Evan Myquest; I sogni di Ernestino e altre poesie

 


Profumo d'umanità e voglia di giustizia nei versi di Evan. Quell'America democratica sferzata con ironia, dove sembra assente il senso del "pudore", quello stato democratico che non ha mai cessato guerre nelle terre altrui. Non manca lo sguardo tenero verso la rivoluzione sperata ma sempre mancata. (b.c,)


Scent of humanity and desire for justice in Evan's verses. That democratic America lashed with irony, where the sense of "modesty" seems absent, that democratic state that has never ceased wars in the lands of others. There is no lack of tender gaze towards the revolution hoped for but always missed. (b.c,)

Le scarpe (a jack hirschman)


I fiumi si stanno seccando in California
Cent'anni di siccità non vedono fine
Piccoli incendi si trasformano in conflagrazione di centinaia di migliaia di acri
E quando un super eroe viene chiamato
Scopriamo che si è spento per causa di una peste fatale
La California diffonde supereroi e guerrieri stellari in tutto il mondo
Tuttavia non riesce a trovarne uno per riempire quelle vecchie scarpe vuote
Migliaia di uomini e donne combattono gli incendi, ma nessuna poesia viene scritta
Anche i detenuti che cercano di ottenere uno sconto di pena
stanno dando il loro aiuto per combattere gli incendi
Non ci sono più i soccorritori incappucciati, ma solo detenuti coraggiosi e disperati

I californiani chiedono ai loro poeti di ritornare
Così si muovono in modo confuso e frenetico agli angoli delle strade di San Francisco
Le librerie nelle strade rimangono vuote
Gli amanti della poesia e gli scrittori piangono e si addolorano
Su ogni sezione di poesia della libreria c’è una ghirlanda nera
Tutti si riuniscono al caffé Trieste per il Memorial del superuomo
L'incredulità diffonde una paralisi dal Beat Museum

Ci sono fiori sul tavolo preferito del poeta
Ci sono cento giovani poeti di San Francisco
Che vogliono un provino per le sue scarpe grandi come gli alvei secchi dei laghi
I mantelli e i costumi sono a buon mercato
Ma le grandi opere della vecchia brigata di poeti di North Beach
Non sono più così facili da trovarsi
Inoltre i poeti di San Francisco sono privati dalla capacità di volare
Sembra che non siano solo mortali ma soprattutto generati dal computer
Forse ci sono poeti tra i detenuti vigili del fuoco coraggiosi e disperati
Poeti ospitati dal Dipartimento di Correzione e Riabilitazione della California
Che potranno prendere il posto del poeta nei cieli sopra la California
Quando gli incendi divampano e i fiumi e i laghi avranno bisogno di nuove fonti
Potrà mai San Francisco essere in grado di partorire un eroe tra loro,
che potrà camminare libero in quelle scarpe


Shoes (A Poem for Jack Hirschman)

Rivers are drying up in California
One hundred year drought sees no end
Small fires turn to hundred thousand acre conflagrations
And when we call for a super hero
We find he has passed from a fatal plague
California spreads super heroes and star warriors across the world
But cannot find one to fill those old empty shoes
Thousands of men and women fight the fires but write no poems today
Prisoners trying to catch a reduced sentence are also helping fight the fires
No caped rescuers today, only brave and desperate inmates
Californians demand their poets come home
They mill about on the street corners of San Francisco
The bookshops empty out into the streets
The poetry lovers and writers mourn and grieve
Every bookstore poetry section has a black wreath
All gather at the Trieste for the superman’s memorial
Disbelief abounds a block up from the Beat Museum

There are flowers placed on the poet’s favorite table
There are one hundred young San Francisco poets
Who want an audition for his shoes the size of dried lakebeds
Capes and costumes are cheap
Super deeds from the old North Beach poet brigade
Are not so easy to come by anymore
And the San Francisco poets cannot fly
It seems they are not only mortal but computer generated
Possibly there are poets among the brave and desperate firefighting inmates
Poets housed by the California State Department of Corrections
Who can take the poet’s place in the skies above California
When the fires blaze and the rivers and lakes need new sources
Can San Francisco birth a hero among them, walking free in those shoes


I sogni di Ernestino


“Il 14 mi hanno festeggiato… il fisarmonicista senza dita nella mano destra usava dei bastoncini legati al polso, il cantante era cieco…” Ernesto Guevara Lynch


