Tributo a Janine Pommy Vega



Un commosso tributo a Janine Pommy Vega, una grande voce poetica che si è spenta da poche settimane...Janine Pommy Vega, a soli 16 anni andò da Union City, New Jersey, dove viveva, a New York in cerca della Beat Generation che aveva conosciuto attraverso i libri che leggeva. Incontrò Gregory Corso, e tramite lui gli altri scrittori. Dopo essersi diplomata si trasferì definitivamente a New York. Nell’autunno del 1962 lasciò l’America insieme a Fernando Vega e viaggiò con lui per tre anni in Israele ed Europa. Dopo la sua morte nel 1965 tornò in America e completò il suo primo libro Poems to Fernando, che fu pubblicato da City Lights Books nel 1968. A San Francisco frequentò i Diggers, Hell’s Angels, e gli scrittori di North Beach, e perse quattro volte di seguito i manoscritti del suo secondo libro. Nel 1971 partì per il Sud America e visse in Perù, Colombia e Bolivia per i successivi quattro anni. Durante il suo soggiorno all’Isola del Sole nel Lago Titicaca in Bolivia, terminò "Journal of a Hermit" (Cherry Valley Editions, 1979) e "Morning Passage" (Telephone Books, 1976). Tornata a New York nel 1975 cominciò ad insegnare poesia ai bambini di lingua inglese e bilingue nelle scuole pubbliche e ai prigionieri del Sistema Penitenziario dello Stato di New York. I suoi viaggi nel corso degli anni ottanta e novanta furono le basi per "Drunk on a Glacier, Talking to Flies" (Tooth of Time Press, 1988); "Threading the Maze" (Cloud Mountain Press, 1992); "Red Bracelets" (Heaven Bone Press, 1992); "Tracking the Serpent: Journey to Four Continents" (City Lights, 1997); "Island of the Sun" (Longhouse, 1991) e "Mad dogs of Trieste" (Black Sparrow Press, 2000). Attualmente dirige Incision/Arts, un’organizzazione che porta gli scrittori nelle prigioni. Membro del PEN American Center’s Prison Writing Committee, è coautrice con Hettie Jones di Words over Walls, un manuale sull’attivazione di laboratori di scrittura in prigione. Ha ricevuto borse di studio dal New York State Council per le Arti, S.O.S., e dalla Puffin Foundation. Ha presentato il suo lavoro in molti paesi, spesso accompagnata da musicisti. Partecipa da anni alle attività di Casa della poesia ed è stata presente a: "Parole di Mare" (Amalfi, 2000), "Napolipoesia 2001", "Lo spirito dei luoghi" (Baronissi, 2000), "Incontri internazionali di poesia di Sarajevo" (Sarajevo, 2003 e 2009), "Il cammino delle comete" (Pistoia, 2001 e 2004), "Altre Americhe" (Napoli, 2005), "Il Borgo della poesia" (Giffoni V.P., 2006), "VersoSud" (Reggio Calabria, 2009). Nei Quaderni di Casa della poesia ha pubblicato, nel 2004, il volumetto "Nell'era delle cavallette". La casa editrice Nutrimenti ha pubblicati nel 2007 la raccolta di scritti di viaggio, "Sulle tracce del serpente". Janine Pommy Vega si è spenta il 23 dicembre del 2010.
* E come ricordarla, se non grazie alla sua poesia: immortale! I due testi che seguono di Janine Pommy Vega - Patrick Nolan e Dedicato a te, dall’altra parte sono tratti dall'antologia “Poeti da morire” Ed. Giulio Perrone, a cura di Marco Cinque, con prefazione di Margherita Hack... Patrick Nolan Ho letto le poesie sulla tua infanzia di com’eri ammanettato e continuamente violentato da un patrigno che odiava i tuoi capelli rosso fuoco, che nascondevi sotto un cappello e lui prese il tuo cappello e lo gettò dal finestrino dell’automobile. Penso agli abitanti del Braccio della Morte, quelli che da bimbi furono tutti violentati i violentatori, gli assassini: il 100% come la ghianda non cade lontano dall’albero così la crudeltà è un’arte che si impara subendola non un atto naturale. Ho difeso le tue poesie in concorso: dettagli forti e precisi senza autocompatimento, fino a che un lettore si commuoveva alle lacrime, e hai vinto il terzo premio. Sono venuta a trovarti, come visitare un paese straniero nelle correnti del fiume Sacramento. Tutti i laboratori a Folsom cancellati per la pioggia, mi hanno dato una stanza vicino al Cortile con soltanto due studenti, tu e un altro come fossi venuta a trovarvi in Turchia potemmo avere un’ora di visita in privato i tuoi capelli rosso fuoco scuri degli anni trascorsi dentro Una rana iniziò a gracidare vicino alla grondaia in un angolo interrompesti il nostro incontro per cercarla e la portasti fuori, dandole una possibilità di sopravvivenza. Ho pensato a come la compassione inizia partendo da se stessi per arrivare a includere tutti gli altri, come tu e le tue poesie siete cambiati. Ho sentito che l’altra notte sei morto. Sono scesa dalla montagna ho osservato gli alberi nudi nel sole, dicevano che tu sapevi che stava arrivando, c’erano centinaia di boccioli di acero sul suolo della foresta: alcuni rossi sono proprio naturalmente meravigliosi. Willow, NY, 14 aprile 2000 Dedicato a te, dall’altra parte Tu non puoi portare via questa mattina di lillà, l’aria leggera tra i rami del salice e ancora la sua vita nel piccolo cortile mentre gioca col suo camioncino rosso fino all’ora della nostra merenda e il suo pacchettino di M&Ms fino all’ora di pranzo. Tu non puoi portare via l’adolescente entusiasta che balza giù per le scale incontro ai suoi amici o la sua stanza in disordine con i calzini sparpagliati ovunque e il tamburo che aspetta il suo ritorno in un angolo, il suo amore per la musica e la magia, i trucchi con le carte e la maschera di gomma da lupo, il suo blocco di appunti vivo di scarabocchi e indovinelli, il suo largo sorriso entusiasta mentre sta con Tito Puente nell’Union City bar. La tua stupida paura, hai sparato allo sconosciuto durante la tua rapina maledetta al benzinaio, con la tua pistola spianata come se fossi stato beccato ex coitus in una cabina telefonica con le braghe calate e gli occhi ancora sbarrati. L’orrendo fiore rosso sul suo collo, dove il sangue scorreva: ucciso sul colpo. E sei fortunato a non avermi incontrata allora la rabbia selvaggia in me ti avrebbe fatto a pezzi, forte e alto come sei, un arto per volta. Ti avrei abbattuto al suolo e avrei strangolato la tua vita via da te, l’avrei presa a te come tu l’hai presa a lui sei fortunato che non mi hai trovata, tremante di odio e vendetta. I mesi sono passati. Hai portato via il suo attimo futuro, ma non lui il suo spirito ancora vive nel cuore del mio dolore. Hai attraversato il mistero della vita di un altro fermata dalle tue mani e nessuno ti sarà vicino nel ring mentre combatti con questo fatto. Mi chiesero se volevo la pena di morte. Mi ridarà mio figlio? Non ammorbidite la verità, dico, di aver gettato via, sulla faccia del cielo la sua vita preziosa, come fosse un pensiero secondario. Non fermate la crescita della consapevolezza in te, dico, fino a quando raggiungerai il luogo del possesso di ciò che hai fatto, e avvertirai il peso insopportabile di ciò sulla tua anima, come un’incudine di ferro. Ucciderti fermerebbe tutto questo. Renderebbe gli altri responsabili della tua giustizia, mentre essa viene dal di dentro, più tremenda e intima di un giudice senza volto e del freddo artificio dell’esecuzione. Che tu possa vivere, dico, per tutto il tempo che ti occorre per possedere la coscienza di ciò che hai fatto, che la freddezza possa trasformarsi in dolore, e il dolore chiedere giustizia. Che il giudice in te possa essere giusto, e lo spaventoso mistero della tua sofferenza ti si dischiuda dentro. Willow, NY, aprile 1996 * Nel video che segue, Janine Pommy Vega a Sarajevo legge "Dall'altra parte del tavolo" una poesia dedicata alla grande famiglia poetica di Casa della poesia:  



