Luigi Paciello: Esisto dunque penso

La voce roca a volte sembre soffocata, ripete nell'incertezza del suo dire una due frasi poi, come preso da affanno si ferma ma subito riprende e un sorriso strano s'affaccia su un viso rotondo, poi lo guardi negli occhi e comprendi che essenzialmente è un poeta, chissà come sia finito lì, nel lavoro, nella vita di marito e padre mentre si danna per il desiderio di capire perché è necessario fumare, prendersela con quel pezzo di carta, così lontano dal bene del cuore (e della salute). Lui è Luigi Paciello, arrivato di corsa in pantaloncini, guardando in alto in un giorno di settembre per ritrovarmi, per una stretta di mano, un breve incontro, poi di corsa verso i suoi doveri che lo frantumano fra molti dubbi e quasi nulla certezze.

Unica cosa certa che ama la parola, quella semplice, come un abbraccio antico o uno sguardo con occhi lucidi. Ama la parola e mette in gioco se stesso fra dubbi dell'essere e/o dell'immaginario che potremmo e, questo, è palese in ogni riga, verso, poesia.
L'ineluttabile del misurarsi costantemente con ciò che ci insegnano e tutto il contrario del come vivere.
Per me in questi tempi di magra umanità, una "scoperta"! C'è molto da dire e conoscere ma credo che sia utile riportare la "voce" dell'Autore e ciò che con molta eleganza ha scritto il suo prefatore di questo suo primo libro di poesia: Esisto dunque penso, Giulio Di Maggio.

beppe costa

"L’obiettivo della mia introduzione alla silloge poetica è quello di avvicinare il lettore a prendere consapevolezza che la poesia e quindi il poeta, è l’elemento più “reale” della nostra vita.
Per avvicinarmi a questo impavido traguardo ho provato a immaginare la poesia come un processo generativo. Quindi come “la nascita di una vita”. La parola poesia deriva dal greco “poièo” (ποιέω) e in italiano significa “produrre, fare, costruire”, nel caso della scrittura, ovviamente, attraverso l’utilizzo delle parole.
Grazie a ciò, il suono, la metrica e il significato stesso di ciascuna parola genera un componimento, un’opera unica. Non serve essere “poeti” per scrivere versi, d’altronde la poesia è l’espressione più pura della nostra anima. E dato che l’essere umano, in quanto tale, è “possessore di un’anima”, tutti, in potenza, siamo in grado di generare poesie. Tuttavia, nonostante una “logica di ferro”, è evidente che la poesia è anche molto altro, ovvero: coscienza, sensibilità, consapevolezza e intelligenza Esisto dunque penso Di Carlo Edizioni emotiva. Senza dubbio queste quattro parole, spiegano bene “il senso del fare” del poeta e gli elementi caratterizzanti o per meglio intendere i segni distintivi della raccolta “de quo” presa in esame. La Coscienza è la facoltà immediata di avvertire, comprendere e valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino. Potremmo definirla una sorta di dote investigativa, ossia fonte primaria generatrice di domande.
E l’autore di questa silloge, a riguardo, se ne pone diverse: “verità”, “essere”, “giustizia”, “amore”, “esistenza”, “tristezza”, “preoccupazione” e tante altre ancora. A tali domande spesso non dà risposta alcuna, giacché rappresentano una voce interiore che squarcia la nostra realtà. «Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me» direbbe Kant...]"

Giulio Di Maggio
                            alcune poesie:

L’eternità

Rinascere ancora...

Chissà sotto quale forma;
e sopportare i limiti
che una pace eterna,
promette di portare via con sé.

Basterebbe forse un solo istante
fuori dalla carne,
per godersi quel secolo di vita
trascorsa dentro un’anima.

Lasciamo pure credere al fato
d’essere lui a decidere
chi di gioia vestirà l’esistenza.
E alla ragione,
concediamole la possibilità
di passeggiare allegramente
lungo le vie del dolore,
senza ribellarsi
all’indubbia sua saggezza.

O follia, quale colpa
ti si può attribuire
se abbiamo necessità di credere
a tutto quel che smuove
gambe stanche...

alla sfrontata ricerca del piacere.

