Sarà perché ho un’età vicina a chi ora frequenta un liceo, sarà perché questi studenti sono stati particolarmente intelligenti e sensibili, sarà per quel che volete voi, ma suggerisco a chi si riferisce alle giovani generazioni dicendo “gioventù bruciata”, di zittirsi e fare una riflessione su che cosa ha prodotto la loro, di generazione.
Gli studenti del Liceo “Renato Cacioppoli” di Scafati non sono assolutamente “bruciati”, anzi, ardono di vita sana e senso della realtà; questo e molto altro ho potuto constatare quando io, Beppe Costa e Liliana Arena li abbiamo incontrati, sabato 13 aprile 2013.
Aula Magna Liceo Cacioppoli |
Tutto il resto lo hanno fatto loro, hanno letto le nostre poesie, cosa che quasi nessuno molto più deputato ormai fa più, le hanno fatte loro rielaborandole e facendone teatro, danza, musica, critica.
In poche parole noi “poeti” abbiamo assistito ad uno spettacolo dove le provocazioni, le gioie e i dolori che abbiamo lasciato scritte nei libri, sono state accolte al meglio e trasformate in arte.
Quegli studenti hanno fatto quello che dovrebbe essere il mestiere di ogni artista.
Molto spesso noi “scribacchini” ci scontriamo con chi porta avanti l’idea che la poesia debba essere necessariamente metrica e rima, come se quel capitolo storico non fosse già stato scritto con la bellezza che tutti possiamo riscontrare; il primo sketch dei ragazzi è stato proprio in questo senso: hanno rappresentato una scena del film L’attimo fuggente, quella in cui il professore fa strappare i fogli dei libri di testo e, in questo caso, sono stati strappati perché in quei libri si parlava di sbarre poetiche, istruzioni sul come si fa poesia, tecnicismi, metrica, e altri fattori che sviliscono e uccidono il senso stesso della poesia.
“Cominciamo bene” pensai. E ancora non immaginavo come sarebbe andata a finire.
Alcuni ragazzi con Beppe Costa |
Altre poesie sono state tradotte in inglese, francese, spagnolo, non poteva mancare il napoletano, e lette con un sottofondo musicale suonato dal vivo (dagli stessi studenti) con violoncello, chitarra e flauto traverso.
Una mia poesia è stata mimata: mentre una ragazza leggeva il testo, un’altra al suo fianco vestita di nero, con una maschera bianca, mimava ogni parola... non so se riesco a riportare qui la qualità dell’emozione mentre questi ragazzi si sono, molto fortunatamente, presi la libertà di fare tutto questo: è stata una fortuna incontrarli, confesso che probabilmente ho guadagnato più di loro. Altre due ragazze hanno interpretato un’altra mia poesia costruendo una coreografia, ballando mentre la leggevano, senza risparmiarsi passi di danza impegnativi, senza avere vergogna di esibirsi di fronte ad altre classi.
Questi studenti sono stati dei traduttori viventi: hanno tradotto la poesia in tutto il resto.
Firma delle copie |
Ma soprattutto, che c’azzeccano questi studenti con la “gioventù bruciata”?
Le persone bruciate non stanno nei licei, si possono trovare fuori, dentro gli uffici delle province, dei comuni, dentro quei palazzi romani definiti barocchi (qua serve una lezione di storia dell’arte) da un esponente del M5S, il cervello bruciato sta nella puzza di naftalina delle persone che ci governano, non solo politicamente, nei ladri che sanno sempre cose che non dovrebbero, gli opportunisti e la loro ingordigia marcia, tutto questo e molto altro è la “generazione bruciata”... e non siamo di certo noi.
Ho provato a spiegare che “il centro”, cioè la capacità di trovare il bene, distinguerlo dal male e metterlo come priorità di vita, non va assolutamente mescolato con il centro di tutti questi bruciati che popolano i nostri giorni. Il nostro “centro” va preservato e riconosciuto anche negli altri, saper distinguere il bene dal male è quello che fa la differenza fra persone umane e pezzi di materia in decomposizione.
Gli studenti |
Si poteva facilmente immaginare che la scuola fosse nelle mani degli insegnanti, che ovviamente hanno una loro vita privata e quindi, molto più che legittimamente, potrebbero dedicarsi al loro lavoro con un certo tipo di distacco, come avviene in tutti gli altri impieghi, pur considerando un fattore di coinvolgimento emotivo... tutto potevo pensare, tranne immaginare che la scuola fosse quasi totalmente nelle mani degli insegnanti, basta vedere quanto impegno e volontà investono (Marcella Testa e le colleghe lo hanno dimostrato) nel realizzare un progetto di questo tipo.
Chapeau.
SB