Dal'altra parte del tavolo Sto leggendo le tue poesie / e un enorme edificio sgangherato compare, / la luce di centinaia di candele / si riversa sulla neve. / All’interno al lungo tavolo bolscevichi massicci / come idranti forgiano le loro discussioni / con giovani Dostojevsky / e socialisti provenienti da una ventina di paesi. / La pelle nero blu del cantante tuareg / brilla con le costellazioni / sahariane mentre lui canta nella lingua del vento, / quella che sua madre gli ha insegnato, / quella proibita a scuola. / Un gruppo di poeti solleva i bicchieri di grappa / e canta con lui. / All’estremità del tavolo, gli intellettuali assaporano / con gusto le sfumature /i riferimenti nascosti e i temi sottesi, / qualcuno si lecca le dita. / La donna sudamericana con la voce di un treno / che geme / attraversando le piccole città degli scomparsi si piega /verso il sikh e le sue sillabe di Guru Nanak. / La sciamana siberiana crea nel suo canto / una maschera di corda / annodata attraverso la quale noi / vediamo la processione di animali / sui vasti territori del nord. / Una danza di corteggiamento e mele comincia all’alba. / Tre giovani con una stridula colonna sonora / gridano simultanee / storie personali di orrori di guerra. / C’è qualcosa nelle caverne del cuore / in cui tutte le canzoni si incontrano, / Bella Ciao, l’Internazionale, il riff jazz e la ninnananna / il dramma di mani sopra un tavolo fra i sordi / e quelli che cantano. / C’è qualcosa nelle caverne del cuore / in cui tutte le canzoni si incontrano, / Bella Ciao, l’Internazionale, il riff jazz e la ninnananna / il dramma di mani sopra un tavolo fra i sordi / e quelli che cantano. / La chiave è nel diamante della porta, / aprite, sono io. / Nella poesia che tiene la porta socchiusa, / ah, stavamo aspettando

Dall'altra parte del nostro tavolo ci sarà sempre, anche se ora non ci par di vederla... la ascoltiamo, la leggiamo! * Domenica 20 febbraio al Colony Cafe, Woodstock New York ci sarà il Janine Pommy Vega Memorial. Col cuore ci saremo anche noi, con tutti i poeti che da ogni angolo del mondo hanno condiviso con lei amicizia, solidarietà e versi. * Hanno contribuito a questo omaggio gli amici di Janine Pommy Vega: Marco Cinque e Sergio Iagulli.

beppe costa sceglie: Viviana Piccolo al Teatro dell'Orologio di Roma: Il Castello dei Clandestini



"Il Castello dei Clandestini"
Monologo inedito di Fernando Arrabal


Roma Teatro Dell'Orologio
Dal 22 Febbrario al 6 Marzo


Dedicato a Viviana Piccolo

Diretto e interpretato da Viviana Piccolo

Traduzione di Massimo Rizzante
Collaborazione artistica Paola Caldarelli
Musiche Daniele Novello, Carlo Cenini
Scenografia Paola Forino, Elisabetta Pola, Thomas Vallini
Luci e video Tiziano Ruggia

"Personaggio unico: Lerry nel suo castello di emigranti. Lei è una duchessa molto bella che ha l'età di Viviana Piccolo.

Scenario:
Camera da letto occupata ("squottata"), un tempo aristocratica,
ora trasformata in una bolgia. Bidone della spazzatura capovolto.
Due porte, una a destra e una a sinistra. Varie tende ("quechuas")
a forma di guscio di tartaruga, minuscole: le più piccole, appena
montate, hanno colori mimetici e sono imbtrattate dei nomi, dei
vari e successivi occupanti. Un letto monumentale a baldacchino:
quello di Lerry. Tre finestre: sinistra, destra e centro. Epoca,
ovviamente, attuale.






Si sentono spesso spari isolati. Lerry entra da una porta della platea. Si rivolge a uno spettatore seduto nell’ultima fila. Gli parla quasi confidenzialmente.


