Anna Maria Ortese. Il 13 scorso si 'festeggia' il centenario della nascita. Così, riportando pezzi di vita personale, mi piace ricordarla.
Quel periodo riguardante l’incontro, la pubblicazione e la relativa applicazione della legge Bacchelli, nonché a collegare l’autrice con Roberto Calasso della Adelphi, durerà alcuni anni. E sono quegli anni più confusi della mia vita, che passa attraverso un divorzio, alcune collaborazioni con giornali, un’estate romana completamente organizzata da me e da quattro folli, la contemporaneità di incontri di poesia accompagnando Dario Bellezza in giro per il sud d’Italia con una serie di mirabolanti avventure che non riesco a ricordare tutte.
Quel periodo riguardante l’incontro, la pubblicazione e la relativa applicazione della legge Bacchelli, nonché a collegare l’autrice con Roberto Calasso della Adelphi, durerà alcuni anni. E sono quegli anni più confusi della mia vita, che passa attraverso un divorzio, alcune collaborazioni con giornali, un’estate romana completamente organizzata da me e da quattro folli, la contemporaneità di incontri di poesia accompagnando Dario Bellezza in giro per il sud d’Italia con una serie di mirabolanti avventure che non riesco a ricordare tutte.
Si può
comprendere, dunque, quanto questa parte riscritta oltre vent'anni dopo, possa
essere confusa; mi rifaccio quindi a documenti e all'ultima lettera della
stessa Ortese e alla pubblicazione dell’enorme volume di oltre settecento
pagine di Luca Clerici, edito del 2002 da Mondadori: “Apparizione e
visione”, Vita e opere di Anna Maria Ortese. Così ho scritto in uno dei
miei blog.
(Lettera aperta a Luca Clerici)
“Luca
Clerici, nella sua monumentale opera dedicata ad Anna Maria Ortese: “Apparizione
e visione - Vita e opere di Anna Maria Ortese”, (che ho comprato) ha
scritto di me (pagina 530) che facevo il tipografo, ero ospite a cena di Adele
Cambria (pagina 540), infine, sempre secondo ‘lui’ apro addirittura una filiale
della Pellicanolibri a Roma (pagina 561). Poi, quasi con disprezzo (del prof.
che fa lavorare gli assistenti) accenna ai libri da me editi come fatto
‘amicale’. (Ho pubblicato “Il treno russo” nel 1983 e ristampato nel
1987 e, nello stesso anno, “Estivi terrori”).
Che brutta parola, caro Luca, per uno che è riuscito ad
andare dal Presidente del Consiglio, portando le lettere più strazianti
sulle povere condizioni di Anna, che il segretario di Giuliano Amato (non
ricordo il nome) trattenne per sé e non ho più recuperate.
Mentre Voi tutti l’avete e la festeggiate ancora,
compresi quelli che non hanno voluto firmare la petizione e fate pranzi cene
premi e cotillon, io correvo l’Italia, andavo a Rapallo ed ero l’unica persona
di cui si fidava. Anche il contratto fatto fare con l’Adelphi è stata una mia
insistenza. L’unico a dirmi grazie, oltre a lei, è stato il questore di Genova
di allora (non ricordo il nome) che mi telefonò dicendomi che la legge
Bacchelli (di cui spero lei abbia a godere, come altri lo fanno oggi, grazie
alle mie fatiche) arrivava in tempo. Infatti, lei non sa, che l’ufficiale
giudiziario venne fermato dal questore che aveva avuta la notizia della sua
applicazione (per la prima volta).
Caro Luca, se dopo 107 anni si vanno a leggere le biografia
di Giovanni Pascoli o Luigi Capuana si legge che mio nonno è stato l’editore
dei primi libri di Pascoli, si legge che Capuana gli scriveva lettere (cfr. ‘Si
conta e si racconta’, Pellicanolibri), chiedendogli denaro in prestito di
nascosto alla moglie.
I libri si fanno leggendo, caro Luca. Oggi no. Piero Pelù
scrive prefazioni a giganti della poesia che, per giunta, vengono mal tradotti.
