Francesco Giampietri, Lettere e disarmonia di Agnese Aloisio

 Introduzione

Tengo molto a fare una breve introduzione per quanto riguarda Francesco Giampietri, autore del libro che mi è stato affidato nella lettura. La scelta, da me effettuata, degli scritti che a breve avrò il grande piacere di leggere, è sorta da una forte condivisione che ho percepito fra le parole di Giampietri e le mie parole interiori: nei suoi scritti ho ritrovato un riflesso della sottoscritta; si tratta di una condivisione molto particolare perché osserva situazioni di ordinaria comunione sociale visti, però, da un altro diverso punto di vista. Un esempio è dato dal modus vivendi del Natale, scritto dal quale partirò nella lettura; coglie altro, o meglio anche altro al di là del comune festeggiare e si tratta di dettagli in verità ben visibili e toccanti ma che si tende generalmente, dal mio punto di vista, a scegliere di non guardare; toccante questo osare dell’autore, sull’invisibilità che non è finalizzato, però, a criticare gli altrui stati d’animo e punti di vista, ma poggiare lo sguardo partendo da un altro punto di vista.

Concludo questa breve introduzione con una frase che è nata dentro di me al termine della lettura di tutti i suoi scritti:

Francesco Giampietri, tramite questa sua rara sensibilità, sceglie di dare al sottotitolo il ruolo di titolo.

Scritti di Francesco Giampietri scelti da Agnese in occasione della Giornata Mondiale della Poesia organizzata da Beppe Costa il 19, 20, 21 marzo 2021:

Lettere e disarmonia di Francesco Giampietri: Cap. Camere di vita quotidiana; paragrafo 7 Cap. Diario minimale; paragrafo 18 e 19



Agnese Aloisio

        7.

Basta una piccola distrazione per finire, smarriti e confusi, in ospedale. Basta trascurare una buca che perfora il manto stradale. Le deficienze amministrative spezzano le ossa. Un volo acrobatico dalla vecchia bicicletta sovietica mi fa arrendere al suolo, trafitto come san Sebastiano da fitte di morte. Immagini opache voci di apprensione e poi il soccorso nel quartiere proletario. Dal sudore nero della strada che si apre alla campagna al neon del reparto di ortopedia. Mi ricoverano alle nove. Nella penombra rassicurante qualcuno commi sera la sua solitudine e una vecchia invoca la madre morta nel dopoguerra. Gli altri dormono, o almeno credo. Vincere la diffidenza del compagno di camera richiede appena qualche battuta. La reclusione affratella. Lui cede al sonno e io evado dal reparto. L’unico bagliore nel corridoio proviene dalla corona fosforescente di una Madonna pietosa. Coltivo per un attimo la tentazione di staccare quella presa illusoria ma preferisco lasciar perdere. Ho la mano sinistra in fiamme e il cuore accasciato sul crinale del disimpegno. Il mio passo clandestino sfugge a un’infermiera. Vorrei mendicare una sigaretta. Rientro in corsia rassegnato a vegliare, seccato dal sonno profondo del mondo. Vado in cerca di cronache di vita disperata, per non soffocare di noia e di amuchina, e di notte rientro sempre più tardi.

Il vecchio ingegnere ha il femore fratturato. Mi appare come una maestosa pianta ornamentale. Qualcuno gli ha rubato la vita a Torino, vent’anni fa o giù di lì. Era ricoverato alle Molinette a causa di una banale appendicite, ma l’anestesia gli ha consumato il corpo disperdendo i suoi appunti nucleari.

 Mima il bacio della sigaretta per farmi intendere quel che vorrebbe. Attraverso tutto l’ospedale pur di rimediargliene una.

Il corpo dell’addestratore di cavalli è una cucitura di morsi terrificanti.

«Sai, non sono mai caduto da cavallo. Ho domato bestie che non avevano mai visto un cristiano. Sono qui perché sono scivolato in bagno. Secondo te esiste la sfortuna?». 

Raccolgo altre storie, ma non mi va di solcare ferite non ancora cicatrizzate. Pochi giorni dopo le dimissioni torno in ospedale per una visita di controllo e raggiungo il reparto. Non trovo nessuno. Quei racconti sono dissipati nelle iniezioni della sera. La comunità ospedaliera è interinale. Fuori è vita e pericolo.

18

Notte di Natale. Il disincanto si respira a pieni polmoni nelle piazze. Persino le luminarie sono pallide, nient’altro che lumi opachi. Tutto sembra avere stanchezza d’esistere e malcelato dolore. Non v’è da fidarsi. La gatta sonnecchia ignara sul divano, indifferente verso gli epicicli del mondo. E io curo i dettagli del presepe, rispolverando la passione infantile per le costruzioni e i castelli di sabbia. 

La festa non si risolve nelle file chiassose dei centri commerciali, negli aromi invadenti delle cucine e nell’incenso amaro delle cattedrali. Né è mistificata dal sorriso benpensante che magari fa scivolare un centesimo di compassione nelle mani sporche del mendicante. Perché vale l’adagio popolare secondo il quale a Natale sono tutti più buoni. Il sentimento della festa non si manifesta nei calici incrociati e nei baci scambiati con chi ti sogneresti di baciare durante l’anno, o nelle melodie di sempre, così rassicuranti. I ricordi d’infanzia impigriscono il cuore. Ed è così che recitiamo una parte che conosciamo da sempre a memoria. Ma la pietà cristiana non sempre si accorda con la consuetudine clericale ed è di certo contraddetta dal supermarket della fede. Ed è così che il mio pensiero va a quanti sono distanti dalle luci intermittenti e dai cori angelici. Raggiunge i reparti di oncologia e di terapie palliative negli ospedali, non trascurando le camerate desolanti degli ospizi e delle cliniche psichiatriche. Fa visita ai centri sociali, alle comunità di recupero e ai centri d’accoglienza. E poi si spinge fino ai giacigli di fortuna nelle stazioni ferroviarie, magari all’interno di vecchi treni disarmati o in auto abbandonate. Attraversa i corridoi sempre illuminati degli istituti penitenziari, non temendo i covi di puttane tossici e ladri che, come suggeriva Nelson Algren, sono gli ultimi rimasti con qualcosa da dire e nessuno a cui dirlo. Il Natale è infatti la maledizione degli emarginati. Accentua la sofferenza delle anime oscure: chi ulula in una casa dei matti avvolta dalla nebbia, chi si rifugia sotto i cavalcavia della tangenziale, chi vortica in casa implorando alle lancette di affrettarsi, chi piange senza ragione né conforto. Per la società dei consumi non esistono perché sono il sintomo di una disfunzione sociale. Non esistono o meglio non devono esistere. La società dei consumi luccica nei ristoranti esclusivi e nei santuari consacrati a Nostra Signora dell’Ipocrisia. Nausea, nausea, lasciateci respirare!

Che disgusto le regioni del sottosuolo!

Sono ombre notturne, simulacri di foschia onirica, l’incubo di diventare qualcosa del genere. Notte di gelo e di stelle. Cristo festeggerebbe con loro il suo compleanno.

19

Notte di Capodanno. Un tempo si scaraventavano dalle finestre i piatti e i bicchieri che occupavano il fondo della cristalliera. Era un modo per liberarsi della polvere e delle sue sedimentazioni. Più in generale ogni cominciamento richiede una frattura tangibile con quel che lo precede: non si dà il nuovo senza il sacrificio del vecchio. Cosa sono del resto i botti se non finzioni di distruzioni, frantumazioni dell’abitudine che annacqua le motivazioni ed affoga le aspettative?

Non si può far altro che ridurre in mille schegge i fardelli che appesantiscono il cuore e tranciare con un colpo secco i rami che impediscono di abbracciare il cielo.

 Non venite a parlarmi dei buoni propositi per l’anno che verrà. La vita, quella vera, è sperimentazione degli incontri, improvvisazione, uso delle occasioni. Tentativo e niente più.

Qualche informazione QUI su Francesco, giovane prof. filosofo di Venafro, scomparso a 37 anni 

con Dacia Maraini

Claudio Moica Miniera e Libertade


L'Autore con il nuovo libro 

Miniera e Libertade

Si nd'ant iscutu a basciu
Narendusí ca su soi abbruxiara
Ca no c'esti vira in mesu a is brebbeis
Poita po pappai no abbastara su latti.

Ci seusu arrutus in cuddu fossu
Scherescendisindi de sa storia nosta
Ca ajaju e babbu s'enta lassau biusu
Po cresci in sa luxi de Deus.

Ndi seus caraus in fundu, a s'iscuriu
Fince s'anima s'annieddara aici
E no lassara Logu mancu a su sanguini
Cussu bellu arrubiu de chini fustis.

