Memorie (quasi) vere: Arnoldo Foà


Tanti sono gli episodi che mi legano a Foà del quale ho pubblicato ben tre libri (invenduti all’inizio ma, col tempo, sai…).
Inizio proprio dall’incontro del 16 giugno 2008 avvenuto in libreria dove racconto come si era conosciuto con la sua ultima moglie, Anna Procaccini.
Piccoli particolari che cambiano alcune vite: Dante, mio figlio, un giorno decide che non è giusto che io stampi i libri e poi li nasconda. Mandò quindi al Premio Alfonso Gatto, a mia insaputa, l’ultimo di poesie ‘Impaginato per affetto”. Andai in finale. Era il 1990.
Il lettore quell’anno era proprio Arnoldo che non vedevo da tantissimi anni, avendolo incontrato più mia madre Maria e mia sorella Adelaide che io.
Stretta la mano mi fa:
«Dovrei leggere queste schifezze?»
«Certo! Perché ti pagano» risposi.
Da quella battuta che, è assolutamente nel suo stile, è nata una grande amicizia e, salvo il periodo della sua ‘emigrazione’, una assidua frequentazione. Non la vincita dell’Alfonso Gatto il vero premio, ma il regalo più grande avuto fu proprio l’averlo rincontrato.
Anche per lui. Ci è stato regalato un mondo, la magia, una fiaba moderna, forse, ma certo che la sua vita cambiò. Io, pessimo padre, sembrai trasformarmi in un ottimo genitore per Foà.
Scopro che scrive testi teatrali, poesie, romanzi ma che non aveva mai tirato fuori da un armadio antico della sua (ormai ex) villa sulla via Nomentana. Stampo due dei suoi romanzi ‘Le pompe di Satana’, ‘La Costituzione di Prinz’ e un volumetto di poesie surreali e divertenti, (ma anche indicazioni di vita), dal titolo ‘La formica’.

Festa della Polizia, Premio alla Carriera, con Antonella D'Onofrio

Quindi lo porto in giro per l’Italia, piazze, teatri, trasmissioni televisive da Roma a Viareggio, Torino, Milano, non ricordo quanti giri e d’altro canto, si sa lo scrittore che presenta un libro non si paga, ma un attore del suo livelli sì, eccome!
Per strada qualcuno lo chiama, confondendolo con Fo, lui s’incazza e non si ferma, insistono scusandosi «signor Dario», l’incazzatura e il passo aumenta. Ma l’interlocutore non comprende perché Arnoldo s’incazza e tira dritto e cammina, dietro ripetendo:
«scusi, Maestro Fo, non intendo importunarla» e così via, accade spesso.
Quando va al ‘Costanzo Show’ però fa come me: si parla di tutto ma del libro neanche un po’, non come tutti gli autori che ‘casualmente’ hanno in tasca l’ultima opera. Semmai lui, tira un foglietto appena scritto con dei versi e legge, e giù risate e applausi: una delle sue poesie caustiche, all’acido muriatico, insomma.
Vendita continua: zero!
Nel ‘92 apro la libreria e fra i tanti (allora affollati) incontri ne organizziamo uno per presentare un libro di Arnoldo, forse ‘Le pompe di Satana’ – chi ricorda fra tante serate? – e alla fine ‘Lui’, invece di entrare nell’auto messa a disposizione dall’amico Paolo Antinori, (larga e comoda) pretende, insiste, fa le bizze per entrare nella 500 grigia, scassata, impossibile a contenerlo per la sua altezza, di Anna Procaccini!
E fu così che loro, dopo lunghe traversie per ottenere il divorzio, recuperare libri e i ricordi con la moglie precedente, come nelle favole, vissero felici e contenti.
Da quel giorno, come scrive lui stesso nella sua biografia, riprese ad essere di nuovo il grande attore che era, rispettato, ricostruendo con Anna tutto ciò che negli ultimi anni aveva perso. S’era anche lasciato convincere ad andare via dall’Italia per paura che con la scesa in campo di Berlusconi, ricominciasse un periodo fascista, come quello per cui già aveva patito agli inizi della carriera. E non era il caso.
Tutti attorno l’adorano, genitori, fratelli, amici di Anna. Tutti coloro che negli ultimi vent’anni lo avevano circondato, soprattutto giovani, hanno trovato straordinaria questa coppia, composta da un attore in età, alto e un po’ perduto con questa giovane donna minuta ma decisa e forte come nessun’altra.
Lo invidiai a lungo e, la stessa Anna si informava se io ancora vivessi solo. Ma vent’anni dopo accade a me la medesima cosa, simile anch’essa a una favola, ma che lascio ai ricordi di improbabili futuri biografi.

