Memorie (quasi) vere: Léo Ferré

Nel camerino del Teatro Metropolitan
di Catania, dopo il concerto
“L’anarchia è la formulazione politica della disperazione.
L'anarchia non è un fatto di solitari: la disperazione neanche.

Sono gli altri a informarci sul nostro destino.

Sono gli altri a farci, a distruggerci. Con gli altri si è un altro.

Allora, distruggendo gli altri, distruggiamo noi stessi. È stato già detto; è importante che sia ripetuto...”
(Léo Ferré)





Come ho avuto modo già di scrivere, gli anni dall'80 all'87, mi risultano particolarmente confusi, avendo avuto il periodo più tumultuoso della vita privata, dell’attività editoriale, della collaborazione con troppe cose, quindi dal ‘Giornale del Sud’, al ‘Giornale di Sicilia’, la casa editrice, il premio Akesineide, la separazione, altre collaborazioni come ‘Reporter’, per fortuna alcuni giornali fanno da storia, a questa confusione, ed è innegabile la venuta di Leo Ferré a Catania e la relativa intervista pubblicata sul ‘Giornale di Sicilia’.

Malgrado Ferré sia andato via dalla Francia, le sue ‘canzoni’ sono anche edite, come quelle di Jacques Brel e Georges Brassens, da Gallimard, nella collana più prestigiosa forse al mondo di poesia: ‘Biblioteca della Pléiade’.
Le nostre collane di poesia con autori quali Neruda, Pessoa, recano invece prefazioni di Pelù, Jovanotti, che saranno bravi a cantare ma quanto a parlare di questi grandi poeti ecco che c'è da urlare!
E che gli editori siano finanziarie con dirigenti che hanno guardato sin da piccoli solo Italia uno, viene più di un sospetto. Quasi come quei critici che mi hanno contestato e non hanno voluto neppure firmare per la petizione in favore di Anna Maria Ortese e che oggi, tronfi e pettoruti (oltre che pagati) se la vanno a presentare come fosse una loro scoperta! Faranno i decennali, i ventennali, i trentennali, ecc. mangiano!
Per fortuna questo con Léo non accade, da Enrico Medail a Mauro Macario alla figlia e persino quei tanti spazi in tutto il mondo a lui dedicati sono ‘gestiti’ da persone che hanno per Léo un grande rispetto. Come me.
È passato tanto tempo, ma il ricordo di Léo è assolutamente indimenticabile: nella politica, nell'amore, nei sogni, nella musica. Che Léo fosse anche direttore d’orchestra è sempre passato in secondo piano.
La contestazione studentesca in Francia del ‘68 e i risultati di questa, lo avevano talmente ‘nauseato’ da scegliere, come paese, l'Italia: Castellina in Chianti. Splendida! consona al suo modo di vivere.
Lì continuò a fare libri e dischi, quasi in proprio. Ricordo il suo traduttore dell’epoca Enrico Medail e la mia voglia di farlo conoscere di più, di ‘imporlo’ quasi anche ai giornali coi quali collaboravo ma, è sempre stata dura!
L’occasione però arriva.
Organizzato dal ‘Centro Culturale Francese’ di Catania, (1984) la sua presenza al Metropolitan, teatro nuovo e con tremila posti fu grande la mia gioia per avere avuto così la fortuna di conoscerlo e intervistarlo.
Ero indignato per il pubblico di trecento persone ch'era venuto ad ascoltarlo. Lui no!
Capì la mia ammirazione ma anche l'essergli simile e, abbastanza timido (sfido chiunque!) allora dal palco, mi indica e mi chiama in causa! (questo interloquire amichevole succederà diverse volte anche con Arnoldo Foà).
Mi rende partecipe dell'amore per ciò ch’è diverso. Della crescita che non può coinvolgere folle, ma che poco a poco bisogna conquistare.
Le trecento persone lo applaudirono come fossero trentamila!
Noto più per i testi delle canzoni ‘Gli anarchici’ e ‘Solitudine’, ho sempre preferito invece ‘Col tempo’ o ‘Piccina’. Perché in queste ultime si rispecchiano le altre, anzi tutte le altre.
‘Avec le temps’ ma preferisco sempre usare l'italiano, perché gli italiani lo usano sempre meno, è di straordinaria potenza, come ‘Non andare via di Brel. Potranno passare secoli ma neppure una sola riga sarà mai ‘datata’.
Nell'intervista che, per ragioni di spazio, mi è stata accorciata, Léo salva pochi dei nostri cantautori, De André soprattutto e Gino Paoli, coi quali collaborò. Siamo consapevolmente d'accordo, complici, e il tempo ha dato ragione.



Nelle foto (archivio personale) Ferré sul palco del Metropolitan di Catania.