S'anti bocciu su passau po dexi arrialis
E no sciu si nd'eus a bessiri de innoi
Abui su soi esti una stiarica
E sa luna Is ogus nostus.

Scetti arrinnegu pozzu lassai in eredirari
Ca is fillus chi ant a nasci
No si nd'ischerèsciant de su surori nostu
Fattu de cinixiu e prantu.

Seus fattus de nudda
E spolincus s'anti lassau in cuddu stampu
In custa notti chi no accabbara mai
Mancu candu astessis mortus.

E immoi ca si biu currendi comment'e maccus
Penciu ca fiatt mellus su scuriu miu
Ca trabballamu po essi liberu
E no po essi schiavu comment'e bosartrus.

Deu fui meri de sa miniera
Armau de piccu e speranzia
Po lassai su nomini nostu in sa storia
De unu populu chi immoi est fattu sceti de fromigas.


Miniera e Libertà

Ci hanno buttato in fondo
dicendoci che il sole scotta
che non esiste la vita tra le pecore
perché per mangiare non basta il latte.

Siamo caduti in quel fosso
dimenticandoci della nostra storia
che nonno e babbo ci avevano lasciati vivi
per crescere nella luce di Dio.

Siamo scesi in fondo, al buio
così che anche l’anima si ottenebra
e non lascia spazio nemmeno al sangue
quello bello rosso di chi eravamo.

Ci hanno ucciso il passato per dieci soldi
e non so se usciremo da qui
dove per sole abbiamo una candela
e per luna i nostri occhi.

Solo rabbia posso lasciare in eredità
perché i figli che verranno
non dimentichino il nostro sudore
fatto di cenere e pianto.

Siamo fatti di niente
e nudi ci hanno lasciato in quel buco
in questa notte che non finisce mai
nemmeno quando moriremo.

E ora che vi vedo correre come pazzi
penso che era meglio il mio buio
che lavoravo per essere libero
e non per essere schiavo come siete voi ora.

Ero il padrone della miniera
armato di picco e speranza
per lasciare il nostro nome nella storia
quello di un popolo che ora è fatto solo da formiche.

Mine and Liberty

They have thrown us into the abyss
Telling us that the sun is too hot to handle
That sheep are no longer alive
To quench our hunger with their milk.

We fell into that bottomless pit
Forgetting our history
Inherited from our beloved ancestors
To walk in the Light of our Happy God.

Covered in darkness we descended underground
Where even soul gets dimmed
And there is no room for our blood to flow
That beautiful red once running in our veins.

They killed our past for fifty cents
And I am not sure if we'll ever get out of here
Where the candle is the sun
And our eyes are the moon.

Only anger can I bequeath
So that our children won’t forget
Our due and sweat
Reduced to ashes and tears.

We are made of nothingness
And left stark naked inside that hole
Under the roof of this never-ending darkness
Never ceasing to exist even when we die.

And now that I see you running like crazy
I consider my darkness a better place
Where I work to serve my freedom
Rather than become one of you, a slave.

I was the owner of the mine
Armed with greatness and hope
That wrote our name down in history
The name of a people already changed into ants only.

Translated into English by Era Buçpapaj


Minierë dhe Liri

Na hodhën në fund
duke na thënë se dielli djeg
se nuk ka jetë midis deleve
pasi për të ngrënë nuk mjafton vetëm qumështi.

Kemi rënë në atë gropë
duke e harruar historinë tonë
se gjyshi dhe babai na kishin lënë gjallë
për t’u rritur në dritën e Zotit.

Kemi zbritur në fund, në errësirë
në këtë mënyrë edhe shpirti na errësohet
duke mos i lënë hapësirë ​​as gjakut
asaj të kuqeje të bukur që dikur ne ishim.

Na e vranë të kaluarën për dhjetë lekë
dhe nuk e di nëse do të dalim nga këtu
ku për diell kemi një qiri
dhe për hënë sytë tanë.

Vetëm zemërim mund të lë si trashëgim
pasi bijtë që do të vijnë
të mos ta harrojnë djersën tonë
të bërë nga hiri dhe vajtimi.

Jemi bërë nga asgjëja
dhe lakuriq na kanë lënë në atë vrimë
në atë natë që nuk mbaron kurrë
as edhe kur të vdesim.

Dhe tani që ju shoh të vraponi si të çmendur
mendoj se ishte më mirë errësira ime
që punoja për të qenë i lirë
dhe jo për të qënë skllav siç jeni ju tani.

Isha pronari i minierës
i armatosur me kazëm dhe shpresë
për të lënë emrin tonë në histori
atë të një populli që tani është i bërë vetëm nga milingona.



Traduzione in albanese: Valbona Jakova

per leggere altri versi dell'Autore clicca QUI




Luan Rama: La Res-publica della poesia in Albania

Ho sempre creduto nella profezia della poesia nel nostro futuro.Quasi due secoli fa, nel caos delle filosofie tristi e della grande depressione, delle lunghe guerre tra gli imperi che stavano scuotendo l'Europa, il grande poeta Hölderlin fece un appello proclamando un'idea innovativa che la vita dovrebbe essere vissuta poeticamente, perché avrebbe portato L'Europa e il mondo verso il Bene, verso l'umanesimo, verso l'amore per gli uomini e il vero progresso. Così, in questo tempo che vive la società albanese, l'appello di Hölderlin è più che attuale, sempre innovativo nel clima di grande disillusione di questo sogno di democrazia e libertà, perché oggi la corruzione, il fango, l'immoralità hanno preso per la gola la società albanese, soffocata. dalla concupiscenza dell'oligarchia politica, dall'insofferenza dei politici che lo pensano per la loro felicità, che ha portato alla sconfitta dell'uomo, dell'individuo e della società civile. Inoltre, nel tempo in cui viviamo, minacciati dall'egemonismo, dalle guerre di religione e da ogni tipo di intolleranza, la chiamata a tornare alla poesia può infondere nuova vita nella società, per umanizzarla, per renderla sensibile alla virtù e alla moralità . Per questo la poesia dovrebbe avere una nuova missione, quella di guidare la società, perché quando sorgono la poesia, la letteratura e le arti, nessuna forza può scuotere la loro volontà. Ai suoi tempi Rimbaud insisteva sul fatto che il Poeta doveva essere il Profeta del tempo, del popolo, perché c'era bisogno di un nuovo movimento umano verso un'altra società, la cui immagine può essere trovata nelle sue Illuminazioni, dove il poeta, come scrive, "cerca di combattere e di lottare", quindi di essere il profeta di una nuova era.

La stessa cosa che abbiamo visto in Victor Hugo o in Mayakovsky delusi dalla Russia dei Soviet, l'abbiamo vista in Lorca, Ricos, Whitman o nei surrealisti francesi. Lo stesso grido che sentiamo nella poesia dell'albanese Migjeni per cambiare i sistemi, i valori, perché nel tempo moderno che viviamo, nel tempo delle nuove tecnologie e delle integrazioni, la società albanese soffre di nuovo il fatalismo, la grande fuga del intellighenzia, debolezza e incapacità di farsi carico del proprio destino. Dove sono gli intellettuali, i poeti, gli artisti? Hanno scelto di essere emarginati, di rinchiudersi nei loro laboratori, studi e caffè? Come possiamo avviare una "rivoluzione" umanista nello spirito del moderno Erasmus?

In un'epoca in cui sempre più persone sono tornate alla poesia, scrivendo e pubblicando su riviste come Poeteka, in circoli di poesia o antologie poetiche, dimostra che le persone, stanche della politica attuale, vogliono vedere il mondo e il loro futuro in modo diverso. La poesia oggi non è più proprietà di un gruppo d'élite. La poesia sta diventando non solo espressione personale ma anche collettiva e generale. Perché quel ? Perché in grande disperazione, l'uomo albanese ha bisogno di una moralità sociale, che si rivolga non solo alla bellezza e all'amore, ma anche alla poesia sociale, perché prima dobbiamo cantare la bellezza dello spirito a questi territori dell'anima e della solidarietà umana. È possibile una tale rivoluzione spirituale?
Sicuramente perché è questa poesia che porterà ottimismo, creerà una sorta di utopia per questa vita che vorremmo costruire, perché la poesia riesce a risvegliare la coscienza umana e può dare senso alla vita, all'azione, alla costruzione di tutto, perché la Parola ha più valore dello scintillio del denaro. Infine, la poesia è l'arte del coraggio; osa legare chi si trova su fronti diversi, perché attraverso la forza della parola riesce a legare gli spiriti, oppure, come diceva san Giovanni Perse, “anche attraverso una strofa la poesia riesce a concentrare il presente, il passato e il futuro , l'umano con il sovrumano e tutto lo spazio planetario in uno spazio universale ”. Come nei paesi progressisti dell'Europa, che, in tempi di depressione, sono stati in grado di creare un potere spirituale e filosofico autonomo che abbiamo chiamato "Respublica littéraria", questa specie di "repubblica" che vorremmo creare nel nostro paese, perché la poesia e l'arte ci spinge ad avere riflessioni più profonde per la bellezza della mente e per il futuro. Per questo il poeta Yves Bonnefoy, all'età di 92 anni, in una delle sue ultime poesie scriveva: "Amici miei / questa terra diventa sempre più oscura / e spesso, è disumana / ma credo che la Bellezza esista e abbia un significato / Credo che ci sia ancora un significato nel crearlo… ”. Questa è la poesia che diventa una profezia separata, tanto desiderata da Arthur Rimbaud o dal nostro poeta Migjeni. Credi in questa profezia!
Che una "Respublica lettéraria" emerga in tutti i nostri paesi!

