Beppe Costa: Un utopista senza speranza! di Era Buçpapaj

Credo che ci siano sempre stati poeti che hanno raccontato la storia dell'umanità, molto più bravi degli storici, ed è proprio in questo campo che dovremmo essere formati: confessare ciò che i media sembrano non sapere, essendo sempre più al servizio dei governanti, mentre il poeta deve essere sempre rivoluzionario. In molti paesi, le prigioni sono piene di poeti: voci uniche che molto spesso 
rappresentano il dissenso".

D. Quando hai iniziato a scrivere poesie? 

R. Credo sia iniziato dalla scuola elementare, le avventure di Ulisse, raccontate nell’Iliade di Omero, spingevano a raccontarmi nelle disavventure mie e della mia famiglia, forse 8 anni.

D. Quali sono le tue fonti di ispirazione per scrivere poesie?  

R. Non credo sinceramente alla ispirazione, più che altro mi colpivano drammi che vedevo attorno già in famiglia ma anche le disavventure e gli amori che notavo a scuola. Mi colpivano soprattutto le storie seppure sempre eguali e sempre piene di tristezze.Erano tempi di ricostruzione dell’Italia successivi alla guerra e che sentivo profondamente ancora vicina.

D. Esiste un poeta o una poesia che ti ha ispirato in particolare? 

R. Ricordo che dovevo operarmi e chiesi a mia madre le poesie di García LorcaIn genere all’inizio è stata la poesia francese e spagnola che trovavo anche molto musicale, con ritmi e temi che mi affascinavano, in seguito l’interesse si è via via allargato alla scoperta di poeti sudamericani, una serie di amicizie fondamentali per me, mi hanno fatto scoprire la poesia delle donne,  troppo spesso taciuta dai grandi editori dei miei tempi.

D. Qual è la poesia che hai scritto che rappresenta di più te stesso come poeta?  

R. In genere le poesie che trattano proprio il tema della poesia e dei poeti, l’ho scritta oltre 40 anni fa e si conclude in un verso “sublime la poesia quando non è egoista”. Un tema universale che oggi troppo spesso sembra la si ostenti ed es9bisce. 

D. Pensi che la poesia abbia la capacità di influenzare la società e la cultura in cui viviamo?  

R. Non ci credo, ma dobbiamo pensare che sia così, altrimenti nessuno più scriverebbe. Più sicuro è che per alcuni è fondamentale descrivere ciò che molti pur avendo occhi e orecchie sembrano non sentire, come una umanità sempre in modalità coma di cui nessuno sembra accorgersi. Guerre, danaro, natura e la tenerezza sembra sparire. Ecco che allora per chi scrive diventa necessità primaria.

D. Pensi che i poeti abbiano una responsabilità sociale quando si tratta di scrivere poesie?  

R. Credo che sempre siano stati i poeti a raccontare la storia dell’umanità, molto meglio degli storici e, quindi, su questo terreno occorre tornare: raccontare ciò che i mass media sembrano non sapere, sempre più asserviti al potere, mentre il poeta è sempre un rivoluzionario. In molti paesi le carceri sono piene di poeti e di scrittori: voci uniche spesso a rappresentare il dissenso.

D. Quali consigli daresti a chi vuole iniziare a scrivere poesie e vuole migliorare le proprie capacità in questo campo? 

R. Sembra banale ma consiglio di leggere e leggere sempre anche ciò che viene pubblicato quasi in sordina, oggi la grande editoria non offre granché in tal senso, molti autori del “mio” passato non vengono più pubblicati. Diventa sempre più difficile forse per la grande abbondanza di versi che la rete offre, ma in questa grande confusione si possono trovare perle nascoste.

D. Infine, Come ti descriveresti come poeta?

R. Credo questa sia una domanda cui non saprei rispondere. Scrivo spesso per mettere in guardia, cercando di mantenere la speranza verso un mondo migliore che io stesso non ho più da anni: un illuso!