Arnoldo con Anna Procaccini da Pellicanolibri

Tanti altri sono i ricordi che mi legano ad Arnoldo (che molti si limitano a definire ‘voce’) ma, l’aver contribuito alla sua gioia e alla ripresa dell’attività in cinema e teatro, mi rende assolutamente orgoglioso. Ed è, forse, una delle migliori realizzazioni ‘editoriali’ della mia vita.
Purtroppo mentre sistemo e correggo queste ‘memorie’ per la pubblicazione (chissà se…) arriva la notizia della sua morte, non definirei scomparsa – quella resta nelle immagini e nelle registrazioni.
Così anche uno degli ultimi vecchi e grandi amici per cui all’insaputa di molti ho lavorato, va via e con lui svanisce la possibilità di un altro libro ‘nostro’ che proprio negli ultimi mesi, avendo la possibilità di una collana della Seam. avevamo pensato di pubblicare.
Va via, ma, come sempre, davanti ai ‘personaggi’, alle autorità e a quelli che contano, non ho avuto e non avrò la possibilità di raccontare altro.
Mi limito così alle letture delle mie poesie fatte da lui, alle tante foto e ai tanti incontri e di questi rimangono infinite tracce.
Inserisco qui una lettera, consegnata a mano, prima della sua partenza alle lontane isole delle Seychelles dove, forse pensava di non dover tornare.
Ma Ludovica, la sua prima moglie, incontrandomi, disse:
“Faccia in modo che non resti lì, ne morirebbe”.
Non rimase a lungo, una casuale trasmissione di Costanzo, parlando dalla sala, parlai di lui.
In camerino lo stesso Costanzo mi sollecitò a farlo intervenire. Così fu.
Così riprese.
Era il 1986

Video registrato in libreria il 16 giugno del 2008: Omaggio alla Poesia




vedi anche:
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/03/memorie-quasi-vere-enzo-jannacci.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/02/memorie-quasi-vere-alberto-moravia.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/03/memorie-quasi-vere-alejandro-jodorowsky.html

Viviana Piccolo al Teatro Due di Roma

 di Stefania Battistella

Perché non lasciar perdere i classici “mass media” e riportare il naso a teatro?
In un tempo in cui la società pare perduta, come fosse una massa informe di uccelli che volano nel cielo, con una bussola che probabilmente non ha mai funzionato e col senso dell’orientamento scaduto, può venirci in soccorso un mass media “diverso” o, per meglio dire, il primo mai esistito: la letteratura.

Quante volte abbiamo analizzato, o tentato, l’abisso dell’uomo leggendo, solo per citarne uno, Pirandello? Se la letteratura ci fa conoscere varie tipologie di comportamenti umani, da essi possiamo dedurre il comportamento dell’uomo (inteso come essere umano in generale e non essere maschile) nella nostra società “corrente”. Sì perché questa nostra società corre davvero, non solo fisicamente, destinata a schiantarsi contro chissà quale muro, questo lo sostiene in epoca moderna Serge Latouche.
Ecco perché la letteratura e, in questo caso una rappresentazione teatrale, può fungere da mass media in maniera molto più efficace rispetto ai classici canali come televisioni, giornali, radio; proprio perché a teatro si può vedere una rappresentazione/rappresentanza della questione umana; per citare il grandissimo Arnoldo Foà che ci ha appena lasciato “Non c'è differenza tra la vita e il palcoscenico”.