For a “Res-publica littéraria” in Albania

Almost two centuries ago, amid chaos, sad philosophies and the great depression, the long wars between the Empires that shook Europe, one of Germany’s greatest poets, Hölderlin, proclaimed the novel idea that life should be lived poetically, as it would lead Europe and the world towards The Good, towards humanism, towards human love and real progress. Thus, in the current climate of the Albanian society, Hölderlin's call is even more relevant; it remains always innovative in this atmosphere of great disillusion of this dream of democracy and freedom, as corruption and immorality have taken the Albanian society by the throat, a society almost suffocated by the lust of the political oligarchy, the intolerance of its politicians who serve only their own interests, who lead towards the defeat of the man, the individual and the civil society.

Moreover, in our times, threatened by hegemonism, religious war and all kinds of intolerance, the call to return to poetry can breathe new life into society, it can humanise it, it can induce sensitivity, virtue, and morality. These are the reasons why poetry should have a new mission, the mission of guiding the society, because when poetry, literature and the arts rise, no other forces can stand on their way.

In his time, Rimbaud insisted on the fact that the Poet had to be the Prophet of the time, of the people, because there was a need for a new human movement towards another society, the image of which can be found in his Illuminations, where the poet, as he writes, "seeks to fight and to struggle", thus becoming the prophet of a new era. We saw the same thing in Victor Hugo or in Mayakovski, disappointed by Soviet Russia. We saw it in Lorca, Ricos, Whitman or the French surrealists. It is the same cry we hear in the poetry of Migjeni, the Albanian poet, directed towards system change, new values. In the times we live in, times of advanced technologies and integrations, the Albanian society suffers, once again, fatalism. It is constantly threatened by the exodus of the brain, it is experiencing great weakness and the inability to take control of its destiny.

Where are the intellectuals, the poets, the artists? Have they to accepted marginalization, are they hiding in their workshops, studios, and cafes? How can we start a social "revolution" in the spirit of modern Erasmus?

The return to poetry, writing and publishing in journals like Poeteka, participating in poetry clubs or being included in poetic anthologies, shows that tired of current politics, people want to see the world and their future differently. Poetry today is no longer the property of an elite group. It is increasingly becoming a collective mean of expression. Why? Owing to the current great despair, Albanians need a social moral, pertaining not just to love and beauty but also to social values, because first and foremost it is necessary to sing to the beauty of the spirit and territories of the soul as well human solidarity.
Is such a spiritual revolution possible?

Surely, because poetry can revive optimism, it can create the kind of utopia of the world and life we want to build. Poetry awakens human consciousness and can give meaning to life, it can lead to action, enabling reconstruction of everything and that is because the WORD has more power and value than the money has sparkle. Finally, poetry is the art of courage; it dares to unite those who fight in different fronts, because through the power of the word, we can connect spirits. As Saint John Perse once said, “…with one embrace, like a single great, living strophe, it clasps both past and future in the present, the human with the superhuman, planetary space with universal space”.

Let us hope that like in the progressive countries of Europe, where depression has been able to create an autonomous spiritual and philosophical power of what was called "Respublica literaria", we will create in our country, the same kind of "republic". This is possible because poetry and art push you towards deeper perceptions of the beauty of the spirit and future. It is why Yves Bonnefois at the age of 92, in one of his last poems, wrote: “My friends / this earth is getting darker and darker / and often, is inhuman / but I believe that Beauty exists and has meaning / I believe that there is still meaning in creating it…”. This is how poetry becomes a distinct prophecy, so much desired by Arthur Rimbaud our own poet, Migjeni. Let us believe in this prophecy!



Për një «Res-publica literaria» në Shqipëri

Pothuaj dy shekuj më parë, në kaosin e filozofive të trishta e të depresionit të madh, të luftrave që gjëmonin në Europë midis perandorive, poeti i madh Höderlin bëri një thirrje duke hedhur idenë novatore se jeta duhej jetuar poetikisht, pasi kjo do ta çonte Europën drejt së mirës, humanizmit, drejt dashurisë njerëzore e progresit të vërtetë. Kështu, në kohë që përjeton shoqëria shqiptare, thirrja e Höderlin është më se aktuale, gjithnjë novatore, në atmosferën e një zhgënjimi të madh nga ëndrra e demokracisë dhe e lirisë së vërteta nga diktaturat, pasi korrupsioni, llumi, amoraliteti, e kanë kapur për fyti shoqërinë shqiptare duke e asfiksuar gjithnjë e më shumë dhe ku shkëlqimi i vetëm është shkëlqimi i parasë, lakmisë, intolerancës, oligarkisë dhe i një klase politike që mendon vetëm për lumturinë e saj, por që në thelb është një zhbërje e vetë individit. Pikërisht, në këtë atmosferë të shoqërisë sonë, dhe të një atmosfere akoma më të rënduar luftrash hegjemoniste, fetare, intolerancash e kamikazesh, thirrja për t’iu rikthyer poezisë, është një thirrje për t’i dhënë frymë dhe ajër shoqërisë, për ta humanizuar atë, për ta bërë të ndjeshme ndaj virtutit, dhe ja pse poezia, letërsia, artet, duhet të kenë një mision të ri, atë të udhërrëfimit, pasi kur ngrihen në këmbë poetët, nuk ka forcë që të shkoj kundër vullnetit të tyre. Në kohën kur poeti i madh francez Arthur Rimbaud, ngulmonte të thoshte se Poeti duhet të jetë një «Profet» i kohës, i shoqërisë, këtë e thoshte se kishte ardhur koha e një lëvizje të madhe humane dhe drejt një shoqërie të re, çka e gjejmë në vëllimin e tij Përshkëndritjet, ku poeti, siç shkruan ai «kërkon të ndeshet, të përpiqet, të luftojë», pra të jetë profet i një kohe të re dhe i një arti të ri. Të njëjtën gjë e kemi parë te Victor Hugo apo Majakovski i zhgënjyer në Rusinë e sovjetëve.

Ricosi apo Lorca spanjoll, Whitman si dhe surealistët e Francës. Të njëjtën gjë, që poezia të ndërmarrë një mision shoqëror, e gjejmë aq fortë në poezitë e Migjenit të madh: atë të ndryshimit të sistemeve, të ndryshimit të vlerave, pasi në epokën moderne që jetojmë, në epokën e telnologjive të reja dhe integrimeve të mëdha, shoqëria shqiptare vuan ende nga fataliteti, nga emigrimi i madh, nga një lloj depresioni dhe pafuqishmërie për të marrë në dorë fatet e veta. Ku janë intelektualët, poetët, artistët? Jetojnë ata të ngujuar në atelierët e tyre, studiot, kafenetë? Si mund të zhvillohet një «revolucion» humanist në frymën e një Erasmus modern. Ja pse në kohën kur gjithnjë e më shumë njerëz në Shqipëri i janë kthyer poezisë e botojnë, kemi një «Poeteka», klube të poezisë, botohen antologji, kolana poetike, njerëzit zgjohen «poetë» edhe pse janë në fillimet e tyre, rrjeti poetik po zgjerohet, poezia nuk është më pronë e një grupi elitar, por ajo është bërë pronë masive, është kthyer në shprehje personale dhe kolektive. Përse ndodh kjo vallë?
Ndoshta sepse në dëshpërimin e madh, njeriu e ndjen se ka nevoje për një ngritje poetike dhe morale te shoqërisë, duke iu drejtuar jo vetëm dashurisë, të bukurës, por dhe pozisë sociale, pasi e para që duhet rikrijuar është bukuria dhe dashuria e shpirtit, janë këto territore të trishta që sot duhen ndriçuar nga poezia, territore që kthehen në territore të solidaritetit njerëzor dhe të humanizmit. Një «revolucion» i tillë shpirtëror është i mundshëm, pasi poezia sjell optimizëm, poezia krijon një utopi, atë të asaj që duam të ndërtojmë, sepse poezia kërkon ta zgjojë ndërgjegjen njerëzore dhe t’i japë një kuptim jetës, veprimit, ndërtimit të gjithçkaje, pasi Fjala, Verbi, kanë më shumë vlerë se shkëlqimi i parasë. Dhe së fundi, poezia është arti i të guxuarit, ajo guxon të lidhë ata që janë në fronte të kundërta, pasi ajo lidh shpirtrat përmes forcës së fjalës; sepse poezia, siç thotë dhe nobelisti Saint-John Perse, «edhe përmes një strofe arrin të përmbledhë të tashmen, të kaluarën dhe të ardhmen, humanen me mbi-humanen dhe gjithë hapësirën planetare në një hapësirë universale»…
Le të shpresojmë që ashtu si në vendet e përparuara të Europës, në kohë depresionesh, u arrit të krijohej pushteti autonom shpirtëror dhe filozofik i asaj që quhej «Respublica litteraria», kjo lloj «republike» të krijohet edhe në vendin tonë, pasi poezia, arti, të shtyjnë të kesh një refleksion më të thellë për shoqërinë dhe ardhmërinë. Ja pse poeti 92 vjeçar francez Yves Bonnefoy, në një nga poezitë e tij të fundit, ndër të tjera shkruante: «… Miqtë e mi/ kjo tokë shkon keq e më zi/ dhe shpesh është ç’njerëzore/ por unë besoj se e Bukura ekziston dhe ka domethënie/ besoj se ende ka një kuptim që ta rilindim atë…». Ja pse më së fundi poezia është një profeci më vete, aq e dëshiruar nga Arthur Rimbaud apo Migjeni! Le t’i besojmë kësaj profecie të madhe!
Mund të shfaqet një "Respublica literaria" në të gjitha vendet tona!

