foto: Dino Ignani |
Come capita
a poeti e scrittori un po’ noti, anche a Dario molti chiedevano di leggere i
propri libri di poesie.
Per alcuni anni evitai quindi (e non solo a lui) di
manifestare il mio mestiere (anche) di scrittore, volendomi occupare solo
dei libri degli altri. Non mi sentivo pronto e fino a quel momento avevo avuto
la fortuna di aver letto i grandi autori del passato. Poi, frequentandoci e
venendo lui spesso a Catania, scoprì attraverso il suo rovistare nelle case
degli amici, un mio testo e mi chiese se volessi una sua prefazione. Così fu.
Mi sono trovato centinaia di volte con lui per presentare
libri di tantissimi giovani autori: leggendo una o due pagine durante il
viaggio o nell’attesa dell’incontro, aveva la straordinaria capacità di interpretare,
dal modo di scrittura, la personalità dell’autore tanto che alla fine di ogni
presentazione, anche il più sconosciuto (a lui) degli autori, brillava di
meraviglia per come lo avesse scoperto, analizzato, compreso.
Capitava che non volesse presentare qualcuno ma, all'insistenza
o all'offerta di denaro, accettava, salvo che durante la presentazione, poco alla
volta, impercettibilmente, cominciare a parlarne male. Vedevo l’autore
impallidire, cominciare a grattarsi come seduto su una sedia rotta, con una smorfia
che voleva apparire un sorriso e, per Dario, che tutto notava, iniziava il
divertimento vero.
Uno degli incontri a via del Boschetto |
Questo diveniva poi racconto da fare con gli amici. Mi
insegnò a parlar male di qualcuno cui volevamo bene in presenza di amici comuni
di modo che lo andassero a riferire; ma questo ‘piano’ lo attuava per
constatare se effettivamente i presenti erano davvero amici di colui di cui si
stava parlando male. Qualche volta la voce si spargeva e capitò che alla fine
di qualche reading o presentazione, dopo aver affrontato un lungo viaggio in
treno in seconda o terza classe, non ci pagassero. Prese l’abitudine di
chiedere i soldi prima e magari, anziché di trecento mila lire ne prendevamo
cento.
Gli chiedevano frequenti prefazioni che, in cambio di una
buona cifra, ma con grande fatica, si costringeva a fare: i poeti, grandi
presuntuosi, pagavano (anche allora) molto volentieri; avevano così la
prefazione del Premio Viareggio e amico di Pasolini: “il miglior poeta della
nuova generazione”, (P. P. P.).
Quando l’editore Arduino Sacco, credo nel 2010, mi ha chiesto se
fossi disponibile per una prefazione di “Salomé”, rimasi muto per la
forte emozione e l’accontentai con gioia. Ma, dopo la stampa, scopro che aveva
acquistato copie vecchie da Librìa (1991) ma senza neanche aggiornare la
copertina che così rimane monca non solo dell’ultima pubblicazione (appunto,
‘Salomé’), ma di tutte le altre avvenute dopo la sua morte.
Quale disappunto e come constatare ancora che presunti
editori non leggono neanche ciò che pubblicano. Il libro, inoltre, veniva
venduto insieme ad un poeta ‘emergente’, forse unico fruitore dell’opera e il
mio testo veniva inserito a mo’ di cartolina.
La raccolta di versi, edita nel 2013 |
Dall'apertura della libreria, alla periferia estrema di Roma
(1992, Casalotti), la frequentazione abituale si diradò. Si sentì quindi
abbandonato, mentre si ammalava, anche da me. Dei libri di Bellezza infatti,
salvo quelli editi dalla mia Pellicanolibri (“L’innocenza” e “Colosseo”
quest’ultimo è stato pubblicato da me stesso riedito, grazie alla Seam Edizioni, nel 2013
con alcune poesie aggiunte), non c’è traccia: Mondadori, Garzanti, Guanda,
Rusconi lo hanno definitivamente cancellato dai loro cataloghi.
Ecco perché la gioia, iniziale, di vedere ristampato almeno “Salomé” pubblicato
in sordina da un coraggioso editore (Arduino Sacco) .
In effetti si tratta di mettere una copertina (neanche
aggiornata) di alcune copie della stessa edizione Librìa.