Era Buçpapaj

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Incontro con una piccola lucciola di Simone Principe


ovvero: Supremazia materna

Isernia centro storico

 ovvero: Supremazia materna


Era sera, una delle prime di primavera, il sole calava comodamente, si godeva ancora un po’ il cielo rischiarato.

Mi godevo anchio una passeggiata nella mia cittadina che, come una signora, seppur avanti con letà, conserva, anzi accresce il suo fascino, dal portamento che ha una storia da rivelare.

Bisogna avere riguardi, uno sguardo inatteso che susciti stupore, senza dare nulla per scontato, ascoltarne i bisogni e saperla corteggiare come fosse il primo giorno.

Fare ciò con una città, vuol dire girare e rigirare, toccare, respirare ciò che ha da offrire, alzare lo sguardo e soffermarsi su vedute ignote.

Nella riscoperta della città, in particolare del centro storico, mi ero imbattuto in un vicolo cieco: un lato aveva quattro finestre di due distinte abitazioni, una delle quali con un balconcino, mentre sullaltro lato un portone antico, probabilmente risalente agli inizi del novecento, con sopra due finestre.

 Alla fine del vicolo una parete sporgente ad arco dal colore di corallo vivo e una piatta nella rientranza, della stessa tinta, sulla quale è raffigurata una madonna con in braccio un bambino, come fosse una donna qualsiasi” e credo che in questo ci sia la vera sacralità”, nel rendere popolare, umano un legame tanto sacro.

Sotto la madonna una panchina danneggiata, su cui decisi di sedermi per dare unocchiata al cellulare, mentre riposavo un po’ le gambe.


Il raccontaballe: le origini (don Beppe e don Matteo)

 


Cosa unisce don 𝐁𝐞𝐩𝐩𝐞 a don 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 oltre che essere siciliani?
semplice: tutt’e due vivono da 30 anni indisturbati benché tutti ben sanno dove si trovano, nessuno li cerca.

Tutt’e due vivono mascherati da falso nome (o pseudonimo) e, benché ricercati, fanno ciascuno i “casi” propri senz’esssere disturbati: due fantasmi insomma.

Prima che l’uomo dei miracoli scendesse in campo, non certo per coltivare pomodori o curar le rose, il terreno doveva essere preparato e, se fino ad allora, vi era stata una attenzione particolare verso le nascenti tivvù, cosiddette libere o private, nessuno si poteva render conto di quanto potere potessero conquistare e, addirittura, condizionare intere popolazioni.

 C’era da poco il torneo fra Palermo e Catania su chi potesse conquistare il record di morti ammazzati o fatti semplicemente sparire (lupara bianca). Naturalemente ci volevano sia dei complici di bassa lega che imprenditori affermati con tendenze al comando e all’ubbidienza assoluta e totale. Dove l’utile era alto e comune. Se si ammazzava per poche migliaia di lire non era altrettanto facile pianificare senza accordi l’assalto per l’intera Isola, occorreva mano d’opera certa, imprenditori lungimiranti e intelligenti che sapevano rapinare senza lasciare tracce, come per caso aveva già fatto il 𝐌𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐂𝐢𝐚𝐧𝐜𝐢𝐨 che, ciancere aveva fatto a 𝙎𝙖𝙣𝙛𝙞𝙡𝙞𝙥𝙥𝙤 (e qui uno dei tanti riferimenti ai santi) rubandogli il giornale di Catania conn l’aiuto della mafia (non meglio specificata).

Così saltarono antenne, ripetitori e saltò in aria pure la Standa a due passe da don Beppe che per poco non ebbe il primo dei sette infarti.