Io vivo di quel poco che serve, per avere occupato il mio tempo a cercare di
promuovere l’arte, la poesia. Il mio primo salvataggio fu per La Casa-museo di
Palazzolo Acreide (so che lei non sa, come tanti italiani) cos’è. Ma arrivano e
arrivavano quando era vivo Antonino Uccello, autobus da mezza Europa!
Bastava guardare oltre le proprie assistenti che di tesi su
Anna Maria ne hanno fatte, eccome.
Così muoiono per sempre Bellezza, Moravia, Pasolini (lui ci
viene ricordato più per il delitto che per come inveiva contro la cattiva
qualità degli intellettuali, categoria cui non appartengo).
Concludo dicendo, nel caso potesse leggermi, di essere più
attento per le prossime biografie. C’è sempre qualcun altro che dice l’omelia
ai funerali (come Enzo Siciliano per Moravia) che non ne sa niente e niente
c’entra.
Di me si dice che ho fatto vita disordinata ed errabonda.
Vero. Sa quanto mi è costato vivere come vivo? Certo no! Ma la mia posizione è
ben dritta! A testa alta!”
Pubblico, nel 2008,
su Insonnoinveglia blog curato da Giorgio di Costanzo, quanto segue:
Forse sarebbe stato meglio leggere le sue lettere. Mancano
quelle che avevo portato al Presidente del Consiglio (allora Bettino Craxi) in
possesso per un po’ di Adele Cambria, giornalista d’eccezione, molte volte
insieme a me nelle battaglie civili. Credo,
mentre rileggo che me le abbia restituite.
Non solo ho raccolto, ma potete rintracciare facilmente gli
articoli relativi all’anno 1986. Nessuno, salvo me, è stato ricevuto a casa
sua. Veniva distrutta dalla pubblicità, perlopiù di protesta (perfino delle
casalinghe) attorno al suo caso.
Testimone del mio percorso, è anche Marta Marzotto che mi
aiutò economicamente a stampare i suoi due libri e ad organizzare qualche
presentazione. Dario Bellezza, ad esempio, come tanti altri, non poteva fare
nulla? avrebbe potuto anche lui, più potente di me. A lui Anna tramite me,
mandò un quadro come compenso per avermi fatto intervenire. Che Dario vendette
subito.
Ora, non tanto per una sorta di ingiustizia nei miei
confronti, basterebbe ficcare il muso su Internet e un buon ricercatore lo
farebbe, e si raccolgono tante informazioni. Certo, tempo e fatica, come diceva
Anna aggiungendo:
«Beppe, ma chi mi deve leggere?»
E come diceva qualcuno: “Lei perde il suo tempo, la Ortese è una ingrata e poi
se l’è voluta. Vedrà se le darà qualcosa, lei lo ridà al primo che passa”.
Vero, non aveva quasi nulla ed era pronta a darlo. Sono
trascorsi più di 20 anni ma il ricordo di lei con la bottiglia di Martini a
Fiuggi, dopo il Premio che corre verso di me, lasciando di stucco gli
incravattati in blu (non nel senso siciliano del termine) gridando:
«Fratello Gheddafi!» (è così che mi chiamava): «andiamo a
festeggiare, mica sto con questi qui».
A Fiuggi, a ritirare il Premio, dall’albergo in Prati dove
era stata ospitata, ma di cui non ricordo il nome, la accompagnai io, ma al
Premio (mancanza di vestito idoneo) non mi fecero entrare.
Lettera di Anna Maria Ortese:
Carissimo Beppe,
la tua lettera è del 27.11 scorso, e dunque non sono tanto
in ritardo nel risponderti, come temevo. Temo poi che questa letterina ti sembrerà
scialba. Caro Beppe, la forza di tradurre subito, in giuste parole, ciò che si
pensa, l’avevo, e ora vedo che se n’è andata. Nessuno di noi sa perché (per
quale più diretta ragione), a un certo momento, si diventa deboli. Con un po’
di coraggio, posso rispondermi che la lunga lotta (almeno 50 anni) per
sopravvivere, e l’altra feroce lotta che, adesso, gli anni muovono a me, è la
causa di tutto. Faccio una fatica indicibile a scrivere qualunque cosa – anche
le lettere, che un tempo erano libertà e felicità, mi sono oggi sofferenza –.