Ottobre 2009: ancora una volta un poeta viene ucciso, come
se la morte non bastasse, quella fisica alla quale non si è o non s’è potuto
sottrarre; quella letteraria con la lite furibonda avuta su Rai due con Aldo
Busi dove contestava la
Mondadori e rendeva ‘celebre’ l’avversario. Scompare così
dalle librerie (fatto salvo l’intervento della Marzotto e di Vittorio Sgarbi
che promuovono l’uscita del suo ultimo libro di poesie “Proclama sul
fascino”). La morte adesso è data dalla vendita delle carte messe all'asta.
Ma quali? cosa? la gran parte dei materiali di Bellezza veniva rubata prima e
durante la sua malattia, altra parte, come le lettere con Anna Maria Ortese,
sono state vendute da lui stesso nel bisogno continuo di soldi, anche per
curarsi e per vivere i suoi amori.
La famiglia
da tempo non se ne interessa ed è giusto forse pensare: la sorella
Gloria per alcuni anni tentò in sua memoria di istituire un premio e una
fondazione finché, schifata, si arrese.
a Siracusa, 1983 |
Decine di poeti affamati di quella ‘gloria’ (che nessun
poeta vero rincorre) si affannarono a dare consigli, fu spinta da un amico
all'altro, da un paese all'altro (ricordo il sindaco di Maenza, Jeph Anelli,
nonché quello di Roma,) oltre a vari editori - così da fare ancora soldi sulle
spalle di poetuncoli vivi sul Poeta ucciso-. D'altronde la famiglia è raramente
intervenuta nella vita di Dario, ma quando dovette lasciare la casa di via dei
Pettinari (procuratagli dall'unica vera amica Adele Cambria), il padre comprò
la casa di Via Bertani 4, in
Largo San Cosimato, affinché non rimanesse senza un tetto.
Dario (checché se ne scriva) era una persona
straordinariamente intelligente e profondamente allegra, vivace, che sapeva
annusare il nemico e lo sfruttava a suo vantaggio (quando poteva).
Stupidaggini - ma accade - se ne scrivono tante, il
conflitto con Moravia che lo amava come si ama un figlio discolo e soprattutto
sprecone. Alberto stesso spesso mi raccomandava di stargli dietro, proteggerlo. Ai tempi del ‘Corriere della Sera’ dove Alberto, in qualche modo, lo
aveva introdotto, aveva una sorta di rifiuto in quanto quel
“giornale” per lui rappresentava il “Potere”, così molto spesso rifiutava di mandare i 'pezzi' richiesti.
Ma in quegli anni ero più folle del Poeta, spendendo quel denaro
che non avevo (debiti) nel sogno di pubblicare autori sconosciuti (allora) e
quindi io e lui viaggiavamo spesso senza un centesimo, con la segreta speranza
che ci pagassero la lettura che andavamo a fare. O, per lui, una prefazione da
scrivere. Ne ha scritto centinaia per amicizia e per sopravvivere.
Al ritorno dai tanti viaggi in Sicilia e in Calabria (tappe
preferite) era possibile trovasse uno dei suoi gatti senza vita perché la persona
cui aveva dato il denaro per comprare quel poco cibo sufficiente, aveva
preferito non sprecarlo per la sopravvivenza dei gatti.
Figurarsi quanti quadri e dischi o carte scomparivano. Ed
era l’unica volta che si disperava davvero. Amava i gatti e aveva ragione: sono
meglio di molti poeti che circolavano per le stanze. E certamente, qualcuno di questi ha
tentato e tenta ancora di farsi pubblicità.
Fra le
tante stranezze dei viaggi fatti con lui, mi piace ricordarne uno in
particolare: era un tempo lungo quel girare per città, prendendo treni,
passaggi in auto, mai aerei. Ne aveva il terrore.
Possedeva
una patente, quasi nessuno ne era a conoscenza, però di guidare la macchina non
se ne parlava nemmeno. Andavamo per Sicilia e Calabria da amici e per tanto
tempo, con la mia macchina.
Perlopiù
era il sud della Sicilia che amava e poi c’erano degli amici che male non
stavano economicamente: pittori e poeti. Ricordo Enzo Salsetta e Rosario
Crocetta, quest’ultimo divenuto sindaco di Gela e, mentre scrivo, eletto
presidente della Regione Sicilia, chissà quanto durerà! o già l’illusione è
tramontata.
Da lui si mangiava bene e qui Dario era particolarmente
felice perché molti erano i ragazzi arabi, specialmente tunisini a frequentare
quelle zone. Fui quasi costretto a pubblicare il libro di Enzo Salsetta, “Angeli”,
non era tanto male, ma la poesia non vendeva neanche allora: eravamo agli inizi
degli anni ‘80 e Bettino cominciava a fare danni.