Aggiungo che in quegli anni, avevo tentato di stampare le sue poesie, mi incrociavo con diritti musicali assurdi, costosi e pieni di trappole, tutto ben lontano dai suoi e miei desideri.
Lotte che dovevo affrontare per sopravvivere, difficile già con i libri di Arrabal, Bachelard, Halimi, che non riuscivo a diffondere né a pagarmi.
Léo aveva compreso appieno la mia forza ma anche il mio dolore; così la moglie, straordinaria e fedele compagna, quando stava male, nelle telefonate sembrava essere consapevole ch’io fossi un complice, e quasi mi voleva tranquillizzare per non ‘sentirlo’ nella sua ‘solitude’.
Dopo, molto dopo, ho incontrato il suo amico e traduttore italiano Mauro Macario (credo uno dei grandi poeti italiani, fra i più riservati e 'nascosti' a quella solita cultura ufficiale): ne ho ascoltate le canzoni, stavolta cantate da Gianluigi Cavaliere (Chantango) ed è come se il dolore si fosse acquietato, infine. Così che le vie percorse non erano totalmente in solitudine.
b. c.

leggi anche:
http://beppe-costa.blogspot.it/2008/04/un-ricordo-di-leo-ferr-lultimo-poeta.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2008/04/leo-ferr-col-tempo-la-sua-pi-bella.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2011/08/leo-ferre-alma-matrix-in-concerto-roma.html

Stefania Battistella incontra Omar Pedrini

Guardando qualche sua foto viene da chiedersi “Marilyn Manson dopo una cura ristabilizzante?”
Ascoltando la musica viene da chiedersi “inglese?”
Ascoltando le parole viene da dirsi “porca miseria questo è italiano!”
Ascoltando la traccia n. 16 viene da dire “beh, perché non misto zitta…”

È proprio così, dovrei starmene zitta ma io disubbidisco spesso e volentieri, specialmente se devo disubbidire a me. Credevo non fosse più possibile sentire una canzone nel suo complesso sistema, composta cioè da buone parole e buona musica. Credevo  fosse ormai “roba in via d’estinzione” in Italia, e così viene facile proiettarsi ad ascoltare altre band, esclusivamente straniere, tanto la speranza ormai è persa, facciamocene una ragione.

Arriva l’appuntamento del  giorno 17 marzo 2014 alla Feltrinelli di Roma per la presentazione del nuovo cd di Omar Pedrini (nonostante fosse -diciassette-, abbiamo azzeccata la strada giusta e pure il parcheggio dentro le strisce a pochi passi dalla libreria).
Il nome non mi è assolutamente nuovo, nel senso che mi ricorda qualcosa e in particolare la parole “shock”, ma al mondo nomi ce ne sono molti e così che differenza fa uno in più o in meno?

Arriva finalmente l’ora e dalla porta bianca laterale piccolo palchetto allestito esce un tipo con giacca in pelle, astuccio rigido della chitarra, jeans. È Omar. Scende le scale, ci scruta un po’ tutti mentre parte un timido applauso lui dice “buonasera, tutto bene?”.
Penso che partiamo bene, alla “Bergoglio” ci sa fare il tipo! Sembra assolutamente una persona normale, come quelli che hanno qualche acciacco, che non trovano quasi mai parcheggio, che fanno la fila alla cassa.
Un comune mortale, diciamo, ma come recita una famosa canzone “oltre alle gambe c’è di più”, eccome se c’è.

Non siamo in presenza di un personaggio normalmente formato, all’interno del libretto del cd ci sono diverse foto di Omar con la maglia degli All Blacks, nota squadra di rugby della Nuova Zelanda; questo ne è un esempio e spiego perché: il rugby oltre ad essere uno sport, molti diranno, violento, da evitare assolutamente, per bruti, per maschioni, ebbene, se ad una prima vista questo può apparire vero, del rugby c’è da cogliere l’umanità e la giustezza con le quali il tutto viene praticato, sia da parte dei giocatori che dal pubblico allo stadio: infatti negli stadi di rugby non ci sono reti protettive che separano giocatori e pubblico (a differenza degli stadi calcistici), non si sa mai caschi giù qualche motorino… Gli uomini tentano di circondarsi e addobbarsi con quello che reputano più vicino alla loro anima, e in questo caso c’è da dire che Omar cela un’umanità e giustezza tali da far colorire Marilyn Manson, non mi servono tante prove, signor giudice, proprio no, serve solo ascoltare il cd. Quel giorno alla presentazione del cd non c’era nessuna rete protettiva fra lui e noi, non c’era nient’altro che lui e la sua musica, le pare poco signor giudice? A me non pare poco per nulla, se ne accorgerà anche  lei quando ascolterà il cd, in particolare “Gaia e la balena”… si ritroverà come qualsiasi altro a dare una mano a trascinare il nostro senso di giustizia anche se pare non dia segni di vita.

