirschman, Gabriel Impaglione, Maria Jatosti, Ivo Machado, Dario Santoro, John Claude Smith, Alessandro Spinazzi, Zingonia Zingone.

Intervallano le poesie scatti fotografici di Corrado Corradini, Marco Cinque, Geoff Ward, Bruna Di Pietrantonio, Giampaolo Santi, Antonio Ruiz.

I diritti d’autore sono destinati alla causa di Fernando Eros Caro, nativo d’America di ascendenza Yaqui, rinchiuso da quasi 30 anni nel braccio della morte californiano si San Quentin.





Lascio ora la parola ad alcuni dei poeti sopra citati:

Ferruccio Brugnaro

Rifiuto delle privatizzazioni

Non toccate l’acqua
non toccate
la sua luce.
Non vi basta
ciò che già
vi siete presi
con violenza.
Non vi soddisfano ancora
gli sfregi
mostruosi
brutali
inferti alla terra.
I popoli sono stanchi
delle vostre scorrerie
delle vostre barbarie
delle vostre infamie.
Tenete lontane le vostre
sozze mani
le infinite menzogne
dalle sorgenti
dai fiumi.
La notte è lunga e profonda
non si vede giorno.
Grande è
il vostro sporco insaziabile
egoismo
la vostra farneticante
volontà di dominio
di terrore.
La nostra sete d’amore
può esplodere
da un momento
all’altro.
Non mettete piede là
dove sgorga vita
non toccate le fonti
del sogno

Ott. 2010


Beppe Costa

Senza titolo

Privatizzate il mio corpo
fatto d’acqua
privatizzateci ancora
svendendoci per miseri rendiconti
d’una vita che non basta
non vi basta
al solito i soliti noti
vorrebbero toglierci dalla nostra viva carne
anche l’acqua
presto fors’anche l’aria

Così, come sono soliti
nei loro raduni intelligenti
come fossero eterni
tanti tropo assassini
guidano i passi dell’intero universo
come casa, come seconda casa
non ci bastasse il cielo

Così di stenti e d’acqua si muore
con quell’acqua che sembra proprio tanta
affogata a volte nel petrolio
tal altre del piscio dei bagnanti festosi
e incontenibili

Siamo fatti d’acqua eppure
abbiamo sete di così grande potere
perché non ci basti il cielo
perché non ci si compri il mare
perché non so più rispondere
a questi stupidi perché.


Gabriel Impaglione

Tutto

La nomino col tuo nome e nel nome tuo
mi consacro alla sua luce

Come potrei schiacciarla
con stivali per assassinare
con ruote d’ossido e vomito d’olio
di macchina da sterminio?

L’alzo nel palmo della mia mano l’offro
al figlio al compagno

Come potrei affondare nella sua spalla
il filo velenoso dello scolo
aprirle il cuore con un pugnale d’acido?

Posso vedere ancora l’ora costellata,
passare dalla mano della donna che amo
sotto l’arco trionfale del mattino,
portare alla sua bocca la mia bocca mentre
il mare lavora nella sua continua sinfonia

Come lapidare il cristallo dove lei annida
rompere la sua primavera
la sua migrazione di canto?

Lei balla nella finestra nuda e pura
pianoforte di metafore nella mezzanotte

Come circondarla di trappole, incarcerarla
mettere prezzo alla sua testa?

di mano in mano la vidi piena di vita
offrirsi generosa, celebrare la marcia.

Come attizzare la sete per consegnarla
prigioniera di guerra
merce?


John Claude Smith

Il Paradiso degli Scarafaggi

acqua, acqua ovunque
acqua, acqua ovunque?

a largo della costa di New Orleans
uomini di affari e speculatori
bevono martini e petrolio
vivono alla giornata per un portafoglio rigonfio
e non per i ricordi sporchi dei loro pronipoti
o le grida soffocate di gabbiano morenti su spiagge
annerite
perché il genere umano è degenere
mentre predatori di petrolieri e fornitori di gas sulla
costa ovest
corrompono le falde acquifere con un processo detto
“fracking”
& isoledi bottiglie di plastica scolpita, intasando
correnti a cinquanta miglia dall’indistinto Golden
Gate,
& la disastrosa decostruzione nucleare
ricostruisce l’aggrottato fronte marino giapponese
in un decadente sorriso sdentato,
la tetta rigonfia di Madre Natura sputa macchie
d’inchiostro per nutrirci
& la lenta morte è la nostra ricompensa
perché il genere umano è degenere
conscio dei crimini a portata di mano,
punte dell’iceberg del cappello da somaro
coronato di stupidità ed avidità che divora l’animo
che si annida sottecchi in un angolo
masturbandosi, lubrificandosi con il nostro sangue
alla ruota dell’ignoranza, con la negligenza a cavallo
di un fucile
& la tutela ambientale e i fugaci istinti di
sopravvivenza
che si agitano nello specchietto retrovisore
mentre la nostra meta finale si fa più distinta
il sole tramonta nell’anima vuota di un oceano morto,
ci attende una vacanza perenne, l’Estinzione decretata
perché il genere umano è degenere
& l’acqua che è il nostro sangue vitale
è la discarica della nostra follia imperante:
vita della razza dominante su questo pianeta
innalzo il bicchiere agli scarafaggi
per brindare alloro imminente dominio
sulla polvere & al futuro di morte
del genere umano tutto d’un fiato

acqua, acqua ovunque?
niente più acqua
sparisce
sparisce
è andata


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“Into the wild world, quelli che cercano” al Teatro dell’Angelo, Roma

Lo chiedevamo, in molti, dopo aver visto, alcuni più volte "Into The Wild World" che l’aspettavamo in teatro, uno spazio naturale più d’una biblioteca o una tenda (con luce che si assenta) durante l’estate romana all’isola Tiberina, e così accade fra pochi giorni: domenica 4 dicembre al Teatro dell’Angelo a Roma.Riporto un breve articolo scritto dopo aver visto la prima volta (ce n’è stata una seconda) lo spettacolo alla Biblioteca Cornelia di Roma.