LERRY: Sono i miei adorati colombi profumati di stelle: gli emigranti che si rifugiano nel mio castello. Hanno saputo che la polizia, per taccagneria e insulsaggine, accusa il loro leader di essere un terrorista. Su di me si sono inventati che ho una malattia mentale ereditaria. Il che è altrettanto falso”.[…]

Il monologo affronta in maniera originale ed inedita nel grande stile di Fernando Arrabal la tematica dell’immigrazione. Argomento questo profondamente sentito dal grande drammaturgo che è stato costretto durante il regime franchista all’esilio per anni. Per usare le stesse parole dell’autore non è solo immigrazione ma sradicamento, così egli definisce se stesso: “Io sono uno sradicato, non ho radici ma gambe appartengo al paese dell’esilio” da L’Unità del 3 febbraio 2009.
La Duchessa Lerry nell’opera si fa portavoce e regina dell’umanità migrante del mondo, testimone dell’esilio, trasformando il proprio castello in un inusuale centro di accoglienza.
Il monologo è ambientato nell’epoca attuale ma non prevede per i motivi sopra citati una precisa collocazione spaziale. Lerry parla dal suo castello al pubblico che si trova con lei dentro allo stesso castello, proteggendo tutti gli sradicati del mondo; se dovessimo definire un luogo allora diremmo con Arrabal che ci troviamo nel “paese dell’esilio”. Fuori dalle mura di questo paese ci sono “le autorità” che in principio tentano maldestramente di rapportarsi a lei e nel finire giungono ad un vero e proprio scontro sgominatore.

[…]“LERRY: Nella nobile muraglia si trova dissimulata una porta attraverso la quale, come fosse uno sfintere, né più né meno, l’Umanità circostante evacua i suoi emigranti clandestini. Vengono cacciati verso il nostro ingegnoso castello in un velocissimo aprir e chiudere di porte. Poi vengono trasportati in aeroporto e rimandati indietro con i charter. Ma io sono qui per impedirlo”.[…]


DELTEATRO.IT
http://delteatro.it/recensioni/2010-03/il-castello-dei-clandestini.php

Nella bella stagione della Soffitta - il teatro universitario del Dams di Bologna - stagione degna di uno dei migliori stabili d'innovazione, è andato in scena un lavoro curioso e inatteso. Stiamo parlando di Il castello dei clandestini, opera inedita e recente di Fernando Arrabal. A farsi carico totalmente dello spettacolo è la giovane regista e attrice Viviana Piccolo. Il castello è un monologo intenso e altalenante, vibrante e surreale come consuetudine dello scrittore franco-spagnolo. Autore prolifico, patafisico e surreale, fondatore del Movimento Panico con Topor e Jodorowski, antifranchista militante, Arrabal ha una cifra narrativa in cui forte è l'elemento ironico, in una vertigine linguistica sempre spinta al limite. E in questo monologo, dedicato proprio alla Piccolo e scritto per lei, Arrabal si è inventato il ritratto di una fantomatica duchessa, mezza folle mezza eroina, che accoglie - o forse sogna di accogliere - nel proprio castello un gruppo nutrito di immigrati, cui non lesina cibi, droghe e cortesie sessuali. La duchessa si fa paladina dei suoi uomini, novella Jeanne D'Arc che raggiunge il misticismo con fellatio a ripetizione e con una sorta di venerazione per un immigrato misterioso, tale Miguel, accusato di terrorismo e inseguito senza tregua dalle forze dell'ordine. Ma la duchessa, che per far spazio agli immigrati non ha esitato a sterminare la propria famiglia, difende a spada tratta Miguel, fino alla fine. Il testo, dunque, è un'onda anomala di parole e sogni, di improvvise sterzate e subitanee volute, di arrampicate verbali e digressioni sessuali: un'incessante vertigine di sogni e allucinazioni, di battute feroci e dissacranti verità. Ed è stata brava Viviana Piccolo a domare questa incandescente materia, fin troppo ridondante, incardinandola in una struttura complessa di elementi e codici che si mescolano - con maschere, amplificazioni, video, burattini, tarocchi, danze e telefoni eternamente squillanti - senza però mai perdere il ritmo, il tempo, il senso anche nel non-senso. Esile ed eterea, la Piccolo svela invece possente presenza fisica, e un gusto smaliziato di giocare con le grevi situazioni concepite da Arrabal. Ma sottotraccia, in questo racconto apparentemente grottesco e stralunato, resta il disagio per quell'assenza, per quegli immigrati tanto citati e mai visti: inseguiti, sperduti, indifesi, li immaginiamo raccolti nelle piccole tende che fanno da sfondo alla scena. E di loro Arrabal parla con affetto, con solidarietà: ma solo i folli, come la nostra duchessa, si ostinano ancora a star dalla loro parte.
Andrea Porcheddu



“ Pagine”
IL Castello dei Clandestini di Fernando Arrabal
Apologo, fantastica visione, metafora “nera”, bassa, cattiva del rapporto società e potere, poetica rappresentazione della condizione umana tutta stretta nella relazione fra individuo e forze occulte (religiose e politiche) che tendono a schiacciarlo, sesso e pornografia come “gioco” e unica chiave di salvezza di una umanità senza più controllo, poema solipsistico di una immaginazione malata: surrealismo e realismo uniti insieme pericolosamente in una drammaturgia ossessiva, perentoria, senza scampo e senza luce, al di là della storia e del tempo, infantile e crudele, semplice e barocca straordinariamente classica e moderna, antica e contemporanea, rutilante e malferma nella sua struttura, ma forte e vitale nella scrittura quale è il testo scritto dallo scrittore Fernando Arrabal per l’attrice italiana Viviana Piccolo, e a lei dedicato: Il Castello del Clandestini, presentato in “prima assoluta” al teatro universitario “La Soffitta” di Bologna, alla presenza dell’autore.
Lerry, una Duchessa molto bella, e forse anche un po’ matta – ricorda “La pazza di Chaillot” di Giraudoux – accoglie nel suo castello (forse immaginario) un gruppo di immigrati a cui offre, con folle generosità, asilo politico, tende per dormire, cibo e favori sessuali. Ma in quel Castello ha trovato rifugio anche un certo Miguet, accusato di terrorismo e adesso braccato dalle forze dell’ordine che hanno circondato quella fantomatica fortezza. Nel corso del lungo, allucinato monologo, scopriamo che l’adorato Miguet, con la compiacenza della Duchessa, se la spassa nella camera di sopra proprio con la sua sorellina (“Fortunatamente Miguet, mio ritmo silenzioso, e la mia sorellina si baciano: indifferenti ai metodi abbietti della Polizia, lubricamente intimi. Siate felici! Pensate a me!”)
Lerry ha dialoghi senza risposta con Miguet (“mio ponte dei sospiri”), e col Primo Ministro che le risponde con la Voce di un Altoparlante: la trattativa per il rilascio dei clandestini e del terrorista è ovviamente impossibile; alla fine una pallottola colpisce il deposito di benzina del castello, che va in fiamme, Miguet si butta dal balcone del terzo piano come torcia umana (“I suoi capelli ardono divorati dal fuoco”), mentre Lerry soccombe colpita da una pallottola (“Volo verso di lui..per i secoli dei secoli..).
Da questo testo carico di infinite suggestioni poetiche e drammaturgiche, ricco di parole che sono un caleidoscopio di rifrazioni interne ed esterne all’opera ma teatralmente “non fondanti”, Viviana Piccolo si costruisce, con intelligenza e abilità scenica, un percorso interpretativo molto personale che, senza togliere nulla alla densità visionaria di questa tragedia, come ritagliata sulla fine del mondo contemporaneo (dei suoi sogni, come dei suoi decaduti valori ideali e sentimentali), gli dà un senso tangibile e concreto nel momento in cui assume il pensiero di Lerry come un Joyceano “flusso di coscienza”, un monologo “di formazione”, il viaggio di una moderna Alice nei labirinti (anche psicologici) di una civiltà “fuori di sesto”, come se quel Castello di tende fosse una moderna Elsinore.
Viviana Piccolo è bravissima a dialogare con i fantasmi della sua mente, e con i suoi interlocutori invisibili, servendosene per capire meglio questo suo itinerario di riflessione e di conoscenza, sia rispetto al personaggio che al suo ruolo di attrice.
Come regista dello spettacolo riesce ad illuminare alcune situazioni oscure e impraticabili del testo arrabaliano con la sensibilità di chi riesce a cogliere i significati delle cose con uno sguardo “dall’interno”, ma riuscendo a mostrarcele in una forma inedita, con un segno visivo forte e riconoscibile con espressionistico, sofisticato “glamour” e simpatica, manifesta ironia.
Giuseppe Liotta