Da sinistra: Beppe Costa, Jack Hirschman,
Omar Pedrini e Igor Costanzo alCircolo degli Artisti (Roma)
C’è tanta gente i questo cd, c’è Veronica, Emilia, Nina, Italia! Eh sì
c’è “Italia”, una donna bellissima che purtroppo ha incontrato compagni sbagliati, e questo ce lo fa capire molto bene Igor Costanzo, sia perché la recitazione è “da infarto (suo)” sia perché Igor ha saputo trovare le parole giuste dando una chiave di lettura di questo nostro paese che dovrebbe farci riflettere… siamo diventati i “papponi” di questo nostro paese?
Omar è cresciuto a “pane burro e medicine” subendo “shock dolcissimi” procurati da questa vita che a volte è generosa, altre avida… in questa partita il musicista è riuscito a impaurire a colpi di “haka” tutti i nostri pregiudizi riguardo la cultura musicale italiana per cui “è sempre meglio l’estero, ma l’estero straniero non quello che canta -i’ te vurria vasà-.
Purtroppo o per fortuna tocca a noi cambiare il mondo in cui viviamo e se ci accorgiamo di qualcosa che non va, dobbiamo cantare a squarciagola quello che invece potrebbe andare, e se questo vuol dire cantare dei figli del Lago e descriverli, così sia! Se questo significa leggere Poesia, dove Poesia è sintesi di concetti e non descrizione di abitudini, così sia! Se questo significa dire che fra cemento e terra c’è da scegliere la terra, così sia! Se questo vuol dire provare a trainare balene morte essendo bambini incoscienti, così sia! Se questo vuol dire ascoltare Omar Pedrini alla Feltrinelli di Roma o in qualunque altro posto, per capire qual è la direzione giusta da prendere… così sia.




"Non si può non uscire che sovraccarico di umanità, dopo aver sentito le parole (dopo anche l'abbraccio) di Omar. Come tutti i grandi la genialità si sposa sempre con l'umiltà. Così, di nuovo, visto che tanti grandi ci hanno lasciato, abbiamo almeno qualcuno che 'canta' la poesia. Grazie Omar, dal tuo beppe costa"













Memorie (quasi vere): Enzo Jannacci



Concerto jazz alla Plaja di Catania
La televisiun la g'ha na forsa de leun
La televisiun la g'ha paura de nisun
La televisiun la t'endormenta cume un cuiun
(Enzo Jannacci, 1975)


L’altro incontro che mi viene ricordato proprio dal ‘Giornale di Sicilia’ attraverso l’intervista fatta da me a Enzo (un’altra sarà di Moravia, mentre quella di Sengor mi verrà tanto accorciata – visto che è un “negro” e per di più sconosciuto al mio capo – che mi rifiuterò di firmarla).
Tre visite in Sicilia, tre incontri.
Precedentemente lo avevo ascoltato a Trastevere a Roma, in via Garibaldi (forse Folkstudio, luogo storico, certo, ma la memoria degli accadimenti tutti non li regge).
Ricordo che vidi per prima cosa i piedi di Enzo sulla tastiera: e fu amore immediato, non solo e non per i piedi!
Uno breve a Siracusa in una sorta di Teatro tenda dove il caos regnò sovrano fino a quando Enzo non iniziò a parlare. Gli organizzatori, forse sinistrorsi e con pochi mezzi o, forse, non in buoni rapporti con le forze dell’ordine o le autorità, non avevano acconsentito al concerto se non con molto ritardo e certamente molte perplessità.
Jannacci? chi era costui? che parla in milanese a noi che siamo siculi e detentori della lingua? Sarà stato così? ma è certo che la lunga attesa e il ritardo ammassarono una folla immane, per la capienza della Tenda non adeguata. Ero con mio figlio Alessandro, tentavo di salvarlo dalla stretta di gambe, braccia, teste, nasi: un finimondo che ad Enzo non sarà sfuggito.
Poi, infine, tutto comincia, ci si scusa e si spiega come sia stato difficile per gli organizzatori avere lo spazio e i permessi. Li avrei santificati (se fossi papa o Crozza, immediatamente).
Chissà se avete mai visto un diavolo su un palco che cambia strumenti, che rompe tutte le corde della sua chitarra afferrando poi quella di uno dei chitarristi che lo accompagnavano, distruggendo pure quella, per qualcosa che definire spettacolo di canzoni è riduttivo, oltreché inutile.
Catania: torna (c’era stato un ‘lieve’ malore a Siracusa).