In particolare mi riferisco alla rappresentazione “Donne allo specchio” interpretata da Viviana Piccolo il 14 gennaio 2014 al Teatro Due di Roma, testo di Rocco Familiari per la regia di Krzysztof Zanussi.
Sebbene una prima parte che introduce il personaggio con tutte le sue fragilità, che possiamo ricondurre alle malattie dei nostri tempi, germi ereditati da quel “correre” di cui parlavo poco sopra, nella seconda viene ricalcata quasi a vivo l’ansietà di una donna che, oltre a fare i conti col tempo che, ahinoi, galoppa, si ritrova a fare i conti con i propri bisogni: l’amore, la bellezza, l’accettazione, i canoni della società (o quelli che crediamo tali), il sesso, la giovinezza, l’idea che la difficile soluzione di tutti questi argomenti possa essere sempre e per forza di cose accostata a veloci rimedi, apparentemente, come, per esempio, la chirurgia estetica.
Infatti la protagonista del monologo crede (spera) di mettere fine ai suoi tormenti “rinascendo”, ricominciando da capo “fisicamente”, quindi riportando la biologia del corpo a quei lontani vent’anni, a colpi di bisturi e botox. Il risultato? La protagonista si guarda allo specchio, liscia e soda come nemmeno a quindici anni ma non si riconosce, capisce che non era di certo quella la via d’uscita al problema/i che, evidentemente, sono talmente tanti e grandi che lei sola non è in grado e non ha i mezzi per porre rimedio.

Quale migliore articolo sulla situazione femminile nel XXI° secolo, se non una rappresentazione teatrale come questa? Per quanto ancora ci prenderemo/prenderanno in giro? L’uomo è stato capace di mettere mano a molte cose riguardante la questione “natura”, è un argomento immenso questo e, di certo, traendone vistosi benefici; nonostante ciò, forse dovremmo pensare un po’ più a che cosa vuol dire “natura dell’uomo” e metterlo in pratica.

Una forte mano la da l’interpretazione di Viviana Piccolo, gli sguardi, le movenze, lei con la sola scenografia è capace di catturare l’attenzione per un’ora con l’aiuto di luci e semplici suoni. Per quanto ognuno di noi possa dire di conoscere un poco i turbamenti dell’animo umano, di certo si può affermare, dopo aver visto la rappresentazione, di aver capito qualcosa in più; anche solo una emozione, un significato, il pensiero che si rischiara come se una cortina di nebbia si alzasse lasciando spazio a uno spunto di riflessione che, uscito dagli occhi di Viviana, si scontra con la nostra consapevolezza, facendoci pensare.


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Donne allo specchio di Rocco Familiari al Teatro Due di Roma

