ISBN 978-88-99615-50-5 pag. 210, € 10.00 |
Al
poeta che pubblichi con qualche costanza i suoi libri accade sempre, quasi per
norma, che l’ultimo uscito gli sembri il migliore. Ma poi scuote le spalle e,
continuando a scrivere, ha ancora la medesima certezza: cioè che la sua poesia
stia migliorando, che non si stia ripetendo. Allora forse quel suo ultimo libro
non era il migliore. Una cosa però è certa: il tempo darà ragione al poeta,
poiché in questo caso il nostro autore, Antonino Caponnetto, leggendo, raggiungendo
(malgrado certi capricci del corpo) una maggiore serenità sia rispetto alla
propria vita che attorno alla parola, curando altri poeti, traducendo da altre
lingue, abituandosi a convivere con ciò che non può combattere, avviene che
abbandoni quella presunta necessità tutta italiana di mascherarsi. O forse,
ancora, è la chiarezza che avanza nella sua scrittura: i legami sono ormai
consolidati, i tempi in qualche modo programmati, ed semplice ormai la vita che
conduce. La mente asseconda il corpo rispettandone le necessità prima solo immaginate
e/o mutevoli. Lo stesso vale per gli spazi dove ha deciso di stare e di quelli a
cui ha deciso di voltare le spalle.
Mentre il
tempo trascorso rimane bene impresso nel suo presente, tanto da costituire
dentro di lui un vero e proprio universo
umano, tutto questo - con ogni probabilità - lo ha lasciato più libero
anche nelle frequentazioni di quello che è il nostro ben modesto mondo
letterario.
La sua riservatezza gli è diventata assai
congeniale, non così combattuta come
un tempo, tanto che egli può scrivere senza alcun dubbio molto più liberamente.
Questo però non vuole sottintendere che i
precedenti volumi dell’autore non siano di notevole livello: per me Caponnetto
si pone fra i poeti più riservati da una parte e fra i migliori del nostro
tempo dall’altra.
Proprio questa sua riservatezza, come le
frequentazioni, forse lo salva anche nella scrittura: arma unica che consente
la difesa in un mondo o in un paese dove proprio la parola sembra diventata un
urlo e un coacervo di mediocrità: dalla politica ai libri, dalla letteratura nostrana
ai canali televisivi, senza scampo alcuno.
Questa libertà d’espressione - attraverso quel
meccanismo strano d’un pensiero soltanto in apparenza solitario che fluisce
lungo le braccia fino alla tastiera - si compie l’azione di scrittura. In
Caponnetto, per esser ancor più chiari, non esiste la metafora d’un giro di
complessità che portano a nulla, come ne ritroviamo di frequente leggendo, e in
tutta sincerità, ne rimaniamo offesi, come autori e come lettori: metafore come
sacchi vuoti.
con Arrabal e me al Monigart Festival, 2016 |
A questa capacità di donarsi si aggiunge ritmo e
musicalità che ben conosce attraverso i poeti che ama, leggendo direttamente in
francese, spagnolo o inglese che sia. Lo stesso amore per la musica si
trasferisce, mantenendo quasi sempre una tecnica classica, alla modernità del
linguaggio. Cosicché la lettura è al tempo stesso intensa e godibile. Parlando
direttamente al lettore il quale vive di quelle stesse trame, emozioni, paure.
Nessuna maschera dunque nel nostro autore come
non la indossavano poeti quali Lorca, Neruda Salinas, Ritsos, Prevert, Pacheco
e centinaia di altri. Nessuno degli italici vezzi cui ormai siamo avvezzi.
Certamente il titolo di questo suo libro ha più
significati possibili: Prima d’ogni altra
cosa, (Associazione Pellicano, 2018) la salute, la pace, la vita,
l’amore, il denaro, i figli? Forse. O forse questo c’è proprio tutto, e sta in
una parola, la parola del poeta, di Caponnetto: una parola che si fa poesia,
sublime intensa poesia.
beppe costa
tratte dal volume
Medizinischen
Lager
lo scarto fra me e te è ormai così profondo
è uno spazio abissale ogni minima crepa
ogni emergenza forse - è un cuore che s’arrende
in asettiche sale scrupolosi chirurghi
vanno incidendo i corpi martoriati
degli ammalati che non hanno amore
Canto di madre
Oscuro figlio, fragile giglio,
tu nel groviglio celi un artiglio.
A me mistero e al mondo intero,
ora la luna nuova t’abbruna.
Mentre i malvagi a te vicini
bramano stragi come assassini.
Tu stringi e sciogli ogni legame
e in te dispogli le loro trame.
Di questo amore ogni ferita
sia rosso fiore per ogni vita.
Lignes pour un
jacobin
Se fosse solo il corpo a farmi male
ogni volta che un crimine
colpisce un indifeso
se non odiassi il male fino al punto
che il mio spirito sanguini ogni volta
forse sarei capace di votarmi
a lotte nonviolente
Per amore io odio
e so che mai potrei
ingentilirmi al punto da morire
Eri la nostra voce, che risuona
E parlavi dei Minima di Adorno,
e dei mostri parlavi e di puntute
spine che lì nella coscienza stanno
come in attesa di portar dolore.
Eri la nostra voce, che risuona
dalle viscere al cuore. E noi, qui, ora,
per te, fratello antico, solitario
viandante eterno in luoghi mai veduti,
noi, per quelli fra noi che più non sono,
poniamo il Primum vivere
a fondamento estremo.
Contro le sfingi, amabili
guardiane del potere,
d’ogni filosofare in cui l’Enigma
sempre viene infamato e vilipeso.
Contro i mostri che l’alba
non dissolse
e le astute ragioni
del vampiro.
Taccuino: stanza
IX - Il malo uomo
Tu sogni d’una notte senza stelle e clamorosi arcangeli in battaglia.
Tu sogni d’una notte senza stelle e clamorosi arcangeli in battaglia.
Ah se gli fosse dato cancellare
ogni umana parvenza sui cammini
della piccola morte quotidiana
se laggiù dove sciama
ancora fra i vigneti il calabrone
potesse il malo uomo
dare voce al suo vecchio Dio del tuono.
Se dalla notte cinta di soffusi
favolosi miraggi di tesori
sapesse il malo uomo ritornare
la prima pietra certo scaglierebbe
e nostalgia nel cuore brucerebbe
d’un terribile fuoco antelucano.
Allora ciò che è più non sarebbe.
Allora ciò che fu non tornerebbe.
Antonino Caponnetto (Catania 1950)
vive a Mantova. Diverse sono le pubblicazioni personali e in antologie. Dirige
la collana Poetry by the Planet, (Associazione culturale Pellicano) dove ha
curato l’edizione italiana delle poesie dell’autrice rumena Elena Liliana
Popescu, del poeta kosovaro Fahredin Shehu, e tradotto dallo spagnolo un’ampia raccolta
di versi del poeta colombiano Fernando Rendón.
Le sue ultime raccolte, uscite
tutte per Pellicano, sono Agonie della
luce (2015), Il sogno necessario
(2017). e Prima d’ogni altra cosa.
La passione per la poesia fa
parte del vestito che indossa, della sigaretta che fuma e dell’ironia come arma
di difesa dinnanzi alla tragicità del Mondo.