L’uomo e la sua morale:
una foglia caduta
in primavera
che nessuna mano
oserà mai cogliere.

Giochi di ombre

Ombre di luci innescano suoni,
sordi lamenti di pace smarrita.

Rinnego la vita
se questo è il mio giorno,
che stanco s’arrende
a nuove emozioni.
 

Da tempo predico calma,
ma intanto m’invade
il pensiero indolente
che posseder tutto
non rende felici.

Sorrido alle lacrime
di un vecchio ricordo,
triste bisogno,
di un ultimo sogno.

Se esistere è piangere,

allora che fare?

Meglio burlarsi
del proprio dolore.

Giochi di ombre

a due passi dal mare:
un’onda promette
di prendersi tutto.

La promessa di cartone

Giuro che è l’ultima!

L’ultima dannata volta
che affido alla cenere
i miei pensieri.

Sono stufo...

Stanco di tutti i buoni propositi
e delle delusioni che si celano in essi.

Ci sarà pure un desiderio
ancora inespresso?

Dovesse avverarsi pazienza!
Per una volta sola fa niente.

Poggio un occhio sul mio vizio:
manca poco.

Doveva essere l’ultima.

Certo!

Ma quando non ho mai
deluso me stesso?

Sfilo dal pacchetto
l’ennesima “ora” in meno:
la guardo, mi sorride,
quindi la serro fra le labbra.

Giace mezza addormentata
attendendo la sua fine.

Le do fuoco dolcemente,
aspirando le sue pene.

Cessante oblio

Un brivido scuote le già tenui certezze:
sospiro che illude la carne,
arrogante virtù dell’inumano essere.

Estratti di antiche conoscenze
a riparo da ogni dubbio,
ormai destinate a perire dietro le quinte
di questo osceno spettacolo.

Dove tutti recitano una parte,
ma nessuno indossa
i panni del protagonista.

Credimi sciocco teatrante:
questa vita è fatta
solo di comparse!

Avrai ciò che desideri
solo quando il tempo,
burlandosi del tuo domani,
ti sussurrerà all'orecchio:
“Tieni pure il resto”.

Un’amara scoperta

Allora è questa la felicità?

La frigida essenza di un istante
che dribbla l’anima
e si schianta feroce
contro il primo senso di colpa!

Che idioti siamo!

Schiavi di un desiderio
che rigurgita un sorriso,
fatto solo per dimostrare
a chi ci ama
che siamo ancora vivi.

Vivi certo, come un sasso
che dal fondo di un fiume
maledice quella mano
che osa raccoglierlo ancora.

E morti, come un fiore
appena sbocciato e già colto,
che profuma di un’esistenza
fin troppo fragile.

Allora a che serve sorridere?
Quando su quell’altalena
non siederà più nessuno,
sarà comunque delle lacrime
che malediremo il sapore.

L’ottavo giorno

Non è una risata
a benedire l’avvento,
ma lacrime copiose
che sporcano di vita la terra.

Qui, dove per esistere,
bisogna trovarsi un posto
che non pretenda un domani,
sotto stelle affievolite
da quell’ottavo giorno:
l’unica salvezza ha gli occhi
spenti del prevaricato.

Un’alba sconosciuta
e orologi fermi,
le cui tentazioni inquiete
di cui nessuno parla,
sono sentieri fatti apposta
per chi non vuol sapere.

Fra tempo e spazio 

Quando l’amore finisce
non resta che aggrapparsi al desiderio.

E diveniamo spazi
troppo stretti,
per infilarci dentro
ciò che siamo.

Occhi spinti verso l’altrove
e un’unica caparbia volontà,
capace di rimanere in vita,
attendendo l’eterno riposo.

Non c’è tempo che possa brandire
mani costrette a indossare pugni.
Questione di pochi secondi!

Un colpo sul viso
e mille cuori infranti.

Dove sono?

Non una voce
si leva misericordiosa,
a redarguire il dubbio,
maledicendo ogni certezza.

Qui, dove tutto è niente,
forse m’illudo di esistere
solo perché d’inerzia sopravvive


Luigi Paciello, Foggia,1982, città dove attualmente risiede.
E-Commerce Manager, Social Media Manager e Brand Manager.
Nel 2010 ha pubblicato con Cicorivolta edizioni il primo romanzo: Appesi a un filo.
Ndel 2022, il secondo: L’altra metà del dubbio, (Porto Seguro editore).
Esisto dunque penso è la prima silloge poetica edita con Di Carlo Edizioni, 2022.