Questo scrittore viaggia sui libri
Per programma televisivo
Per film
A volte con la bicicletta elettrica cinese
Molto spesso vaga nei sogni di vecchio

Pedalando per le ampie strade del suo villaggio recintato, lo scrittore assapora l'ovvio privilegio e vede...
l'inquietante immagine di nuove bandiere fasciste
I pericoli e I quasi pericoli della cultura Internet della camera eco elettica
Le delusioni dell’eccezionalità (USA! USA!) dalle scuole, dai politici e dai media
L'onnipresente malattia dell'adorato benessere dietro la recinzione, il muro e il cancello a quattro corsie
Dove fuggire oggi?
La sua bicicletta elettrica cinese si trasforma in una rumorosa motocicletta Norton 500cc del 1939, ed è il 1952
Sta andando via con il suo amico dei sogni "l'Uomo" Ernesto verso le città...
Le città - Chuquicamata sfollati visite e discussioni dei lavoratori nelle miniere di rame
Le città - Leticia Amazonas visita il lebbrosario della sponda opposta del fiume
Le città - su nessuna mappa ma nominate dalle loro amache e reti notturne
Le città - dove la manutenzione della motocicletta viene barattata con la consulenza medica
e promesse incredule
Le città - da Buenos Aires a Miramar, a Lima e Cuzco, a Bogotà
e Caracas, a Miami, e finalmente tornare al college

Gli animali che giravano sciolti per le strade mangiavano la cena successiva
Gli animali (forse giaguari neri) hanno fatto i bagagli e sono scappati di notte
Una zattera sull'Amazzonia ubriaca di pisco tipo gin
Il fango, i maiali della giungla, i grandi topi e sempre mosche e zanzare
Traghetti fluviali
Aereo merci
Distanza sognata
Distanza raggiunta
Visite mediche per studiare i lebbrosi
Le persone senza elettricità fanno amicizia a lume di candela
Vedere le piantagioni sguarniti di soldati sospettosi lontano dalle città
La poesia di Keats, Neruda e Whitman si diffuse e la filosofia marxista fu discussa
Economia e repressione dibattono senza fine con quell'amico del sogno, il "Che" argentino

La follia rise di tutto questo
A volte la morte vicina ma la vita ancora più vicina
Per programma televisivo
Per film
In bicicletta
I sogni di un vecchio


Dreams of Ernestino

“On the 14th they gave me a party…the accordion player with no fingers on his right hand used little sticks tied to his wrist, the singer was blind…” Ernesto Guevara Lynch

This writer travels by book
By television show
By movie
Sometimes by Chinese electric bicycle
Most often in viejo fugue dreams

Cycling around his gated village’s wide streets the writer tastes the obvious privilege and sees--
The disquieting discovery of new fascist flags
The dangers and near dangers of electric echo chamber internet culture
The delusions of (USA! USA!) exceptionalism from the schools, politicos, and media
The ever-present disease of adored affluence behind fence, wall and four-lane gate

Where to escape to today?
His Chinese electric bicycle turns into a loud 1939 500cc Norton motorcycle, it is 1952
He is riding away with his dream friend “the Man” Ernesto to the cities--
The cities—Chuquicamata displaced copper worker visits and discussions
The cities-- Leticia Amazonas visits to the opposite shore river leper colony
The cities—on no map but named from their night hammocks and nets
The cities—where motorcycle maintenance is bartered with medical advice
and unbelieved promises
The cities—from Buenos Aires to Miramar, to Lima and Cuzco, to Bogata
and Caracas, to Miami, y volver por fin a la universidad

The animals they motored around loose in the streets then ate next cena
The animals (maybe black jaguars) they packed up and ran from in the night

A raft on the Amazon drunk on gin-like pisco
The mud, the jungle pigs, the ratas grandes, and always the flies and mosquitoes
River ferries
Cargo plane

Distance dreamt
Distance accomplished
Medical visits to study leper colonies
People without electricity befriended by candle light
Seeing suspicious soldier guarded plantations away from the cities
Keats, Neruda and Whitman poetry spread and Marxist philosophy discussed
Economics and repression debated no end con eso amigo del sueño, el Argentino “Che”

The laughing insanity of it all
Close to death at times but ever closer to life always