Viviana Piccolo +39/3316455795
viviana.piccolo@hotmail.it


Lettera aperta sul Darfur - Raccontando il Sudan, per non dimenticare e per continuare...


Cari amici,
il mio ultimo viaggio in Sudan, in occasione del referendum per l'indipendenza del Sud Sudan, é stato più duro e, in certi momenti, pericoloso rispetto ai precedenti. Ho passato dei giorni con un gruppo di ribelli che mi ha anche fornito delle foto (ne allego una per farvi capire di che parlo...) che testimoniano i crimini in Darfur.
Ho avuto la possibilità di parlare con i sopravvissuti degli ultimi attacchi delle forze militari del governo e ho capito, ancora una volta, che per quello che ha subito e continua a subire, questa gente - donne violentate e mutilate prina di essere uccise, ragazzini bruciati vivi nelle scuole, interi villaggi distrutti - non sarà mai pronta alla pace se prima non verrà loro garantita giustizia.

Le sensazioni che mi ha lasciato questo viaggio sono contrastanti.

Come avevo scritto nel novembre del 2009, quando con l'intergruppo Italia Darfur andammo a Zam Zam camp, non ho trovato volti scavati dalla fame, - come nel 2005 e nel 2007 -persone disperate che non avevano neanche la forza di chiedere aiuto. Stavolta non sono state le migliaia di persone che pelle e ossa vagavano per i campi profughi con gli occhi sbarrati dal panico o le testimonianze delle ragazze violentate che mi hanno raccontato il terrore degli stupri subiti a segnarmi profondamente. Questa volta è bastato il ‘contesto’... Il degrado umano dilagante, l'assenza di ogni barlume di speranza negli sguardi, la delusione trasformata in rassegnazione di non poter cambiare uno ‘status’ incancrenito, che ti porta a perdere dignità e futuro.

La situazione alimentare è migliorata ma la distribuzione del cibo e l’assistenza umanitaria sono sempre a rischio. E la gente non ce la fa più. Questa esistenza ai limiti della sopravvivenza e del decoro, hanno ‘inciso’ un marchio indelebile sulla loro pelle.

Quando bambini di quattro – cinque anni si azzuffano e calpestano i fratellini di pochi mesi pur di strappare dalle mani di chi li porge quaderni e matite che probabilmente non useranno mai, comprendi che per loro il presente e il futuro sono segnati da abbandono, disinteresse e violenza.
E allora ti chiedi... ha senso andare avanti? Forse chi mi chiede che senso ha continuare a occuparsi del Darfur, un posto così lontano e senza speranza, e mi consiglia di usare meglio le mie energie – a cominciare dai miei colleghi giornalisti mai così numerosi in Sudan - ha ragione? Poi mi torna in mente una vecchia massima che dice: non interessa al mondo chi del mondo non si interessa... E allora ogni mio dubbio svanisce: fino a quando io continuerò a occuparmi di Darfur, qualcuno a cui interesserà quello che ho da dire ci sarà sempre. Se anche la mia voce si zittisse, allora sarebbe più 'facile' ignorare questa tragedia. E così smetto di pormi domande, la risposta è dentro di me ed è una convinzione ferma.

Ignorare quella gente per me non è possibile, perché il loro dramma è il mio dramma, la loro battaglia è la mia battaglia, la loro speranza e la mia speranza!

Spero sia anche la vostra...

Con affetto,

Antonella Napoli


Presidente di Italians for Darfur












POESIA, TEATRO E ALTRO, Imperia - 21 Gennaio 2011 [Chiara Daino]

Presso il Polo Universitario Imperiese, con la consulenza di Lamberto Garzia e del D.A.M.S. di Imperia, si svolgerà a partire dal 10 dicembre 2010 in “Sala Eutropia – Spazio Calvino” del Polo Universitario Imperiese in via Nizza 8, un importante ciclo di incontri letterari con personalità di livello nazionale che offriranno interventi performativi. La prestigiosa rassegna si intitola: “POESIA, TEATRO E ALTRO”.


  Venerdì 21 gennaio 2011 alle ore 18 Chiara Daino, attrice – autrice, leggerà testi inediti di Lamberto Garzia estrapolati dalla raccolta “SHAI e AI” (COMBATTIMENTO E AMORE) e brani tratti dalle opere “VIRUS 71” e “METALLI COMMEDIA”.