Olimbi Velaj: La felicità degli altri - Lumturia e të tjerëve

Il Centro Nazionale del Libro e della Lettura albanese comunica che il libro di Olimbi Velaj La felicità degli altri è finalista al Premio Nazionale di Letyteratura nella sezione poesia. Il libro è pubblicato in Italia da Pettorosso editore, in edizione originale albanese e tradotto in italiano da Valbona Jakova.

Isbn 978-88-98965-41-0, € 12.00

prefazione:

Come fosse la morte e l’amore l’unica compagna e i ricordi l’unica compagnia.

Quando la poesia diventa storia universale, cui è difficile sottrarsi. Ogni paese ha avuto la propria razione di tragedie, i propri conflitti e abbandoni.

A volte senza speranza le vicende sono state rimandate attraverso la poesia più che dalla storia, sempre partigiana a seconda del lato dove gli occhi scorrono le immagini.

I versi di Olimbi Velaj, più di altri, rappresentano il racconto della sconfitta, dell’assenza da qualsivoglia lato si voglia guardare. Senza rancore alcuno. Prevale il dolore non cieco semmai addolcito da una grande tenerezza che scorre da una pagina all’altra coinvolgendo il lettore:

 

È caduta anche questa notte

nella profondità delle leggende

come un suono d’acqua

nel buio è sprofondato il mondo

 

In guerra e in amore abbiamo perso tutti, conflitti senza medaglie e senza eroi. Perdendo l’amore che, a differenza delle macerie di strade e palazzi, non potranno più ricostruirsi,

Ma questo è un passaggio lento e costante nella memoria di chi ha visto. con occhi increduli, consumarsi la tragedia di lutti, di distruzioni quando neanche le stelle avevano il coraggio di apparire in cielo.

Fra i ricordi c’è appunto ampio spazio per la tenerezza:

 

Tra questi paesaggi poi mi delizio

perché più chiaro tu sei

quando non ti ho.

E mi muovo dentro me, lontana dagli altri

in alto e di lato e nell’aria

con pensieri oscillanti ed eccessiva immaginazione

 

Così appaiono momenti vissuti quasi con stupore, come brevi libertà acquisite malgrado noi. Basta così poco ed è già tanto.

 

Te lo ricordi

là c’era la sabbia

gialla come tutte le morti

e scivolosa

e noi costretti a camminare piano

e nello stesso spazio di tempo

altrove saremmo andati lontano…

 

Così la poesia trova, come a volte e raramente accade, quel contraltare fra amore e morte. Intense le pagine dell’uno e dell’altra, come filo logico l’Autrice tesse la trama della storia universale raccontata attraverso la propria esperienza. Non è mai oscuro il pensiero, privo di metafore vuote, spesso oggi utilizzate quando non si ha nulla da narrare o non si hanno le capacità per farlo senza cadere in populismi o retorica.

Ne è ben consapevole la Velaj, già giornalista e corrispondente di guerra, ma ancora sul campo a combattere stupidità e corruzione. Quest’ultima che affligge da gran tempo il suo paese (come tanti altri). Una lotta che sebbene non mostri segni visibili, viene vissuta con determinazione, a volte con rabbia, in un paese che negli anni ha visto vari tentativi per passare da una dittatura all’altra e a una finta democrazia, dove le lotte per il potere sono proseguite e proseguono a discapito di un popolo disarmato.

 

Di nuovo, come allora, il fumo si dissolve

nell’aria tremante

sul mio stupore senza verso…

forse sono giunta qui per cercare ricordi

nella silenziosa gioia del passato

dove l’amore fendeva come un pugnale[…]

e;

[…]Forse sono tornata qui

per amarti nuovamente

e per dirti che i tuoi occhi

non si spengono

durante tutti questi miei percorsi.