By television show
By movie
By bicycle
By viejo dream





Fiori di carta e filo spinato

Gabbie al posto delle case
Gabbie invece di posti di lavoro
Gabbie al posto del tempo libero
Gabbie invece di partite di calcio
Gabbie invece di produzione
Gabbie al posto della chiesa
Gabbie invece di giochi di carte
Gabbie al posto delle scuole
Gabbie invece di sogni

Scappando dagli assassini
Scappando dalle bande
Scappando dai cartell
In esecuzione dalle ricerche
Scappando dai proiettili vaganti
Scappando dalle purghe
Scappando dai muri crivellati di proiettili
Scappando dal crollo civile
Scappando dal nascondiglio
E nessun posto dove andare se non un'altra gabbia

Paper Flowers and Razor Wire


Cages instead of homes
Cages instead of jobs
Cages instead of leisure time
Cages instead of soccer games
Cages instead of production
Cages instead of church
Cages instead of card games
Cages instead of schools
Cages instead of dreams

Running from assassins
Running from gangs
Running from cartels
Running from the searches
Running from the stray bullets
Running from the purges
Running from the bullet riddled walls
Running from the civil breakdown
Running from the hiding
And nowhere to go but another cage


Il desiderio

si strofinò la lampada
era il suo unico desiderio
con la dolcezza
adoperata dalla madre
tanto tempo fa

il genio ha spazzolato i capelli


the wish

she rubbed the lamp
wished her only wish
with the gentleness
her mother used
so long ago

the genie brushed her hair


Aspettando il buio

Nel buio della notte posso dirtelo sottovoce
offrendoti diamanti
Nel buio della notte gli animali che vanno a bere
sono sempre più vulnerabili
Nel buio della notte
Siamo tutti giovani leggeri l'uno per l'altro
e forse fortunati sconosciuti
alimentandoci con le nostre dita
senza l'idea di bastarci


Awaiting the dark meridian


In the dark of night I can tell you the beads
I am giving you are diamonds
In the dark of night the animals who come to drink
Are always most vulnerable
In the dark of night
We are whole young fresh beings to each other
And maybe lucky strangers
Feeding from our fingers
Without the idea of enough


Frammenti di notte

"Chi non ha paura del buio non ha immaginazione." Akiro Kurosawa


Voglio l'amore della notte
portare con me pezzi della notte
Bevendo da bottiglie piene della mia cantina
vedendo il fuoco della mia anima
Danzando salendo verso l'alto con l'oscurità
voglio indossare la dura l'armatura della notte

Ma nessuno comanda la notte
la notte governa tutto
poi abbandona tutto
elevandosi
nell’alba lenta

La musica indica che la notte appartiene agli innamorati
l'antico viaggio a orologeria della luna
che rapisce l'amata oscurità
Le speranze notturne diventano la prole cieca
di sogni ad occhi aperti


Night Shards

“He who is not afraid of the dark has no imagination.” Akiro Kurosawa

I want the night’s love
I want to carry pieces of the night with me
Drink it from rows of bottles from my cellar
And watch embers from my soul
Dance upward one with the darkness
I want to wear the hard armor of the night

But no one commands the night
The night rules all
And then abandons all
To the graduation
Of slow dawn

The music says the night belongs to lovers
The ancient clockwork journey of the moon
Is the kidnapper of beloved darkness
Night hopes become the blind offspring
Of daydreams


Evan Myquest, 73 anni, vive a Sacramento USA con Eva, moglie da 46 anni. Cresciuto nell'Illinois centro-settentrionale, ha lavorato in una fonderia, in un cementificio, in una fabbrica di mobili e in una catena di montaggi. Dopo essersi laureato alla Northern Illinois University, diventa dirigente finanziario presso un'azienda internazionale di trasporti espressi. Si è ritirato nel primo giorno utile all'età di 55 anni per scrivere. Le sue poesie si trovano insieme a L. Ferlinghetti, Jack Hirschman, Patti Smith, Leonard Cohen e altri poeti negli Stati Uniti. Nel 2013 viene proiettato un film documentario su di lui al Sacramento Crocker Art Museum. Sebbene non sia mai stato su un palcoscenico, molti poeti e attori hanno letto i suoi lavori. Il suo ultimo libro, Cold Blue Roses, è stato pubblicato da R.L. Crow Press. Sua moglie non gli ha mai permesso di guidare una moto! Fra gli ospiti fissi dei nostri incontri online. e, di conseguenza nelle antologie fin qui pubblicate da PellicanoCult