Giornata mondiale della Poesia 2021 Programma e Ospiti e video











AUTORI - PROGRAMMA - PAESI

con la collaborazione e le letture di: Agnese Aloisio, Chiara Mazza, Marcello Aslan

Rimandata di un anno, causa virus, perdurando ancor oggi, abbiamo deciso
di riunirci in streaming dal 19 al 21 marzo 2021

Postponed for a year, causes viruses, still continuing today, we have decided
to stream from 19 to 21 March 2021






con la collaborazione e le letture di: Agnese Aloisio, Chiara Mazza, Marcello Aslan


Metin Cengiz o "il potere della poesia"

Metin Cengiz


In un momento in cui la Turchia soffre il rischio fra democrazia apparente o reale, vogliamo dedicare questo spazio a uno dei poeti più rappresentativi e battaglieri del paese.
Lo abbiamo incontrato al
14° Nisan Festival (Israel-Maghar).
Alcune sue poesie
sono sul sito di Casa della Poesia





D’inverno

Ho saputo di te in inverno
in te fiorivano domande
dı ognuno amante, ma non di me.

Strade e tracce sulla tua faccia
ıl tuo cuore nutrito da cupi amori come sole a mezzogiorno.

Tutti distanti adesso, tu sei il mio cuore solitario
Siamo noi adesso inverno in fiore’ fatti dolore nella nostra cenere.



KIŞ GÜNÜ

Seni bir kış günü tanıdım soru işaretleri açıyordun
Herkesin aşkıydın ben hariç

Yüzünde caddeler ayak izleri vardı
Yüreğin hüzünlü aşklarla beslenmişti öğlen güneşi gibi
Görmüş geçirmiş ben hariç

Şimdi herkes uzakta benim ocağımsın yalnız
Şimdi kış açan biziz kendi külünde hüzün biziz

Guerra

Ogni dove il tanfo della Guerra
solo il nome, eppure in faccia ci sbatte
come da lontano fragranza di pane caldo.
Come se qualcuno dentro noi combattesse
la vita sfıda la morte con le sue armı
lasciando fluire il sangue delle paroleç
Tanto vıcını glı schermı al cıelo
impossibile non vedere Dio
passando da fronte a fronte.

Mio figli dice che, certo, pazzo deve esser Dio
come puo essere a se stesso nemıco
finance lui che insegue la sua mente.

Penso alla mente per un momento
e come sedermı
e bere per ubriacarmi ancora.
Forse trovero l’anello che ho perduto
regalo dı mıa moglıe ın una notte radıosa
perso vıa tra I sassi.

Addio all’amore d’infanzia.
Addio al bambino che sono.

Ciao Dio mio.

SAVAŞ

Her yerde savaşın kokusunu alıyoruz
yalnız adı da olsa burnumuza vuruyor
taze ekmek kokusu gibi uzaktan.
Sanki birileri içimizde vuruşuyor
hayat ölümü deniyor silahıyla
kelimelerin kanını akıtarak.
Ekranlar öyle yakın ki gökyüzüne
tanrıyı görmemek imkansız
geçerken cepheden cepheye.

Oğlum, “Tanrı çıldırmış olmalı” diyor
“bu denli düşman olamaz kendine
aklının peşinde koşan insan bile.”
Aklın ne olduğunu düşünüyorum bir an.
Oturmak geliyor bir sandalyeye içimden
ve içmek sarhoş oluncaya yeniden.
Belki rastlarım diye kaybettiğim yüzüğüme
karımın armağanı ışıltılı bir gecede
kaybetmiş olduğum çakıllar arasında.

Elveda çocukluk aşkım.
Elveda çocukluğum.

Merhaba tanrı

Mio figlio

Per mio figlio io somiglio a una lunga strada
E sua madre alla terra
İo sono lontano, in prigione
Sua madre gli ha insegnato a camminare.

OĞLUM

Oglum uzun bir yola benzetiyor beni
Anasini topraga
Ben uzakta hapiste yatmışım
Anası yürümeyi öğretmiş ona

La pietra

Sono come il mare in tempesta
La vita urla nel mio muschio
İl tempo riposa in me

İl mio cuore è pieno di Ricordi
Gioco alla campana sulla superficie dall’acqua
Sull’onda che si inchina da un lato

Quando sei annoiato
Mi lanci via lontano
E stranamente ti senti soddisfatto

Le case e i giardini respirano con me
E le camere prendono il sole con me

Qunado hanno problemi
Le persone mi parlano
Senza neanche saperlo

Oggi sono di buon umore
Divento edificio, divento casa
E non sono mai stata così contenta

Non mi disturbate oggi
Non venite, non guardatemi
Oggi sono una pietra felice

Sono diventata luce
İn Palestina, in Turchia, dappertutto
Lanciata sulla testa dei dittatori
Da uno dei miei piccoli amici.

TAŞ

Dalgalı bir deniz gibiyim
Hayat yosunumda uğuldar
Dinlenir zaman içimde

Hatıralar bırakmaz yakamı
Sek sek oynarım su yüzünde
Şöyle yandan kaydırınca

Canı sıkıldı mı insanın
Uzaklara fırlatır beni
Garip bir zevk alır bundan

Evler, bahçeler benimle havalanır
Benimle güneşlenir odalar

Başlarında bir bela oldu mu
Benimle konuşur rüyasında insanlar
Ama bilmezler bunu

Bugün keyfim yerinde
Ev oldum, bina oldum
Bunca mutlu olmadım

Dokunmayın keyfime bugün
Gelip seyrime durmayın benim
Bugün mutlu bir taşım

Işığa karıştı beni
Filistin’de Türkiye’de her yerde
Fırlatıp zalimlerin başına
Bir küçük arkadaşım

Il testamento del poeta

Mettiamo che io parta con biglietto di sola andata
Le strade che bevono la mia tristezza non saranno più sbagliate
Ecco la tribù dei geni che sono miei amici
Ecco la nullità di essere vero e il polso di dio
La campagna e l’ombra degli alberi sono superflue.

Lasciatemi qui senza lacrime
Pregate invece  con due serie di grappa
İn mia memoria carezzate la mosca che nasce dalla grappa
İ vostri passi si adattino al suono delle sirene che avete dentro
Non fermatevi e lasciate che l’amore sia la vostra Mecca
Se mi ricorderete quando fate l’amore
Sarò felice, buon appetito

Immaginate che io sia un albero bucato senza rami e foglie
Che il ronzio degli insetti sia la musica del nulla
Pensate a me come un immenso mare
Pensate a me come una nave che fa vela nel cielo
Se dio mi parlerà, solo allora gli parlerò
Se dio mi parlerà, solo allora l’ascolterò in questa oscurità
Se dio mi stringerà la mano, solo allora potrò stringergli la mano
Lui è l’unico che può cancellare dai miei occhi i miei giorni e le notti
Certo se avrò ancora occhi..