Ognuno di noi, ma naturalmente coloro che qualche domanda ancora se la pongono, sogna di viaggiare.
In mancanza di mezzi, ma anche possedendoli, quello più idoneo che da secoli si tramanda è il libro, seguito, ma non sempre, dagli inizi del novecento dal film.
È appunto, partendo dai libri e dall'Odissea di Omero che Riccardo Mei (complice Roberto Pardini) compone il suo e nostro viaggio, in uno spettacolo che definire multimediale (oggi, almeno, abituati a definire multimediale quattro immagini insignificanti che scorrono su un telo) è limitativo.
Qui, ben altro!
Per chi poi ha buona memoria, legge e ricorda la bellezza degli anni '60, ricchi di entusiasmi, di invenzioni musicali, di film, di “rivoluzioni” e mutamenti della società, non poteva non commuoversi, battendo le mani a tempo e cantando perfino alle note e parole di Cat Stevens, (facile, per Riccardo Mei, interpretarle) altro elemento fondante dello spettacolo - anche questo termine è limitativo.

All'inizio fu il mare e il vento e qui Sergio Vecia con un filmato eccellente che si sviluppa per tutta la durata, contribuisce non poco alla narrazione di "Into The Wild World": terrà conto delle musiche, delle parole e spiegazioni dell'autore/attore/cantante Riccardo Mei.
Quegli scenari immaginati e/o immaginari che spesso stanno nella nostra mente, quelle lune che seguono un percorso inammissibile eppure così presente in letteratura oltreché nei nostri sogni, prendono vita e riempiono il nostro sguardo col contributo dei musicisti, primo fra tutti nel dirigerli, Roberto Pardini alla chitarra, il figlio Igor con ukulele e chitarra, la giovanissima ma assolutamente notevole (i suoi contributi con l'archetto sono esemplari) contrabbassista Joy Grifoni e Aurelio Rizzuti alla batteria e percussioni.
La musica, le immagini, le canzoni gli interventi al flauto, all'armonica di Riccardo Mei, appassionato narratore del viaggio non sono facilmente narrabili; fors'anche per me ancora più difficile, tanta la commozione che ha preso tutto il mio corpo (non solo lo spirito) per quanto accennato prima.
Se si considera che siamo poi, finalmente, in un bellissimo teatro come il Teatro Dell’Angelo di Roma, dove tutto avviene dal vivo, senza trucchi, certamente si riconoscerà, nella perfetta sincronizzazione di tutti gli elementi, la vera e grande riuscita di quello che più che spettacolo è, appunto, un viaggio, un film, un concerto, dove tutto si amalgama.

Dentro e intorno all'uomo è questa avventura che i sei protagonisti, ciascuno col proprio compito, narrano e non è altro che la ricerca di ciò che ogni giorno vorremmo fare, vorremmo essere, vorremmo comunicare agli altri.
Quegli altri che a volte ci appaiono diversi, (ma siamo sempre noi, noi stessi?) che vediamo correre, affannarsi verso tutto ciò che è esteriore e (dati i risultati raggiunti in questi anni bui) inutile. Sembra che venga coperto da una nube nera ogni passione verso il bello: avvenimenti che accadono nel nostro paese (e non solo) sembrano disinteressare completamente l’interiorità dell’essere umano che, da qualche parte, deve pur esserci, ben nascosta, ma c’è.
Il lungo applauso e la sosta di ore dopo "Into The Wild World" sono stati la dimostrazione che nessuno dei presenti aveva voglia di andarsene.
Un desiderio di comunicare con chi aveva sviscerato in poco più di 90 minuti ciò che da sempre, noi e con noi, ritengo ogni essere decentemente umano, desidera sapere, conoscere ma, soprattutto, vivere.

Una speranza e un augurio affinché "Into The Wild World" possano vederlo soprattutto i ragazzi, cui molte vicende, film, canzoni, notizie, storia vengono nascoste. Una “censura” che neppure negli anni più bui del fascismo riusciva coprire in maniera così totale.

E se il Teatro Dell’Angelo di Roma porta il pubblico ad uscir di casa e rinunciare allo stupidario televisivo, certamente lodevole

Beppe Costa
(foto Marco Pasqua)

Ricordiamoci quindi:

domenica 4 dicembre 2011
“INTO THE WILD WORLD, quelli che cercano”
ore 21:00 Teatro Dell’Angelo (Roma)


"Acqua privata? No Grazie!" antologia in versi a cura di Marco Cinque

Non è propriamente un “best seller” o “evergreen”, ma purtroppo questo è un argomento che tiene banco anche quando non viene menzionato direttamente:

“Acqua privata? No grazie!”

Questo, dunque, il titolo dell’antologia a cura di Marco Cinque, che raccoglie poesie e fotografie di autori nazionali e internazionali, contro la privatizzazione dell’acqua e in difesa di un bene primario; una specie di dialogo usando linguaggi artistici, un confronto, quasi a voler sbattere sotto gli occhi del lettore quelle verità che tutti sappiamo, ma evitiamo, con molta maestria, di affrontare. È stato chiesto agli autori che hanno aderito all’antologia, di mettere insieme poesie e scatti che facciano riflettere sul tema, che richiama il titolo, “acqua privata”.

Il risultato è stato senza dubbio sconvolgente, sicuramente perché a causa della diversa sensibilità di ogni artista, i partecipanti hanno deposto la propria tessera (ahimè, tagliente…) così da far diventare questo mosaico sempre più nitido anche se muto, agli occhi di chi riesce a guardare senza distogliere lo sguardo; non da ultimo, però, perché l’acqua è davvero una necessità e non può assolutamente diventare privata, sarebbe un disordine di priorità troppo esagerato da sopportare.

In questa antologia sono intervenuti autori come Fabio Barcellandi, Stefania Battistella, Alessandra Bava, Ferruccio Brugnaro, Giancarlo Cavallo, Marco Cinque, Beppe Costa, Javier Heraud, Jack Hirschman, Gabriel Impaglione, Maria Jatosti, Ivo Machado, Dario Santoro, John Claude Smith, Alessandro Spinazzi, Zingonia Zingone.