Il mio unico lavoro è ricopiare cose del passato, per renderle leggibili. Ora
non lo sono, ed è il mio cruccio. Un grande avvenire dietro le spalle! – ha
scritto Gassman –. Correggendo (ridimensionando) scrivo: ‘un piccolo avvenire
dietro le spalle’. Tutto ciò che potevo fare, l’ho fatto (alla peggio). Tutto
ciò che posso fare adesso quando lo posso- è copiare, correggere un po’. Dico
questo, perché a volte sento intorno una illusione - su me e le mie forze
mentali che mi addolora, più che altro, o mi mortifica.
Mi si invita a lavorare (giornali, amici) e io non rispondo
neppure.
D’altra parte, se la mia vita fosse cambiata! Ho perduto
unicamente il peso (anzi: terrore delle bollette e dell’affitto), e di questo
ringrazio tutti. Ma fosse venuta un po’ prima, la prudenza: ora, per quanti
conti faccia, non posso cambiare la mia vita. Essa (la mia vita) è spesso in un
totale abbandono. Ma dovrei spiegare troppe cose (che non è mio diritto dire,
perché riguardano altri), e preferisco tacere. Ma è chiaro che, sebbene possa
pagare le bollette, e questo affitto (170.000), se penso al futuro non vedo di
buono che bollette pagate ma non casa, non sicurezza di nessun genere (come
salute, per esempio), e no nuovi lavori. Dovrei solo fare altro denaro – per
mettere insieme l’occorrente per una casa senza debiti (che alla mia età non si
possono fare, onestamente), dovrei arrivare a 80-90 anni. Ma il denaro, editori
che possono e anche altre categorie, lo tengono stretto al cuore.
Io ho imparato a spingere via il denaro, a momenti, tanto ho
orrore di questo amore – e poi il denaro si vendica e mi porta via davanti il
piatto (è una metafora) con i sogni che credevi di aver raggiunto (‘casa’ –
‘pace’ – ‘lavoro’). Qui, mi fermo. Ma forse ti ho raccontato il perché della
mia stanchezza di Dentro!
Caro Beppe, non ho letto – allora- tutti i giornali – li ho
visti dopo – e di sfuggita – tanto male mi facevano – ma non ho pensato un
momento che tu non fossi il motore di tutto. Tu e Adele. A Dario, se ho cercato
di mostrare un po’ di gratitudine è stato per i 10 e più anni di solidarietà
avuta mentre ero a Rapallo. Anni terribili. Lui mi ha telefonato e cercato di
tenermi su continuamente. Per questo, ho detto grazie. Ma di quanto tu hai
fatto per me, pubblicando il Treno Russo, e mandandolo poi al Premio, e
accettando poi il libretto romano, non credo di essermi dimenticata! E
battendoti poi con la
Commissione di Parità! No, non ho dimenticato tutto questo,
caro ‘fratello Gheddafi’ e ti voglio bene, e se appena passerà questo mio tempo
di sfasamento e confusione (perché, ricordati che devi stare in piedi, non
potendo stare in piedi – e che ho decine di anni più di quelli che tu porti ora
fieramente – ho queste decine di anni addosso, ai quali non posso sottrarmi un
minuto) appena Dio mi concederà un momento di libertà, me ne ricorderò, e ti
sarò in qualche modo (dimostrerò) davvero grata. Ora contentati del mio bene
fraterno e della mia stima umana per il grande (e vero) dono che possiedi:
Bontà.
Ti abbraccio Anna
La raccolta di firme, pubblicata il 25.2.86 che scatenò indignazione di molti giornalai e pubblico, del tipo: "ma và a lavora'!" |
La sua
dedica ‘un fratello’ (ed è tutto), insieme alle tante lettere, saranno
sufficienti per un futuro dove l’informazione venga fatta da studiosi. Ritrovo
oggi (9 marzo 2009) le citazioni di Giovanni Pascoli, nella biografia scritta
dalla figlia Maria, su mio nonno che pubblicò i primi tre libri del grande
poeta. E dire che sono passati 100 anni dal ‘fatto’ e 50 dalla pubblicazione
del biografia curata dalla figlia del Pascoli. Basta lavorarci!)
