Scopri il mito prima che scada

Fernando Arrabal
Oggi (pare) nessun morto importante da segnalare, così il mio pensiero e cordoglio va ai tantissimi cui manca (e ai tanti ancora vivi, malgrado siano noti, nessuno parla)
Questo scrivevo qualche tempo fa su facebook.
Sembravo tendenzialmente -almeno in prima riga- piuttosto cinico ma in verità rispecchiavo il cinismo di altri, molti altri, a partire da chi, con importanti strumenti come radio, giornali e televisioni, per anni non aveva considerato minimamente il ‘personaggio ancora in vita’.
Così la rete non fa altro che amplificare ciò che gli altri mezzi d’informazione diffondono con l’aggiunta del ricordo personale del personaggio cui pare tutti, ma proprio tutti, si sono formati nel tempo.
Gli ultimi due casi David Bowie ed Ettore Scola. Anche qui nei commenti si legge (quasi) sempre di trovarsi dinnanzi alla sparizione degli ultimi geni.
Le osservazioni sarebbero tante ma mi soffermo solo sulla certezza che non saranno gli ultimi; finché ci sarà una sola persona che legge ci sarà sempre un mito, un grande, che darà all’arte qualcosa che rimarrà per sempre e ci sarà sempre da rammaricarsi per la scomparsa. Altra certezza è che in vita, negli ultimi anni, soprattutto, certo per l’età che qualcuno riesce a raggiungere, nessuno lo aveva diffuso (Scola) ‘anche’ alle nuove generazioni.
Ettore Scola 
Così è naturale che la gran parte del ‘pubblico’ conosce il mito proprio e solo quando verrà a mancare.
Naturalmente oltre ai genitori e ai familiari in genere che non trasmettono più ai giovani ciò che hanno, nel bene o nel male, appreso, sono e saranno sempre pochi a conoscere le opere compiute in vita dal personaggio che scompare. Anche se, con i mezzi della tecnologia attuali sarebbe possibile scoprire cinema, arte, musica, teatro e tanto altro disponibile in rete del genio che va via.
Tutto questo cordoglio poi durerà circa un giorno, con tutte le testate giornalistiche che scriveranno pressoché le stesse cose e, nel caso di cinema, qualche rete ne trasmetterà i film.
Mettiamo, per esempio Claudio Abbado, scomparso nel 2014: riempie la rete ma la gran parte degli italiani non ne conosceva l’esistenza, comunque, associava il nome a qualche eco ormai passato e, al tempo stesso, qualcuno si meravigliava che fosse ancora vivo.
Vivo, ma non se ne parla, perché in genere si parla di personaggi che riempiono ogni giorno le cronache, spesso per stupidità o per inaudito successo come, per restare in musica, Giovanni Allevi.
Quindi viviamo in un mondo ricco di persone che all’arte dedicano l’intera vita, spesso con sacrifichi e disagi, talora perseguitati o soltanto malvisti nel proprio paese, alcuni più fortunati ottengono grandi successi ma, la salute, i drammi della vita o soltanto per l’età, sembrano svanire nel nulla per riapparire all’improvviso, morti. Definitivamente.
Questo almeno per spiegare alla meglio ciò che intendevo in quelle poche righe.
Ho avuto la fortuna di nascere subito dopo la guerra e di incontrare, anche senza avere grandi mezzi e senza la rete di oggi, di scoprire Van Gogh e Cezanne, Klimt e Magritte, così come Chopin, Bach e Mozart e tutti scoperti attraverso i libri che oggi (malgrado l’enorme quantità prodotta) sembrano abbandonati a se stessi. E di incontrare e conoscere diversi personaggi nel campo delle tante arti da Gaber a De André, da Léo Ferré, Enzo Jannacci fino ad attori come Arnoldo Foà e tantissimi poi gli scrittori come la Ortese, Goliarda Sapienza, Moravia, Arrabal.
Folla di ragazzi in libreria
Scoprendovi spesso le intimità, le paure, le insicurezze e, qualche volta, anche le difficoltà economiche. Non ho mai trovato tanta rabbia o cattiveria come invece capita oggi.
Forse perché c’è una grande lotta per avere successo? Ciò che prima era ricerca di sé e passione, si è trasformata in bisogno di riconoscimento a tutti i costi.
Più volte è stato detto che sembriamo un popolo di opinionisti e creduloni (migliaia sono le notizie bufala, costruite a volte in modo divertente, quando è il loro scopo, ma più spesso ci cadono a migliaia e le ripetono all’infinito).
Così anche i testi delle canzoni, salvo qualche caso raro, spesso più noto all’estero, non hanno anima. Il cinema, soprattutto quello americano, copia se stesso, riproponendo storie già viste.
In fin dei conti è proprio vero che più strumenti ci sono e più la creatività sembra svanire, per arrivare - non tanto “infine”- alla poesia che non sa più trovare argomenti e così copia dal racconto ciò che le serve per vestirsi bene e ripresentarsi al pubblico come una diva attempata incapace di riconoscere se stessa.