Intervallano le poesie scatti fotografici di Corrado Corradini, Marco Cinque, Geoff Ward, Bruna Di Pietrantonio, Giampaolo Santi, Antonio Ruiz.

Lascio ora la parola ad alcuni dei poeti sopra citati:

Stefania Battistella

FABIO BARCELLANDI

Come acqua III

l’odio non ha odore
eppure io lo respiro
il sangue che gronda
e mi toglie il fiato

l’odio non ha colore
eppure io lo vedo
il sangue che gronda
e mi priva della vista

l’odio non fa rumore
eppure io lo sento
il sangue che gronda
e mi sento sordo

l’odio non ha sapore
eppure io lo assaporo
il sangue che gronda
e mi affama

l’odio non ha forma
eppure io lo percepisco
il sangue che gronda
e fa di me una salma

l’odio
come acqua
è inodore
è incolore
è indifferente
è insapore
è informe
è

vita finché nel suo alveo
corre
altrimenti
è morte
se fuori da te
scorre


ALESSANDRA BAVA

Sete

Di chi è l’acqua
che zampilla dalla
fontana sulla
piazzetta romana?

È nostra.
È tua. È mia, ma non la loro.

Di chi è l’acqua
che sgorga dai
rubinetti di
questa casa?

È tua.
È mia. È nostra, ma non la loro.

Di chi è l’acqua
che scivola lenta
da questi occhi
stanchi?

È mia.
È tua. È nostra, ma non la loro.

Ho sete.

Ma, come te
e al contrario di loro,
non di denaro.

Ho sete.

Di un mondo migliore
dove nessuno si arroghi
il diritto di possedere
l’acqua altrui.

Ho sete.

Pertanto,
fareste bene ad ascoltarmi.
Questa acqua è la nostra acqua.
Giù le mani!


MARCO CINQUE

Il prezzo dell’acqua

acqua
molto più
ancor prima di prima
un diritto ancestrale infangato

acqua
di popoli ultimi
ultimi in tutto meno
che nell’essere ancora umani

acqua
di vampiri planetari assetati
che privatizzano la sete altrui
dai loro vertici, dai telegiornali
dalle loro limousine che
sbandano passando sui corpi
dei loro stessi figli quotato in borsa

e sanciscono il possesso dei bisogni
brevettando diritti primari
dal cuore ribelle di città blindate

e mettono un’etichetta, un prezzo
su tutto, e toccherà pure all’aria
se non possiamo bere non potremo
respirare senza il loro consenso

acqua
è una quota insostenibile
debito malefico della stupidità
di moderni Sansone che stavolta
hanno colonne liquide tra le mani

sarà il supremo supplizio
di ogni forma di sacra esistenza
una pena di morte inflitta alla ragione
condanna globale sul patibolo dei profitti

e sarai bendata, acqua
davanti a plotoni d’esecuzione
di governi corrotti e corruttori

loro ti vogliono uccidere
e ucciderci, lo dobbiamo impedire
in ogni modo, costi pure quel poco
di sensato che resta di noi

non possiamo venderti
non possiamo comprarti
sei il sangue limpido di nostra madre
il seme celeste di nostro padre

acqua, che ti vorrei libera
persino dal bicchiere, qui
sulle mie labbra che ormai
faticano persino a pronunciarti

acqua.


GIANCARLO CAVALLO

Angelo Srl

Ruberai la mia sete
e le mie labbra
e con le mie lacrime
adornerai la tua gola
conoscerai le segrete
vie dell’acqua
nel tuo volo notturno
tra terrore e fango
ti nutrirai del sangue
del monte dei pegni
nei tuoi occhi magnetici
trappole e trucchi magici
per circuire gli stupidi
ammirerai le tue
ali abbaglianti riflesse
nei palazzi di vetro delle Borse
mentre i profitti volano

Ma tu vorrai di più:
l’aria che respiriamo
il sole che ci scalda
i sospiri degli innamorati
le molteplici caleidoscopiche
facce della paura

Miseramente precipiterai
nello strapiombo del tuo
stesso abisso
quando milioni di voci
all’unisono pronunceranno
la formula magica
vade retro, vade retro Satana!

Berlino-Salerno, 15-10.09.2010


JACK HIRSCHMAN

Oil Water

Acqua oleosa, un torrente d’oro
che ha ucciso lavoratori, animali.
Attraversa la frontiera. Scava un Buco.
Arizona, perché hai così freddo?

Lacrime negli occhi della gente di Detroit:
l’unica acqua non privatizzata.
Cittadino di Motown Louis Joe:
è tutto al contrario, non lo sapevi?

In 35mila ne sono deprivati, si
rifiutano di mandare le loro figlie
a prostituirsi per due penny, ed urlano:
Auqca, Auqca al contrario

Gridano: Acqua! L’acqua un giorno
affonderà questo sistema nauseante sistema di bocche
menzognere riempite di denaro, le nostre pinze
entreranno nei loro musi, strapperanno tutti

i denti marci dalle loro bocche,
poi le sistemeranno su tubi
dove il torrente di quella brodaglia di
profitti sarà infine tappato,

e i ladri delle compagnie, i saccheggiatori
assoluti di ciò che è decente nella vita
gozzoviglieranno fino ad annegare,
e tutti a Detroit, New Orleans

e anche a Cleveland alzerannoi calici
pieni di semplice acca-due-o, e brinderanno
e canteranno, poiché nessun lavello o vasca
ne sarà sprovvista, La Canzone dell’Acqua:

Agua! Acqua! Eau! Wasser! Voda!
Hallelujah, la Natura è di nuovo naturale!


