La Parola detta, Stefania di Lino, La Vita Felice, 2017

pag. 108, € 13.00
 Con il suo libro La Parola detta, Stefania Di Lino ci offre ancora una volta in dono la parola, nuda, potente, così completa da poter dire che in essa si fonde ciò che per poesia ho sempre inteso e intendo. Linguaggi e temi del passato e del presente si incastrano e coagulano in un unico testo. Ed è semplicemente un uragano di sentimenti, tutti compresi – e in ogni senso riesca possibile, via via che scorrono le pagine, immaginare.

“Non siamo davanti a una poesia semplice”, ci avvisa all’inizio della prefazione Cinzia Marulli, ma è proprio questo ciò che alla poesia si richiede (e che raramente ha luogo, ponendoci, viceversa, troppo spesso di fronte a raccontini e diarietti da scuola elementare).
Ogni brano, ogni verso, persino ogni parola deve avere una vita propria, oltreché originale.
Ogni pagina di questo libro ci impone una riflessione e spesso ci procura “un pugno allo stomaco”.
La complessità, se vogliamo, viene tutta dalla vita dell’autrice, dalla visione di tutto ciò che l’occhio del poeta vede scorrere intorno. E, confessiamolo, raramente è semplice, individuabile o accettabile, o peggio, vivibile. Così come una vita che scorre serena e senza dolori, è altrettanto difficile individuarla in un ‘poeta’.
Come mi è sempre accaduto, la curiosità nella letteratura mi porta a fare scoperte che, molto spesso, per una sorta di ricerca d’identità, diventano cuori amici. Ed è grazie alla scrittura di pochi, quasi sempre fuori da salotti e interessi commerciali, che si fa luce nella mia stessa esistenza.
Troverete nelle poesie del volume quasi sempre la virgola, come se completare il testo fosse compito del lettore e segno che non si vuol mettere fine a uno stato e a un pensiero che persiste, che ha necessità di proseguire, soprattutto verso chi legge, oltre l’ultima di copertina …e che dunque non muore. Una finestra spalancata ai bordi del silenzio (che è pensiero, sentimento e vertigine). Una costante - silente e vitale, appunto - del logos che permea questo libro e che da esso si diffonde. (b.c.)

Dalla prefazione traggo alcuni brani:

[...]Nella poesia di Stefania ci troviamo davanti a una madre di un’umanità disarmante. La descrizione diviene fisica ma, tramite la materia, Stefania, da vera grande artista visiva, raggiunge l’animo nel profondo. Si tratta di una visione che trasmette un sentimento di grande pietà. Un sentimento attraverso il quale, forse, Stefania per la prima volta trova veramente sua madre.[...]

[...]Vi accorgerete che a ogni lettura dei testi di Stefania emergono significati, evocazioni, immagini nuove, via via sempre più profonde. Sicuramente si tratta di una poesia intrisa di vita e di pensiero.
Non è una costruzione mentale, ma la materializzazione di un vissuto.
Il libro è complesso, articolato, è il risultato di una ricerca costante, abbraccia l’esistenza nella sua interezza spingendosi oltre, in dimensioni altre e, a volte, anche oniriche.
È un’esperienza profonda che ci porta a esaminare il nostro io individuale e il noi universale con prospettive diverse, ma sempre, sempre pervase da un’aspirazione salvifica.[...]



Alcuni testi tratti dal libro:

e se l’uccidere è il senso / – perché di morte si parla / ed è
la vera narrazione – / e che si debba morire ogni volta /
ma non è detto che ogni volta / sia resurrezione /
che il morire vero è laddove mai è stato amore / dimmi
ora a quale porta sta bussando il tuo dolore?,
*
ci son parole che se pronunciate / slittano / su uno
stupido amoroso accento / e le parole ritrovate /
son sempre spinte dal vento / sono odorosi pollini /
polveroso pulviscolo di spore / che hanno radici chissà
quando dove / si esprimono improvvise a ondate /
vorticano solo se sollevate / da un calore di fiato /
soffiato sulle labbra / fiato con fiato / e poi cercarsi /
annusare l’aria / sentirsi con la lingua,
*
e i frammenti restano spaiati / come i calzini bucati /
in questo nano secondo di esistenza / e son fiotti di
sangue schizzati / sulle piastrelle nuove / della cucina /
che fatica stamattina / dover ripulire le tracce lasciate /
dai piccoli omicidi efferati / perpetrati da ogni giorno
che passa,
*
erano i cani a latrare / la notte in cui la luna / era
nascosta /e guaivano / per i passi lunghi che lasciavi / e
non vi era traccia / né era prevista sosta // era l’atrocità
scoperta / ai margini di un verso,
[(navigo stretta sulle mie ossa / e tu mi dici che non
conosco il mare // è che manca una notte sicura / il
peso leggero di un sorriso / adagiato sulle spalle / un
respiro appoggiato sulla nuca)]
[sono i sogni che non si adattano alla notte],
*
c’è sempre un uomo da baciare forte / sulla bocca / un
bambino da proteggere / un pianto da consolare / un
gioco da inventare insieme / una testa da accarezzare /
una mano sicura da offrire stringere sodale / un sorriso
da lanciare come fune / e una fune tesa da trasformare
in ponte / per riunire del fiume le due sponde // c’è
sempre una guerra da smettere / e l’amore da fare.
viviamo noi / per asportazione / e transitori siamo /
persino nell’assenza / conducimi dunque nei luoghi /
dove la luna / non conti più i giorni / dove il cielo al
mattino si affacci / di promesse carico / alla finestra /
[poeti / voi che cantate / sappiate: / io amo la vostra voce /
io ascolto il vostro canto]


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