Il dolore giusto, un racconto di Iago dal volume "Fabian"

pag. 113 ISBN-9788867700189 € 12.00
Il dolore giusto è il racconto che apre il volume "Fabian" di Iago (Roberto Sannino), edito dalla Associazione culturale l'Erudita.
Oltre a racconti il volume contiene anche poesie, interesse principale e (im)probabile mestiere che l'Autore intende fare che, anzi, malgrado tutto fa.
Abbiamo spesso scritto della difficoltà, soprattutto nel nostro paese, di fare lo scrittore, figurarsi poeta, poi, come mestiere. Infatti, salvo qualche eccezione (Bevilacqua, Moravia, Maraini e tanti altri abbastanza benestanti per poterlo fare) la gran parte svolgono altre attività. O sono letteralmente morti di fame (nel senso buono che, poi da morti, qualcuno lo festeggiano e ci spendono soldi per nutrirsi nel farlo). Oggi poi i maggiori ricercati (nel senso buono - o anche cattivo, se volete - del termine) sono i 'personaggi' televisivi: basta una apparizione e si trova subito chi scrive (nei migliori casi aiuta a scrivere) un romanzo, che spesso 'sfonda' anche se spesso per poco.
Non importa siano cantanti, calciatori, politici, giornalisti, veline, né sappiano scrivere.
La gran parte dei libri durano a malapena un anno e spesso meno, quasi di giornata. Se non hanno subito successo (qualcuno fra i migliori) svanisce dalla circolazione. E... capita (da noi) anche ai premi Nobel. 
Quindi la voglia, ovvero la volontà in questo caso del Poeta Iago, ha tutta la mia (e non solo mia) stima e con questo mi auguro che continui per questa strada piena di sassi  (come lui stesso scrive) spesso più ardui da superare degli stessi muti.

Ed ecco il racconto "Il dolore giusto"

- E se poi fallissimo?
- Siamo solo in due, nostro padre è stato chiaro, ti ricordi il suo monito: “Se entrerete negli occhi sbagliati, io eliminerò il pianto dal mondo, il dolore non avrà più sfogo. Troppe lacrime facili, sono stufo. Ora andate!”
- Ne sono consapevole, non dobbiamo avere dubbi, serve precisione, fede e istinto. Esistiamo per questo, non falliremo, il dolore dovrà continuare a vivere, solo così l’uomo abbraccerà la propria umanità. Ora diamoci da fare e lasciamo i dubbi fuori dalle nostre azioni.
Fu così che per due coraggiose lacrime iniziò un viaggio alla ricerca di un istante eterno da consegnare al mondo intero.
Entrarono in un locale adibito a festa; tutti contenti e sorridenti.
Al centro della sala c’era una ragazza ben vestita circondata da altre persone che la acclamavano.
Le due viaggiatrici la guardarono: - Sta per piangere, lo sento. Dai andiamo è l’ora. — E l’altra: - Ma non vedi che questo è un momento di felicità? Qui stanno festeggiando qualcosa di bello, non sono addolorati. È evidente.
- Sì hai ragione scusami, usciamo di qui.
Dal profondo della sua incertezza, Colui che il tutto ha voluto seguiva speranzoso il peregrinare delle due lacrime in attesa di un dolore sacro, genuino, elementare.
Incontrarono un’altra ragazza, seduta su una panchina con le mani immerse nei capelli.
Le due impavide lacrime si avvicinarono per ascoltare le cause di tale scoramento, quando vennero frenate dal suo bisbiglio: - Mio amato, perché non mi vuoi più? Non riesco a vivere lontano da te, come farò, come farò!
Le due si consultarono rapidamente: - È amore, una gran cosa, ma non è per trovare questo tipo di dolore che siamo state create. I malati di passione guariscono presto. Su forza cerchiamo ancora.
Detto questo proseguirono l’esplorazione.
Si imbatterono così in due uomini. Uno era in preda alla disperazione più totale in procinto di piangere.
L’amico cercava di tranquillizzarlo: - Dai ci riproverai, la prossima volta vincerai, non fare così. E poi cosa ti manca? Hai una buona famiglia, un buon lavoro e godi di ottima salute.
L’altro rispose sorprendendo le due ascoltatrici: - Un numero, un maledetto numero e sarei stato miliardario. Dio mio perché?
- Speriamo nostro padre non l’abbia sentito - esordì una lacrima, e l’altra: - Sono davvero strani questi umani. Non si accontentano mai di quello che hanno. Vogliono sempre di più e non riescono così a godersi ciò che sono riusciti a costruire. Quell’uomo sembrava poterci dare il dolore giusto. Speriamo bene, continuiamo a cercare. Deve pur esserci!
Per lungo tempo le ostinate lacrime continuarono a cercare, curiosando tra le situazioni più disparate, trovandosi dinnanzi molte persone sul punto di piangere, ma nessuna di loro le convinceva che quello potesse essere il dolore perfetto.
Giunsero infine al cospetto di una cerimonia che del dolore ne fa incetta: un funerale.
- Prestiamo attenzione - consigliò una.
- Qui ci si può facilmente sbagliare - e si addentrarono nella chiesa, colma di gente di ogni età.
- Deve trattarsi di una persona giovane, sicuramente stimata e benvoluta. Guarda che vestiti, che lusso. Bizzarri questi umani nemmeno di fronte alla morte mostrano semplicità. Andiamo, cerchiamo di stare più vicine alla gente, così da poter capire meglio da chi andare - suggerì l’altra.
Proseguirono in direzione del feretro, in prossimità dei familiari.
E li videro tutti, sconvolti, increduli, attoniti.
- Quanto dolore - sussurrò una lacrima.
- È vero - proseguì l’altra - ma Lui ha deciso così, deve esserci un inizio che porterà alla fine, un bel giorno, forse, capiremo. A nessuno è dato di sapere quando e come sarà. Riusciremo a trovarlo tra i presenti quel tipo di dolore? Tu cosa ne pensi?
La sua compagna aggiunse con saggezza: - Abbiamo una grandissima responsabilità. Qui c’è un dolore inequivocabile, si sente. Comprime l’aria come un’enorme pressa. Lui ci ha dato la facoltà di scegliere, il suo metro di giudizio non condizionerà la nostra scelta. Attendiamo ancora un attimo ma ti prometto una cosa. Oggi la finiremo qui.
Con questo nuovo proposito seguirono il corteo funebre fino al cimitero.
Quando anche la sepoltura ebbe fine i convenuti si ritirarono, soltanto una figura aspettò ancora davanti alla lapide fresca. Una figura rimasta molto in disparte durante tutta la cerimonia.
Il poeta Iago al Nettuno Photofestival

