L’incontro con Serse è piuttosto recente ma, si rivelerà uno fra i più produttivi.
Non ho mai creduto alle persone che chiedono di incontrarmi, specie se devono farsi centinaia di chilometri e mi spiace persino che chiamino al cellulare. Avendo sempre vissuto con pochi mezzi, quello mi appariva (e ancora mi appare) utile sì, ma da usare con parsimonia a confronto del telefono fisso cui sono appassionato, ma che pare nessuno voglia più usare.
Quando chiamò Serse, proponendosi di
incontrarmi da Pellicanolibri a Roma (fra l’altro in una posizione geografica
scomodissima e affollata ormai più da auto che da esseri umani) non ne ero
contento. Un certo disagio per ciò che appare forse da quanto finora scritto.
Non sento di aver fatto nulla di
importante né per me né per altri se non libri e, poiché con questi non sono
riuscito a fare una vita decente, né riuscito a ‘lanciare’ alcuno, il mio
imbarazzo, negli anni, è divenuto sempre più crescente.
Ma sarà proprio quest’altro incontro a
farmi riavere speranza di una qualche continuità del mio lavoro di ricerca di
autori validi, come sempre accade, in difficoltà per pubblicare.
Dopo qualche telefonata ecco che appare
sulla porta un gigante barbuto ed enorme: come ricordavo nelle fiabe che da
piccolo leggevo.
Ebbi un moto di terrore: data la mia mole
e le botte prese da piccolo, rimane ancora quando un armadio mi si para
davanti.
L’armadio mi abbracciò e fu un attimo e
vidi i suoi occhi. Trasudavano gioia e dolcezza incommensurabili, quasi quanto quelli
di Lorenzo Ferri che avevo conosciuto qualche tempo prima, nel 2009.
Non stavo tanto bene, ero da poco dimesso
per l’ennesima volta dall’ospedale (dove da qualche anno sono di casa) e
stentavo a credere di potermi riprendere o, che la via dei libri non fosse già
esaurita.
Avevo dato tutto (che poi non era tanto) e
non avevo più nulla: neanche una casa o una macchina, né qualcuno che vivesse
con me. Solo, con l’unica gioia di andare ogni tanto in libreria, guidata ormai
da mio figlio Dante, unico a curarsi e occuparsi di me. Oltre a qualche amico
sincero ma sempre più raro.
Non avevo alcuna voglia di ascoltare
idee, progetti o quant'altro concernesse la pubblicazione di libri e di poesia,
per di più.
Quindi, malgrado tranquillizzato
dall’aspetto (temo da tempo anche gli uomini curvi, piccoli e dimessi, se non
ti guardano negli occhi), cercai d’ascoltarlo, proponeva un’idea (oggi so
splendida), una collana poetica itinerante: ogni regione un curatore e con
alcune librerie (poetiche) se avessero accettato di ospitare i libri di questa
associazione, Thauma, che li avrebbe editi.
Curandone gli aspetti e in un numero
limitato di copie. Bella idea, ma ero stanco.
Così dissi io, “stanco e vecchio” e
proposi all’ospite di parlarne con i miei due ‘fratelli di poesia’: Fabio
Barcellandi e Andrea Garbin.
Mi piacque Serse al primo impatto. Lui
parlava, spiegava e io ripetevo i nomi e dove poteva trovarli. Ma temevo non
ascoltasse, come spesso accade, voleva a tutti i costi che io capissi – forse
gli apparivo distratto – ma avevo solo timore che lui, così preso, non
ascoltasse me. Invece…
E poi aveva in mano il libro di Arrabal,
‘Panico’, comprato in qualche bancarella e che voleva io firmassi.
Beh, questa era una buona ragione per
farsi un così lungo viaggio?
Eppure ne avevo fatti tanti anche io da poterlo
capire!
La moglie girava in libreria, scegliendo libri (anche questo verte a loro favore), mentre quasi nessuno venendomi a trovare lo fa, così durante le presentazioni o gli incontri, nessuno sembra avere soldi per portarsi via le ‘opere’ e si prostrano in complimenti e firme in fazzoletti di carta perché rimanga traccia di avere incontrato il ‘maestro’.
Ma questa è altra storia, molto risaputa.
Quando pensavo che l’incontro fosse finito, mi chiese se potevamo stare in ritiro soli, per leggermi una ‘cosa’ sua.
Quando pensavo che l’incontro fosse finito, mi chiese se potevamo stare in ritiro soli, per leggermi una ‘cosa’ sua.
Serse a "Ottobre in Poesia", 2012 |
A questo punto scompare Polifemo e appare
Omero: leggerà forse 18 o 20 pagine fitte fitte di seguito, senza quasi pausa,
in una maniera che mi fa immaginare come Omero (in giro per bettole e strade
dell’epoca) raccontasse le avventure di Ulisse in cambio di una cena o del
vino.
Questo gigante aveva passione, sangue e
corpo che diventavano racconto poetico per un solo spettatore.
Cercavo di stare attento alle parole ma
si trasformavano in suoni musicali, perdevo il senso, ma mi immergevo in un
concerto dove più elementi eseguivano una sinfonia.
Ho avuto modo di ascoltarlo poi in altre
occasioni e, malgrado i testi siano sempre piuttosto lunghi, le pause, i toni
cangianti, gli acuti e i bassi continuano a rendermi la sensazione di un
concerto a più voci.
Ma il mio pensiero era: incontrerà mai Andrea e Fabio? Ascolterà
ciò che gli ho detto o pretenderà che sia io, ormai senz’armi a seguirlo?
No, sbagliavo, mi sbagliavo come mai:
andò pressoché subito e il suo sogno (o quello che pensavo sogno) si è
realizzato.
Nasce la collana e in poco più di 20 mesi
vengono editi oltre 20 volumi divisi in diverse regioni e librerie poetiche. Ma
non bastava: in poco tempo ecco che appaiono altri collaboratori e ottimi
poeti, Chiara Daino, Chiara Catapano, Valeria Raimondi, Massimiliano Bardotti, Alessandro
Assiri, Stefania Battistella e altri. Nascono collaborazioni e traduzioni con altri paesi, Russia,
Irlanda, Romania. Che dire? in questo vuoto culturale, in pochissimo tempo
scopro che la Poesia
c’è, eccome! Si moltiplica di giorno in girono con una serie di iniziative che
non sono più contenibili in un così breve scritto su Serse Cardellini.
Dovrei curare il Lazio, ma sono pochi gli
elementi decenti che mi arrivano o forse sono io ormai fuori da tutto.
Importante che questo sogno si sia realizzato grazie a un gigante non solo nel
‘formato’ ma soprattutto di sostanza.
leggi anche:
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http://beppe-costa.blogspot.it/2008/04/leo-ferr-col-tempo-la-sua-pi-bella.html
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