Ma gli fecero capire che lì il naso non era il caso di ficcarcelo semmai, doveva pensare a quella strana attività di smerciare i libri, che via via diventavano sempre più pericolosi specie quanso erano buoni e aprivano i cervelli alle idee. Perciò contemporaneamente bisognava cercare di conquistare anche le case editrici più importanti che, oltrettutto, possedevano palazzi altrettanto importanti. Come Einaudi in via Biancamano a Torino o quello della Le Monnier a Firenze in via San Gallo, per alcuni riuscì per pochi altri no o almeno, non si sa. Sono così tante le manipolazioni  che si sono perse le tracce. I libri (lo furono anche i giornali, in un tempo lontano) sono pericolosi, la rete, almeno se non la insegnano a usare già dalla più tenera età poteva aiutare sia per gli attentati che per rincretinire le masse coi giochini, le fotine e i gattini: lì ormai spacciare poesia era diventato difficilissimo. Non c’era nient’altro: in pochi anni tutti artisti, ecco perché giornali, rete ma, soprattutto televisioni contavano eccome, specie per la conquista del potere totale.

Le interviste impossibili di Marcello Aslan

Franco Stocco, laurea in farmacia, per 35 anni dirigente nel settore oncologico e dell’immunologia di grandi gruppi, Farmitalia Carlo Erba, Aventis Pharma, Sanofi, Msd, Pierre Fabre.

Entra subito nel vivo :

R: «Ho vissuto la parabola delle farmaceutiche diventate Big pharma. All’inizio, l’etica era voluta, poi è stata tollerata, ora è confinata in un angolo perché quello che conta è essere allineati»

D: Partiamo proprio da quanto dichiarò l’Istituto superiore della sanità nel documento del febbraio 2021, sugli aspetti etici della sperimentazione di vaccini anti Covid-19, ovvero che un limite era rappresentato dalla «impossibilità di rilevare dati di sicurezza ed efficacia a lungo termine». Perché rimase solo un’osservazione ?

R: «In realtà, venne pure detto che “in un contesto di approvazione in emergenza” è difficile identificare eventi avversi non comuni, “malattie autoimmuni e sindromi neurologiche”, così pure la durata della risposta immunitaria. Implicitamente, si ammetteva che la somministrazione alla popolazione di questi vaccini sperimentali non rispetta il principio di precauzione».

D: La scusa è sempre stata che si trattava di autorizzazione in commercio in via condizionata (Cma), in assenza di terapie efficaci contro il Covid.

R: «Intanto venne vaccinato il 99% di popolazione sana. Una procedura impropria, quindi un azzardo. E quell’1% di pazienti che hanno subito danni gravi per il virus non avevano a disposizione nulla. È stata una scelta, del governo che avevamo, quella di indirizzare i medici a “tachipirina e vigile attesa”, quando invece c’erano terapie domiciliari possibili per trattare la sindrome respiratoria. Lo dimostrò, poi, uno studio del Mario Negri».


Il raccontaballe: (seconda puntata di 𝙪 𝙧𝙞𝙘𝙚𝙧𝙩𝙖𝙩𝙪) liofilizzata

don Beppe palliduccio La foto è di Dino Ignani

La seconda puntata (di 𝙪 𝙧𝙞𝙘𝙚𝙧𝙩𝙖𝙩𝙪) viene liofilizzata e arrotondata per gravi bombardamenti di cazzate fra le stanze del più grande mezzo di informazioni al mondo e di cultura che forma l'incapace, il crettino (giusto con due t, che fa più danno), tentando di smontare le linee di difesa del "nostro". Ma i mezzi forniti dall'U.O.M.O. con le palle pare lo stiano sbaragliando. A qualcuno verrà qualche idea geniale? speriamo di no

Laddove accadde che il boss (sconosciuto dalle masse plaudenti del noto saggista autore di migliaia di volumi) incontrò il prestanome di don Beppe (𝙪 𝙧𝙞𝙘𝙚𝙧𝙩𝙖𝙩𝙪) per abuso di potere nero, gestito da un capo mandamento dell'Università delle Graminacee, uomini d'onore sempre del sud sono (semu) affrontando una rissa che vedeva lo spione indagare dal suo giornale nelle stanze altrui.