Evan Myquest, 73, lives in Sacramento USA with Eva, his wife of 46 years. Raised in North Central Illinois, he worked in a foundry, a cement mill, a cabinet factory, and on a transmission assembly line. After graduating Northern Illinois University, he became a financial executive at a world-wide express freight company. He retired on his first eligible day at 55 years of age to write poetry. His poetry can be found alongside L. Ferlinghetti, Jack Hirschman, Patti Smith, Leonard Cohen and other poets across the U.S. In 2013, a documentary film about him was shown at the Sacramento Crocker Art Museum. While he has never been on a poetry stage, many poets and actors have performed his work. His latest book, Cold Blue Roses, was published by R.L. Crow Press. His wife has never allowed him to drive a motorcycle. Among the regular guests of our online meetings. and, consequently, in the anthologies published so far by PellicanoCult

Ali Al Ameri: Quattro poesie




La grande tradizione della poesia araba quasi scompare nella scrittura di Ali Al Ameri, poeta palestinese sembra abbia acquisito, grazie a partecipazioni in molteplici Festival internazionali, una voce universale, partendo proprio dal nostro mediterraneo. Nei suoi versi scorrono immagini cinematografiche senza sosta, dove natura, sentimenti, vita si amalgamano a gran velocità. Leggerlo e come è capitato a me, di tradurlo, e stato un piacere assoluto.

1. Un'ombra

Una luna sulla sua ombra,
una nebbia sui loro passi,
sbircia negli specchi,
protegge alle spalle uno scialle di meteore,
non si distrae,
osserva verso le montagne
come vivace pernice sulle alture,
emana fascino
al centro di un rubino,
insegue frutteti di grano
e luna
la mia anima la segue fra le pietre,
nei fiori dilatati
in un fiume di parole.

Alberi sulla sua ombra,
music a che si mescola
all'acqua.
Un fiume sulla sua ombra,
trabocca
sopra il saluto del mattino.
Un cuore che batte sulla sua ombra,
ogni volta che mi specchio su di te,
affinché s’illumini la mano nella nebbia.

Nella sua ombra
la mia ombra dorme.


2. La casa del mirto

Servono sette passi,
affinché l'amante entri nella casa del mirto,
mi infilza col suo cielo ambiguo,
E io... mi illumino senza lampada.

Adesso
vicino a un elfo,
vicino alla pietra di un talismano,
sollevo la stella dell'amore
che balla sul fuoco,
Mi rabbuio
e mi allungo in un'eternità verde.
Entro nello specchio vulcanico,
perseguitato dal ritmo ascendente e discendente,
le donne sono il paradiso della delicatezza.

Fuoco di linea
che scorre
di
interesse
verso
l'ombelico,
fuoco di due corpi
trabocca la notte con due corpi,
solleva in alto il bicchiere.

Il bacio apre i continenti,
la mia mano è l'orgoglio del terremoto
un cielo in camera da letto,
una stella nella carezza,
un mistero nell'istante,
un disegno
in un sospiro,
la terra è specchio e futuro,
gli alberi calpestati nella savana
diventano verdi,
e un uccello appeso ai rami,
come in un sogno,
come se lo specchio fosse il sogno,
come se la stanza fosse il sogno,
fuoco, specchio elfo e la finestra della meteora
un sogno.

Ho chiesto alla donna:
Eravamo sulla terra?
Ha risposto: Non so.
Mentre ballo volo, vedo, sparisco,
divento cielo,
divento rugiada,
la mia anima è un fiume
le mie mani sono pianeti.


3. Un giardino

Ieri in giardino
sedevo su una sedia,
le farfalle pulsavano su fiori di luce,
i gigli tendevano ai lati come amuleti nell’aria,
diffondevano ombre lilla come seta di fanciulle,
dentro l’aria circolava nebbiolina come veste di pastori primigeni,
dove abbaglia la natura sopra una pietra d’astri,
e dentro l’acqua gioca come un bimbo che avvolge i fili del fulmine
attorno alla sua mano,
e rompe
un vasetto
o
schiaccia
un bottoncino
nel legno della porta.