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Beppe Costa incontri: "Dettagli Materici" di Fabio Mariani


In un periodo in cui da più parti si tenta di mostrarci ciò che non c'è, trasformando, trasfigurando, abbellendo persino questa realtà virtuale, tentando con queste modifiche di farla apparire a tutti i costi reale, così da farla imitare fianco dagli artisti che, perciò, hanno smesso di contestarla, appare inusuale presentare un pittore come Fabio Mariani.
La sua conoscenza di quelle tecniche pittoriche antiche (e perciò faticose) olio, acrilico, tempera, collage, dell'uso del colore e del colore stesso applicato non alla luminosità, ma piuttosto alla luce, rappresentano una diversità di indubbio rilievo, persino geniale se applicato a quella realtà, troppo spesso mascherata o nascosta, ma scomoda e perciò dirompente. Se il compito dell'artista è quello di metterci in guardia perché vede oltre, Mariani lo fa con la conoscenza e la consapevolezza di ciò che è stato, del disastro provocato dall'essere umano, rappresentando quindi nell'opera compiuta ciò che vede.


L'Autore ha acquisito, attraverso la passione e l'amore per artisti che vanno da Magritte, Dalì, Caravaggio, Romano (per citare alcuni così diversi fra loro ma di ciascuno apprezzandone le tecniche e le idee), una maestria e un uso del colore di notevole livello, che maggiormente si estrinseca quando agisce su quei temi che più lo colpiscono: il degrado dell'uomo visibile attraverso la sofferenza delle guerre, della fame e delle lotte disperate per la sopravvivenza.
Alcune opere presentano quella parte di tenero dolore che è spiegabile soltanto sapendo che Mariani ama la musica suonando anche uno strumento e, pur non mostrando spartiti, almeno per ora, c'è la presenza di tutto ciò che un artista coglie nelle altre arti, dalla musica, al teatro, al cinema, fino alla danza.
Fabio Mariani quindi, non corteggiando facili tendenze, percorre un cammino seppure antico sempre moderno che è quello appunto percorso dai grandi del passato che rimangono a mostrarci ciò che c'è, in apparenza tanto diverso ma sempre tanto simile, anche dopo centinaia d'anni: l'Arte come unico senso della vita.
beppe costa

Partecipa a varie mostre collettive e personali in diversi luoghi della penisola, vinto svariati premi, da qualche anno espone anche all’estero:
Theatre Du Vesinet di Parigi;
Fukuoka – Giappone.
Nel 2012 sono programmati eventi in Germania e Cina. Ha realizzato scenografie per spettacoli teatrali e copertine per editori. Si esprime anche con incisioni, ha fatto ritratti a rilevanti personalità della cultura come Silvano Agosti, Arnoldo Foà e Beppe Costa. Le sue opere sono esposte in collezioni pubbliche e private.
Dopo aver esposto, nel 2011, al Theatre Du Vesinet di Parigi, alla Casa di Dante a Firenze, Teatro dei Dioscuri del Quirinale a Roma infine alla Fondazione La Masa Bevilacqua di Venezia, l’artista torna ad esporre alla Libreria Pellicanolibri di Casalotti:
“Scegliere la libreria come “spazio espositivo”, è stato come tornare a casa, o meglio, restare a casa”. Ascoltando Fabio Mariani si capisce che sente la libreria come un prolungamento del suo studio, uno spazio talmente famigliare e conosciuto da essere un tutt’uno con i suoi luoghi più affezionati e cari. D’altro canto, per la libreria Pellicanolibri, è stato e sarà un privilegio accettare e rivedere nei suoi corridoi le opere di Fabio, dopo che lo stesso artista li ha percorsi per chissà quante volte, bambino prima, adulto poi; quegli stessi libri che lo hanno visto crescere, ora vedono crescere e svilupparsi il suo genio artistico, le sue tele. L’autore riporterà un po’ di sé alla libreria, testimoniando così la sua crescita: il confronto con Fabio Mariani,l’artista attuale, con i luoghi in cui c’è stato Fabio Mariani, l’artista in primordiale crescita.
Ci diamo quindi appuntamento:
venerdì 16 dicembre 2011 alle ore 18:00
presso la libreria Pellicanolibri
Via Gattico 3, 00166 Roma -Casalotti-
s.b.

Contatti:

Beppe Costa sceglie: Marco Cinque “Sintesi”

Scrittore, poeta, fotografo e musicista, attivamente impegnato nel campo dei diritti umani attraverso progetti no profit itineranti. Da anni produce, conduce, gira con iniziative in moltissime città italiane, soprattutto presso istituti scolastici di ogni ordine e grado. Realizza incontri multimediali intrecciando diversi linguaggi espressivi: dalla drammatizzazione, alla musica, all'immagine.
Numerose le pubblicazioni fra personali, antologie, curati. Cd e festival, insomma un artista completo che non si fa mancare nulla. E’ vita e vitale.



Marco Cinque: Sintesi, pag. 120 € 10.00
traduzioni di Alessandra Bava


dalla prefazione:
"Nel volume che vi accingete a leggere, accadrà come per “Il libro dell’inquietudine” di Pessoa, o “Il codice dell’anima” di James Hillman, che alcuni di voi lo terranno sul comodino, segnato, perché ognuno di voi capirà, sentirà, farà proprio ogni suo verso, il vostro: aprendo qualsivoglia pagina vi troverete parte di voi, così da sentirvi legati, anche senza conoscerlo.
Può forse accadere questo dalla sua e mia frequentazione della poesia dei tanti autori stranieri (non certo perché ne manchino in Italia di altrettanto bravi, ma parlavo certamente dei noti e celebrati) e di quei tanti italiani che come Marco scrivono e vivono col proprio sangue la poesia, urlandola nelle piazze e nelle scuole, cantandola laddove è possibile e incontrando (senza quelle gelosie dei già citati ‘mostri’) tanti altri poeti che guardandosi attorno non possono dimenticare che la scrittura è ‘anche’ impegno civile e che poeta è colui che sente per primo e più forte il disagio umano e cerca di avvertire gli altri, quelli che può raggiungere con questo mezzo che ha, forse per sua sfortuna, perché è quello che non lo farà vivere mai bene, malgrado tutto attorno a sé funzioni o sembri, egli non può non guardare al di là del suo naso o del suo dito e soffre e urla e canta al mondo affinché si trovi un riparo allo sfacelo così visibile eppure tanto ignorato.

