Beppe Costa
poeta ribelle (Luan Rama)
traduzioni: Valbona Jakova
traduzioni: Valbona Jakova
Beppe Costa è un
poeta che dice “ Io sono nato nei tempi del fascismo e mi pare che morirò in
tempi di fascismo”. Sembra contraddittorio per un italiano democratico, ma la
sua parola è disperante in un momento in cui l’estremismo di destra pare
riaffiorare. Il suo viso, e specialmente il suo corpo, testimoniano tutto il
dolore di chi aspira alla parità e alla pace sociale, ad un futuro equo
veicolato dalla libertà di pensiero. È un erede di Albert Camus, come possiamo
notare nel suo libro di poesie “Rosso, poesie d’amore e di rivolta”, è l'uomo che
si ribella, il poeta ribelle che sebbene fisicamente provato, sceglie la
militanza attiva non di facciata; viaggia, persino viene a passeggiare in Albania,
incontra e ascolta le storie delle nostre genti e della gioventù di questo
popolo, viaggia in autobus fino a Rahovec di Kossovo, dove il noto poeta
Fahredin B. Shehu ha organizzato il quinto incontro Internazionale dei poeti
dal mondo: America, Giappone, Irlanda, Slovenia, Albania, Bosnia e poeti del
Kossovo. Innanzitutto Beppe, questo siciliano che la moderna Italia del
dopoguerra ha vissuto, con i colori nero, rosso, rosa, verde, ecc., fondamentalmente
è un poeta umanista. Sempre contro la guerra, con una poesia che ha saputo descrivere
nei suoi versi le immagini di Pasolini e Fellini nello stesso tempo, di un’Italia
che si trova anche negli altri grandi poeti del dopoguerra. Ma Beppe è una voce
unica, distinta, originale, dove si intreccia il lirismo e il tragico, il profondo
contro l’oltraggio dei padroni del mondo che si fa grido contro ogni forma
violenza. Beppe è stato anche editore di noti autori di romanzi, filosofi,
drammaturghi e poeti europei. La sua casa editrice si chiama "Pellicanolibri" (i pellicani lirici
della sua poesia, pellicani di sogni e desideri). Mi racconta le sue amicizie
artistiche mentre bevo un vino rosso di Rahovec e lui un caffè, l’ha legato con
Fernando Arrabal, che successivamente accompagnò in molte città italiane, presentando
la sua grande opera percorrendo l’Italia dal nord al sud, raccogliendo consensi
e aiuti da artisti di spicco, come Monica Vitti. Ha anche pubblicato Alberto
Moravia, Gaston Bachelard, Manuel Vasquez Montalban, Naim Araidi, Dario
Bellezza, Arnoldo Foà, Anna Maria Ortese, Gisele Halimi, (opere di letteratura
realistica sino a quella magica) femminista "gay", dove si sente una
speciale simpatia per gli scrittori francesi e per la "Nuova onda"
dei cineasti francesi con Godart, Trouffaut, Chabrol e Romer, così cari a me.
Conversare con Beppe ti dà molto piacere, lui è come un vegliardo che racchiude
in sé tutto il sapere del mondo e che con intelligenza lo riversa con modestia
nella parola semplice. Ma quando sale sul palco o quando legge una poesia davanti
a noi, si trasforma: l’impulso della la sua forza espressiva ti rapisce, la
voce sembra non provenire dalla sua bocca ma da un altrove remoto, che è quello
del tempo quando non mente.
Insieme alla
poetessa Olimbi Velaj, lo accompagnato in diversi luoghi di Rahovec, prima a
Masjid (Teqe) Halveti, ai piedi della grande moschea della città, a quel
cortile di quattro secoli, dove vecchi padri avevano trovato un stele romana
con i grappoli d'uva, poiché fin dall'antichità, questo luogo produceva un'uva
meravigliosa. L'avevano trovata sottoterra e l'avevano messa all'ingresso del Teqe,
e accanto a lei anche una gigantesca anfora di vino, dove senza dubbio i
legionari di Cesare che seguivano Pompeo in quel tempo, verso Farsala, godevano
quel vino, così come viene assaggiato oggi, poiché le cantine di Rahovec
producono 50 milioni di litri di vino all'anno: bianco, rosso,
"rosato".
Proprio da quel cortile
vediamo il luogo dove prima del grande massacro di Rahovec, nella Grande Krusha
e Piccola Krusha, furono uccise più di 300 persone innocenti in un solo giorno,
il padre di Teqe fu ucciso per primo. Ma come si suol dire, i Padri di Teqe non
muoiono, anche se vengono uccisi. Quindi ci dirigiamo verso la Grande e Piccola Krusha. Verrai con noi a
Krusha? - dico io. - Certo! - dice lui con quella sua curiosità di conoscere il
Kossovo e la tragedia degli albanesi. I cimiteri delle persone uccise a Rahovec
sono scioccanti per lui, poiché per una famiglia come la famiglia Hoti c'erano
oltre 15 tombe bianche, la stessa cosa anche per la famiglia Ramadani ed altre.