DOCUMENTO CONCLUSIVO - II ASSEMBLEA NAZIONALE "CALPESTARE L'OBLIO"



NELLA SECONDA ASSEMBLEA NAZIONALE DI CALPESTARE L'OBLIO
POETI, GIORNALISTI, STUDENTI, SINDACATI, PARTITI
GIUNTI DA TUTTA ITALIA PROPONGONO
UN OSSERVATORIO SULLA QUESTIONE CULTURALE ITALIANA
UN REFERENDUM ABROGATIVO DELLA LEGGE GELMINI
E CHIEDONO UN INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

LUNEDì 10 GENNAIO “CALPESTARE L'OBLIO” A TG3 LINEA NOTTE

ROMA – Sabato 8 gennaio 2011, in un affollatissimo locale del quartiere San Lorenzo, il Beba Do Samba, si è tenuta, di fronte a una platea di oltre 200 persone, la seconda Assemblea nazionale di “Calpestare l'oblio”, a cui hanno preso parte poeti giunti da tutta Italia, giornalisti come Pietro Spataro (vice-direttore dell'Unità), Angelo Mastrandrea (vice-direttore del Manifesto), Donatella Coccoli (direttore di Left-Avvenimenti), i collettivi universitari “Abbiamo fame di cultura” (Studi Orientali), Coordinamento K5, la rete di collettivi auto-organizzati “Ateneinrivolta”, i registi Beppe Gaudino e Isabella Sandri, Cristian Sesena (CGIL), Matteo Orfini (responsabile culturale del PD), Stefania Brai (responsabile culturale PRC), Danilo Borrelli (Giovani Comunisti), i rappresentanti del movimento dei lavoratori dello spettacolo MOVEM09 e del Network delle facoltà ribelli UNIRIOT; in video l'intervento di Nichi Vendola (per vedere il video: http://www.youtube.com/watch?v=nDaVg6FChb8)-

Nato come opera poetica di impegno civile nel novembre 2009, capace di attirare l'attenzione non solo degli addetti ai lavori ma dei maggiori media nazionali, dall'8 gennaio 2010 “Calpestare l'oblio” si è auto-organizzato in un vasto movimento spontaneo di rivolta generale contro quello che i promotori hanno definito il “trentennio dell'interruzione culturale” e della “rimozione della coscienza critica”.
A un anno di distanza, dopo una serie di iniziative tenute in tutta Italia, i curatori del progetto Davide Nota (rivista La Gru), Fabio Orecchini (rivista Argo e Beba Do Samba) e Valerio Cuccaroni (rivista Argo) hanno cercato di tirare le fila e, al termine di oltre quattro ore di discussione ininterrotta, l'Assemblea si è accordata su alcuni punti chiave:
unire le lotte di studenti, ricercatori, precari della scuola, operatori del mondo dello spettacolo, giornalisti, metalmeccanici;
promuovere un'arte “contaminata”, ovvero un'arte che non solo racconti il presente, ma cammini nel presente e lotti per un futuro migliore;
istituire un osservatorio sulla questione culturale italiana, un luogo aperto di incontro per una pluralità gravida di domande e orfana di risposte: scrittori e piccoli editori, attori registi e produttori, teatranti, artisti e operatori culturali in genere, studenti, ricercatori e insegnanti;
promuovere un referendum abrogativo della Legge Gelmini, da associare a quello sull'Acqua e sul collegato lavoro, convocando tutti i partiti del centro-sinistra attorno a un tavolo comune per discutere e raticare;
chiedere al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di accompagnare le dichiarazioni sull'emergenza giovani con concrete sollecitazioni al Governo di centro-destra perché attinga i fondi necessari alla cultura dall'evasione fiscale, affinché non venga lasciato quest'onore solo e sempre al centro-sinistra.

La serata è continuata con le letture dei poeti di “Calpestare l'oblio” e altri che hanno aderito spontaneamente al progetto, i concerti del gruppo Pane e del fondatore del Canzoniere del Lazio Piero Brega.

Lunedì 10 gennaio l'opera e il progetto “Calpestare l'oblio” verranno presentati in diretta su TG3 LINEA NOTTE da Valerio Cuccaroni, curatore della Collana Argo e autore dell'introduzione all'opera “Calpestare l'oblio. Cento poeti contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana” (Cattedrale, Coll. Argo, 2010). L'introduzione riprende e aggiorna un articolo, tradotto in francese e pubblicato a marzo 2010 dal mensile parigino Le Monde diplomatique nel proprio blog Le lac des signes.

PROSSIMI APPUNTAMENTI
I poeti in rivolta di “Calpestare l'oblio” torneranno a riunirsi e incontrare la cittadinanza:
Sabato 22 gennaio, ore 18, Libreria Rinascita, Ascoli Piceno
Venerdì 11 febbraio, ore 21, Bartleby, Bologna

Hanno aderito a “Calpestare l'oblio”, finora:

i giornalisti e intellettuali: Angela Azzaro (Gli Altri), Leonardo Bonetti, Tonino Bucci (Liberazione), Donatella Coccoli (Left), Geraldina Colotti - Tommaso Di Francesco - Pietro Ingrao - Angelo Mastrandrea (il manifesto), Manuel Cohen, Furio Colombo (Il Fatto quotidiano), Enrico Ghezzi (Rai), Michele Arcangelo Firinu, Elio Matarazzo, Giovanna Nuvoletti (Rolling Stone), Simone Oggionni, Giancarlo Rossi (Rai Radio 1), Luigi Alberto Sanchi, Isabella Sandri, Pietro Spataro (l’Unità), Tommaso Ottonieri;

gli artisti: Nicola Alessandrini e Valeria Colonnella, Jakob De Chirico, Beppe e Isabella Gaudino (movimento dei lavoratori dello spettacolo MOVEM09);

le riviste, web-zine e blog: Absoluteville, Argo, Blanc de ta nuque, Bollettario, Farepoesia, La Gru, Metromorfosi Infocritica, Micromega, Poesia2puntozero, Post it, Il primo amore, Versodove;

le associazioni: Agave, Aidoru/Teatro Valdoca, Anpi, Arcipelago scec, Azimut onlus, Casa delle culture di Ancona, Donne dasud, Gasper Roma, Iodonna, Istituto Storia Marche, Licenze poetiche, Meddletv, Milanocosa, Osservatorio nazionale amianto, Svolta a sinistra, Zuccherificio;