Tant'è che il ‘Giornale di Sicilia’, per il quale allora scrivevo alcuni articoli su personalità ‘diversamente’ brave, mi autorizzò a fare una intervista di un’intera pagina.
Tutti i suoi testi fra lacrime e risate, uno dopo l’altro, mentre anche il mimo che ha dentro di sé non cessa di muoversi. 5000 persone che non riescono a stare seduti, mai visto, poi, più nulla del genere. Questa volta decide: torna ma al jazz. Con un gruppo di musicisti, uno spettacolare concerto all’aperto nel boschetto della Plaja. Un successo enorme, le sue canzoni o almeno quelle più note come ‘vengo anch'io’ non vengono neanche sfiorate. Ma nessuno rimane deluso.
Mica capita spesso. Ma l’esperienza del concerto è una delle meraviglie del nostro incontro. Conoscevo già l’amico comune Giorgio Gaber e tutte le canzoni di Enzo, anzi amavo proprio le stesse amate da lui. “E… allora concerto” non era uscita da molto. Quel testo mi stava nel cuore in quell’epoca più d’ogni altro.
Volle andare a mangiare nelle bettole vecchie di Catania. Malgrado dicessi che erano misere di tutto e forse anche il vino era pessimo, volle lo stesso andare in quelle. Circondato dai miei amici d’allora fu per tutti un’esperienza umana, non solo musicale.
Mi disse che si sentiva ‘corteggiato’ da mia sorella Adelaide e, in effetti anche lei l’adorava, ma come si adorano i poeti, quelli veri e, lui, più di altri cantautori parlava dei dimessi, degli sportivi colossi impavidi, delle donne cosiddette sposate e scopriva del passato le grandi tradizioni popolari.
con Enzo prima del concerto
Quelli sono stati giorni che non si sono ripetuti con lo stesso Gino Paoli, né con altri, certamente con Leo Ferré sì: stesse emozioni e solitudini, stessi impegni e mai una concessione alla stupidità, a quella stupidità che avrebbe portato al successo.
I suoi musicisti a cena sono stati un grande spasso: mangiavano pollo bevendo cappuccini. Uno penserebbe a chissà quanta birra avrebbero fatto fuori, macché, cappuccini e latte o latte e caffè.
L’accompagnai ad un emittente televisiva che allora si chiamava Telecolor, da Ada Mollica: spero che anche quella trasmissione sia stata conservata. Quando mi hanno spiegato YouTube e ho aperto il mio canale, cercavo le sue canzoni, ce n’erano pochissime, quasi nulla.



Giornale di Sicilia, 5 maggio 1984 
Oggi per fortuna, con quell'altro genio della musica che è il figlio e con tanti amici che ci sono, a centinaia, anche se timidi o prudenti, i suoi brani stanno venendo fuori, se non tutti, quasi tutti.
Infine anche al cinema Jannacci resta se stesso, ovvero chi lo sceglie vuole Enzo, questa persona che sembra stare a proprio agio sia sul palco che in un’osteria, coi grandi e coi piccoli che hanno circondata la sua vita. E molti comici e autori, con lui e l’amico di sempre, Dario Fo, si sono formati e restano i migliori: coloro che all’originalità della risata non aggiungono mai la volgarità, cibo televisivo quotidiano per tutte le reti e generazioni.
Avrei voluto, negli oltre 35 anni che sono passati, rivederlo, stringerlo, dirgli quanto mi avesse insegnato con le sue canzoni ma scambiai telefono e indirizzo con quello che lo accompagnava, forse l’insegnante di karate.
Ho inutilmente scritto nel primo periodo e telefonato: nessun cenno, pazienza: erano importanti i testi e le musiche che in lp di altri tempi sono sempre con me.
Recentemente, altro vantaggio della rete, mi sono collegato con le pagine dedicate a lui e al figlio Paolo e, in qualche modo, articolo, saluti e foto, sono arrivati a sono arrivati a destinazione.
*Questo testo è stato scritto alcuni anni fa: il 29 marzo del 2013 Enzo ci ha lasciato. Quindi quasi un anno fa. Da quel giorno però gli incontri a lui dedicati, le canzoni, i video si sono centuplicati. Ecco perché alla fine i Poeti non muoiono mai: la morte anzi li diffonde ancora di più.
Dal 29 marzo 2013 almeno anche qualche giovane si 'riconoscerà nei testi immortali di Jannacci. Con un grande figlio. Paolo!

La pagina Facebook di Enzo


vedi anche:
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/01/memorie-quasi-vere-arnoldo-foa.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/02/memorie-quasi-vere-alberto-moravia.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/03/memorie-quasi-vere-alejandro-jodorowsky.html