Regia Krzysztof Zanussi
con Viviana Piccolo


L'autore: 
Rocco Familiari, regista, fondatore del “Festival Internazionale del Teatro” di Taormina, è un drammaturgo di lungo corso, con all’attivo numerosi testi messi in scena da registi famosi (da Trionfo a Missiroli, da Zanussi a Maccarinelli a Nanni a Zucchi) con grandi attori (fra gli altri: Andrea Giordana, Raf Vallone, Enrico Lo Verso, Paola Quattrini, Vanessa Gravina, Flavio Bucci), e, più di recente, scrittore (“L’odore” romanzo, 
edito nel 2006 da Marsilio, che ha ricevuto il prestigioso “Prix du Premier Roman”, “Il sole nero”, romanzo, Marsilio, premio “Padula”, da cui è stato tratto l’omonimo film diretto da Zanussi, con Valeria Golino e Kaspar Capparoni; nel 2012 ha pubblicato una raccolta di racconti “Il ragazzo che lanciava messaggi nella bottiglia”, edito sempre da Marsilio (che ha ricevuto il premio “Joyce Lussu”), presso il quale sta per uscire un nuovo romanzo “Il nodo di Tyrone”). Alla sua produzione teatrale è dedicata la raccolta di saggi di Zina Crocè, “ErosThanatos nella drammaturgia di R.F.”, edita da Qualecultura nel 2013. I testi riuniti in questo spettacolo appartengono a momenti creativi diversi e molto distanti nel tempo.
Il testo:
“Ritratto di spalle” è il più lontano; risale infatti al 1973 ed è la prima opera pubblicata dall'autore (con Scheiwiller, nel 1977, nelle preziose edizioni “All'insegna del pesce d’oro"). È stato messo in scena la prima volta da Aldo Trionfo nel 1983.
Viviana Piccolo ne ha curato la regia e l’interpretazione al Teatro di Messina nel 2010 e riproposto poi al Teatro “La Soffitta” di Bologna nel 2012. Lo ha anche recitato a Lucca, a Villa Bottini, nello stesso anno, utilizzando come scenografia le sculture di Antonio Fraddosio ivi esposte. Questa nuova versione, rivisitata da un maestro della regia come Zanussi, è un ulteriore approfondimento dei temi della pièce, anche attraverso un affinamento dello stile di recitazione.    
“Donna allo specchio”, è invece uno degli ultimi lavori (è del 2000) ed è stato pubblicato per la prima volta nel volume “Teatro”, edito da Gangemi nel 2008, che raccoglie tutta la produzione drammaturgica di Familiari (con una prefazione di Krzysztof Zanussi e una introduzione critica di Dario Tomasello). L’attuale messinscena è pertanto una prima assoluta. Eppure, nonostante la differenza … d’età, o forse proprio per questo, i personaggi dei due “monodrammi” appaiono più vicini di quanto si potrebbe sospettare. Sono due donne colte in un passaggio estremamente delicato della loro esistenza, ritratte con la capacità, unanimemente riconosciuta dalla critica all’autore, di entrare nelle pieghe più sottili dell’animo femminile.
Sui due testi si riportano alcuni brani tratti dal volume di Zina Crocè prima citato. 
“Ritratto di Spalle, del 1977 è un raffinato ‘capriccio ontologico’ – secondo  l’espressione usata da Steiner per indicare l’essenza dell’opera d’arte… Il testo, al di là della sua forte dimensione estetica, ma anche per questo, ben può inserirsi all'interno del ‘flusso di coscienza’ di ispirazione joyciano/proustiana, sia per lo stile, privo di punteggiatura, sia per il contenuto, la sofferta ‘recherche’ di una donna, che, con una narrazione che si avvolge, e avvolge, in suoni, immagini, dissolvenze, suggestioni, rispecchiamenti, ricorda le situazioni significative della sua vita, dilaniata dalla doppia essenza del reale, Eros e Thanatos, e attanagliata dall'‘ipocondria della bellezza’… La donna, si vede “soltanto di spalle”, come di fronte a un gioco di specchi che, tragicamente, le impedisce di guardarsi “davanti”, di riconoscersi, di riappropriarsi del proprio sé, ormai smembrato.”
Foto: Giada Centazzo
In Donna allo specchio, del 2000, si ripropone – come in Ritratto di spalle - il ‘gioco’, anzi, il dramma, dello specchio, della maschera, che qui diventa ‘mancanza a essere’ (Lacan), cesura angosciante, dissociazione psichica, drammatica lacerazione tra corpo e anima. Una donna si rivolge alla chirurgia estetica per ‘rifarsi un’identità’, che, all'inizio, non si capisce bene se sia fisica o psichica :"Ho trascorso quasi metà della vita che probabilmente mi è toccata in sorte, chiusa dentro un involucro che non mi apparteneva, al quale la mia anima non apparteneva, un guscio che non riconoscevo come mio. Ho vissuto, intrecciato rapporti, amicizie, ho amato, odiato, con un corpo non mio. Come può esistere uno scarto così violento fra l’essere e l’apparire? Come può un corpo, che racchiude un’anima, non risplendere della bellezza  di quella?" Non sopporta più la sua immagine, rappresentazione del suo io scisso, il rapporto con lo specchio le provoca sofferenza.  Con lo specchio, infatti, ha un rapporto ossessivo, di dipendenza spasmodica, dolorosa, ma lo mantiene, nel tentativo di ricomporre, riconoscendosi, accettandosi, un’unità mai percepita: "È guardando l’immagine allo specchio, che si dà un’anima al proprio corpo". Anche se, aggiunge, "È pericoloso vedere la propria immagine". Torna alla memoria, qui, lo specchio del seminario X di Lacan, che spossessa il soggetto dell’autonomia del sé, genera angoscia…, per cui, l’ immagine speculare si trasforma in immagine del doppio che osserva, e, osservando, priva della soggettività, perturba… La mancanza della vecchia ‘identità’ dilata un vuoto abissale, insopportabile… Ormai preda dei suoi fantasmi, psichici e fisici, è irrimediabilmente lacerata dalla scissione…
Foto: Giada Centazzo
La frattura esplode, in tutta la sua drammaticità. Lo specchio, che doveva ricomporre l’identità, sancisce il drammatico trionfo del più cupo iato esistenziale. La divisione squarcia l’io, diventa delirio: "Sotto le dita, la pelle che accarezzo non è mia. È come se stessi accarezzando un’altra. È una sensazione vertiginosa. Io sono due persone". È scissione psicotica, double mind,  "perdita di ogni familiarità con il reale”. Ormai niente può ricucire lo strappo creato dalla divisione tra il soggetto e la sua rappresentazione. Unico meccanismo di difesa, automatico e inconscio, diventa ‘il diniego’ della realtà. In questo monodramma, forse più che in altre opere di Familiari, il tema dello specchio si propone, nonostante la brevità del testo, che comunque risulta intensamente espressivo, come visione dell’interiorità più che dell’esteriorità, e dunque, come contrapposizione tra l’occhio e lo sguardo, tra il vedere e il comprendere. Lo specchio… diventa metafora del rapporto interpersonale, che quasi mai diretto, ma, invece, spesso risulta filtrato dall'immagine della nostra immagine’.