 

Le pagine scorrono come tappe e stanze nel percorso della memoria: non importa se l’amore sia stato breve, lungo o intenso. Importante il contrasto dei momenti così diversi vissuti da divenire quasi la vita presente. Raccontare del proprio passato in versi così limpidi e convincenti rende complice il lettore, consapevole che la poesia è l’unica arma possibile contro le brutture cui giornalmente assistiamo. In lei e spero anche nel lettore c’è la possibilità di rivivere il passato per risolversi nel presente. Nessuno ne è immune.

                                                                                                                            Beppe Costa

Parathënie     

Sikur të ishte vdekja dhe dashuria e vemja shoqe dhe kujtimet e vetmja shoqëri. Kur poezia bëhet histori universale pikërisht atëherë është e vështirë t’i shmangesh.

Çdo vend ka pasur hisen e vet të tragjedive, konfliktet dhe braktisjet e tij. Ndonjëherë pa shpresë, shumë shpesh ngjarjet janë shtyrë përmes poezisë më shumë se sa prej historisë, gjithmonë partizane në varësi të asaj ane nga ku sytë vëzhgojnë si rrjedhin imazhet. Vargjet e Olimbi Velajt, më shumë se të tjerët, përfaqësojnë historinë e humbjes, të mungesës nga çdo anë që do të dëshironit të hidhnit sytë.

Pa asnjë lloj mërie. Mbizotëron jo dhimbja e verbër, por ajo e ëmbëlsuara nga një butësi e madhe që rrjedh nga një faqe e librit në tjetrën duke e përfshirë dhe duke e bërë për vete lexuesin:

 

Ra edhe kjo natë

në fundin e legjendave

si një tingull uji

në terr u fundos bota

 

Në luftë dhe në dashuri kemi humbur të gjithë, konflikte pa medalje dhe pa heronj. Humbja e dashurisë, ndryshe nga rrënojat e rrugëve dhe pallateve, nuk ka më mundësi rindërtimi. Por ky është një pasazh i ngadalshëm dhe i vazhdueshëm në kujtesën e atyre që kanë parë me sy të pabesueshëm konsumimin e tragjedisë së zisë, të shkatërrimit, kur edhe yjet nuk kishin më guxim të shfaqeshin në qiell.

Përmes kujtimeve shpaloset një hapësirë e madhe të cilën e mbush me butësi:


Nëpër këto pamje këndellem më pas

sepse më qartë ti je

kur s’të kam

Dhe lëviz brenda vetes, larg të tjerëve

lart dhe anash dhe në ajër

me përmbajtje valore e tepri imagjinate

 

Në këtë mënyrë shfaqen momente të jetuara pothuajse me habi, si liritë e shkurtëra të fituara pavarësisht nga ne. Mjafton kaq pak që në fakt është shumë.

 

E mban mend

atje ka qenë rëra

e verdhë si të gjitha vdekjet

dhe e rrëshqitshme

dhe ne ecnim detyruar ngadalë

dhe në të njëjtën pjesë kohe

diku tjetër do kishim shkuar larg…

 

Kështu që poezia gjen, siç mund të ndodhë rrallëherë, një lloj kontrasti midis dashurisë dhe vdekjes. Intensive faqet e njërës dhe të tjerës, si një fill logjik. Autorja thur përmbajtjen e historisë universale duke e rrëfyer nëpërmjet përvojës së saj. Tek ajo nuk është asnjëherë i errët mendimi, i privuar nga metafora të zbrazëta, shpesh të përdorura sot kur nuk ka më asgjë për t’u treguar ose për faktin se nuk kanë aftësi për ta bërë atë pa rënë në populizëm, apo retorikë. Velaj është shumë e vetëdijshme, tashmë një gazetare dhe korrespondente e luftës, por ende sot në fushën e betejës për të luftuar marrëzi dhe korrupsione. Ky i fundit ka ndikuar negativisht në vendin e saj për një kohë të gjatë (si shumë të tjerë). Një luftë që, megjithëse nuk tregon shenja të dukshme, përjetohet me vendosmëri, nganjëherë me zemërim, në një vend që gjatë viteve ka parë përpjekje të ndryshme për të kaluar nga një diktaturë në tjetrën demokraci, të rreme, ku luftërat për pushtet kanë vazhduar dhe vazhdojnë në dëm të një populli të çarmatosur.

