Storie parallele sull'editoria
Qualcuno sui giornali scrive di poesia, di festival e dei poeti. Ché, tanto, non sono la medesima cosa. Già da tempo la poesia è il fantasma fra le molteplici scritture, quindi, è salutare parlarne e così si moltiplicano gli articoli per scriverne male.
Uno a caso, fra i più grandi: Jack Hirschman (foto: Marco Cinque) |
Se da una parte alcuni editori come Einaudi e Mondadori cessano di pubblicarla, vuoi per non favorire curatori, traduttori e amici degli amici, gli altri, gli esclusi, non si perdono d'animo e se, come accade, hanno avuto un qualche posto su giornali, blog, premi o tivvù la attaccano.
foto Marco Cinque |
Così per i Festival, quelli non foraggiati da onorevoli e governanti, comuni o regioni, malgrado mille difficoltà (non solo da noi) continuano imperterriti a promuovere diffondere incitare al resuscito di chissà quanti poeti e poesia.
Perfino grandi potenze economiche come ilmiolibro - che fa capo a Feltrinelli - sa bene che comunque anche se i poeti (o almeno quelli che scrivono poesie) sono morti hanno soldi da investire, così anche Poeti e poesia coi suoi vari concorsi a premi si nutre di poeti morti.
A questo grande funerale non intendo partecipare, né portare fiori.
Perché più che la poesia e i poeti quello che è veramente morto resta chi ne scrive, battendosi il petto alla ricerca di parole nuove (e adeguate) per dimostrare quanto affermato.
Poi, come ho già ripetuto più volte, chi di questi funerali scrive, non si dimette né da poeta né da critico così è nata la categoria del becchino o se vogliamo del prete adibito alle estreme unzioni, perché in fondo qualcuno fra i poeti, critici, giornalisti, blogghisti si salva: se stesso!