ŞAİRİN VASİYETİ

Sayın ki dönüşsüz bir yola çıkmışım
Yanlış yapmayacak artık hüznümü içen yollar
İşte dostlarım olacak cin taifesi
İşte gerçek olan hiçlik ve tanrının nabzı
Bu kırlar bu ağaç gölgeleri olmasa da olur

Beni burada bırakın ağlamadan
Duayı dönüşte iki rekat rakıyla yapın
Rakıda filizlenen böceği okşayın anmak için
İçinizde çalan sirenlere uysun adımlarınız
Durmayın secdeniz sevişmek olsun
Sevişirken aklınıza ben mi geliyorum
Anılarım size afiyet olsun

Sayın ki oyulmuş dalsız yapraksız bir ağacım
Böceklerin uğultusu hiçliğin müziği olsun
Beni başı sonu yok bir deniz gibi düşünün
Bir aydınlıkta yüzen bir gemi gibi düşünün
Tanrı konuşursa cevabım bir onadır
Bir ona kulak veririm bu karanlıkta
Tutarsam bir onun elini tutarım
O silebilir yalnız günümü gecemi gözlerimin önünden
Tabi gözlerim kalmışsa


Metin Cengiz: poeta e scrittore nato il 3 maggio 1953 a Göle/Kars (ora Ardahan). Ha frequentato la Göle primary School (1964), la Kars Alparslan High School (1972), e si è laureato alla Erzzurum Atatürk Universty, Schools of Basic Sciences and Foreign Languages, Departement of French (1977). Durante i suoi anni all'università, per un breve periodo, ha lavorato come ufficiale civile all'Istituto Statale di Statistiche(1973). È stato arrestato varie volte per aver pubblicato riviste politiche e partecipato ad azioni illegali. Ha lavorato come insegnante di francese alle scuole superiori di Erzurum (1977-78), Posof (1977-78), Kars (1977-80), Artova (1980-83), İstanbul (1983-87) e Muş (1987). Nel frattempo ha completato i suoi studi alla Marmara Universty, Dipartimento di Francese.
Dopo il golpe militare del 12 settembre 1980, fu imprigionato per due anni in base all'articolo 141 del Codice Penale Turco. Durante i suoi anni di insegnamento fu mandato due volte in esilio e sospeso dal lavoro. Dopo aver lavorato come insegnante a Muþ, ha dato le dimissioni ed è tornato a Istambul dove cominciò a lavorare come correttore di bozze, editore e traduttore presso case editrici. Riprese l'insegnamento dopo il 1993 e si è poi ritirato nel 2002. Oltre al suo lavoro di traduttore ha scritto numerosi articoli sui problemi della poesia nelle riviste Hurriyet Gösteri, Varlık e in numerosi giornali. Nel 2005, insieme ad alcuni amici ha fondato la Şiirden Publishing House per pubblicare poesie ed articoli sui problemi della poesia.
Il suo primo articolo intitolato "Nasıl Şiir" (Che genere di poesia) fu pubblicato sul quotidiano Demokrat, ed altri articoli nelle riviste Broy, Varlık, Adam Sanat, Edebiyat ve Eleştiri, Bahçe (Antalya), Düşün, Yasakmeyve, Parantez, Şiiri Özlüyorum Niğde), Ötekisiz, Şiir Oku, Şiir Odası, Mor Taka (Trabzon), Pitoresk e Yazko Edebiyat. Ha preparato e presentato un programma televisivo intitolato “Şiir ve Resim” (Poesia e Pittura) alla Karadeniz TV nel 1988. Ha ricevuto il Behçet Necatigil Poetry Award nel 1966 con il suo libro intitolato "Şarkılar Kitabı" (Il Libro dei Canti). È membro del Sindacato degli Scrittori Turco, dell'Associazione PEN Writers e dell'Associazione degli Autori Turchi.
Ha elaborato una poesia che trae vantaggio dalla traduzione sfidandola, che riflette le realtà del mondo moderno e che cerca di elaborarle insieme alle realtà della vita e con il suo mondo di emozioni all'interno dell'integrità della sua personalità. Già noto per i suoi articoli sulla poesia fin da giovane, il poeta è diventato uno dei pionieri del periodo post 1980, con i suoi articoli teoricie le discussioni sullapoesia. Alcuni di questi articoli sono stati pubblicati in un libro con il titolo Şiirin Gücü (Il Potere della Poesia, 1993).

Nel 2007 ha preso parte agli Incontri internazionali di poesia di Sarajevo e nel 2010 a "La poesia resistente! Napolipoesia".

Traduzione: Raffaella Marzano
Contatti: Metin Cengiz pagina facebook
Wikipedia turco: Metin Cengiz

Poul Lynggaard Damgaard per la Giornata mondiale della Poesia 2021


1. LA DISTANZA DEL SILENZIO

Nessuna voce per le strade
talvolta
un suono.

Questo lungo tempo
eccelle
per così dire come il più solitario dei tempi.

Questo silenzio l’ho vissuto prima
questa è la mia vita quotidiana adesso.

Non ho mai salutato nessuno,
quando qualcun altro mi avvicina.
Posso ascoltare, ma in realtà
non sono io quello con cui parli.

La città ha perso ritmo,
che io indosso delicatamente.
La porta obliqua fra le mie mani.
Una scatola piena di vita
dove i bambini
si aggrappano a stretti legami.

Mi appari difronte
come fatto naturale.

traduzione dall’inglese di Beppe Costa


1. STILHEDENS AFSTAND

Jeg har ikke ord for gaderne,
der med mellemrum
giver lyd fra sig.

Denne tid
toner frem
som var det
den mest ensomme tid.

Denne tavshed har jeg oplevet før,
og den er nu min hverdag.
Jeg har aldrig hilst på nogen,
når en anden løber gennem mig.
Jeg må lytte, men det er i virkeligheden
ikke mig du taler til.

Byen har tabt sin puls,
og jeg bærer den varsomt.
Døråbningen i mine hænder står på hæld.
En æske fuld af liv,
hvor børnene
holder fast
i deres nære bånd.

Du stiller dig ind foran mig
med den største selvfølgelighed.

THE DISTANCE OF SILENCE

I have no words for the streets
which from time to time
give a sound.

This period of time
emerges
as it were the most lonely of times.

This silence I have experienced before
and this is my everyday life now.

I have never greeted anyone,
when someone else runs through me.
I may listen, but in reality
I am not the one you speak to.

The city has lost its pulse,
and I wear it gently.
The leaning doorway in my hands.
A box full of life
where the children
hold on to close ties.

You place yourself in front of me
as a matter of course.

DISTANCA E HESHTJES

Asnjë zë nëpër rrugë
ndonjëherë
një tingull.

Kjo kohë e gjatë
shkëlqen
si të ishte më e vetmuara e kohëve.

Këtë heshtje e kam jetuar më parë
kjo është jeta ime e përditshme tani.

Nuk kam përshëndetur kurrë askënd,
kur dikush tjetër më afrohet.
Mund ta dëgjoj, por në të vërtetë
nuk jam unë ai me të cilin flet.

Qyteti ka humbur ritmin,
që unë vesh me delikatesë.
Dera e pjerrët në duart e mia.
Një kuti plot jetë
ku fëmijët
kapen në lidhje të ngushta.

Më shfaqesh përballë
si një fakt i natyr

da Uniforme figurativo

2. COPERTA CON FIGURE NELL’ANGOLO

Grandi tele trasportate con cautela
nel palazzo dell’arte             
e dietro una scultura in fondo al camion si nutre un cane.

Una coperta 
con figure copre l’angolo. Tutto
sarà portato
ma non tutto sarà preso.

Al margine di un campo                    
i lupi sono ombre                       
sul traffico                                   
sotto gli alberi.

HJØRNETÆPPETS FIGURER

De store lærreder bæres forsigtigt
ind i kunstbygningen, og længst inde
i lastbilen fodres en hund bag en skulptur.

Hjørnet er dækket til af et tæppe
med figurer. Alt bliver fragtet,
men ikke alt hentes.

Yderst på en mark
er ulvene skygger
over trafikken under træerne.

BLANKET WITH FIGURES IN THE CORNER

The large canvases are carried carefully
into the art building, right at the back
of the truck, a dog is fed behind a sculpture.

A blanket with figures covers the corner
Everything will be brought,
but not everything will be collected.

At the edge of a field
wolves are shadows
above the traffic under the trees.


MBULESË ME FIGURA NË CEP

Pëlhura të mëdha të transportuara me kujdes në pallatin e artit
dhe prapa një skulpture në fund
të kamionit ushqehet një qen .

Një mbulesë
me figura mbulon cepin. Gjithçka
do të sillet
por jo të gjitha do të merren.

Në anë të një fushe
ujqërit janë hije
në trafikun
poshtë pemëve.

3. ROTTE DI PORCELLANA  

Secco come un pesce sulla terra    
uno spago lungo il tempo     
e nelle immagini appese le crepe,
premurosi i nostri atti 
quando i cani erano ovunque       
e non potevano più abbaiare.