Dario aveva scoperto un ragazzo, bellissimo devo dire e,
come spesso accadeva, in difficoltà economiche. Non sapevo di chi fosse
innamorato o chi lo pretendesse ma certo Dario (senza me ne accorgessi) aveva
fatto degli accordi, subdoli certamente così d’improvviso, quasi ancora a
tavola a mangiare a casa di Rosario, mi fece cenno che saremmo dovuti andar
via, precipitosamente.
Non mi ero reso conto ma vidi quasi scaraventare da Dario
nella mia 850 il ragazzo magro e scurissimo:
«Sali, presto, occorre scappare!»
Rideva come un ossesso e a bocca larga, come chi lo ha ben
conosciuto ben sa. Rideva e mi incitava a correre. Non sono un buon pilota e,
vedendo dei ragazzi inseguirci e insultarci, entrai in quel panico che
raramente mi assale.
Il romanzo ristampato nel ' 92 dalla mia editrice |
Dario urlava e rideva, il ragazzo taceva e fumava seduto
dietro.
«Maledetti stronzi, vi prenderemo prima o poi» si coglieva
dietro qualche bestemmia urlata.
Via di corsa verso Catania, ogni macchina dietro sembrava
avercela con noi, in qualche modo e senza fumare (il ragazzo poteva io no,
Bellezza seduto davanti con me, avrebbe avuto fastidio alla gola).
Dario aveva sempre fastidi, malanni, insicurezze, salvo
scoprii, nei rapimenti. Fu così che arrivati a casa mia, in via Lago di
Nicito, siamo stati due giorni e due notti chiusi con porte e finestre sbarrate
e pure a luci spente! nel timore che i ragazzi di Gela ci prendessero per
menarci e togliere (a Dario) il malloppo.
Non ricordo altro di quest’episodio, solo il pranzo da
Rosario Crocetta, del riso col pollo, una ricetta araba e la fuga verso
Catania.
Siamo ritornati a Licata e a Gela, ricordo solo che Dario un
mese dopo mi chiese la macchina non appena giunti a Licata. Mio malgrado
dovetti soccombere, sperando la guidasse qualcuno che avesse la patente, non
gli si poteva dire di no, tanto mi era caro e divertente, malgrado l’immagine
di lui rimasta sia quella di un poeta distrutto dalla malattia, abbandonato da
tutti. Salvo da chi ne ha approfittato, alla morte per necrologi e interviste.
La macchina la vidi il giorno dopo senza le quattro ruote.
Disse solo che non aveva alcuna colpa: amare non è un delitto. E gli do
ragione.
Sin dal mese prima della sua morte è stato il mio tormento,
la mia memoria mancante. Tanto si potrebbe scrivere di lui. Ma a nessuno
importa oggi che la poesia viene riversata a fiumi sulla rete, come fosse
l’attività principale del genere umano. Certo, se si guarda al passato, a quel
passato quando la curiosità ti portava a ficcare il naso dentro i libri,
divorarli, facendoli divenire pelle sangue e vita. Quando a scuola non c’erano
i compiti costretti a fare, ma la ricerca di cosa e chi eravamo.
Quella gioia di sapere, oggi sostituita da tentativo di
infilarci dentro la tivvù, e in trappole passatempo, protagonisti assoluti dei
nostri modi di vivere, conoscere, pensare, sapere?
Il vivere del poeta (e Dario Bellezza, Amelia Rosselli,
Sandro Penna, per citare solo alcuni, lo erano e lo sono ancora) non
sembrerebbe più contare, non sembra restituito alla memoria.
Sarebbero giustamente imbarazzati su come andare vestiti ad
un ‘incontro di poesia’! La loro vita, massacrata e spesso contestata, come distaccata
dallo scrivere, dal vedere ciò che altri non vedono, differenza ovvia, fra il
poeta e chi scrive righe soltanto per ‘sfogare’ le proprie vicissitudini.
Poeti che non incidono e non provocano emozioni in chi
legge, che trattano le loro personali afflizioni sono sempre e solo persone che
scrivono un diario o delle note. Se si va in libreria, non si trovano quasi più
libri di poesia, salvo quando sono uscite quelle di Sandro Bondi (Mondadori,
Silvio!).
Basta sfogliarlo e leggerne le dediche, veltroni, d’alema,
fassino, silvio, mastella. Ecco! un libro di poesie e di un poeta di questi
tempi insani e tristissimi.
al Piscator, teatro di Catania
Dario Bellezza su facebook
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