Gorizia On/Off di Giovanni Fierro

Leggendo Gorizia On/Off di Giovanni Fierro, senza voler azzardare alcun paragone, l’autore che vi viene subito in mente è Pessoa e i personaggi della prosa poetica de: Il libro dell’Inquietudine.
Qudulibri pag. 80, € 10.00, 2017


Il secondo pensiero è quello di visitare Gorizia, città diversa, di confine come confine c’è quasi in ogni pagina del libro fra narrazione e poesia.
Potrei pensare che persone, locali, cibo e piazze della città possiamo trovarle in tanti altri libri e descriverle come ha fatto Fierro. Ma lui l’ha realizzato in un susseguirsi, persino nella stessa riga, del ribaltamento delle due forme: prosa e poesia. D’improvviso:
[…A Stefania Suligoj piace / la parola ‘tacadiz’, e di ‘attaccaticcio’ vorrebbe / solo un corpo caldo sul suo, a fare del respiro / un bacio, e poi un incanto e poi un fiore. /
Fra queste case e vie l’amore si muove…]

Oppure:
Fra cuore e inguine si muove l’odore della pelle,
tra il mio sguardo e ciò che vedo c’è lo spazio
dove posso mettere il dito, una birra da mezzo,
gli involtini primavera. Seduto sulla panchina
al parco della Rimembranza aspetto le tue gambe.
quando fanno l’onda del mare e io faccio finta
di non saper nuotare…]

Figure minime della quotidianità assumono un ruolo importante nella vita del poeta, nel suo on/off verso la città che vive e rende viva, fra luci ombre, un sole timido o vento forte che sia, dove d’improvviso appaiono scene d’amore intense eppure comuni  che si mischiano a un piatto di pasta o a un cielo troppo carico di stelle.
Una poesia certamente diversa da molta produzione poetica che non lascia tracce alcuna anche nel lettore di molta buona volontà. Come guida turistica di cuori e volti che da anonimi passanti diventano protagonisti di storie senza rendersene conto, scorrendo, come in un film fra colori, suoni e visioni.
Per questo il mio accenno a Pessoa.
[…Della mamma non dice nulla, il silenzio che ha / negli occhi basta a contarle gli abbracci.  Altro non sa…]
Si avverte persino quando cambia il clima, dall’afa al vento gelido e porta al lettore l’odore dei cibi.
Non resta che visitare Gorizia e guidati dalle pagine dell’Autore che ne illustra la storia, verso dopo verso. Ma, come avverte lo stesso Fierro “Gorizia non finisce mai” come la poesia stessa non ha confini.

la 'voce' del Poeta

Ada Beltrame con i capelli raccolti sulla nuca
pensa alla pesca dei cigni alla fiera di Sant’Andrea,
si domanda se vivere è il morso di piadina
salsiccia, peperoni e cipolla che prima ha dato,
e si racconta che sui san pietrini di corso Italia
ha già perso un tacco della scarpa. “Fosse stato così
semplice”, si dice, “perdere l’amore che mi tradiva”.
Con lo sguardo nota la finestra aperta sopra la libreria Ubik.
E si accorge che da lì non c’è niente che ne esca,
“come da ogni desiderio che conosco”, aggiunge.

** 

Fino adesso ho indovinato gli errori e le loro parole,
li ho messi a fare un filo a cui mi aggrappo e tiro,
sì ci sei anche tu, sei il nodo che lo fa finire.
Ma saranno i piccoli rumori del cuore in attesa
a salvarmi, farò entrare la luce nella luce, per 
misurare lo spazio che rimane attorno, dove lo posso
chiamare casa. Ci sarà un silenzio al sapore di dolce 
arresa, il suo profumo si disegna sui vetri, i contorni 
evaporano. Saranno le ore giuste dei giorni vicini a 
dirmi che posso rimanere, con tre poesie di Raymond 
Carver, la gioia cucita che si tiene con una molletta 
e un pallone da calcio. Ti dico sottovoce ‘sarai il 
sonno prima del cuscino, e dopo il sognare che prende 
coraggio e fa di ogni bambino un eroe’. Potrò solo 
ritornare in galleria Bombi e dire buongiorno agli 
uomini venuti da lontano, con una coperta inventano
un nido, portano con sé la fame e lo sguardo di dove 
non si vede, la fuga sui passi, la febbre di ieri e di 
domani. Sarò il ritorno, che non si incespica più 
sulle radici della paura. E sarà sempre più vero che 
la vita la si attraversa a morsi, e dall’amore ne potrò 
uscire solo con una capriola.

 **
A Gorizia l’amore è il piacere da confessare, 
non il suo peccato; è l’abbraccio del silenzio 
che sta nel fondo della fontana del Nettuno 
in piazza Vittoria, è la pronuncia di “Nova Gorica”
che sbaglio sempre. Conosco l’amore con cui 
Fabio Stella apre la bottiglia di vino bianco 
alle otto e venti del mattino, si riempie il bicchiere
e si ricorda che “la fiammella del gas è l’unica 
stella che so accendere”. A Stefania Suligoj piace
la parola ‘tacadìz’, e di ‘attaccaticcio’ vorrebbe 
solo un corpo caldo sul suo, a fare del respiro 
un bacio, e poi un incanto e poi un fiore. 
Fra queste case e vie, l’amore si muove con il passo 
di un colore che ha paura di asciugarsi presto.
Ma se è sbagliato, non di cuore ma di precisione, 
qui l’amore pensa ancora che si può vivere 
di aiuti statali. Questo non l’ho detto a Giulio Bon, 
quando sul muro di via Favetti ha scritto 
“Serena ti amo, anche quando studi”.