 

Përsëri, si atëherë, tymi hepohet

në ajrin e dridhshëm

mbi hutimin tim pa kahe…

Ndoshta erdha këtu për të gjetur kujtime

në gëzimin e heshtur të së shkuarës

ku dashuria si një kamë ngulej […]

dhe;

 

[…]Ndoshta kam ardhur këtu

për të të dashur prapë

dhe të të them se sytë e tu

nuk u shuan

në asnjë prej endjeve të mia

 

Faqet rrjedhin si etapa dhe dhoma në rrugën e kujtesës: nuk ka rëndësi nëse dashuria do të ishte e shkurtër, e gjatë, apo intensive. Mjaft i rëndësishëm kontrasti i momenteve kaq të ndryshëm të jetuar në një mënyrë të tillë, aq sa do të bëhen pothuajse jetë e pranishme. Rrëfimi i së kaluarës së saj në vargje kaq të qarta dhe bindëse e bën atë të bashkëpunojë me lexuesin, të vetëdijshëm se poezia është arma e vetme e mundshme kundër shëmtisë për të cilën dëshmojmë dhe të cilën e jetojmë çdo ditë. Tek ajo dhe shpresoj edhe tek lexuesi, ekziston mundësia për të rijetuar të kaluarën për të gjetur zgjidhjen në të tashmen. Askush nuk është imun.

Beppe Costa


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Uke Zenel Buçpapaj. La condizione del dolore

Premio Pellicanolibri alla carrieta 2023 per la Poesia e la traduzione 

HARMONY'S LIGHT

In fields of sorrow, flowers cease to bloom,

As war's cruel grip devours all in sight.

Let peace's song resound, dispelling gloom,

For harmony shall guide us towards the light.

 

 


War's bitter winds bring forth destruction's tide,

Leaving behind scars that time can't erase.

Let empathy and compassion be our guide,

And sow the seeds of peace in every place.

 

 


War's thunderous drums drown out cries for peace,

Yet deep within, humanity still yearns.

Let unity and love find their release,

And watch as swords transform to plowshares' turns.

In war's dark depths, innocence is lost,

The cost of conflict stains our very core.

Let understanding be our banner, tossed,

And heal the wounds that war has caused before.

LUCI DELL'ARMONIA

Nei campi del dolore, i fiori cessano di sbocciare,

Mentre la crudele stretta della guerra divora tutto ciò che vede.

Lascia risuonare la canzone della pace, dissipando l'oscurità,

Poiché l'armonia ci guiderà verso la luce.

 

I venti amari della guerra portano avanti l'onda della distruzione,

Lasciando cicatrici che il tempo non può cancellare.

Lascia che l'empatia e la compassione siano la nostra guida,

E diffondi semi della pace in ogni luogo.

 

I tamburi tonanti della guerra soffocano le grida di pace,

Eppure, nel profondo, l'umanità brama ancora.

Lascia che l'unità e l'amore trovino la loro liberazione,

E guarda come le spade si trasformano in aratri.

 

Nelle oscure profondità della guerra, si perde l'innocenza,

Il costo del conflitto macchia il nostro nucleo.

Lascia che la comprensione sia la nostra bandiera, sventolata,

E guarisci le ferite che la guerra ha causato in precedenza.


EMBERS OF COMPASSION

 

War's relentless fury breeds despair and pain,

Leaving behind shattered lives and dreams.

Let empathy and kindness be our main,

And bridge the gaps that war has torn, it seems.

 

 


War's fiery blaze consumes both land and soul,

Leaving behind ashes of broken trust.

Let compassion reign and hatred's flames control,

And turn the tides towards peace, fair and just.

BRACI DI COMPASSIONE

 

La furia implacabile della guerra genera disperazione e dolore,

Lasciando dietro di sé vite e sogni frantumati.

Che l'empatia e la gentilezza siano la nostra guida principale,

E colmino le lacune che la guerra sembra aver strappato.

 

La fiammeggiante ardente della guerra consuma sia la terra che l'anima,

Lasciando dietro di sé ceneri di fiducia infranta.

Che la compassione regni e controlli le fiamme dell'odio,

E inverta le maree verso una pace giusta ed equa.


BLOSSOMS OF PEACE

 

In war's cold embrace, love withers away,

And hope succumbs to the chaos and strife.