La scia della nave      
un’indicazione     
per pubbliche  
lettere.

PORCELÆNSRUTER 

En snor gennem tiden tør som en fisk på land,
og sprækkerne i de ophængte billeder
er opmærksomt det vi gjorde,
når hundene var over alt,
og ikke længere kunne gø.

Skibets kølvand
en betegnelse
for offentlige
breve.

PORCELAIN ROUTES

A string through time dry like a fish on land,
and the cracks in the suspended images
is what we did carefully,
when dogs were everywhere                                                                                                                         and they couldn't bark anymore.

The ship's wake
is an indication
for public
letters.

RRUGËT E PORCELANIT

Thatë si një peshk mbi tokë
një spango përgjatë kohës
dhe në imazhe çarje të varura,
kujdeseshim për ato që bënim
kur qentë ishin kudo
dhe nuk mund të lehnin më.
Gjurma e bardhë e anijes
një tregues
për letrat
publike.

4. MUTEVOLI COLORI IN CORRIDOIO

Si è aperto nella sua immaginazione  
a un corridoio con lampade accese,                 
dove i suoi passi secondo rituali                                                                                                                  rischiarano una fronte seducente.

Potevano vedere in altro spazio del paese 
trasferirsi l’anima                                                 
in locali variabili.

GANGENS VEKSLENDE FARVER

Han er åbnet op i egen forestilling
om en gang med tændte lamper,
hvor hans skridt gennem ritualer
lyser op i en lokkende pande.

De kunne se sjælen transporteret
ind i et andet byrums
skiftende lokaler.

CHANGING COLORS IN THE HALLWAY

He is opened up in his own notion
of a corridor with lit lamps,
where his steps through rituals
light up a seductive forehead.

They could see the soul transported
into the changing rooms
of another urban space.

NGJYRA TË NDRYSHUESHME NË KORRIDOR

U hap në imagjinatën e tij
në një korridor me llamba të ndezura,
ku hapat e tij sipas ritualesh
hodhën dritë mbi një ballë joshës.

Mund të shihnin në një hapsirë tjetër të vendit
të trasferohej shpirti
në locale të ndryshueshme

5. RUMORE PROFONDO

Cofani 
lungo una corda 
attraverso 
il paesaggio, 
le cui nascoste 
si affrettano 
attraverso la frase
con transitanti                 
nuvole nelle visiere 
poco sopra la terra.

DYB STØJ

Motorhjelme
på en snor
gennem
landskabet,
hvis skjulte
skikkelser
farer gennem
sætningen
med drivende
skyer i visirerne
et stykke over jorden.

DEEP NOISE

Helmets
on a string
through
the landscape,
whose hidden
figures
rush through
the
sentence
with drifting
clouds in the visors
just above the earth.

ZHURMË E THELLË

Baule
përgjatë një litari
nëpërmjet
peisazhit,
ku të fshehura
nxitojnë
përmes fjalisë
me kalim tranzit
re në vizierë
vetëm pak sipër tokës.

Traduzioni in italiano di Marco Caporali e Pia Henningsen
Traduzioni in inglese di: Rikke Kirchheiner
Traduzioni in albanese di Valbona Jakova

Poul Lynggaard Damgaard è un poeta danese nato il 24 dicembre 1977. Vive ad Aarhus, in Danimarca. È membro della Danish Authors Society e dal 2012 è collegato al Centro danese per scrittori e traduttori. Il suo lavoro appare in pubblicazioni e antologie in tutto il mondo. Ha partecipato a diversi Festival Internazionali di Poesia in Europa, e la sua poesia è stata tradotta in molte lingue diverse. 
Libri di poesia
"Boks Sepia", 2013, "Disk Habitat", 2014, "Stedets omvendte beklædning", 2015 "Uniforme figurativa",2016, "Vi bærer hinanden som frakker",2019, "Rejsens farver",2020. 
Festival Internazionale di Poesia 
" Ditët e Naimit", Edizione XXI, 2017+2020, Tetovë, Macedonia. 
"Orfeo", Festival Internazionale di Poesia di Orfeo, Plovdiv, Bulgaria, Edizione I, 2018
Festival Internazionale di Poesia, 5a edizione, 2019 a Rahovec, Kosovo. 
"StAnza", Scotlands International Poetry Festival, 2020. St. Andrews, Scozia

Poul Lynggaard Damgaard is a Danish poet born 24th of December, 1977. He is living in Aarhus, Denmark. He is a member of Danish Authors’ Society and since 2012 he has been connected to the Danish Centre for Writers and Translators. His work appears in publications and anthologies world wide. He has participated in several International Poetry Festivals in Europe, and his poetry has been translated to many different languages. 
Poetry Books
"Boks Sepia", 2013, "Disk Habitat", 2014, " Stedets omvendte beklædning", 2015                          "Figurativ uniform",2016, ”Vi bærer hinanden som frakker”,2019, “Rejsens farver”, 2020. 
International Poetry Festival ”Ditët e Naimit”, Edition XXI, 2017+2020, Tetovë, Macedonia.  ”Orpheus”, International Festival of Poetry of Orpheus, Plovdiv, Bulgaria, Edition I, 2018International Poetry Festival, 5th edition, 2019 in Rahovec, Kosovo. ”StAnza”, Scotlands International Poetry Festival, 2020. St. Andrews, Scotland

Poul Lynggaard Damgaard është një poet danez i lindur më 24 dhjetor 1977. Jeton në Aarhus, Danimarkë. Ai është një anëtar i Shoqatës Daneze të Autorëve (Danish Authors' Society) dhe që nga 2012 është i lidhur me Qendrën Daneze për Shkrimtarë dhe Përkthyes. Puna e tij shfaqet në botime dhe antologji në të gjithë botën. Ka marrë pjesë në disa Festivale Ndërkombëtare të Poezisë në Evropë dhe poezia e tij është përkthyer në shumë gjuhë të ndryshme.
Libra me poezi
"Boks Sepia", 2013, "Disk Habitat", 2014, "Stedets omvendte beklædning", 2015 "Uniforme figurativa", 2016, "Vi bærer hinanden som frakker", 2019, "Rejsens farver", 2020. Festivale Ndërkombëtare të Poezisë "Ditët e Naimit", Botimi XXI, 2017 + 2020, Tetovë, Maqedoni. "Orfeo", Festivali Ndërkombëtar i Poezisë së Orfeo, Plovdiv, Bullgari, Edicioni I, 2018
Festivali Ndërkombëtar i Poezisë, edicioni i 5-të, 2019 në Rahovec, Kosovë.
"StAnza", Festivali Ndërkombëtar i Poezisë , 2020. St. Andrews, Skoci

Tendo Taijin per la Giornata mondiale della Poesia 2021

1. UN'UNICA VERITÀ

In questo piccolo pianeta annacquato, quante persone
stanno cercando la verità e proseguono nella ricerca.
E c’è qualcuno tra loro che può dire:
“ogni verità che trovi non sarà la sola verità?”

Tutta la gente, ciascuno individualmente, da se stesso-
perché la verità di più di sei miliardi di persone
continua ad essere ignorata dal Paradiso,
mentre il tempo scivola semplicemente, morendo a se stesso?

A prescindere dal colore della pelle o etnia, facendo sparire 
i confini, sacrificando il profitto nazionale,
sebbene il progresso sia lento, camminiamo mano nella mano,
muovendosi lentamente in avanti- Chi sta impedendo questo?

Anche se il secolo cambia, la confusione persiste;
nonostante le divinità in cui crediamo nei nostri cuori, che noi continuiamo
ad invocare ad alta voce,
fame e conflitti non scompaiono
e in nessun luogo si può vedere la luce della speranza.

In questo mondo, sebbene ci siano più credi religiosi
rispetto al numero delle etnie,
se non riusciamo ad andare oltre i conflitti,
se non riusciamo a salvare vite dalla povertà,
quando la “Luce” della Verità potrà splendere?

Devo chiederlo? Quando sarà l’era della speranza?
Rimanendo dinnanzi a coloro che soffrono e muoiono ogni giorno,
può qualcuno salvarli con le armi o le parole?
Non è che una sola persona colui che chiede, il potere dello spirito di uno solo:

“Dove sono coloro che possono salvarci ora?”


一つの「真理」に

この小さな水の惑星の中、どれだけの人が
真理を求め、求め続け、
得られる真理は一つではない、と
誰が言う事が出来るのか?

       全ての人、一人一人が特別な、唯ひとりの人 
            なら何故、その六十数億の「真理」が、天から無視され続け、
刻は無為にただ過ぎてきたのか?

     皮膚の色、人種を超え、国境を消し去り、
          国益を犠牲にし、
          歩みが遅くとも、手と手とを携えて
進んで行く事を、誰が阻んで来たのか?