i collettivi universitari: Abbiamo fame di cultura, Ateneinrivolta, Collettivo Lettere Filosofia Firenze, Coordinamento K5, Assemblea Scienze politiche Romatre, Uniriot;

gli editori: Fara editore, Pellicanolibri, Polimata, Senzapatria, Zona;

i comuni: Ancona e Grottammare e la provincia di Ancona

i sindacati: Cgil, Cobas;

i politici: Danilo Borrelli (Giovani Comunisti), Stefania Brai (PRC), Matteo Orfini (PD), Nichi Vendola (SEL);



i poeti e scrittori: i co-autori di “Calpestare l’oblio” Francesco Accattoli, Annelisa Addolorato, Nadia Agustoni, Fabiano Alborghetti, Augusto Amabili, Viola Amarelli, Antonella Anedda, Gian Maria Annovi, Danni Antonello, Luca Ariano, Roberto Bacchetta, Martino Baldi, Nanni Balestrini, Maria Carla Baroni, Vittoria Bartolucci, Alberto Bellocchio, Luca Benassi, Alberto Bertoni, Gabriella Bianchi, Marco Bini, Brunella Bruschi, Franco Buffoni, Michele Caccamo, Maria Grazia Calandrone, Carlo Carabba, Nadia Cavalera, Enrico Cerquiglini, Antonino Contiliano, Beppe Costa, Andrea Cramarossa, Walter Cremonte, Maurizio Cucchi, Gianluca D’Andrea, Roberto Dall’Olio, Gianni D’Elia, Daniele De Angelis, Francesco De Girolamo, Vera Lùcia De Oliveira, Eugenio De Signoribus, Nino De Vita, Luigi Di Ruscio, Marco Di Salvatore, Alba Donati, Stefano Donno, Fabrizio Falconi, Matteo Fantuzzi, Anna Maria Farabbi, Angelo Ferrante, Loris Ferri, Fabio Franzin, Tiziano Fratus, Andrea Garbin, Davide Gariti, Massimo Gezzi, Maria Elisa Giocondo, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Raimondo Iemma, Andrea Inglese, Giulia Laurenzi, Maria Lenti, Bianca Madeccia, Maria Grazia Maiorino, Francesca Mannocchi, Giulio Marzaioli, Emiliano Michelini, Guido Monti, Silvia Monti, Davide Morelli, Renata Morresi, Giovanni Nadiani, Davide Nota, Opiemme (laboratorio), Fabio Orecchini, Claudio Orlandi, Natalia Paci, Adriano Padua, Susanna Parigi, Fabio Giovanni Pasquarella, Giovanni Peli, Enrico Piergallini, Antonio Porta, Alessandro Raveggi, Rossella Renzi, Roberto Roversi, Lina Salvi, Stefano Sanchini, Flavio Santi, Lucilio Santoni, Giuliano Scabia, Francesco Scarabicchi, Alessandro Seri, Marco Simonelli, Enrico Maria Simoniello, Giancarlo Sissa, Luigi Socci, Alfredo Sorani, Pietro Spataro, Roberta Tarquini, Rossella Tempesta, Enrico Testa, Fabio Teti, Emiliano Tolve, Adam Vaccaro, Antonella Ventura, Lello Voce, Matteo Zattoni + Leonardo Bonetti, Dina Basso, Tiziana Cera Rosco, Massimiliano Chiamenti, David Colantoni, Azzurra D’Agostino, Sara Davidovics, Marco Di Paquale, Chiara Daino, Alessandro Giammei, Mario Lunetta, Michele Ortore, Luisa Pianzola, Schiavone Ivan, Christian Tito, Cristian Sesena, Jonata Sabbioni.

Con preghiera di diffusione, pubblicazione e partecipazione.

“Calpestare l'oblio” è a cura di:
Davide Nota - Rivista “La Gru” 327 6948405
Fabio Orecchini - Ass.Cult. “Beba do Samba” 339 6374741
Valerio Cuccaroni - Rivista “Argo” 335 1099665

FABIO MARIANI IN MOSTRA A PARIGI: PARISROME-MOSTRA D'ARTE



5 artistes français et 5 artistes italiens se rencontrent dans une exposition imaginée par STUDIO ZERO au Théâtre du Vésinet du 5 au 16 Janvier 2011 [BOULEVARD CARNOT 59 78110, Les Vèsinet Paris].

Le Théâtre du Vésinet se propose encore une fois comme lieu d’émulation et de communion pour nous rappeler que nous avons beaucoup à apprendre des cultures voisines comme des plus lointaines.

Stéphanie Biville, Bernard Dubau, Claire Hamant , Fabio Mariani, Sebastiano Sanguigni, Yun-Jung Seo, Claudio Spoletini, François Tamalet, Véronique Thomazeau et Francesco Zero nous proposent un voyage dans l’art contemporain entre Paris et Rome, éclairé des lumières du ciel du Nord et du Sud de l’Europe.

Il est enrichissant de constater que les 10 artistes aspirent collectivement à un monde meilleur, au dépassement des différences et des difficultés de la vie dans la recherche d’un bonheur toujours devant nous, inatteignable.

Le THEATRE du VESINET




5 artisti francesi e 5 artisti italiani si incontrano in una mostra realizzata da STUDIO ZERO al teatro del Vésinet dal 5 al 16 gennaio 2011 [BOULEVARD CARNOT 59 - 78110, Les Vèsinet Parigi].

Il teatro del Vésinet si propone ancora una volta come un luogo esemplare e di comunione per ricordarci che abbiamo molto da imparare sia dalle culture vicine che da quelle più distanti.

Stéphanie Biville, Bernard Dubau, Claire Hamant , Fabio Mariani, Sebastiano Sanguigni, Yun-Jung Seo, Claudio Spoletini, François Tamalet, Véronique Thomazeau e Francesco Zero ci propongono un viaggio nell'arte contemporanea fra Parigi e Roma, illuminato dalle luci del cielo del nord e del sud dell'Europa.

E' arricchente constatare come i 10 artisti aspirino collettivamente a un mondo migliore, al superamento delle differenze e delle difficoltà della vita alla ricerca di una felicità sempre un passo avanti a noi, irraggiungibile.