Let peace's gentle touch lead the way,

And bring an end to war's destructive life.

 

 

War's shadow looms, casting darkness on our days,

But love's resilient light can never be denied.

Let us unite, in peace's name, always,

And forge a world where swords are laid aside.

 

 

War's battlefield, a tragic stage of pain,

Where brothers and sisters turn to foes.

Let understanding and dialogue regain,

The chance for peace to flourish and to grow.

In war's wake, cries of anguish pierce the air,

As lives are shattered and dreams are lost.

Let compassion and forgiveness repair,

And break the cycle, no matter the cost.

FIORENTI DI PACE

 

Nel freddo abbraccio della guerra, l'amore appassisce,

E la speranza cede al caos e alle lotte.

Lascia che il tocco gentile della pace guidi la via,

E ponga fine alla vita distruttiva della guerra.

 

L'ombra della guerra incombe, gettando oscurità sui nostri giorni,

Ma la luce resistente dell'amore non può mai essere negata.

Uniamoci sempre nel nome della pace,

E forgiaremo un mondo in cui le spade sono deposte.

 

Il campo di battaglia della guerra, un tragico palcoscenico di dolore,

Dove fratelli e sorelle si trasformano in nemici.

Lascia che la comprensione e il dialogo riconquistino,

La possibilità per la pace di fiorire e crescere.

Nel risveglio della guerra, le grida di angoscia squarciano l'aria,

Mentre vite vengono frantumate e sogni perduti.

Lascia che la compassione e il perdono riparino,

E rompano il ciclo, a prescindere dal costo.


Ukë Zenel Buçpapaj (Tirana) Scrittore, poeta, traduttore e studioso albanese con un dottorato di ricerca in linguistica. Ha pubblicato diversi libri in patria e all’estero. Le sue traduzioni dall’inglese all’albanese includono opere di Walt Whitman, Emily Dickinson, Robert Frost, Thomas Stearns Eliot, Ezra Pound, William Butler Yeats, Ana Achmatova, Arthur Rimbaud, Octavio Paz, Seamus Heaney, Allen Ginsberg, Philip Larkin, John Ashbery, Mark Strand, Rita Dove, Lucille Clifton, Sylvia Plath, Wallace Stevens, Gerald Stern, Carolos Williams, E. E. Cummings, Robert Lowell, Rabindranath Tagore, Jalaluddin Rumi, Yehuda Amichai, Ronny Someck, Naim Araidi, Anne Michaels, Cecelia Ahern e Peter Carey, tra gli altri. Le sue traduzioni dall’albanese all’inglese sono apparse su “Denver Quarterly” (USA, 1994); “Seneca Review” (USA, 1995); “Modern Poetry in Translation” (Regno Unito, 1996); “Visions International” (USA, 1996 e 1997); “L’anno della poesia americana” (USA, 1997); “Grand Street” (USA, 1998); “Fence “(USA, 1999); “Erbacce” (Regno Unito, 2014), “Four Twenty-Five Anthology” (Booranga Writers’ Centre, Australia, 2014), per citarne solo alcuni.
Vincitore dell’International Poetry Contest (Visions - International, Washington, DC, 1996). Ha ottenuto i seguenti titoli: International Visitor (USA, 1992); Honorary Fellow in Creative Writing (Università
dell’Iowa, USA, 1992) e Fulbright Scholar (Università dell’Iowa, USA, 1993). Insegna attualmente Letteratura Comparata e Linguistica Contrastive presso l’Università di Tirana. Riceve nel 2023 il “Premio Pellicanolibri alla carriera”.