Lascio lo spazio al Poeta:




anoressica vita
la tua bocca cucita
Su una tavola imbandita

***

non ci sono
parole esatte
per dire libertà

soltanto modi di viverla


***

ciascun uomo
dovrebbe considerare meglio
la parte di donna che ha in sé

per completare la ricchezza
della propria
umanità

***

anche il più
insignificante mattone
è già in sé cattedrale

***

ho perso e perso
tutto il perdibile, lo ammetto
per questo motivo sorrido abilmente
nell’aver ritrovato quel niente
dove ancora sentirmi qualcuno
finalmente

***

ho trovato
solo belle parole
per dirti quanto sto male

***

provare vergogna
è un privilegio ormai
conosciuto a pochi



per acquistare il libro di Marco Cinque:
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=632854
Marco su face book: https://www.facebook.com/profile.php?id=1092290017


di prossima pubblicazione a cura di M. Cinque










Lèo Ferrè - Alma Matrix in concerto a Roma

Sono arrivata prima dell’orario stabilito per l’incontro.
Camminare nel quartiere, vissuto per molti anni al tempo dell’università, era già un tuffo inaspettato nei ricordi vissuti, cancellati, difficili e qualche volta emozionanti e vivi, come sono i ricordi lontani, quelli che non si spengono mai.
Nella piazza, già preparata con sedie, palco, riflettori e mixer, un gruppo di persone del quartiere. Si conoscevano, era evidente, e cantavano insieme le arie che un altoparlante faceva volare… con voce intonata e sprazzi tenorili ben impostati.
Seduta ad un tavolino con vino biologico e bruschette guardavo quell’angolo d’altri tempi, i miei, in attesa di vedere i capelli dell’uomo (Beppe Costa) dall’andatura leggera, quasi una danza.
La curiosità cresce, Mauro Macario, Gianluca Cavaliere, i testi di Léo Ferré… un incanto per i pensieri che ancora non conoscevano quello che si preparava. Non conoscere, se spesso puo’ sembrare un limite, in questo momento era la scoperta… la scoperta di un mondo che si apriva inaspettatamente.
Macario mi è entrato subito ovunque con la sua voce calda modulata in toni che aprivano le porte ai testi della poesia erotica, dissacrante, scritta da Ferré per le donne, alle donne, ai minimi gesti languidi e avvolgenti della conquista, del sogno, dell’eccitazione. Cavaliere apriva, con la bellezza della voce cantata, sulla musica originale data dalle stesse basi di Ferrè, anche chi voleva rimanere chiuso, sospettoso, lontano, in difesa. Cercavo di fotografare con l’idea di immortalare il momento e, con la scusa di trovare inquadrature migliori, mi avvicinavo sempre di più al palco… sorridendo alle signore che mi scambiavano per fotografa, amica, forse parente, chissà?


Volevo essere vicina alla vostra meravigliosa arte, spiarvi nascosta tra le piante, in mezzo ai riflettori, essere “dentro” al mistero, alla bellezza, ai suoni, per cogliere i fiati, la luce degli occhi, anche quando Cavaliere mi ha sorriso strizzando l’occhio. Scopro dopo i problemi delle luci e del video non proiettato… peccato davvero! Parlarvi è stato favoloso… artisti di tale levatura incutono soggezione normalmente, ma è importante sempre vedere l’uomo-artista, un connubio che
rende unici, grandi e inspiegabili, belli e intensi come le nuvole dopo il temporale.
Con pochi mezzi e quando si vuole, si può fare o si trovano i luoghi magici per la poesia.


Maddalena Saitta




Con "Unavantaluna" Castelgandolfo s'illumina di suoni e voci, di Maddalena Saitta











In macchina, direzione Castelgandolfo per lo spettacolo della Cumpagnia di musica siciliana Unavantaluna!!!

Attenzione di otto occhi (dodici per la precisione, reclamano gli occhiali) per trovare le indicazioni e non sbagliare strada… ma i moderni mezzi messi a disposizione ci fanno anche ascoltare una voce femminile che sussurra la

direzione e un grilletto che avverte i vicini autovelox.

Allegria e battute con l’odore di pizza che lentamente si raffredda poggiata alle mie spalle… e non è l’unica a perdere calore.

Tunnel.. vai di qua.. vai di la’ e di nuovo il tunnel che sembra essere messo apposta per confondere gli incauti che si affidano ad un TomTom che, meraviglia di alta tecnica, ce la mette tutta anche se qualche volta perde il segnale.

Il silenzio prende spazio all’arrivo nella bella piazza della Libertà dove il palco e le numerose sedie già occupate da altrettanti spettatori donano vista e luci perfette, in attesa dello spettacolo, da sempre attraente per le voci che girano sugli ottimi musicisti che si esibiranno stasera…

Si sa che le voci mormorano con anticipo su ogni evento!

Quando arrivano sorridenti tutti sorridono e, appena iniziano a suonare con la bravura e la professionalità che li contraddistinguono, tutti iniziano timidamente a “suonare” muovendo appena la testa per poi liberarsi e battere decisamente il ritmo con le mani, le gambe, le braccia, i piedi.. qualcuno con le labbra.

Note limpide, voce calda, corposa, in un meraviglioso dialetto siciliano che sembra moltiplicarsi in tante voci come possono essere solo i siciliani, che vivono ovunque con l’isola nel cuore, nelle mani, nelle orecchie, nel naso, a ricordare i colori, il mare, i pesci, le lampare che fanno strada sull’acqua e con tutto il desiderio sprigionato dai suoni di una terra antica, di una terra che non è possibile dimenticare.

Gli strumenti come flauto, zampogna, friscalettu, chitarra, tamburi, tamburini e marranzanu si intrecciano in una musica che non si puo’ solo ascoltare con le orecchie ma con tutto il corpo, creano immagini, profumi e tanta voglia di chiudere gli occhi per lasciarsi trasportare dalla bellezza di chi sa suonare con il cuore, con l’amore che si puo’ quasi toccare per quanto è intenso, sanguigno, lavico, fuori e sopra il tempo.