Ieri, sedevo su una sedia del giardino,
qualche passero cadeva sull’idea della notte,
ero lì su una sedia di marmo,
tornando poi a casa
vidi
un orto
fluire
sopra
un quadro
alla parete.


4. Qualche parola

A volte
abbiamo bisogno di parole comuni
sul passeggio al mercato,
sopra i colori delle nostre vesti,
sulla musica che ascoltiamo
all’ora di fare il caffè,
necessitiamo
di qualche parola
sui fiori di camomilla
dietro i vetri della finestra bianca,
sull’acqua delle prime mescolanze,
se si purifica o si fa limacciosa.

Abbiamo bisogno di parole sulla nostra salute,
sugli amanti addormentati sotto i ponti,
sugli spazi che ci raggiungono o attraversiamo,
sul piacere fra gli alberi.
Abbiamo bisogno di parole fra due che crescono,
alle lingue abbiamo bisogno di passare sole,
abbiamo bisogno di un linguaggio
attento agli astri
su qualche cupola azzurra
che per i nomi apra la porta delle nebbie.

Ali Al Ameri è un poeta e pittore palestinese giordano. Attualmente direttore editoriale di Publisher Weekly, un'edizione araba pubblicata dalla Sharjah's Book Authority negli Emirati Arabi Uniti. È nato nel villaggio di Waqqas. Ha trascorso l’ infanzia nel villaggio di Qulaiat in Giordania.

Finiti gli studi ha lavorato come caporedattore per la cultura della rivista giordana "Arabs Today", successivamente su "El Golfo", quindi direttore del dipartimento di cultura e arte del quotidiano "The Emirates Today", a Dubai.

Ha pubblicato tre libri di poesie: Le mie intuizioni nel 1993, White Eclipse nel 1997 e Un hilo haunted nel 2012 ristampato nel 2014, e in edizione spagnola pubblicata da House of Poetry a San José, Costa Rica Ha pubblicato il suo quarto libro, "Ink Inscription" nel 2020, che include interviste con sette poeti. Ha anche pubblicato un’antologia di poesia dal titolo "Il libro delle intuizioni" 2021.

Sue poesie sono tradotte in inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, macedone, albanese e azero, tra cui una serie di antologie poetiche.

È membro del consiglio degli scrittori giordani, dell'Unione degli scrittori arabi, dell'Associazione dei giornalisti giordani, del Dubai Journalists Club e dell'IWA Bogdani.

traduzioni dallo spagnolo; Beppe Costa

Barbara Alberti: una voce sincera - Intervista

Barbara Alberti è autrice di una trentina di libri, appena pubblicato per i tipi di HerperCollins Amores, e, fra i più recenti: Il ritorno dei mariti, Letture da treno, Riprendetevi la faccia, Sonata a Tolstoj, Milano, Amore è il mese più crudele, Lezioni d'amore. Attualmente scrive su “Confidenze”.

Sceneggiatrice di molti film - fra i più noti Il portiere di Notte, Ernesto, La disobbedienza, Il maestro e Margherita - ma anche giornalista e ‘personaggio televisivo’, fra le voci più attente della cultura italiana. Senza peli sulla lingua né barriere.– Il 23 agosto di quest’anno, nel corso della splendida manifestazione “Liberevento”, le è stato consegnato il premio alla carriera istituito da Pellicanolibri.

Le foto sono di Dino Ignani

un momento della premiazione

Ripropongo questa intervista di qualche tempo poiché la trovo attualissima

D: Dove è finita la letteratura italiana?

R- La letteratura italiana sta benissimo. Molto meglio che nella mia gioventù. C'erano anche allora i grandi scrittori, come Parise e Calvino, c'era la voce evangelica e dissonante di Pasolini, poeta sempre, ma perlopiù vigeva una specie di trionfo della mediocrità, una scrittura da sette meno, senza grandezza. Secondo il mio sindacabilissimo giudizio. Mi dispiace fare i nomi perché molti sono morti, ne citerò solo due, che venivano considerati sommi, Bevilacqua, illeggibile salvo L'occhio del gatto, dove inaspettatamente si rivelava potente umorista e lo stesso Moravia, uomo geniale, grande gentiluomo e magnifico giornalista, ma la narrativa... Mi pareva inerte, troppo pensata, estranea - poesia, zero - e senza poesia non c'è prosa. Adoravo Elsa Morante, ma l'ho riletta tutta di recente... e solo il perfetto L'isola di Arturo mi ha convinto davvero. Quando uscirono gli scrittori  sudamericani (Borges, Bioy Casares, Marquez, Cortazar, Rulfo, Marquez, Donoso) ci buttammo a leggerli perché sebbene tradotti facevano rifulgere la lingua e riportavano la visione, il sogno.