Memorie (quasi) vere: Alejandro Jodorowsky


Non ricordo come né perché, avevo già scritto ad Arrabal, avevo già pensato di aprire un’attività editoriale. Non ricordo neanche se lavoravo da qualche parte, giornale o rivista, ma è certo (e le foto a volte fanno la storia che non conosceremmo mai), che ho incontrato Jodorowsky.
Prima edizione di Panico, Pellicanolibri,1978
Avevo visto e diffuso ‘La montagna sacra’, penso di avere avuto poco meno di quarant'anni e lui certamente più grande di me di tredici anni, sembrava molto più giovane. Il luogo certamente era Taormina perché, ricordo, che in quell’anno era il presidente della giuria del Cinema, dove venivo invitato anch’io non so se per un giornale, una rivista, o chissà per quale ragione.
Ma perché e come mai ci trovammo seduti su un marciapiede a guardare il paesaggio, giuro che non ricordo.
Una fotografa che, forse, lavorava nel mio stesso giornale, ci immortalò insieme, altrimenti non sarei in possesso di prove schiaccianti dove siamo, appunto, seduti a parlare.
Dialogare con Alejandro non risultò difficile, capii già da allora che le lingue servono a volte a ben poco e fino a un certo punto e lui le mischiava tutte. Fu l’impatto, l’abbraccio che ci fece sentire complici rispetto ad altri che, all'inizio ci guardavano stupiti; io, imbarazzato, lui con un sorriso che, forse, avevo sentito sulla pelle e nel cuore.
La nostra conversazione, stentata, riguardava i critici cinematografici, anche Giovanni Grazzini del ‘Corriere della sera’ che aveva stroncato ‘La montagna sacra’. Io ne vedevo, certamente, l’esagerazione di qualche scena, ma le stupidità e la violenza umana, lo sfruttamento dell’immagine del ‘povero’ cristo, da cui presi spunto per scrivere il mio unico testo teatrale: più assurdo, forse, dello stesso film citato.
Era alla ricerca dei fondi per realizzare ‘Dune’ ma, così certo di riuscirci, che mi proponeva con insistenza di andare con lui in India. Un sogno? un errore non averlo fatto? credo di sì. Famiglia e figli (lasciati poco tempo dopo) me lo impedirono. Questo ricordo mi tiene fermo all’immagine di quel giorno con lui che allora conosceva tre o quattro parole di italiano ed io nessuna lingua, neanche la mia.
Ma come sto narrando, la lingua è spesso sostituita dagli occhi, dalle braccia, dalle strette di mano. Nel ‘78 ho pubblicato ‘Panico’ (Pellicanolibri), dopo uno scambio di corrispondenza con Arrabal.
Non rividi più Alejandro, né mi meravigliai quando, lasciato il surrealismo, si infilò nella magia, facendo corsi, lezioni e incontri curativi.
Mi meravigliai di come all'inizio apparve al ‘Costanzo show. Il Maurizio forse conosceva poco l’autore di tanti libri (ancora non editi in Italia) e lo trattò come un guru, anzi come qualcuno che prendiamo (ridicolizzandolo) per guru.
Lo dovettero informare più avanti e riapparve, questa volta non in teatro, con il giornalista in modo più corretto: come una grande personalità del mondo dell’arte.

Da molti anni, grazie anche a Cristobal, alla magia, ai corsi, la situazione di Alejandro è assolutamente cambiata. Non più il Movimento Panico né il surrealismo né il cinema l'hanno reso famosissimo anche nel nostro paese. Leggere i suoi libri, le riflessioni, le poesie o partecipare alle sue conferenze l'ha reso lo stesso un 'guru' universalmente apprezzato. La gran parte delle pubblicazioni sono editi da Feltrinelli e Giunti.
Ben lontano il tempo quando ho cercato di vendere, proporlo al nostro pubblico.
Così come accade ancora per Arrabal, (noto in tutto il mondo, salvo che da noi) impegnato anche civilmente che è tornato in Italia nel settembre del 2013, grazie a un Premio alla Carriera del Comune di Moniga del Garda, voluto dall'amico poeta Igor Costanzo. (b.c.)


vedi anche:
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/01/memorie-quasi-vere-arnoldo-foa.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/03/memorie-quasi-vere-enzo-jannacci.html
http://beppe-costa.blogspot.it/2014/02/memorie-quasi-vere-alberto-moravia.html


Maddalena Saitta, La mia via, Diario di una reincarnazione (Seam Edizioni)

Molti di noi attraversano momenti di terrore quando qualche sintomo appare a minare la nostra sicurezza. Siamo ammalati. Talvolta si tratta di falsi allarmi, altre volte l’allarme è reale avvertendoci dei rischi che corriamo.  Si ricorre al medico: controlli, esami, paure incidono trasformando la nostra vita in un inferno.

dalla prefazione di Liliana Arena
Inediti rari e diversi
collana diretta da Beppe Costa e Igor Costanzo
prefazione di Liliana Arena