Se le parole spesso non si comprendono per chi non è siciliano, basta ascoltare i suoni delle parole e seguire i movimenti che non sono mai risparmiati in questo spettacolo meraviglioso…

Musica, musicisti, voci coinvolgono totalmente nella tradizione, nella storia e nel dolore.

Rimpiango di non essere stata vicina alle mie radici, ad un padre siciliano che insegnava senza parole… accostando la polpa dorata dei cedri sotto l’Etna vestito di lava nera.

Il silenzio avvolge la straordinaria esibizione come un velo poggiato a protezione… nel rispetto totale, finalmente, degli artisti che sognano con la musica. Un merito certamente va agli organizzatori.

Nella Piazza vivono solo i suoni, nulla disturba il lento e ritmico fluire della musica, dei corpi e delle voci…

Il mistero dell’arte si fa corpo, pensiero, emozione, diventa vita calda, impegnata, vita da amare, che ama e si fa amare.

Maddalena Saitta



Quintetto con Arnaldo Vacca,
Pietro Cernuto,
Francesco Salvadore,
Carmelo Cacciola, Luca Centamore


beppe costa: "di me, di altri, ancora" a Lanuvio (Roma)



con il Patrocinio del Comune di Lanuvio, Assessorato alla Cultura





Venerdì 15 Luglio ore 20,30 presso il Parco di Villa Sforza Cesarini





"di me, di altri, ancora"


(prima assoluta)





spettacolo videopoesia di e con Beppe Costa


partecipa l'attrice Viviana Piccolo





Nei giorni 15-16-17 Luglio presso il Salone delle Colonne di Villa Sforza


Personale del Pittore Valerio Ferranti in arte Viales





inizio:





Massimiliano Bardotti: "Fra le gambe della sopravvivenza", di Stefania Battistella


Massimiliano Bardotti “Fra le gambe della sopravvivenza”
Thauma Edizioni, collana poetica itinerante,
febbraio 2011, pp. 86, € 10.00
ISBN 9788897204084

“Estremamente calato nella realtà, estremista di anima, perché ha capito che mangiando i giorni di tutti i giorni, si vive: ci si dà un luogo dove accadere e, questo, scrivendo, scorre davanti agli occhi, anche i suoi troppo delicati per stare lì solo a guardare senza contorcersi”.

Questi sono stati i miei primi pensieri dopo aver letto “Fra le gambe della sopravvivenza” di Massimiliano Bardotti, (Thauma Edizioni); già, è inevitabile, e volendo essere anche “poeticamente realisti” questa è una benedizione, forse, talmente grande da far fatica a vederne la testa e le smorfie che fa.
Essere in grado di accorgersi di quello che accade in questo paese, come se avessimo molti e più punti di vista da cui guardare il tutto che si svolge, e da ognuno di essi cogliere verità e menzogne, così da riuscire a essere talmente tanto presenti nel mondo, da poter dire che alcune cose non vanno.
Ci si contorce; a terra o per aria, non importa, basta farlo. Massimiliano ha dato prova di saperlo fare, così si dà segno di appartenenza a qualcosa che si irrita a contatto con la realtà dilagante di persone, che vivono durante giorni feriali. Continuare a scrivere perché per i Poeti è scudo, ma allo stesso tempo stendardo.
Magnifica casa natìa.
È ogni volta un nuovo giro di danze quando si scoprono Poeti così vivi; ogni verso che viene scritto è un colore d’affresco che si imprime sull’intonaco fresco del nostro cuore, una sfumatura in più con la quale riconoscere i sorrisi del mondo… perché il mondo sorride.
Così, mi accorgo che quest’ala del mondo, la Poesia, è più affollata di quanto credessi. Fortunatamente. In questo modo Massimiliano Bardotti risponde all’appello, e si fa presente. C’è tanto ancora da scrivere. Proseguiamo.

Stefania Battistella

dal volume:

Sulla bocca della sera briciole di pane
fioccano come neve dai terrazzi.
Un cane abbaia al buio:
la paura ha lo stesso effetto della rabbia.
Sciami di api vengono dal nord
ci invaderanno entro domattina.
La notte dura un secondo quando dormi.
Gli insonni vivono una vita in più
e soffrono al quadrato.
Il palinsesto notturno provoca depressione
che provoca dibattiti.
Il cane che si morde la coda
il cerchio della morte.
Motorini sciamano nell’oscurità
bulli in libertà provvisoria
domani niente scuola.
La notte ha le mani in pasta dappertutto
assume droghe senza preavviso
vomita per colazione.
Il sole nasce sulla sconfitta di una generazione.

* * *

Si muove col favore delle tenebre, l’occulto spauracchio della cecità.
Non vedere oltre il palmo delle mani, non vedere la vita che si ritira in
sordina. Denuncia la volgarità ai giudici dell’esistenza. Denuncia la volgarità
oltre il buio.

***

Crisi d’ansia per la troppa oscurità.
Crepuscoli in compra-vendita
denuncia delle tenebre.
I vampiri sono precari
il sangue è merce rara
nelle vene scorre l’Istat
indice di gradimento.
Crisi finanziaria
la scuola cade a pezzi.
La polizia è come gli accendini.
Occupiamo il mondo.











Collana poetica itinerante

beppe costa sceglie: "Ruben "il rogo della Vespa"





e il nuovo "Live alla fontana", due nuovi cd del cantautore


Come in un grande e 'serio' divertimento, provando come un ragazzino alla scoperta delle novità in campo musicale, ascolto e riascolto, fermando ogni tanto il cd, "Il rogo della Vespa" di Ruben e, come spesso mi accade, cerco disperatamente ma anche con furba delizia, parole che non siano state ancora dette sulla canzone italiana e su questa in particolare del nostro cantautore.
E allora ricordo che quasi sempre i nostri cantanti, con qualche eccezione (Luigi Tenco, Enzo Jannacci, Piero Ciampi, fra i massimi ad esempio) hanno avuto una svolta quando c'è stato l'incontro con il Poeta: Roversi per Dalla, Sgalambro per Battiato, Pivano per De André, solo per citarne qualcuno.