Ukë Zenel Buçpapaj, hailing from Tirana, is an esteemed Albanian writer, poet, translator, and scholar holding a Ph.D. in linguistics. He has published numerous books, both in Albania and abroad. His translations from English to Albanian encompass works of eminent poets and writers including Walt Whitman, Emily Dickinson, Robert Frost, T.S. Eliot, Ezra Pound, W.B. Yeats, Ana Achmatova, Arthur Rimbaud, Octavio Paz, Seamus Heaney, Allen Ginsberg, Philip Larkin, John Ashbery, Mark Strand, Rita Dove, Lucille Clifton, Sylvia Plath, Wallace Stevens, Gerald Stern, Carlos Williams, E.E. Cummings, Robert Lowell, Rabindranath Tagore, Jalaluddin Rumi, Yehuda Amichai, Ronny Someck, Naim Araidi, Anne Michaels, Cecelia Ahern, and Peter Carey, among others. His translations from Albanian to English have been featured in notable publications like “Denver Quarterly” (USA, 1994); “Seneca Review” (USA, 1995); “Modern Poetry in Translation” (UK, 1996); “Visions International” (USA, 1996 and 1997); “American Poetry Yearbook” (USA, 1997); “Grand Street” (USA, 1998); “Fence” (USA, 1999); “Erbacce” (UK, 2014); and the “Four Twenty-Five Anthology” (Booranga Writers’ Centre, Australia, 2014), to name just a few. He is the laureate of the International Poetry Contest (Visions International, Washington, DC, 1996). Buçpapaj has earned esteemed titles such as International Visitor (USA, 1992), Honorary Fellow in Creative Writing (University of Iowa, USA, 1992), and Fulbright Scholar (University of Iowa, USA, 1993). Currently, he imparts knowledge in Comparative Literature and Comparative Linguistics at the University of Tirana. In recognition of his illustrious contributions to literature, he was awarded the “Pellicanolibri Lifetime Achievement Award” in 2023.

Emanuela Maggini: alcune poesie

Emanuela vista da Mauro Barreras

C'è una sorta di mistero e una diversità nella poesia della Maggini, rispetto ai versi che normalmente mi capita di leggere di autrici di stessa età ed esperienze. Incide forse l’amore per la musica, straordinaria appassionata di tango, ne è anche “maestra” e insegnante.

Ma nei versi mantiene una sorta di pudore personale, come esporsi in questa moltitudine di poesie ricche di vuote metafore e versi che più che riscaldare congelano l’anima?

Non manca la sensualità e perfino la dolcezza del dolore nei distacchi, come rimanessero un continuum dove vivere - più che rivivere – ancora e sempre un amore.

Di lei mi appassiona la dignità, la riservatezza che si avverte nel leggerla, come d’un calore diffuso che sembra quasi non corrispondere a una certa fermezza o, se vogliamo, durezza nelle conversazione distaccate o nella perfezione della danza.

Che la poesia sia, come forse dev’essere, (ciascuno darà sempre risposte diverse) quella vita parallela che non viviamo o serve come difesa-rifugio d’un piccolo universo che c'è stato – forse -  intenso e, nel finire, si vuole quasi lasciare in sospeso, come fosse l'unica e l'ultima azione d’amore, di lotta, di destini.

In conclusione credo che scrivere sia anche  vivere e rivivere  sogni appena sfiorati o soltanto immaginati e qui mi fermo, come sempre, lasciandovi al piacere dei suoi testi, scelti fra tanti.

Mi lega a te

Un tramonto
un faro
un incontro
un abbraccio veloce
 
tanto sole
dune e vento
di scirocco
di parole
 
quel bacio perfetto
mi lega a te
come il punto più alto di un amore incompiuto
che non è esistito mai
 
rivedo ancora lo stesso orizzonte
lo stesso mare
di sempre
delirante
 
dove ogni anno
alzo gli occhi a un cielo estivo
luminoso e celeste
come il tutù delle ballerine di Degàs
 
così tutte le volte mi siedo e cerco
scenari nuovi
ma rivivo sempre quelli
lì, dove il cielo appare chiaro limpido splendente
troppo alto per me
 
intanto il tuo silenzio parla ancora
oggi più di ieri
mentre il cielo piano piano si scolora
si oscura
m’abbandona