Il regista: 
Krzysztof Zanussi, il grande regista cinematografico e teatrale polacco, con il quale Familiari ha un consolidato sodalizio intellettuale, ha messo in scena vari suoi lavori: “Il Presidente”, nel 1992, con Raf Vallone, del quale ha realizzato anche una versione per la TV polacca con Jerzy Trela, “Herodias e Salome” nel 2000, con Paola e Selvaggia Quattrini e Massimo De Rossi, “Il sole nero”, film, tratto nel 2005 dal dramma “Agata”, con Valeria Golino, “L’odore”, in russo, a Perm, nel 2011; sta scrivendo attualmente una sceneggiatura tratta dai racconti di Familiari.
In questo lavoro, che ha messo in scena nel giugno del 2013 per il Festival di Pordenone, enuclea, dei due testi, proprio i punti di contatto profondi, utilizzando in maniera magistrale le doti di un’attrice sensibile e colta qual è la Piccolo.
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L'attrice:
Viviana Piccolo, attrice e regista, ha lavorato al teatro stabile d’Abruzzo, collabora anche con Fernando Arrabal, il quale ha scritto un testo apposta per lei, “IL castello dei clandestini” (Seam edizioni), e sempre dello stesso autore ha messo in scena Fando e Lis. Ha curato la regia dell’unico testo teatrale di Milan Kundera in collaborazione con l’autore stesso e l’Università degli studi di Trento.