Come se, contrariamente da come è accaduto in Francia (Ferré, Brel, Brassens) i nostri autori di musica avessero una qualche difficoltà ad essere Poeti allo stesso tempo.
Probabile sia il concetto della poesia italiana, da secoli paludata e poi impoverita da tanta accademia e da tanti premi con ciondoli e frusaglie varie.




Nella realtà c'è qualcosa di diverso, più sotterrato (o nel sottosuolo, per citare l'amico Garbin) che si muove, che ha forza, che resiste.
Come Momo, cui a volte ho fatto cenno che in sé raccoglie novità, vivacità, istinto musicale e impegno (pervaso dall'ironia graffiante e credo unica fra cantautrici) che ritroviamo in alcuni maestri come Gaber e primo fra tutti Jannacci.

Tornando a Ruben, trovo queste caratteristiche a farlo unico nel suo genere: riprendendo in parte il passato musicale di gruppi e autori statunitensi (che ama e ne fanno il suo primo amore d'inizio) sposato con la modernità dei testi: dove trova spazio non solo l'amore stupido e da mercato di un letto sfatto che ha esaurito il suo compito, ma anche quei lavoratori che la canzone, o meglio, i cantautori hanno scordato.

Si aggiunge la novità, così antica, dei suoni non mischiati ad effetti che spesso stravolgono (o addirittura rendono le parole incomprensibili: godendo come si fosse dal vivo la bellezza di una voce pulita e al tempo stesso forte, che non addomestica né addormenta.

Particolare attenzione nell'ascoltarle più volte, come dicevo, Il rogo della vespa, che dà titolo ad cd e Giù, formidabile testo coinvolgente anche dal punto di vista poetico, di quella che dovrebbe essere la tematica di coloro che scrivono poesie e|o canzoni.

Mentre mi accingevo a scrivere del "Rogo della vespa", ricevo "Live alla fontana" ed allora non è un caso ciò che stavo scrivendo a confermare una forza e una volontà di Ruben nell'essere presente, futuro con la conoscenza e consapevolezza del passato: nell'indicare le storture di una società che sfrutta l'essere umano nel e del presente: "Infezione" la dice lunga e molto più di ciò che posso esplicare io nello scriverne.
Bravo Ruben, davvero e grazie anche di riportare all'attenzione la canzone che fu dello stesso Gaber, di Ivan della Mea, Jannacci e alcuni altri che non dimenticavano mai di segnalare il declino della società in evoluzione sì, moderno si, ma, in sviluppo, non in civiltà: cose diverse sulle quali occorrerebbe ragionare.
Ottimi i musicisti: Carmelo Leotta, Carlo Poddighe, Pippo Guarnera, Luca Tacconi, Carlo Cantini, Salvatore Maiore, le voci di Nadia Bonizzato, Lidia Lorenzoni e Valentina Meneghelli, la collaborazione del violino di Michele Gazich
Non rimane che l'ascolto: deliziosamente puro e umano.

beppe costa



per saperne di più:
http://scrittonellanima.blogspot.com/
http://www.myspace.com/rubenmyspace
http://www.rubenrock.com

beppe costa sceglie: "Colori. Settimo Archetipo Panico" di Cornelius Mine Haha

F*Estate
Lunedì 27 giugno
Mine-Haha Production & Arci Fuorirotta
presentano
COLORI – Settimo Archetipo Panico
repliche dalle 19.00
Spettacolo riservato a un numero limitato di spettatori



Avete provato mai a bendarvi gli occhi entrare nelle vite quotidiane, fra il traffico, i silenzi e le urla che vi circondano?
Avete provato a capire quanto gli occhi siano qualcosa che diventa sempre più inutile per guardare la realtà attorno?
E se fosse davvero così e se è così allora provate a pensare che finalmente si affronta in teatro la cecità in una forma assolutamente nuova e poiché il teatro non è più stracolmo come le pizzerie e i pub, avrete almeno qui un attore, più attori a vostra totale disposizione. Essi vi carezzeranno, vi incateneranno, vi parleranno, possibilmente vi abbracceranno e baceranno e voi sarete per una delle rare volte nella vostra vita, consapevoli che qualcuno si stia occupando di voi: che vi stanno ricordando che siamo esseri umani e come tali, amanti, innamorati e così, soltanto, vivi.
Abbiamo un centimetro, occupiamo un piccolo spazio con la nostra vita, spesso lo dimentichiamo?
Non ci accorgiamo di ciò che il potere ci impone, con lusinghe o minacce, non vediamo - ad occhi che pensiamo aperti - che poche realtà. Non sentiamo il rumore delle fabbriche e le urla di bambini violentati, non sentiamo musica, sopraffatti da rumori di auto, ruspe, lavatrici, phon. Non sentiamo e non vediamo quasi più nulla: eppure teniamo gli occhi aperti. Almeno crediamo.

Queste le prime sensazioni e pensieri mentre ero pubblico nello spettacolo "Colori - Settimo Archetipo Panico" allestito e prodotto da Mine-Haha Production & Arci Fuorirotta, nei giorni di F*Estate di Treviglio.
Al buio bendato e condotto per mani e braccia, finalmente con il caldo feroce avvertito per tutti i giorni della mia permanenza, avevo finalmente voglia e volontà di respirare: qualcuno si occupava di me, qualcuno mi ricordava di essere un essere umano, ancora vivente e, quindi, con la capacità ancora di scoprire, dissetarmi, apprendere qualcosa in più di questo nostro paese dove esiste il teatro, la danza, la musica e tanta di quell'arte da mettere in scienza per tutti gli abitanti della terra: mentre per i molti che guardano e leggono ciò che ci appare (ad occhi ben aperti) questo nostro paese sembrerebbe solo buono per salsiccia, balli lisci e corse di bici.
L'articolo dell' Eco di Bergamo del 25 scorso plaudiva alla manifestazione che si concludeva appunto con "Colori", scrivendo che con pochi quattrini si possono fare operazioni culturali più che dignitose, in un'atmosfera accogliente con la partecipazione di un pubblico fatto anche di attori musicisti cantanti (utilizzando la sede dell'Arci di Battaglie - Treviglio) che difficilmente vedremmo insieme e partecipi nel corso delle quattro giornate malgrado il caldo avvolgente.
Un monologo inedito di Arrabal "Il castello dei clandestini" interpretato da Viviana Piccolo ha iniziato la F*Estate, così come l'ha concluso "Colori", ma ha avuto ampio spazio un omaggio a Piero Ciampi, e Rino Caetano.