Odorare d’amore
 
Variopinto è il fiore come calamita d’ape
la cui vista in primavera attirerai
il tuo odore stordirà i suoi sensi
ciclico mutare delle stagioni,
così il mio sole annuncerà
una pioggia di presagi buoni
col calore della sua impetuosa fiamma
a spargere l’aroma del desiderio
amore d’olfatto, arrivi dove non può lo sguardo
e la mano non tocca.
amore di autentico sentire, quando,
chiudendo gli occhi, 
ti priverai di quell’adorazione del corpo
che la vista confonde

inutile gioco di specchi
bagliore che accieca come allucinazione
bellezza di sguardi, effimere illusioni
diverso è annusare la fragranza della natura
essenza primordiale del tuo collo
che scivola come fluido e porta al ventre
cavità terrestre a sconquassare viscere
e moti dell’animo
dell’odore l’amore ci si sbronza
medesima desinenza di parole!
a volte accade e lo sguardo si sposa con l’olfatto
felice sodalizio dei sensi
dimostrando come il bello della vita sempre profuma
odore di mare sulla pelle
amore di fiuto, di tutto essenza
felino istinto a primavera, alchimia di fresco sentore
amore che sei semplice intuizione


Primo maggio in un caffè
 
chi l’avrebbe detto
di ritrovarmi qui
a casa tua
il primo maggio
racchiuso in un caffè
 
ascoltavo la pioggia
bagnare il roseto
davanti la finestra
 
eravamo in tre
ma non lo sai
tu
io
 
e
la vecchia
del palazzo di fronte
che osservava il suo dolore
schiudersi ad ogni goccia
 
aspettavamo tutti qualcosa
una tazza di caffè
l’arrivo del sole
chi un’ispirazione
 
anime belle
o forse no
dislocate
in tre spazi diversi
 
e mentre le tue mani al pianoforte
componevano
melodie indefinite
a dilatare il tempo
 
nell’inganno del momento
in quel quadretto
tu
io
e
la vecchia
siamo diventati arte


Restano solo fiori
 
(in memoria delle vittime della strage di Fidene)
 
Restano solo fiori
in fila
immobili
indifferenti
 
era una domenica assolata
di dicembre
era Il Posto Giusto
per riunirsi, per sparare
tra l’incredulità degli astanti
 
prima un colpo, poi un altro e boom…tutti giù per terra
rimasero sgomenti
corse voce in un istante
ed ecco i giornalisti
in un valzer di interviste
 
…fluivano i giorni, pieni e vuoti di coscienze
 
ma oggi nel Posto Giusto è un giorno nuovo
non ne parla più nessuno
non c’è più clamore, non c’è più rumore, non c’è più dolore, non c’è più niente!
 
restano solo fiori
in un deserto di emozioni
in fila
immobili
indifferenti
tra il silenzio dei passanti


Emanuela Maggini  è nata a Roma, coltiva sin dall’adolescenza la passione e lo studio per la danza, classica e moderna, per poi approdare al tango, la sua folgorazione.
Per cinque anni segue un training professionale col Maestro e
coreografo argentino Mauro Barreras che la sceglie come assistente nei corsi regolari della sua Accademia.
Negli anni diverse partecipazioni: “Tre piani” di N. Moretti, “La forza delle donne” di M. Brandi, “Amori e Passioni” di B. Costa dove si esibisce in un tango insieme al Maestro Barreras.
Dal 2010 per gioco e per diletto inizia a scrivere poesie: per iniziativa dell’Associazione culturale “Darmatan” ha pubblicato “Il padre di tutte le virtù” inserita nell’antologia poetica Una poesia nel cassetto (2010); “Tenero ricordo “confluita nella raccolta Diglielo al vento Donna in poesia (2011).
Qualche anno più tardi altri componimenti saranno pubblicati in una collana di poeti contemporanei intitolata Sentire (2014) e Luci sparse (2023) per iniziativa della casa editrice “Pagine”. Nel 2023 viene ospitata nel salotto del poeta e critico letterario Plinio Perilli; poco tempo dopo grazie a un amico in comune incontrerà il poeta, editore e scrittore Beppe Costa col quale avvierà una collaborazione: due video- poesie intitolate rispettivamente “Restano solo fiori” e “Primo maggio in un caffè” da lei scritte e interpretate dallo stesso Costa.
Nello stesso anno riesce a coniugare tango e poesia diventando curatrice dell’evento “Amori e Passioni” che vede la partecipazione straordinaria del musicista brasiliano Marcos Vinicius. Prende parte a un reading organizzato dal Comitato Promotore Parco della Cellulosa dove legge e interpreta alcune poesie di B. Costa. 
È laureata in Archeologia Classica alla “Sapienza” di Roma.