Viviana Piccolo al Teatro Due di Roma

 di Stefania Battistella

Perché non lasciar perdere i classici “mass media” e riportare il naso a teatro?
In un tempo in cui la società pare perduta, come fosse una massa informe di uccelli che volano nel cielo, con una bussola che probabilmente non ha mai funzionato e col senso dell’orientamento scaduto, può venirci in soccorso un mass media “diverso” o, per meglio dire, il primo mai esistito: la letteratura.

Quante volte abbiamo analizzato, o tentato, l’abisso dell’uomo leggendo, solo per citarne uno, Pirandello? Se la letteratura ci fa conoscere varie tipologie di comportamenti umani, da essi possiamo dedurre il comportamento dell’uomo (inteso come essere umano in generale e non essere maschile) nella nostra società “corrente”. Sì perché questa nostra società corre davvero, non solo fisicamente, destinata a schiantarsi contro chissà quale muro, questo lo sostiene in epoca moderna Serge Latouche.
Ecco perché la letteratura e, in questo caso una rappresentazione teatrale, può fungere da mass media in maniera molto più efficace rispetto ai classici canali come televisioni, giornali, radio; proprio perché a teatro si può vedere una rappresentazione/rappresentanza della questione umana; per citare il grandissimo Arnoldo Foà che ci ha appena lasciato “Non c'è differenza tra la vita e il palcoscenico”.

In particolare mi riferisco alla rappresentazione “Donne allo specchio” interpretata da Viviana Piccolo il 14 gennaio 2014 al Teatro Due di Roma, testo di Rocco Familiari per la regia di Krzysztof Zanussi.
Sebbene una prima parte che introduce il personaggio con tutte le sue fragilità, che possiamo ricondurre alle malattie dei nostri tempi, germi ereditati da quel “correre” di cui parlavo poco sopra, nella seconda viene ricalcata quasi a vivo l’ansietà di una donna che, oltre a fare i conti col tempo che, ahinoi, galoppa, si ritrova a fare i conti con i propri bisogni: l’amore, la bellezza, l’accettazione, i canoni della società (o quelli che crediamo tali), il sesso, la giovinezza, l’idea che la difficile soluzione di tutti questi argomenti possa essere sempre e per forza di cose accostata a veloci rimedi, apparentemente, come, per esempio, la chirurgia estetica.
Infatti la protagonista del monologo crede (spera) di mettere fine ai suoi tormenti “rinascendo”, ricominciando da capo “fisicamente”, quindi riportando la biologia del corpo a quei lontani vent’anni, a colpi di bisturi e botox. Il risultato? La protagonista si guarda allo specchio, liscia e soda come nemmeno a quindici anni ma non si riconosce, capisce che non era di certo quella la via d’uscita al problema/i che, evidentemente, sono talmente tanti e grandi che lei sola non è in grado e non ha i mezzi per porre rimedio.

Quale migliore articolo sulla situazione femminile nel XXI° secolo, se non una rappresentazione teatrale come questa? Per quanto ancora ci prenderemo/prenderanno in giro? L’uomo è stato capace di mettere mano a molte cose riguardante la questione “natura”, è un argomento immenso questo e, di certo, traendone vistosi benefici; nonostante ciò, forse dovremmo pensare un po’ più a che cosa vuol dire “natura dell’uomo” e metterlo in pratica.

Una forte mano la da l’interpretazione di Viviana Piccolo, gli sguardi, le movenze, lei con la sola scenografia è capace di catturare l’attenzione per un’ora con l’aiuto di luci e semplici suoni. Per quanto ognuno di noi possa dire di conoscere un poco i turbamenti dell’animo umano, di certo si può affermare, dopo aver visto la rappresentazione, di aver capito qualcosa in più; anche solo una emozione, un significato, il pensiero che si rischiara come se una cortina di nebbia si alzasse lasciando spazio a uno spunto di riflessione che, uscito dagli occhi di Viviana, si scontra con la nostra consapevolezza, facendoci pensare.


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