     世紀が替わっても混乱は続き、
          心の中に信じる神を、いくら強く敬い続けていても、
          飢えや争いは無くならず、
何処にも光明が見えて来ないのは、何故なのか?

この世に神の代理人が人種の数以上いながら、
あらゆる争い事を超え、
飢餓からも、命を救えないのなら、
何処に真実の“光り”が輝いているのか?

訪れるであろうか?光明の刻は、
日々、飢え、死ぬ者たちを前に、武器や言葉で救えるのか?
問われているのはひとり、独りの心の力。  

救える者は、今、何処におられるのか!


ON ONE KIND OF TRUTH
   

On this small watery planet, how many people
Are searching for the Truth, are continuing to search,
And is there anyone among them who can say
Any Truth you find will not be the only Truth”?

All people, each individually, alone, and by themselves-
Why does the “Truth” of more than 6.6billion people
continue to be ignored by Heaven,
While time slips idly by, simply passing away?

Transcending the color of skin or ethnicity, making borders disappear,
Sacrificing national profit,
Even though progress is slow, walking hand in hand,
Moving slowly forward- Who is preventing this?

Though the century changes, the confusion persists;
The gods we trust in our hearts-though we continue to praise them loudly,
Hunger and strife do not disappear,
And nowhere can the light of hope be seen. Why not?

In this world, though there are more representatives for gods
than the number of ethnicities,
If we cannot go beyond all conflict,
If we cannot save lives from hunger,
When “Light” of Truth can possibly shine?

Shall I ask it? When is the time of hope?
Standing before those who are starving and dying daily,
can anyone save them with weapons or words?
It is but a single person who asks, the power of the spirit of only one:

Where are they, those who can save us now?


      Translated by Stephen Comee

2. L’ISOLA DEI PROFUGHI

All’ interno di questa fangosa corrente pressante che avanza
Cosa viene portato via a forza dalla corrente?
E’ tuo? E’ mio? Di chi è?
Non appartiene a nessuno ma galleggia
assieme alla corrente, fuggendo…

Cosa pensavo se era tuo o mio
ci sono molti oggetti famigliari, case, macchine,
sospinti in ampi cumuli di rifiuto e ramaglia.

“Io li possedevo”.
“Credevo fossero miei”.
Ma queste cose e persino ciò che si possedeva
nello sguardo del pensiero meditativo, ritornò a Madre Terra.

Tutte le coincidenze, le relazioni della vita di ogni giorno, in un istante
si trasformarono in illusione.
Nessuno ci poteva credere inizialmente.

Voci ammonivano
che la linea costiera sarebbe stata cancellata
ma ora quello che veniva distrutto veramente
apparteneva a quelli che non avevano udito né creduto.

Se fosse solo una questione di fuga, il tempo risolverebbe
le cose, forse riportando ogni creazione al suo stadio iniziale.

Ma persino ora non siamo in grado di arrestare la crescita costante
di sostanze radioattive dai reattori di Fukushima
che continuano da soli ad accumularsi.

La decontaminazione è meno di un placebo.
E l’acqua contaminata che usciva persistente
dove scorrerà?

“Non possiamo ritornare ai nostri contaminati villaggi.
È terribile! Non possiamo supplire alla vita!”
Nessuno dice una cosa del genere. Nessuno può.

Queste piccole isole nell’Estremo Oriente che hanno
rifiutato di accettare i profughi da ogni parte del mondo
si sono trasformate in isole di rifugiati,
sebbene anche ora nessuno lo riconosce.

Se il picchiettio per il mondo è dato da queste piccole isole,
allora questo pianeta sta già morendo di una ferita grave.

Mantenendo il suo potere dalla Creazione,
questo magma del pianeta
talvolta esplode e soffia alla sua sommità,
immediatamente inghiottiti
ancora e sempre -
Un pericolo inespresso che continua a manifestarsi.

Quelli che vivono sulla superficie di questo pianeta,
proprio ora come vogliono,
continuano a distruggere la Natura.

Su questo pianeta d’acqua,
per quanto tempo ancora possiamo continuare
a vivere al sicuro?

Nessuno lo sa.

難民島に    

あの押し寄せる濁流のなか  
流されて行く物は   
あなたのもの 私のもの 誰かのもの     
誰でも無いものが   
連なって流れ 逃げ出している     

私のものあなたのものと思っていた 
沢山の家財や家や車は      
漂流するただの粗大ゴミ    

所有している
所有できると信じていた    
モノや土地は
瞬く間に 母なる大地に還った      .

日々の営みの絆が一瞬で    
幻と化したことを   .
誰もがすぐには信じられなかった   

すでにこの島の海岸線は消えている 
と警告していた者の聲は消され続けて来たが
本当に消されたのは 聞く耳を持たず     
見える世界だけを信じていた者たち 

ただの避難なら 時間が解決し     
元に戻ることも出来るかもしれない 

未だに止めることも出来ない
拡散し続けている福島原発の放射性物質は 
ただ累積していくだけ      

除染などただの気休め      
洗い流した汚染水は 
何処へ流れゆくのか 

汚染された故郷には二度と戻れない 
いやもう生活出来ないのだ  
と誰もが言わない 言えない .

世界から難民の受け入れを拒否してきた   
この極東の小さな島が     
難民島に変わったこと      
に いまだ誰も気がついてはいない 

もし世界の雛型が この東洋の小さな島なら
この世界はすでに瀕死の重傷

 
原始からの力を保つ 
この星のマグマは   
時折 癇癪玉を破裂させ   
瞬時に多くのモノを 
繰り返しくりかえし 
飲みこみ     -
無言の警告を発し続けてきた .

この星の地表に住む者たちは
今も好き勝手に     
自然を破壊しつづけている  

この水の惑星に     
我々はいつまで     
安全に住み続けられるのか  

もう誰にもわからないのだ   

REFUGEE ISLAND

Within the muddy current pressing forth
What is carried off by the fl
Is it yours? Is it mine? Whose is it ?
It belongs to no one, but loats
Together with the flow, escaping . . .

What I thought was yours or mine
Are many household goods, houses, cars
Large drifting lumps of refuse and trash.

 “I owned them.”
“I believed that they were mine!”
But those things and even the land
In the twinkling of an eye, returned to Mother Earth.

All the connections of day-to-day life, in an instant
Were transformed into an illusion.
Nobody could believe it at first.

The voices of those who warned that this island’s 
Coastline would be erased were themselves erased,
But now what was really erased are those who
Heard not and only believed what they could see.

If it was just a matter of escaping, time would solve
Things, maybe bringing everything back as before.

But even now we cannot stop the constant spread of
Radioactive substances from Fukushima’s reactors
that only continue to accumulate

Decontamination is nothing more than a placebo.
And the contaminated water that they spilled forth,
Where will it flow?

“We cannot return to our contaminated villages.
It’s awful! We can’t eke out a living!”
Nobody says such a thing. Nobody can.

These small islands in the Far East that have
Refused to accept refugees from around the world
Have transformed into islands of refugees,
Though until now   no one has recognized that.

If the patter for the world is these small islands,
Then this world is already dying from a grave wound.

Maintaining its power since Creation,
This planet’s magma
Sometimes   explodes and blows its top,
Instantly engulfing
Many
Over and over
A wordless warning that it continues to express.

Those that live upon the surface of this planet
Now just as they please
Continue to destroy Nature.

On this planet of water,
For how much longer can we continue
To live safely?

No one knows.

Translated by Stephen Comee


3. AD  AMMA, DIO GUARDIANO DELLA GENTE DI DOGON

Mi chiedo se si può aprire un varco  in questo  cielo azzurro e limpido -
Che cosa mai stava splendendo nell’antico firmamento?
Cosa poteva essere visto?

Qui gli occhi sommersi degli antenati,
senza parole come sempre,
dalla sommità della scogliera, vedono qualcosa che sembra essere sopravvissuto… 

Incoraggiato dai poeti camerunensi
quando fui invitato al centro di questo spazio aperto,
un chiaro invito  dal sistema stellare siriano.

Girando attorno, lontano nella distanza,
le case e la gente possono essere visti  come grani di riso,
prima gli occhi.

Gli Antenati siedono nel centro di alcune tribù che li circondano.
Questa è l’Africa, la repubblica di Mali,
la regione Sangha, Bandiagara, in cima alla scarpata
dove la gente di Dogon vive.

Recando strofe di legno da poeti che giungono da Roma,
con ginocchia legate, tre volte percuotono la lastra di pietra,
dal basso, come strisciando sulla terra,
le loro voci iniziano a risuonare.

Il mondo antico di Dogon ho imparato a conoscerlo
in “Pallida volpe” di  Marcel Griaule –
Questa è la gente di Dogon che avevo sognato di vedere.