Parole, parole altre che diventa così difficile ascoltare, scrivere, perfino dire: queste la gran parte riguardano l'amore, quindi la vita, saremmo e nasciamo da questo: sentimento che smuove passioni, che non ha scuole, indirizzi, che porta gioie e dolori e che, come il teatro è, così anche l'amore è: vita.

beppe costa

Circolo Arci Fuorirotta - Treviglio: F*estate- dal 24 al 27 giugno


F*ESTATE - dal 24 al 27 giugno -
aperitivi, musica, teatro, poesia...


Circolo Arci Fuorirotta - Treviglio
Località Battaglie, 8


Venerdì 24 giugno
dalle 19.00 – aperitivo con Slow Food

ore 20.00 – Poeti InCivili – in un reading poetico musicale al fulmicotone!

ore 21.00 – Viviana Piccolo in IL CASTELLO DEI CLANDESTINI – monologo inedito di F. Arrabal
ore 22.00 – Il naturale evolversi dei fatti, lettura musical teatrale con Cristiano Sormani Valli & Thomas Peres.

Sabato 25 giugno

dalle 18.00 – aperitivo con Slow Food
ore 18.30 – LITALIANO PIERO di Teatro Caverna – omaggio a Piero Ciampi
ore 21.00 – SPIRITO DiVino con BANO FERRARI e Nicolò Ferrari, un’epopea del vino raccontata per le rime.

Domenica 26 giugno

Dalle 16.00 – animazione e giochi per bambini in collaborazione con Dosankos Società Cooperativa Sociale
dalle 18.00 – aperitivo con Slow Food
ore 18.00 – KnK & Stefano Pini in “I Giorni Bianchi”– in collaborazione con Nuvole in Viaggio
ore 19.00 – Zu’ Rino Band – Tributo a Rino Gaetano – in collaborazione con ARTshot
ore 20.30 – Beppe Costa e Viviana Piccolo in ANCHE ORA CHE LA LUNA di beppe costa
ore 22.00 – Proiezione film Santa Sangre di Alejandro Jodorowsky in collaborazione con L’immagine sospesa

Lunedì 27 giugno

Mine-Haha Production & Arci Fuorirotta
presentano
COLORI – Settimo Archetipo Panico
repliche dalle 19.00
Spettacolo riservato a un numero limitato di spettatori


per info: arci_fuorirotta@hotmail.it - 3335633317

beppe costa sceglie: Anna Maria Ortese: "Bellezza, addio"

Anna Maria Ortese: "Bellezza, addio"
Lettere a Dario Bellezza (1972-1992)

a cura di Adelia Battista,
Edizioni Archinto, € 15.00 pp 112

Ancora un libro sulla Ortese e, ancora Dario Bellezza, entrambi accomunati dal destino che li vede "spariti" dal nostro paese.

Malgrado il ringraziamento a me rivolto e malgrado Anna Maria citi, nel periodo relativo alla battaglia per fare applicare per lei (e altri) la legge Bacchelli - sussidio dello Stato ad artisti in difficoltà - di continuo mi citi, ecco che, ancora una volta, come hanno fatto altri ricercatori, il mio nome, la mia fatica vengono ignorati e rimangono altri (forse nomi più noti) a riprendersi un merito che 'loro malgrado' non si siano conquistati.

Un po' di equilibrio lo fanno le lettere di Anna Maria a me e la biografia recente di Adele Cambria.

Nella buona sostanza accade che la Ortese scrivesse da anni non solo a Dario, ma a quasi tutti gli 'intellettuali' o scrittori che stimava o in qualche modo poteva contattare, nel descrivere (senza pietismo) le proprie condizioni di isolamento.

Ma nessuno, prima di allora se n'era occupato più di tanto.

Quando Dario, dopo anni di frequentazioni mi descrisse le sue condizioni e le ristrettezze economiche mi venne l'idea di pubblicarla, non tanto per la pretesa di poterla rilanciare, quanto per poterla indicare, fare in modo che non la si credesse 'finita'.

Così infatti accadde: prima il Treno Russo, poi Estivi terrori, iniziarono a contribuire non poco a riportarla in vita e in libreria. Prima un secondo posto al Premio Rapallo (da ridere, non la si poteva premiare una così 'fuori' dal mondo letterario, poi il Premio Fiuggi.

A quel punto, grazie ad amicizie di Adele Cambria, penetrammo in cravatta alla Presidenza del consiglio (allora Craxi) e, come uno stupido, senza fare le fotocopie, consegnai le lettere di Ortese, ricordo di avere pianto mentre ne leggevo al segretario di Giuliano Amato alcune righe.

Mi chiese di lasciarle e lì rimasero, credo che un giorno, verranno fuori: la modestia e l'umiltà e le condizioni miserabili di Anna Maria sono solo quelli che i geni posseggono.

Un rammarico rimane, certo ed è ciò che racconto, ma non toglierà mai la gioia di essere riuscito (mettendo perfino la cravatta) a far sì che da quel giorno quella legge viene applicata, anche se non ne hanno goduto né Umberto Bindi (gay) né Goliarda Sapienza (aveva commesso furto alla cugina), né Amelia Rosselli, grande poetessa morta suicida.

Non posso però non essere lieto di questo ulteriore libro, anche se mi lascia ancora una volta profonda amarezza.

beppe costa