Negli ultimi 20 anni è successo qualcosa. Ci sono scrittori formidabili, libri meravigliosi di cui ho imparato dei pezzi a memoria, per averli sempre con me. E sono una che non si informa: mi arrivano per caso, e mi planano sul tavolo dei capolavori (figuriamoci quanti può scoprirne chi segue davvero la letteratura).

Ne dico qualcuno: Io e lei di Fiamma Satta (Mondadori) - unico al mondo - chi l'ha letto lo sa; Storia umana della matematica di Chiara Valerio (Einaudi), un poema sulla scienza; Terremoto di Chiara Barzini, immenso; Lulù Délacroix di Isabella Santacroce, una festa della lingua e dell'immaginazione; Leggenda familiare di Michele Mari (e tutti, tutti i suoi libri, è un  maestro ineguagliato); Canale Mussolini di Antonio Pennacchi (Mondadori) - anche lui un gigante della narrazione e della lingua, che ha ridato un senso al Premio Strega; La trilogia dell'inumano di Massimiliano Parente, sgradevolissimo, bellissimo (La nave di Teseo); La battuta perfetta di Carlo D'Amicis (Minimumfax); Fra cielo e terra, biografia di Santa Francesca Cabrini di Lucetta Scaraffia; La fine della madre, della stessa autrice; Bambini di ferro di Viola Di Grado (La nave di Teseo), e i libri di Mariolina Venezia… per dire i più famosi, ma ce ne sono tanti, anche molto giovani, come Claudio di Biagio e Alessio Romano... finalmente ho la gioia di leggere pagine bellissime nella mia lingua (ai miei tempi dicevamo di leggere i grandi russi francesi e inglesi dell' '800, ma leggevamo in realtà i loro traduttori). E chissà quanti ce ne sono che mi sfuggono - è successo qualcosa, è come se la lingua italiana fosse stata riscoperta e reinventata, e molti romanzi sono creazioni, come Elena Stancanelli, Teresa Ciabatti, Alessandra Fiori... non posso nominarli tutti.

 D: la rete aiuta chi si improvvisa scrittore regista, musicista e poeta o ha finito col distruggere il linguaggio e i rapporti umani?

Ricordo di Antonino Caponnetto

Antonino Caponnetto è nato nel 1950 a Catania (Italia), dove ha vissuto, salvo una breve pausa romana, fino al 1980. Muore il 6 agosto 2022 a Mantova dove viveva dal 1981.

"In un periodo storico in cui parlando di poesia si fa metafora diretta all’acqua bollita, pensiamo di non sbagliare molto affermando che Il sogno necessario è anche -finalmente- la raccolta necessaria a ridare alla poesia ciò che le appartiene davvero. Una poetica quasi cinematografica che riesce ad allestire nella mente del lettore un preciso luogo, un preciso istante, una precisa emozione.
Gli eroi dei nostri giorni sembrano affannarsi per portare bandiere che non ci appartengono, così ci scopriamo tutti quanti antieroi pirandelliani in cerca di un qualche canone che differisca da una realtà che i più impavidi hanno il coraggio di rifiutare. Speriamo di dare il via, in questo modo, ad una ricerca di analisi sociale che sia in grado di destabilizzare, almeno un po’, questi nostri eroi scaduti". (b. c. . 2017 dalla copertina de Il sogno necessario.