[Il labirinto come ricerca del sole interiore, come ricerca del Sé, in cui il bambino, il genitore e l’adulto si riconoscono accettandosi e accogliendosi l’un l’altro senza più condannarsi; il labirinto come via da intraprendere e da percorrere per il raggiungimento della consapevolezza, della maturità, della saggezza. La malattia come strada quasi preferenziale o addirittura agevolata all’interno di esso, quasi una sorta di possibilità in più per arrivare alla meta, che non è rappresentata dall’uscita dal labirinto, bensì dal suo centro: la pietra filosofale. 
Qui si parla di Sclerosi multipla, ma potrebbe trattarsi di un cancro come di una qualsiasi altra malattia invalidante, definita “incurabile”, che “conduce irrimediabilmente alla morte”. L’uomo ha difficoltà ad accettare la morte e, nonostante sia parte integrante del ciclo naturale della vita, essa è forse la più grande delle sue paure, che egli tende ad esorcizzare con il pensiero di allontanarla quanto più possibile nel tempo, rinviando così inconsciamente il momento di affrontarla progettando e proiettando troppo spesso la propria vita nel futuro. Quando si viene a conoscenza di un tempo a scadenza, si apre il baratro del dolore, dell’impotenza e dell’angoscia in cui è facile cadere e lasciarsi andare. Quanto più è giovane l’individuo, tanto più si trova a dover fare i conti con quella che fino a qualche minuto prima era la sull'immortalità”: tutte le certezze crollano e, senza la proiezione nel futuro, nulla ha più senso.
(L. A.)


Questa la via” di Maddalena Saitta, che si racconta in prima persona abbracciando una sofferenza universale, descritta in un libro che potremmo definire un diario romanzato: il viaggio di una vita che nel fiore degli anni scopre una malattia tra le più gravi che possano colpire un uomo con tutti i risvolti fisico-psicologici che questo comporta.
L'autrice legge brani del volume da Pellicanolibri, Roma
Maddalena Saitta è nata a Roma 
dove vive e lavora.
Appassionata sin da giovanissima di ogni forma d’arte, ha studiato pianoforte e canto. Affascinata dalla letteratura, ha conosciuto grandi personalità del mondo della cultura, della poesia, della pittura pensando bene che avessero le capacità per comprendere, e quindi vivere, la vita in modo sensibile, in un mondo che appare sempre più brutale.
Questo è il suo primo libro.


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Marcella Testa: Maledetto sia Copernico! (Seam Edizioni, 2014)



collana Inediti rari e diversi
ISBS 9788881795209 pp. 80, € 10.00
dalla prefazione di Ivana Moser


Quante buone e cattive intenzioni, quanti errori declinati al femminile e al maschile si contano, e si conteranno ancora, sulla via della parità, dell’equilibrio riconosciuto e sancito fra due generi complementari! Non esiste l’altra metà del cielo, esistono esattamente due metà! 
Lunghe, filamentose linee di pensiero dietro le voci delle donne di Marcella, le voci di Alice, Grimilde, Euridice e Nina emergono da un possibile vissuto, dal fiabesco, dal mitologico, dal leggendario, dallo storico, lontane nel tempo e nei contesti, vicine nella ricerca di autoaffermazione e nella protesta, alimentata dalla consapevolezza di sé.
Voci mai lamentose, determinate nella conquista di spazi, ruoli e posizioni, proiettate nella lotta per rendere visibile il [proprio] centro, costruito su sentimenti positivi e negativi alquanto forti, fra questi l’amore, l’ossessione, il culto di sé, della scrittura, della libertà, della fede.





la "voce" del Poeta:


A chi ha mani praniche
che soffiano colori
e prova a trasformare
Saint-Paul in Giverny
scoprendo
che sono lo stesso giardino.
A chi ha il potere
di disegnare
emozioni e rimozioni
e prova a condividerlo col mondo.
A chi si congestiona
di inutili percorsi
perché possa ripulirsi
e ciò che resta
renda visibile il suo centro.
     
1920, Monet, Lo stagno delle ninfee.

Si è spenta la mia donna
con lei se n’è andato il desiderio:
piazza S. Marco
il parlamento inglese,
collezionisti americani
niente ha senso, se non dentro lo stagno.
Calco il cappello
pettino la barba
con le dita, come faceva lei
a ogni fatica.
Metto le mani in tasca,
ci trovo una moneta
la lancio alle ninfee,
tornate macchie di colore.
Se concessa mi sarà altra occasione,
che io possa incontrarla per prima
e ritrovarla e svelarla
nella sua femminilità segreta,
unico paesaggio della mia vita.


Nel 1911 muore Alice e Claude diventa consapevole che, per riaverla, darebbe indietro al destino tutto ciò che ha avuto. Un solo sogno gli rimane: reincontrare Alice per prima in un’altra vita, per poterne vivere a pieno l’essenza e l’energia che hanno animato la sua pittura.


Io prendo te, Apollo,
come mio amante e sposo
il tuo calore e la tua infedeltà.
Niente ti prometto
né da te pretendo.
Le catene le lascio arrugginire
o le userò per ammanettarci al piacere.
La mia penna vorticosa partorisca
libertà di vita e di inchiostro.
Perché tutto il resto
è infibulazione mentale.

 Nicola raccolto in preghiera
sulla riva aspettava
che il mare si aprisse.
Tra canti di inni su carri
a molti apparve il miraggio.
Nina trovò il coraggio di camminare
ma non seppe nuotare. Mani callose
la rubarono al fondo. Sputò acqua
poi sale, venduta da un criminale.


