Stefania Battistella incontra Omar Pedrini

Guardando qualche sua foto viene da chiedersi “Marilyn Manson dopo una cura ristabilizzante?”
Ascoltando la musica viene da chiedersi “inglese?”
Ascoltando le parole viene da dirsi “porca miseria questo è italiano!”
Ascoltando la traccia n. 16 viene da dire “beh, perché non misto zitta…”

È proprio così, dovrei starmene zitta ma io disubbidisco spesso e volentieri, specialmente se devo disubbidire a me. Credevo non fosse più possibile sentire una canzone nel suo complesso sistema, composta cioè da buone parole e buona musica. Credevo  fosse ormai “roba in via d’estinzione” in Italia, e così viene facile proiettarsi ad ascoltare altre band, esclusivamente straniere, tanto la speranza ormai è persa, facciamocene una ragione.

Arriva l’appuntamento del  giorno 17 marzo 2014 alla Feltrinelli di Roma per la presentazione del nuovo cd di Omar Pedrini (nonostante fosse -diciassette-, abbiamo azzeccata la strada giusta e pure il parcheggio dentro le strisce a pochi passi dalla libreria).
Il nome non mi è assolutamente nuovo, nel senso che mi ricorda qualcosa e in particolare la parole “shock”, ma al mondo nomi ce ne sono molti e così che differenza fa uno in più o in meno?

Arriva finalmente l’ora e dalla porta bianca laterale piccolo palchetto allestito esce un tipo con giacca in pelle, astuccio rigido della chitarra, jeans. È Omar. Scende le scale, ci scruta un po’ tutti mentre parte un timido applauso lui dice “buonasera, tutto bene?”.
Penso che partiamo bene, alla “Bergoglio” ci sa fare il tipo! Sembra assolutamente una persona normale, come quelli che hanno qualche acciacco, che non trovano quasi mai parcheggio, che fanno la fila alla cassa.
Un comune mortale, diciamo, ma come recita una famosa canzone “oltre alle gambe c’è di più”, eccome se c’è.

Non siamo in presenza di un personaggio normalmente formato, all’interno del libretto del cd ci sono diverse foto di Omar con la maglia degli All Blacks, nota squadra di rugby della Nuova Zelanda; questo ne è un esempio e spiego perché: il rugby oltre ad essere uno sport, molti diranno, violento, da evitare assolutamente, per bruti, per maschioni, ebbene, se ad una prima vista questo può apparire vero, del rugby c’è da cogliere l’umanità e la giustezza con le quali il tutto viene praticato, sia da parte dei giocatori che dal pubblico allo stadio: infatti negli stadi di rugby non ci sono reti protettive che separano giocatori e pubblico (a differenza degli stadi calcistici), non si sa mai caschi giù qualche motorino… Gli uomini tentano di circondarsi e addobbarsi con quello che reputano più vicino alla loro anima, e in questo caso c’è da dire che Omar cela un’umanità e giustezza tali da far colorire Marilyn Manson, non mi servono tante prove, signor giudice, proprio no, serve solo ascoltare il cd. Quel giorno alla presentazione del cd non c’era nessuna rete protettiva fra lui e noi, non c’era nient’altro che lui e la sua musica, le pare poco signor giudice? A me non pare poco per nulla, se ne accorgerà anche  lei quando ascolterà il cd, in particolare “Gaia e la balena”… si ritroverà come qualsiasi altro a dare una mano a trascinare il nostro senso di giustizia anche se pare non dia segni di vita.

Da sinistra: Beppe Costa, Jack Hirschman,
Omar Pedrini e Igor Costanzo alCircolo degli Artisti (Roma)
C’è tanta gente i questo cd, c’è Veronica, Emilia, Nina, Italia! Eh sì
c’è “Italia”, una donna bellissima che purtroppo ha incontrato compagni sbagliati, e questo ce lo fa capire molto bene Igor Costanzo, sia perché la recitazione è “da infarto (suo)” sia perché Igor ha saputo trovare le parole giuste dando una chiave di lettura di questo nostro paese che dovrebbe farci riflettere… siamo diventati i “papponi” di questo nostro paese?
Omar è cresciuto a “pane burro e medicine” subendo “shock dolcissimi” procurati da questa vita che a volte è generosa, altre avida… in questa partita il musicista è riuscito a impaurire a colpi di “haka” tutti i nostri pregiudizi riguardo la cultura musicale italiana per cui “è sempre meglio l’estero, ma l’estero straniero non quello che canta -i’ te vurria vasà-.
Purtroppo o per fortuna tocca a noi cambiare il mondo in cui viviamo e se ci accorgiamo di qualcosa che non va, dobbiamo cantare a squarciagola quello che invece potrebbe andare, e se questo vuol dire cantare dei figli del Lago e descriverli, così sia! Se questo significa leggere Poesia, dove Poesia è sintesi di concetti e non descrizione di abitudini, così sia! Se questo significa dire che fra cemento e terra c’è da scegliere la terra, così sia! Se questo vuol dire provare a trainare balene morte essendo bambini incoscienti, così sia! Se questo vuol dire ascoltare Omar Pedrini alla Feltrinelli di Roma o in qualunque altro posto, per capire qual è la direzione giusta da prendere… così sia.




"Non si può non uscire che sovraccarico di umanità, dopo aver sentito le parole (dopo anche l'abbraccio) di Omar. Come tutti i grandi la genialità si sposa sempre con l'umiltà. Così, di nuovo, visto che tanti grandi ci hanno lasciato, abbiamo almeno qualcuno che 'canta' la poesia. Grazie Omar, dal tuo beppe costa"