Ci sono tombe in cui le date scritte accanto ai nomi sono dei vecchi di 85 anni
o bambini di età superiore ai dieci anni. Questi erano gli oppositori pacifici
contro l'esercito serbo, i papaveri esili del campo del Kosovo. E Beppe chiude
gli occhi! Mormora sottovoce tra sé! Chissà che parola dice, forse una
maledizione contro la stupidità umana, contro gli interessi di partito. E noi continuiamo,
in uno splendido tramonto con una luce dorata e ci fermiamo a casa di Ukshin
Hoti, con ancora le tracce della guerra, il tetto in fiamme, il busto nel
cortile, il melo piantato da lui e
nella semplicità di quell'uomo: le immagini di un grande figlio del Kosovo.
Beppe guarda le foto e poi si siede per rendere omaggio a questa tribuna della
libertà. Beppe scrive in italiano e deve lasciare quell’omaggio in albanese. Cammina
lentamente come se avesse la casa di Ukshin Hoti sulla schiena, come se avesse
sulla schiena un amore che trafigge quel delicato corpo fermandosi nel suo
cuore che batte ancora. Poi, di fronte alla moschea di Prizeren, si siede per prendere
il suo solito caffè e meditare, continuando a scrivere ancora i suoi versi. Il
sentiero in salita del castello non lo può fare, ah queste gambe, si dispera perché vuole arrivare là per incontrare le leggende
albanesi e i volti umani, vuole fissare sulla carta le parole di questa terra
martoriata. E così, seduto, ascolta la pacifica preghiera dei religiosi e
osserva la piazza così vivace con quelle belle ragazze molto moderne che contrasta
con la moschea, e poi al ritorno, poesia... leggiamo poesie ognuno a modo suo:
l’americano, questo erede di George Whiltman molto poetico e serio, il
giapponese Tendo è uno spettacolo a sé poiché
ti sembra di avere davanti un piece
teatrale di Kabuki, dove
l'attore urla e cade in intonazioni basse dove si ascolta solo il suo respiro;
Anne dall'Irlanda dialoga con i suoi genitori e le fotografie della memoria,
tutti leggono dal loro mondo nascosto, ora svelato per tutti noi.
Grazie a Fahredin, è un dialogo di poesia, culture, natura
dei popoli, diversi. Peter Andrej della Slovenia ha le sue canzoni nella
chitarra, poeta e compositore, che ci ricordano Cohen o Dylan, il poeta danese
Paul Lyndggard Damgaard è un bellissimo crepuscolo di castelli maestosi della Danimarca,
Ali Al Ameri ci racconta della "foresta che fa scende un arcobaleno / dai
rami sopra.../, l'israeliana Miriam Neiger-Fleischmann sulla "deportazione"
Sono un poeta esiliato nei campi del colore"... Ramiz Huremagic per le forme della morte, che portano le forme della
mia infanzia"; Olimbi Velaj per “i tempi delle campane perché” arriva il
tempo delle campane per i morti che sospirano sotto abiti neri e fiori secchi...”;
o Martinovski così allegro che non abbandona mai il suo ritornello anche quando
scrive poesie, poiché come dice lui stesso "quando tu te ne sei andato, io
all’improvvisamente mi trasformo in un girasole senza sole."
Beppe, l’uomo
ribelle, Camus lo sapeva che come lui c’erano poeti, scrittori e molti artisti da tutto il mondo che si erano
ribellati, poiché loro chiedevano di avere un mondo più umano, più generoso,
più solidale, più bello, più giusto, più progressista, più pacifico.
Questo è ciò che Beppe Costa ha nel cuore avvicinare i
popoli eliminare le disuguaglianze, accettare i diversi. Prendiamo la strada di
ritorno verso Rahovec non lontano dal fiume Drini e io leggo i versi di una
delle sue poesie: "Anche ora che la luna...".
Edhe tani që
hëna
ç’vlere ka nëse
keni qenë atje
ajo ishte
zhdukur tashmë.
Edhe tani që
hëna është këtu, ju ku jeni
Dhe unë pyes veten nëse yjet po luajnë me ju
si dhe ju edhe unë pyes ende veten nëse në tokë
ku me vullnet keni shkuar është e njëjta hënë dhe i
njëjti det
Edhe tani që hëna kthehet
nëse ndoshta kthehet, ajo do të kthehet ndryshe
ju nuk do të jeni më me mua,
hëna që s’ka dritë dhe yje në universet e shkuara,
unë shpesh kam menduar për ju
Por nuk gjej asnjë tjetër, më kot kërkoj
para se hëna të
kthehet, derisa ju nuk jeni këtu.
Ju nuk jeni më
dhe unë pyes veten
nëse hëna bën dredhi e luan me gënjeshtra,
apo ka
bashkëfajtorë ose tiranë dashurie,
hëna që nuk
është atje.
Ndërkohë që unë
këtu, jam ulur para pragut
ju shikoni një
tjetër qiell, një tjetër det
e hëna s’është
këtu
Ndërsa atje tej ekziston!