Premio Nazionale di poesia Masio Lauretti, testi premiati, 2017

pag. 100, e 10.00 ISBN 9788899615338
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Valeria Mazzer

 Premio nazionale di poesia “Masio Lauretti” Seconda Edizione, 2017

Piuttosto orgoglioso di portare avanti questo concorso dedicato agli alunni delle scuole medie e superiori che hanno così modo di esprimersi liberamente e personalmente, al di là di ciò che la società sembra imporci su come loro 'i giovani' sono.
Anche quest'anno la manifestazione ha avuto successo, in special modo per quei temi trattati dai ragazzi come guerre, migrazioni, bullismo che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, gli adulti sembrano ignorare.
Altre notizie le trovate sul sito dell'Associazione che, assieme all'insegnante Franca Palmieri, ha avuto l'idea di dar vita a questo Premio. 
Mia intenzione in questo post è quella di far conoscere i versi premiati (con le motivazioni in corsivo) di alcuni di questi straordinari ragazzi, fermo restando che l'intero libro è assolutamente da leggere per comprendere la differenza dell'uso della parola poetica da parte dei più giovani.



                                    Sezione A - scuole medie

Valeria Mazzer - 1° classificata

Sogni d’oltre mare

Pensami tra i solchi delle tue mani stanche
nei tuoi momenti in terra straniera.
Pensami come il profumo delle tue valigie
nei giorni di ritorno dove il tempo vola.
Cercami tra i tuoi pensieri e il tuo amore
tenendomi con te in una tasca ove io
cercherò note per musica
che ti accompagni nei momenti difficili.
Cercami tra i viaggi, sogni e ricordi
su terre d’oltre mare
ma dentro il tuo cuore
perché tu sia sempre il gigante
nei miei sogni di oggi e di domani.

L’accoglienza è un pensiero che viaggia tra i segni della fatica di
un migrante in terra sconosciuta, è una musica che allevia la sua
sofferenza, è un profumo che gli ricorda casa. In un ritmo lento che
sembra seguire le lunghe traversie di un profugo per divenire più
sollecito nel finale rassicurante, si alternano suoni cupi e luminosi che
suggeriscono di volta in volta immagini tristi e tenere, tali da rivelare
grande comprensione e forte empatia. È sentirsi parte di un cuore che
abbraccia il mondo.


Raffaele Fiore - 2° Classificato


Davanti ai miei occhi

Io vivo dentro
un’armatura meccanica
da sempre,
ne comando i movimenti con la mente.
Non sono io.
Io sono chiuso dentro
seduto o supino o sospeso,
le membra inerti.
Da sempre.
Vedo attraverso uno schermo
Raffaele Fiore
davanti ai miei occhi.
Sento attraverso auricolari
nelle orecchie.
Ma io vedo e sento
anche se sono spenti.
Io vivo dentro un castello inespugnato
pieno di echi, risonanze e spettri
intatto da sempre.

Sentirsi vivi in un freddo involucro esteriore, in un meccanismo
da azionare, conferma una consapevolezza acquisita nel tempo: il
distacco tra la propria interiorità e l’aspetto esterno. Si ha l’impressione
di una forte chiusura, espressa anche dai versi brevi, incisivi e dalle
frequenti pause. La scelta delle parole e dei suoni produce immagini
di estraniazione e una sorta di disagio, che in chiusura sembrano
attenuarsi in una sensazione di sicurezza. Un cammino sorprendente
alla scoperta della propria identità.


Azzurra Simeoni - 3° Classificata

Riflesso di un uomo vero

Fece la Guerra venerando la Pace
diffuse l’Odio osannando l’Amore
Azzurra Simeoni
chiamò mostro il suo riflesso
cercò l’originale condannando il diverso.
Sulla distesa di papaveri rossi.
Giorno nasce gelido e senza
stelle Notte lo saluta triste.
Quando un Dì nuovo illuminerà la Terra
Notte ritroverà le sue stelle.
Egli avrà fatto la Pace cacciando la Guerra
avrà diffuso l’Amore esiliando l’Odio
avrà cercato l’originale trovando il nuovo
avrà guardato il suo riflesso
e l’avrà chiamato Uomo.