Il TEATRO del VESINET

beppe costa sceglie: Alessandra Celletti o della musica a “colori"


Confesso che ho avuto e ho molte difficoltà a scrivere di una musicista che è diventata parte integrante delle mie giornate, senza quella scomodità di mettersi nel traffico, uscire di casa, stringersi fra la folla.
Così, anche grazie alla rete, in ogni momento vivo circondato da una musica che riesce a colorare le buie giornate invernali e di pioggia, ma anche rendere gradevoli quelle quando il caldo sembra stroncarti.
Lentamente in questi ultimi anni, appassionato da sempre di musica, ho scoperto ogni angolo possibile visitato da Alessandra: una continua scoperta di quell’universo sconosciuto e impossibile da frequentare se non si è muniti di orecchie ‘oltre’ e di una grande anima capace di accogliere ogni minimo mutamento che nell’universo, appunto, accade.
Ed è così che ho iniziato a scrivere ascoltando tutti i brani composti da lei e da altri, ma sempre da lei eseguiti.
Spesso nella musica quando si eseguono grandi autori ci si confronta ed è in questi momenti che la tecnica può sopravanzare l’abilità.
Certo l’autrice ha studiato sin da piccola il pianoforte, lasciando però uno spazio più che ampio alla fantasia e al cuore, in sostanza alla magia tante volte narrata nelle fiabe.
Chi ricorda quando la Rai trasmetteva (questo era il suo compito) danza, teatro e musica, limitandosi invece oggi a un concerto, detto appunto di Natale? Si potevano ascoltare le genialità di Glenn Gould, unico che mi sentirei (non solo io) di accostare all’abilità, alle sonorità e alle invenzioni di Alessandra Celletti, visibili ancor più nei concerti dal “vivo”.
Altri, anche molto più celebri (Morricone, Einaudi) scoprono un brano che riesce a colpire la sensibilità di molti e poi non faranno che ripetere la stessa linea armonica sino alla nausea, per anni o decenni. Come accade per telefilm e sceneggiati che diventano culto e pane quotidiano - non occorrendo alcuno sforzo - mentre per la verità hanno ‘inventato’ solo un pezzo, efficace, certo e soprattutto essenziale alla loro carriera.
Ma nulla a loro desidero togliere o contestare, tant'è. Ci s’è fatta l’abitudine.
Ma qui siamo oltre, siamo altrove, come dicevo, in un universo senza fine o confini, come a pochi accade (e cito non a caso René Aubry, altro splendido capolavoro di musica a colori e circolare).
La tecnica, certamente posseduta da Alessandra lascia quindi il posto alla magia, alla fantasia, all’invenzione che, ogni volta trasforma e trascina allo stesso tempo chi, ha avuto anche la fortuna di ascoltarla dal vivo.

A questo si aggiunge il ‘carattere’, giocoso ma allo stesso tempo duro con se stessa, sorridente ma attenta alle ‘buche’, insomma con la consapevolezza che, chi sceglie di dedicarsi all’arte nel nostro paese non debba aspettarsi riconoscimenti che non siano vissuti e sofferti sulla propria pelle ma, questo ad Alessandra (che sa) né a me importa molto.
Ciò che conta è ciò che offre a noi e a se stessa: la musica come vita e vitalità, come strumento (in questo caso il pianoforte) come parte del proprio corpo che, diventa però anche estensione infinita.
Si può conoscere meglio e più accuratamente leggendo il libro “Paraphernalia”, curato da Massimo Marchini, un inno alla gioia e alla personalità della Celletti, uscito contemporaneamente allo splendido cd “Sustanza di cose sperata”.
Tanti i suoi dischi e tanto diversi l’uno dall’altro, perché come scrivevo l’artista non ama fermarsi a qualcosa che ‘funzioni’, bensì si cimenta e sperimenta altri modelli e stili, dedicando ampio spazio all’esecuzione di musicisti quali Philip Glass “Metamorphosis” , o Galluppi, Roedelius fino al più recente Gnac “The Red Pages”, dove un’atmosfera francese prende il posto di quelle inglesi e americane già presenti in altre opere.
Come lei stessa scrive vive nel suo ‘disordinato ordine’: fra fiaba e realtà dove fra il pianoforte si trovano animali veri e di stoffa in una sorta di vortice di colori che prendono parte essenziale nella sua musica.
Ultimo lavoro già in prenotazione in esemplari numerati e firmati “Sketches of Sacagawea” e “The Red Pages”, insieme a Mark Tranmer, atmosfere ancora una volta diverse e uniche.ACAGAWEAETCHES OF SACAGAWEA
Posso affermare con pochi dubbi che ci si trovi davanti a una dei più grandi musicisti di tutti i tempi, proprio perché la strada percorsa, sebbene abbia avuto un inizio, non si prefigge la fine: un sentiero all’infinito verso quell’orizzonte che appare, ma che mentre cerchiamo di raggiungere, si allontana sempre più e ogni composizione aggiunta sarà un albero che ne illumina e colora il percorso.
Beppe Costa

Per saperne di più visita:

Beppe Costa: Su Goliarda Sapienza e altre verità editoriali e culturali



03 Maggio 2009

Sono felice, come lo è Adele Cambria che finalmente il libro (ma anche gli altri libri) di Goliarda Sapienza vengano considerati anche dalla “cultura” italiana.

Nel 1987 pubblicai con l'aiuto economico di Marta Marzotto il romanzo (ideale seguito dell'Università di Rebibbia) Le certezze del dubbio (Pellicanolibri, appunto) e fu una operazione che intendeva, o meglio, pretendeva di fare tornare alla 'memoria' una scrittrice che non voleva più frequentare i salotti (non tanto quello di Martina che se non altro aiutava chiunque fosse in odore d'arte) bensì quelli frequentati dagli 'scriventi'.

Goliarda inserita (come me) nella monumentale letteratura di Carlo Muscetta (oddio chi era costui? direbbe Enzo Siciliano, altro genio), veniva isolata per la storia piuttosto lunga che però qui viene in parte scritta. Ma possibile, mi chiedo e vi chiedo che non si vada a fare una 'mediocre ricerca su Internet'?