Marcella Testa (Castellammare di Stabia, 1972).
Vive a Scafati (Sa), dove insegna materie letterarie. Suoi
racconti e poesie sono sparsi in Antologie varie edite dalla Montag, Perrone, Cicorivolta, Farnedi, Edizioni Progetto Cultura e su diversi siti web (opposto.net, scheletri.com) e vari numeri della rivista letteraria Writers Magazine Italia. Nel 2009 è uscita la sua prima silloge Come una nebulosa, (edizioni Montag), vincitrice del premio Solaris. Nello stesso anno, insieme al pittore
Giovanni Buzi (1961-2010), ha scritto il contrasto poetico Visi, (Comitato artistico L. Gierut), in progetto di traduzione teatrale a cura del comune di Vignanello (Viterbo). Nel 2012 pubblica la silloge Orfeo è stonato (contenuta nel volume antologico Materia prima, Giulio Perrone ed.) ed E-r-os (Montag editore). Nel 2013 prende parte al gemellaggio a Roma di “Ottobre in poesia” e al festival internazionale di poesia “Palabra en el Mundo” nella città di Castellammare di Stabia (Na) e di Genzano di Roma.

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8 POETESSE X L’8 MARZO - VII edizione




Si svolgerà dal 7 al 16 marzo, fra Museo Civico Archeologico di Villa Adele in Anzio Palazzo Sforza-Cesarini di Genzano, la settima edizione del noto evento “8 poetesse per l’8 marzo”, tra letteratura, performance, e fotografia.

Quest’anno l’evento delle ‘poetesse di marzo’ avrà per la prima volta una doppia sede, nelle città di Anzio e Genzano.

La settima edizione, a cura di Ugo Magnanti con la collaborazione di Dona Amati, ripropone fra altri interessanti eventi, in occasione della Giornata della Donna 2014, il tradizionale reading poetico al femminile di alcune fra le più interessanti autrici italiane.
La manifestazione, nata come contributo letterario alla valorizzazione della cultura di genere e delle pari opportunità, e come auspicio per una rinnovata accoglienza fra tutti i sessi possibili, è realizzata da Fusibilia Associazione (www.fusibilia.it) e promossa dal Museo Civico Archeologico  Città di Anzio (Museo con il cuore), nell’ambito dell’anno culturale 2014, e dall'Assessorato al Tempo libero del Comune di Genzano.

Il reading delle 8 poetesse si svolgerà sabato 8 marzo alle ore 18.00
presso la Sala delle Armi nel Palazzo Sforza Cesarini a Genzano, 
con Lucianna Argentino, Stefania Battistella, Rita Regina Florit, Giovanna Iorio, 
Martina Ippolito, Monica Maggi, Monica Martinelli, Sylvia Pallaracci.
Interverranno Beppe Costa, poeta, Marialuisa Sales e Neriene 
con “Speculum Dianae”danza classica dell’India 
e poesia dedicate allo Lago Sacro di Nemi, coordinerà Sonia Topazio



Radio Omega Sound, radio ufficiale della manifestazione, 
trasmetterà l’evento in differita il giorno martedì 11 marzo dalle ore 22.00
sulle frequenze 91.4Mhz - 102.2 Mhz e su www.radioomega.it
Il reading sarà registrato, archiviato e stabilmente ascoltabile sul social media in audio Freerumble http://www.freerumble.com/audios.php.

Come già nelle edizioni precedenti, all'evento letterario sarà collegata una mostra fotografica, quest’anno di 8 giovani fotografe, a cura di Diletta Di Paola, che si aprirà presso la Sala delle Conchiglie del Museo Civico Archeologico di Villa Adele in Anzio, venerdì 7 marzo alle ore 16.00, con permanenza fino a domenica 16 marzo, e con un estratto effimero sabato 8 marzoGenzano nella Sala delle Armi, dalle ore 17.00.

Espongono: Martina Alese, Gaia BobòCarla CarofeiValeria Ceccherini, Paloma Di Paola, 
Flavia Fiacco, Ilenia Lolli, Dalila Lugli. Inoltre la programmazione prevede altri eventi 
correlati che si svolgeranno presso la Sala delle Conchiglie del Museo Civico Archeologico 
di Villa Adele in Anzio, venerdì 7sabato 8, e domenica 9 marzo, come da programma. 
L’evento è sponsorizzato dall’azienda Serenella Polverini, Anzio.

La manifestazione è dedicata alla memoria di Rocco Paternostro
docente universitario, critico, e poeta,  recentemente scomparso.


PROGRAMMA

Venerdì 7 marzo, ANZIO, Museo Civico Archeologico Villa Adele, Sala delle Conchiglie. 