Qual è l’uomo vero? Colui che provoca la guerra, desiderando la pace,
che diffonde l’odio esaltando l’amore, senza riconoscere il Male in sé?
Corrono giorni in questi tempi che gelano al sorgere e intristiscono
di notte. La speranza è attendere un giorno nuovo che annulli le
contraddizioni dell’uomo, capace di riconoscere se stesso e la sua
provenienza: l’uomo vero che potrà diffondere l’amore. Immagini
suggestive e nitide in un crescendo di pathos che, con grazia, confluisce
nella chiusa per rispondere a un desiderio che tutti coltiviamo: la
pace.


Sezione B – Scuole superiori

Giuseppe Piccolo - 1° Classificato
 
Giuseppe Piccolo
Ventun grammi

Ricurvai il terrore della mancanza
nell’anonimo ottenebrarsi dei ricordi
che ripidi e scoscesi colarono a picco
sotto la mia ennesima, timida sincope.
Mirabile fui nello sbiadire
tra le intricate tautologie
dettate dai versi asincroni
e strazianti delle mie mute membra.
Lasciai che ogni origami
ridiventasse pagina
marmorea e caliginosa
come il torpido avvenire.
Attonito
con le pupille
ormai girate
l’oblio mi abbagliò.
Ventun grammi,
un fardello
troppo incandescente
per un uomo così tenue.

Il giovane poeta affresca sapientemente scorci inediti della realtà interiore.
Ricerca singolare e dalle forti implicazioni intellettuali la
sua, mai sterile esercizio sperimentale delle abilità linguistiche ma al
completo servizio di un talento che mostra di aver superato lo scoglio
dell’età adolescenziale.

Amore Lan

Ti cederei i miei follower
retwittando ogni tuo click
e aggiungerei una reazione
a tutte le tue localizzazioni.
Il mio snap sarebbe colmo
di hashtag ad effetto
screenshotterei ogni tua frase
per la mia storia di Instagram.
E ogni foto in cui ti vedi brutta
la photoshopperei con i filtri migliori,
così da eliminare tutti quei malware
che passano per il tuo sistema operativo.
Spenderei tutti i miei bitcoins
per abbellire il tuo avatar
e per unire i nostri account
passerei alla versione premium.
Ogni mia mail con rose virtuali
rimane soltanto pattume per un blog.
Lascio a te il mio ultimo like
e, con rammarico, stacco il mio Wi-Fi.

Ex aequo con “Ventun grammi”, dello stesso autore, la lirica di Giuseppe
Piccolo conferma il carattere di ordinaria eccellenza della sua
scrittura. Un amore senza banali ripiegamenti, descritto con i termini
di una postazione informatica. La metafora si fa slang mantenendo
l’equilibrio tra la musicalità e il senso.


Vittoria Amati - 2° classificata


Pancratium nero

Un’ampollosità di odori
affumicava i suoi occhi
aridi, tali erano i lidi
ch'egli solcò con disprezzo.
Alici su pani bruciati
nelle mani di nereidi
ammaliate dal sapore
di vivande e passioni,
erano ispide
per le loro labbra perlate.
Invidiava la villeggiatura,
Vittoria Amati
simbolo di vite placide
contornate da sprechi,
deboli pianti
che ricordavano la scampata fine.
Al presente era un ghiacciaio
sentimenti e movimenti fermi,
era curiosità dei figli
incubo abitudinario dei simili.
Si distese tra le rocce,
camaleonte oscuro,
a cercare Marte tra gli astri
per ardere con esso.
Poi un richiamo
le acque specchiavano una morbida donna
coperta di anthemis
l’amò cadendo in mare
come Narciso
morì per troppa bellezza.

Versi raffinati che si ispirano alla tradizione orfica, densi di suggestioni
sensoriali e richiami epici. Il profumo del “giglio di mare”
tinto stavolta di significati notturni, in bilico tra terra e mare, sta a
consacrare il Mito e la bellezza, talvolta tragica, dei sentimenti e dei
desideri.

Nicolò D’Ignazio

Nicolò D’Ignazio - 3° classificato

Omnia fert aetas

E l’icore velenosa
bagna i campi
dove nascono
i tulipani.
È il sangue del cielo,
del dio,
il mio.

In pochi, lapidari ed elegantissimi versi si intuisce una autentica vocazione umanistica e filosofica. 
Egli rivolge uno sguardo maturo all'eternità
del confronto dialettico tra Uomo e Divinità dove la natura,
nella sua manifestazione più ferina, riveste il ruolo privilegiato di intermediatrice.