Così (sempre con la Cambria, oggi arrabbiata più che mai), gli sforzi fatti da coloro che come me fanno 'i muratori dei libri' diventano vani: Cercammo di ottenere il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli (come avevamo ottenuto per Anna Maria Ortese - e qui la storia è ancora peggio, di recente il Corriere con un articolo disinformato attribuisce a Leonardo Sciascia l'avere ottenuto tale vitalizio per Anna, anziché a me medesimo e ad Adele). Ma Goliarda aveva rubato gioielli ed era finita (molto volentieri in carcere, a Rebibbia, da qui il libro riedito da Rizzoli). Beppe Costa

Insomma: non basta la disinformazione inerente Arrabal, Vazquez Montalban (ho pubblicato il suo primo libro), Anna Maria Ortese e molti altri da me editi o riportati in vita. Si uccide un editore (me) che ha speso l'intera vita in sostegno ed aiuto degli scrittori. E mi spiace che non ci sia fra noi più Moravia (fra i pochi a sostenermi sempre, regalandomi anche la gioia di pubblicare un suo libro La tempesta) per far sì che gli 'scriventi' ieri come oggi si accorgessero un po' di più di ciò che sta dietro le quinte.

Conservo ancora in camera da letto lo scialle di Goliarda, Rai Tre in un vecchio filmato girato ad un anno dalla morte, ha censurato il mio intervento, considerandolo forte ed offensivo nei confronti della 'cultura'. Per quanto riguarda la legge Bacchelli, basti guardare su wikipedia della Ortese (contribuii a farle firmare il contratto con Adelphi, che non mi ha mai ringraziato) oppure leggere le lettere originali che stanno sul mio blog: http://beppe-costa.blogspot.com

È così facile, ma, forse, anche io sono stato e sono ancora "scomodo".

“Appassionata Sapienza”. di Fabio Barcellandi

“Appassionata Sapienza”. A Ferrara giornata di studi su Goliarda Sapienza
Uno dei libri di Goliarda Sapienza, a suo tempo pubblicato da Pellicanolibri
Uno dei libri di Goliarda Sapienza, a suo tempo pubblicato da Pellicanolibri
13 Marzo 2009


Ferrara – Goliarda Sapienza (Catania 1924 - Gaeta 1996) scrittrice straordinaria e potente, al punto tale che gli editori italiani ebbero paura, rifiutandosi lungamente di pubblicare il suo capolavoro L’arte della gioia, che da noi arrivò solo dopo l’esplosivo successo del libro in Francia, e ancor più la passione di moltissime donne, perché anche in Italia ci si accorgesse di lei, è la protagonista di “Appassionata Sapienza”, Giornata di studi che il Comune e la Provincia di Ferrara con la collaborazione di Biblioteca Comunale Ariostea e Libreria delle Donne di Bologna, Servizio Biblioteche e Archivio Storico, le dedicano sabato 21 marzo nella Sala G. Agnelli della Biblioteca Comunale Ariostea (Via Scienze, 17), a partire dalle ore 9:00.



Una Giornata che vedrà insieme, a tratteggiarne il “Profilo della scrittrice”, Manuela Paltrinieri, Assessora alle Pari Opportunità della Provincia di Ferrara, Massimo Maisto, Assessore alle Istituzioni Culturali del Comune di Ferrara, Francesca Mellone (Biblioteca Ariostea), Adriana Chemello (Università di Padova), Il romanzo del divenire di Goliarda, Lucia Cardone (Università di Sassari), Goliarda attrice, Laura Lepetit (Edizioni La Tartaruga, Milano), Angelo Pellegrino (Stampa Alternativa, Roma).

Una donna da amare per sempre, Goliarda, così come le sue opere, di cui parleranno, Marinella Antonelli (CDD), Laura Fortini (Università di Roma Tre - SIL), Monica Farnetti (Università di Sassari – SIL), Manuela Fraire (psicoanalista, Roma), Clotilde Barbarulli (CNR-Giardino dei Ciliegi di Firenze), Giuliana Ortu (Università di Sassari).



Oggi, i suoi sei magnifici libri – Lettera aperta (1967), Il filo di mezzogiorno (1969), L'Università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987), L'arte della gioia (2000) e Destino coatto (2002) – sono contesi dalle maggiori case editrici, su di essi fermentano i saggi critici e le tesi di laurea, e un video della Rai “L’arte di una vita” (RAI Educational, di Loredana Rotondo, autrice radiotelevisiva, Roma e Manuela Vigorita, regista, che saranno presenti all’incontro), compreso nella serie “Vuoti di memoria”, che immortala la scrittrice fra le grandi figure del Novecento a cui è divenuto improrogabile rendere i dovuti onori.

Autobiografica, politica, speculativa, struggente, la sua scrittura è capace di raccontare e insieme di pensare la vita, radicandosi nei crocevia più dolorosi e sprigionando al contempo quella gioia che dà il titolo al suo maggiore romanzo e che sta provocando nel pubblico di lettrici e lettori un vero e proprio effetto di contagio. L’arte della gioia (una sorta di autobiografia in cui Goliarda riversò totalmente se stessa, affrontando argomenti ritenuti “scomodi” come la libertà sessuale o, in senso allargato, quelli sulla vita e la politica, la famiglia e la storia) racconta la storia di una vita, di una famiglia e di un secolo proponendosi come un grande affresco della cultura siciliana. Non a caso, è stato accostato al Gattopardo e ad altri testi capitali della letteratura di quell’isola, che nel Novecento hanno rappresentato al meglio la letteratura italiana. Ma gli altri titoli di Goliarda Sapienza sono ugualmente preziosi, e segnano con forza un percorso di riflessione e di scrittura capace di coinvolgere numerose lettrici e di aiutarle nella loro personale esperienza.



Figlia di Giuseppe Sapienza e Maria Giudice, (sua madre è stata la prima donna dirigente della Camera del Lavoro di Torino), Goliarda venne cresciuta in un clima di assoluta libertà dai vincoli sociali: il padre ritenne opportuno non farle frequentare la scuola per evitare che la figlia fosse soggetta a imposizioni fasciste.

A sedici anni si iscrisse all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica di Roma, dove nel frattempo si era trasferita con la famiglia. Per un periodo intraprese la carriera di attrice teatrale e lavorò saltuariamente anche nel cinema, inizialmente spinta da Alessandro Blasetti Legata sentimentalmente al regista Citto Maselli, sposò però, anni dopo, il copywriter Angelo Maria Pellegrino.

Il suo conterraneo Beppe Costa, si batté a lungo per lei, non riuscendo (a differenza di Anna Maria Ortese) a ottenere il vitalizio della Legge Bacchelli, né la ristampa delle sue opere.



Fabio Barcellandi

(da Delt@, 11 Marzo 2009)