Ore 16.00
Saluto dell’Assessore alla Cultura della Città di Anzio, Laura Nolfi, della Responsabile delMuseo Civico Archeologico della Città di Anzio, Giusi Canzoneri, e presentazione dell’evento a cura di Ugo Magnanti.
Inaugurazione della mostra fotografica “8 fotografe x l’8 marzo”, a cura di Diletta Di Paola. Espongono: Martina Alese, Gaia Bobò, Carla Carofei, Valeria Ceccherini, Paloma Di Paola, Flavia Fiacco, Ilenia Lolli, Dalila Lugli. 7-16 marzo (10.30-12.30/16.00-18.00). 

Ore 16.30
Letture-poetiche-omaggio sulle opere fotografiche della mostra, di 8 autori: Antonio Ausanio,Daniele Brinzaglia, Luigi CorsiDavide Cortese, Bruno Di Marco (con Laura De Angelis), Luca FrudàFiore LevequeMarino Santalucia. Interventi di poesia istantanea del poeta Iago sulle opere fotografiche. Coordina Ugo Magnanti. 

Ore 17.00
 “Donne e Scrittura”: presentazione del libro di poesie “Infedele all'idea di me”, di Monica Maggi, FusibiliaLibri. Intervengono Guido Fauro e Davide Cortese. Coordina Dona Amati.



Sabato  8 marzo, ANZIO, Museo Civico Archeologico Villa Adele, Sala delle Conchiglie.

Ore 10.30
Proiezione conversata del documento video di “A mo’ di Isgrò”, performance-evento collettiva di letture poetiche e ‘cancellature’ su articoli relativi a violenze di genere, realizzato nell’ambito dell’edizione 2013 di “8 poetesse x l’8 marzo”, a cura di Ugo Magnanti.

Ore 11.00
“Candide depravazioni: come gli antenati cantavano la donna”: breve episodio musicale. Introduzione, note, chitarra e canto di Fiore Leveque.  

Ore 11.30
Presentazione del progetto “Saffo e le altre”, movimento per la diffusione del patrimonio letterario prodotto dalle donne nei secoli. Interviene l’ideatrice Dona Amati e la referente territoriale Sandra Collaùto. Reading delle aderenti a cura di Sandra CollaùtoGiuliana Bellorini per Antonella Modaffari Bartoli, Maria Vittoria Catapano per Antonia PozziSandra Collaùto per Clelia Rotunno, Roberta Collu per Alda MeriniPatrizia Nizzo per Sylvia PlathDonatella Ottolini per Lucia Guidorizzi. 


Sabato 8 marzo, GENZANO Palazzo Sforza-Cesarini, Sala delle Armi. 

Ore 17.00
Estratto della mostra fotografica “8 fotografe x l’8 marzo”, installazione effimera a cura di Diletta Di Paola,  con foto di: Martina Alese, Gaia Bobò, Carla Carofei, Valeria Ceccherini, Paloma Di Paola, Flavia Fiacco, Ilenia Lolli, Dalila Lugli.

Ore 17.30
Visita-Affaccio sul lago di Nemi, dalla terrazza del Palazzo Sforza-Cesarini, con breve lettura testo “Cesare Pavese e il lago di Diana”, a cura di Ugo Magnanti.  

Ore 18.00
Saluto dell’Assessore al Tempo libero della Città di GenzanoPatrizia Mancini.
Reading delle “8 poetesse x l’8 marzo”. Leggono: Lucianna Argentino, Stefania Battistella, Rita Regina Florit, Giovanna Iorio, Martina Ippolito, Monica Maggi, Monica Martinelli, Sylvia Pallaracci. Intervengono: Beppe Costa, poeta ed editore, Marialuisa Sales e Neriene con “Speculum Dianae”, danza classica dell’India e poesia dedicate allo Lago Sacro di Nemi. Coordina Sonia Topazio.


Domenica 9 marzo, ANZIO, Museo Civico Archeologico Villa Adele, Sala delle Conchiglie.

Ore 11.30
“Donna filosofia”: breve excursus con aperitivo sulla filosofia al femminile, di Teo Orlando.  

Ore 16.00
“Elettiva parola: profili, letture, affinità poetiche fra donne”Livia Bìdoli per Christina Rossetti, Letizia Leone per Anne Sexton, Elena Ribet per Wisława Szymborska, Claudia Tifi per Emily Dickinson, Maria Carla Trapani per Danielle SarréraCoordina Ugo Magnanti.

Ore 17.00
Presentazione-reading dell’antologia di racconti “Sono bella ma non è colpa mia: l’inconvenienza dell’avvenenza”, a cura e prefazione di Maria Carla Trapani, FusibiliaLibri. Intervengono Vittorio Salvati, la curatrice e alcuni degli autori presenti nel volume. CoordinaDona Amati.

Ore 18.00
Reading “8 marzo anziatino”. Leggono: Maria Vittoria CatapanoSandra CollautoRoberta Collu, Giulia CherubiniGiuliana D’Annibale, Patrizia Nizzo, Donatella Ottolini, Marianna Usai. Coordina Dona Amati.