Persino ora da qualche parte su questa terra,
può qualcosa essere ancora tramandato
riguardo  il sistema stellare di Sirius?

La voce di un poeta asiatico  -  chi?-  la sua voce continua a risuonare,
senza schiarirsi la gola, si gira verso gli antenati.

Ammirando  il loro Dio guardiano, Amma,
una raffica di vento fresco accarezza le sue guance.

Dov’è? Lui si gira attorno e subito invoca:
“Grande Spirito!”
“Grande Spirito!”
“Grande Spirito!” Tre volte offrendo la sua voce.

Tre anni più tardi,  un poeta Moroni che lo vide all’aeroporto di Dakar,
con un sorriso gentile, gli raccontò: “ A quel tempo, gli antenati di Dogon
perfettamente compresero ciò che avevi detto”.

Era un mondo in cui ciascuno poteva conversare con parole divine,
quando i linguaggi dalle terre lontane  potevano essere compresi con facilità,
come prima dell’era della Torre di Babele.


ドゴン族の神 -アンマへ―

突き抜けきることが出来るであろうか、この晴天を
古代の宙には何が映し出され、
何が見えていたのか

ここの長老たちの沈んだ瞳は
無言のまま
断崖の上から、何を見、続けて来たのか

カメルーンの詩人に促され、
この広場の中央にいざなわれる時、
シリウス星雲から届いた透明の招待状

振り向けば、遥か遠く
地上に家々や蠢く人々が、米粒のごとくに見え、
目の前には座った数人の長老たちを中心に、数十人の村人たちが取り囲む

ここはアフリカ・マリ共和国
サンガ地方・バンジャガラ断崖の上
に住むドゴン族

ローマからの詩人の手から木の杖を借り、
膝を折り、石板を三度、撃つ!
地を這う低い場から、

アーーーーーーーーーーーーーーーーーーーーと聲を撃ち始める

ここはあの夢にまで見たドゴン!
マルセル・グリオールの『青い狐』で、
知り得た古代ドゴンの世界

今もこの地の何処から
遥かシリウス星雲に
何かを伝えることが出来るのか

東洋からの詩人は聲を、唯、聲を撃ち込み続け
しわぶき、一つしない長老たちに向かって
この時とばかりに彼らの背後の神・アンマに向かって語り始めると
一陣の冷たい風が、頬に吹き付けられ
ここは何処と振り返る間もなく

「 キッキ マニトウ!」
「 キッキ マニトウ!」
「 キッキ マニトウ!」と三度、奉唱せり!

三年後、セネガル・ダカール空港に出迎えてくれたモロニの詩人が、微笑みながら「ドゴンの長老たちはテンドウの聲を、完璧に理解した」と教えてくれた

そこは遥か遠くコトバを自由に交わした「バベルの塔」以前
からの、神話が息づく世界だった。

TO AMMA, GUARDIAN GOD OF THE DOGON PEOPLE

I wonder if it can break through this clear blue sky—
Whatever was shining in the ancient firmament?
What was it that could be seen?

The sunken eyes of the elders here,
Wordless as ever,
From the top of a cliff, see something that seems to have survived. . . .

Encouraged by Cameroon poets
When I was invited into the center of this open space,
A transparent invitation arrived from the Sirian star system.

Turning around, way off in the distance,
Houses and wriggling people can be seen on the earth, like grains of rice,
Before the eyes, the elders sit in the center of a few dozen tribesmen who surround them.

This is Africa, the Republic of Mali,
The Sangha region, Bandiagara, atop the escarpment,
Where the Dogon people live.

Borrowing wooden staves from poets who had come from Rome,
With bended knees, three times they strike the stone slab,
From a low position, like crawling on the earth,
Their voices begin to resound: “A-a-a- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - a-h!

The ancient world of the Dogon I learned about
In Marcel Griaule’s Pale Fox—
These are the people I have dreamed of seeing—the Dogon!

Even now, somewhere upon this earth,
Can anything still be passed down
About the distant star system of Sirius?

The voice of an Asian poet—who?—his voice continues to resound,
Without a single clearing of his throat, he turns toward the elders—
As he turns this time to face their guardian god, Amma,
A gust of cool wind caresses his cheeks.
Where is this? He turns around and soon intones:

“Kitchee Manitou!”
“Kitchee Manitou!”
“Kitchee Manitou!” three times offering his voice.*

Three years later, a Moroni poet who saw him off at Senegal’s Dakar airport,
With a gentle smile, told him: “At that time, the Dogon elders
Perfectly comprehended what you said.”

It was a world in which one could converse in Divine words,
When languages from distant lands could be understood with ease, like 
before the time of the Tower of Babel.

*Kitchee Manitou, also spelled Kitchi-Manitou, is the Creator God of the Algonquian nations of North America. The Anishinaabe (Ojibwa or Chippewa) people, Longfellow’s source, spell it Gichi-Manidoo, and the term means “Great Spirit.”

  

Translated by Stephen Comee
on Mt. Koya, Japan’s sacred peak

traduzioni in italiano di Lorella Crivellaro

Tendo Taijin (Poeta, Reciter, Calligrafo) Nato nel 1944 nella città di Otaru, Giappone. Le sue raccolte pubblicate includono: A World of Illusion (1981), The Azure Ring of Ezra Pound (1995), Great God, Kitchee Manitou (1997), Rosso di Maggio (1999), The Wind of Dakar (2005), The Snow of Picos de Europa (2015) An Experiential Poem Psalw of Babylon (2020). Nel luglio 1990 ha frequentato un master con Galina Vishnevskaya a Salisburgo. Nel marzo 2002 ha tenuto una performance vocale solista all'Arena de Verona. Dall'ottobre 2006, ha prodotto 1.850 letture di poesia –un suo progetto di performance artistica intitolato "Projet La Voix des Poètes" a Tokyo, Membro dell'International Poetry Association of Africa dal 2000, attualmente è attivo nel riproporre letture di poesia, partecipando a festival in tutto il mondo: Argentina (Buenos Aires, Rosario); Bangladesh (Dacca); Benin (Cotonou); Colombia (Medellín); Cuba (L'Avana, Matanzas); Francia (Saint-Nazaire); Iran (Abadan, Teheran); Iraq (Babilonia, Baghdad); Italia (Genova, Firenze, Pistoia, Verona); Madagascar (Antanabarivo); Mali (Bamako, Dogon); Mauritius (Port Louis); Nuova Zelanda (Wellington); Portogallo (Aveiro); Riunione (Saint-Denis); Senegal (Dakar, Saint-Louis); Corea del Sud (Pyeongchang, Seoul); Svizzera (Zurigo); U.S.A. (Seattle, WA); Venezuela (Caracas); Kosova (Rahovec).etc. Dal 1990.ogni anno dà la voce al dio del mare al Santuario Watazumi (Nagasaki-ken). Attualmente è membro del Pen Club of Japan ed è rinomato in tutto il mondo come scrittore e recitatore di poesie, calligrafo e critico d'arte.

Tendo Taijin (Poet, Reciter, Calligrapher) Born in 1944 in Otaru-city, Japan. His published collections include: A World of Illusion (1981), The Azure Ring of Ezra Pound (1995), Great God, Kitchee Manitou (1997), Rosso di Maggio (1999), The Wind of Dakar (2005), The Snow of Picos de Europa(2015) An Experiential Poem Psalw of Babylon (2020). In July 1990, he attended a master class with Galina Vishnevskaya in Salzburg.In March 2002, he held a solo voice performance at the Arena de Verona, Italy. Since October 2006, he has produced 1,850 poetry performances in his Art performance project titled « Projet La Voix des Poètes » in Tokyo. A member of the International Poetry Association of Africa since 2000, at present he is active in reviving the recitation of poetry and participates in festivals around the world, in such places as: Argentina (Buenos Aires, Rosario); Bangladesh (Dhaka); Benin (Cotonou); Colombia (Medellín); Cuba (Havana, Matanzas); France (Saint-Nazaire); Iran (Abadan, Tehran); Iraq (Babylon, Baghdad); Italy (Genoa, Florence, Pistoia, Verona); Madagascar (Antanabarivo); Mali (Bamako, Dogon); Mauritius (Port Louis); New Zealand (Wellington); Portugal (Aveiro); Réunion (Saint-Denis); Senegal (Dakar, Saint-Louis); South Korea (Pyeongchang, Seoul); Switzerland (Zurich); U.S.A. (Seattle, WA); Venezuela (Caracas); Kosova(Rahovec) etc. Since 1990.each year he re-dedicates his voice to the god of the sea at Watazumi Shrine(Nagasaki-ken). He is presently a member of the Pen Club of Japan, and is renowned all over the world as a write and reciter of poetry, a calligrapher, and an art critic.