Nel 2008 l’apertura (anche) di un blog era nata con
l’intenzione, neppure tanto segreta, di fare giustizia nei limiti di quelli che
sono stati i miei destini incrociati.
Esempio classico: il sette marzo dello stesso anno esce su ‘La Repubblica ’ con grande
rilievo, un testo della sia pur brava scrittrice Valeria Parrella su Anna Maria
Ortese, con due lettere (anzi ‘pizzini’) scritte a Dario Bellezza e con la
notizia dell’imminente pubblicazione di un libro in uscita sulla scrittrice
scomparsa dieci anni prima, curato da Adele Battista. Mi chiedo, visto che
anch’io ho collaborato a giornali, se non sia bene andare più in fondo
ricercando quello che sicuramente sfugge? come sfuggivano all’attenzione
allora, le informazioni culturali sfuggono ancora di più adesso. Nel 1980 Anna
Maria Ortese inizia una fitta e utile corrispondenza con me, come persona e
come suo (allora) unico editore.
Pubblico quindi nel 1983 “Il Treno russo” e nel 1987
i racconti “Estivi terrori” (Pellicanolibri) e la ristampa dello stesso “Treno russo”.
I due libri vengono recensiti, anche se brevemente, da quasi tutti i giornali
nazionali. Anna Maria arriva seconda (!) al Premio Rapallo per il “Treno
Russo” e, successivamente, il Premio Fiuggi dove fu accompagnata da
Andreotti.
Dopodiché insieme ai miei amici Adele Cambria e lo stesso
Dario Bellezza, andando da Craxi, con le mie lettere riusciamo a fare applicare
la legge Bacchelli. Ne parleranno tutti i giornali in bene ma anche in male.
Poi la supplico quasi di contattare l’Agenzia Editoriale Eulama e do il suo
numero a Calasso della Adelphi che, finalmente, ripubblicherà i suoi libri.
Era utile che un grande editore riproponesse una scrittrice
che considero fra le più grandi e più ignorate che l’Italia abbia avuto.
Neppure Adelphi mi ringrazierà. Ma mi manderà copia fuori commercio dell’ultimo
libro “Il Cardillo addolorato”. Il mio compito è concluso.
Chi l’ha conosciuta sa che non era una persona accomodante e
non amava supplicare, nessuno. Si offese quasi per il nostro interessamento
che, contemporaneamente, suscitava la reazione sdegnata di tante massaie che
avrebbero voluto lo stesso contributo.
Abbiamo da oltre 20 anni una libreria che porta lo stesso
nome della casa editrice. Ergo sono rintracciabile e non ancora sepolto. Questo
dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, non tanto nei confronti di una giovane
scrittrice, che la cattiva informazione è ben peggiore della non informazione.
Andando su Google alcune notizie che ci riguardano si trovano, dal premio
Rapallo a Pellicanolibri, da Arrabal (altro ignorato in Italia) a me stesso.
Mi autoinserisco qui come unica persona che pubblicò questa
intervista (ma ci sono altri articoli, basta trovarli) su “I Siciliani”, giornale
allora diretto da Giuseppe Fava col quale collaboravo. D’altronde i pezzi
sui giornali non li scrivono più né Sciascia, Muscetta, Pasolini, Spagnoletti,
né ancora Leone Piccioni, Claudio Marabini. Sono i giovani autori del momento
(a volte duraturo) cui viene affidato il compito di commemorare il
grande scomparso. Certo, quando c’è dietro una Fondazione come per Moravia,
potrebbe non accadere.
Queste memorie non saranno sufficienti, né complete, perché
la mia vita è stata caotica e in continuo spostamento, né avrei mai pensato di
tenere ordinate delle carte che non fossero strettamente mie (bollette, avvisi,
multe, ecc).
b.c.