Covo in cui si scoprì quali "libbra" aveva nascosti, con l'aggravante della penale da 41bis dato che i "libbra" (100) non ne aveva venduto neanche mezzo, regalandoli tutti, drogando il mercato e la popolazione intera, così da rincoglionirla (riuscendo a spacciarsi per critico pure della Divina Provvidenza scritta da Dante, riproposta dai Santi Nitto Santa Paola e un San Giuliano che, dicono, grazie a questo suo 'amico' l'aveva aiutato a formare il PCI, poi PD, quindi DC, fino (la storia è lunga) a gridare a più non posso "meno male che "silvio" c'è! ma poi, per convenienza mentre silvio scalava passò ancor più a destra. Era peggio di Mazza? straMazza!

La folla impazzita, la sanità in tilt: c'è gente che si lamenta per una attesa di sei mesi per una tac, che dovrebbe dire il prestanome di don Beppe che ha aspettato 30 anni per un posto al 41bis. E dire che ha dovuto corrompere mezzo paese, l’altro mezzo era famiglia.

Intanto Putin, dopo avere sabotato il “suo” gasdotto Nord Stream, fingendosi pazzo, falsificato le analisi, fingendosi malato di cancro, sparatosi addosso un drone nel tentativo di incolpare uno dei Volo, Volodymyr Zelens'kyj, nuovo eroe statunitense, mandava un telegramma a Carlo finalmente incornato da re (che tempi strani, nessuno ha ammazzato prima la Regina centenaria, nessuno più prende esempi dal passato, da quelle belle congiure di palazzo, che tempi!)

Una squadra del sud vinceva il campionato, don Beppe tentava ancora lo smercio di libri sempre con più scarsi risultati. Dicevano tutti che la poesia era necessaria, a chi? a tante tipografie che si erano trasformati in editori, a poeti, saggisti che organizzavano premi, tutto con il pizzo!


Il raccontaballe ovvero: Le avventure di un ricercato (o ricercatore)

Don Beppe, detto 𝙪 𝙧𝙞𝙘𝙚𝙧𝙩𝙖𝙩𝙪, per il vestire elegante nasce nella città di S. Agata e dell’elefante nel 1914 (fonte Ninetto o Vito Davoli, n.d.r.) da una coppia di fatto non autorizzata (porterà il peso di tale difetto fino alla fine). Dopo una breve colluttazione con un prete pedofilo decide di fuggire dalla Sicilia, trasferendosi prima in Toscana, dove incontrerà un parente abbandonato di nome Dante iniziando a scrivere sotto lo pseudonimo di Camillieri (per un errore dell’impiegata o all’anagrafe). Lo utilizzerà per scrivere una serie di gialli dove il colpevole verrà individuato già nelle prime righe, evitando così lo stress al lettore teso alla sua scoperta.
foto Marco Cinque

Dopo l’entrata di Mastella nella sinistra del vostro Paese decide di fondare il primo partito di destra insieme a Pirandello, l’idea primigenia era stata dell’Alighieri (ma all’epoca il poeta aveva ucciso un migrante di sinistra mandandolo all’inferno e non poté quindi costituire un partito).

Don Beppe accumula debiti tanto da dedicarsi allo spaccio di libri; inseguito dai censori e dalla finanza si rifugerà a casa di "Pound" che però è assente, trovandovi solo un depresso Che Guevara che nessuno vuole più tranne Calenda Renzi detti anche di terzo pilu.

Cerca di incoraggiarlo leggendogli le proprie poesie ma, ancor più depresso, lo dovrà salvare da un presunto suicidio.

Per sopravvivere è costretto a chiedere all’unico ex compagno di scuola che sa sempre come cavarsela, Casini e, con lui, inventa la notte della follia, il cambio di poltrone, la crisi energetica e, infine, la deriva dei continenti.

Niente da fare, anche il Casini svolta a sinistra e, in pochi anni, si ritrova senza volerlo nuovamente fra preti, democristi e guerre.