Le lacrime da subito mostrarono interesse e vollero dar retta al loro istinto.
Ecco che la misteriosa figura si fece avanti.
Un vecchio con un bastone accompagnato da un cane. Molto lentamente con evidente fatica, aprì una seggiola di legno che portava in una borsa tenuta a tracolla.
Le umide amiche si avvicinarono speranzose e ascoltarono un lamento che commosse anche le stelle più distanti.
- Non ho mai avuto il coraggio di parlarti. Ti amavo troppo, non potevo fare una cosa tanto dannosa per te. Ma mi informavo, sai? Chiedevo in giro; le tue imprese e quanto sei stato d’aiuto per gli altri. Loro qui oggi non mi hanno voluto, ma non dovevano temere. Mai avrei infangato il tuo nome. La nostra era una poverissima famiglia e quando lei si ammalò, tu eri appena nato. Il medico che l’aveva in cura ci propose una soluzione, come disse lui. Sua moglie non poteva avere figli e così...
Le parole a malapena uscivano, soffocate dalla crescente disperazione, seguì una pausa, poi: - Non ti abbiamo abbandonato, figlio mio, credimi. Io cieco e tua madre sarebbe morta dopo poco tempo. Quale futuro per te? Se solo Dio potesse dar sfogo al mio dolore. Darei la mia vita in cambio del sapore di una lacrima. Figlio mio perdona questo stupido e sciagurato vecchio. Oh signore cosa ho fatto, mio caro Fabian!
Le due lacrime capirono e contemporaneamente, senza interpellarsi, si tuffarono negli occhi asciutti del poveruomo.
Quelle coraggiose e caparbie lacrime riuscirono a trovare il dolore giusto.
Colui che il tutto ha voluto, lasciò ancora al mondo la possibilità di dar sfogo al proprio dolore; in quanto a me, ora che trascrivo la storia, ammetto che è grazie a loro se oggi posso piangere la scomparsa di un caro amico.

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