Alberto Mori per Chiara Daino "Metalli Commedia"

Thauma 9788897204060, pag. 182
Nella fisiologia umana esiste un crocevia pineale sottonuca dove la memoria in istantaneo flash dei sensi sintetizza stuporea tutta la passione e la dedizione per il rock e bisogna aver molto pogato ai concerti per conoscere che questa folgorazione fulminea ad esecuzione in corso del brano musicale è essenza di tutta una esistenza. Metalli Commedia chioda ed inchioda questo piacere progressivo, disseminandolo nell’artato parallelismo con la commedia Dantesca.
Il periodare dei versi terzinati, sperimenta una sfida, seguendo “la stella fissa di questo mio chiodo”. Borchiato, ovviamente. Del resto non è pleonastico
affermare che le strutture strofiche sono icasticamente martellate all’interno di un (ec)citazionismo sempre coerente al concept trainante dell’Heavy Metal.
Esso trascina e ritma con sé, le pulsioni erotiche, lo squarto dark gotico, il “Black Sabbath” della celebrazione metallara, il brand di vasta parte della sua iconologia guerriera, di branco spirituale devoto che urla nel suo wall of sound.

Metalli Commmedia è una saison a l’enfer di dannati illustri, lanciata in montaggio ad attrazione random, quasi in videoclip verbali, con la materia del rock e della letteratura, anch’essa interpretata nel clima della gloria viscerale del metal.

Novella luce metal si diventa/quando dell’arte si ha lo riscatto/
che falso fattor dir non si consenta”.

Il Metal viene scelto da Chiara Daino per raggiungere un dire diamantino:
Forgia in tal senso, una vera e propria crew di parole linguisticamente
idomatiche del gergo metallaro, inchiavardate nelle oscillazioni semantiche
e fonosimboliche fra gli anglismi e gli assunti Stil novisti della lingua Dantesca.
Ad es.: “I’fui lo Scott Ian d’Antrax divertenti”, in questo caso, ad una pronuncia a voce alta dell’asserto, si nota che la stessa dinamica fonematica istantantanea trascina (sarebbe corretto seguendo l’idioma della Daino scrivere thrashina) direttamente all’interno dell’ AC / DC, nella corrente alternata degli amplificatori marshall impilati a picco sul palco. Così questo viaggio di una “dama” che si cala e trasfigura in un reame infernale gotico interrogando le tante favelle della sua stessa passione metallica, sembra continuamente essere on stage con musicisti, poeti, artisti, convocati e colti nel loro riconoscimento con la meraviglia partecipata della fan e parimenti visionati da mirabile saggezza di vera agiografa del metal rock, in grado di rendere le postille del libro succulenta vigna di tutti i fermenti conoscitivi della poetessa. “Ivresse” che anche nelle note a compendio, perdura e stimola seminale disparati percorsi ulteriori.

Metalli Commedia ricongiunge la dama viatrix alla summa orgiastica dei suoni fino ad una vera e propria preghiera, la quale giunge davvero quando tutto il fuoco metallico è stato dispiegato ed il gesto dell’ Heavy Metalist solleva le dita nel simbolo falangeo tricornato. Si compie la mission del verbo che rivede probabilmente (e qui aggiungo mio rimando adolescenziale) anche la Highway Star degli antenati Deep Purple.

Questo libro, arduo ma fascinoso, ha l’artificio basico infratestuale e stordente del metal e richiama a sé adepti sferrando contemporaneamente la sua energia.
Per ottenere ciò, non si occupa certo primariamente di essere letto, ma di qualcosa che profondamente possiede la poetessa e che ella sguaina frontalmente davanti al palese confronto performante con la lingua Dantesca, per i suoi inneschi personali, talvolta sorvegliatamente pulp, poiché il sillabato di Dante è refrain che riveste la foga sempre ed unitamente all’ultratestualità estrema propria e tipica della poetessa.

Così anche per questo motivo è bello perdersi girovaganti in Metalli Commedia ed amalgamare che cosa vuol dire con quello che si dice, seguendo l’amore totale che la “dama” offre dai sensi, eseguiti ed eseguenti, ai riff in assolo delle sue band preferite. Infernate & devote all’Heavy Metal.