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breve biografia:
Per l’Editore Campanotto, ha pubblicato due raccolte di poesie: Forme del mutamento (Udine, 1998) e La colpa del re (Udine, 2002). Per le Edizioni Kolibris, la silloge Miti per l’uomo solo (Bologna, 2009). Per l’Associazione Culturale Pellicano, Agonie della luce - Poesie 2012-2015 (Roma, 2015), Il sogno necessario (2017), Prima d'ogni altra cosa (2018).
Ha tradotto il poeta colombiano Fernando Rendón, Qual era la domanda? (Poesie 1986-2016), Pellicano, Roma, 2016. Con Pellicano ha collaborato per qualche tempo come curatore della collana poetica internazionale “Poetry by the Planet”. È stato ospite di vari festival poetici, come il Sirmio International Poetry Festival, il Festival internazionale di Poesia Virgilio, il Festival internazionale Ottobre in Poesia. Sue poesie sono state radiotrasmesse, altre sono apparse su riviste e antologie (le ultime: SignorNò, I dialetti nelle valli del Mondo, 2016), LiberAzione poEtica (2017), tutte con l’associazione Pellicano, Roma, e No Resignación (Poetas del mundo por la no violencia contra la mujer). “Antología de Salamanca, Ayuntamiento de Salamanca” (ES), 2016. Suoi testi poetici o interviste si possono leggere anche online attraverso vari link. Diversi sono i suoi contributi critici, spesso in forma di pre o postfazioni alle opere di giovani, meno giovani o ben noti poeti. Presso le Edizioni del Trito&Ritrito, sono apparse (in un numero limitato di copie destinate agli amici), quattro plaquettes: A che serve? (2001), Le chiare strade (2002), Contromovenze (2003) e Petits cahiers pour la douleur du pauvre (2005).

alcune poesie tratte da Il Sogno necessario – The Necessary Dream- Ass. Pellicano, 2017, ed. bilingue

Volge al tramonto il sole oltre le cime
nell’eco dei tuoi passi solitari
Altro suono altro ritmo non c’è stato
oggi nessuno scoppio nel tuo cuore
ma le notizie corrono e migliaia
sono quelli che fuggono lontano
dai luoghi che li videro bambini
In uno schianto di fucileria
la notte scende sopra la tua strada

*

The sun sets over the peaks
in the echo of your solitary steps
There has been no other sound no other rhythm
today nor bursting of your heart
but the news run and thousands
are those who flee far away
from the places that saw them kids
In a crash of fusillade
night falls over your road

***

Un anno prima della Grande Guerra 
sei già la tenutaria del bordello 
tra rue de Babylone e rue Vaneau

E c’è con te tua figlia, la più bella
fra le puttane della Casa - molti
le fanno omaggio di collane e rose

Nella sala d’attesa stanno a gruppi
le persone influenti, gli affaristi
Al portone dabbasso in lunghe file
clown, esuli, banditi, matti, artisti

*
A year before the Great War 
you are already the brothel’s mistress 
between rue de Babylone and rue Vaneau

And your daughter is with you, the most beautiful 
harlot of the House - many 
bring her necklaces and roses as present

In the waiting room groups 
of influential people, shrewd businessmen 
Downstairs at the door long lines 
of clowns, exiles, rogues, madmen, artists

***

Torno tra le tue braccia, Terra e Madre,
tutte le volte che di te io sogno.

Il mare che ti abbraccia e quel gran cielo,
il sole che ti bacia e quei colori,
nelle chiuse dell’anima conservo.
E con me li conduco, nel mondo ovunque sia,
ovunque a un uomo ancora batta il cuore.

Che sono diventato, ora? L’ambasciatore
della tua lingua e di quel sangue - tanto! -
dalle passate epoche al presente
che ancora ti colora imporporando
gli occhi l’anima in te, l’erba che cresce.

Sono stato io stesso, cresciuto poco a poco,
che diventato albero, ho scerpato
le mie radici stesse e t’ho lasciata.

Invece tu, mia Terra, non m’hai lasciato mai,
nei miei deserti m’hai accompagnato
e come un Cristo m’hai resuscitato.

Tutti i pensieri miei, il mio parlare,
tutto l’amore che potevo dare
nascevano da te, dal tuo amore.

Per questo torno alle tue braccia, Madre,
tutte le volte che di te io sogno.

*

I return to your arms, Land and Mother,
every time I dream of you.

The sea embracing you and that big sky,
the sun kissing you and those colors,
I hold in the sluices of the soul.
I bring them with me, wherever around the world,
Wherever a man’s heart still beats.

What have I become, now? The Ambassador
of your tongue, of that blood - so much! -
from the past time to the present
that still colors you, reddening the
eyes, the soul in you, the growing grass.

It’s been my very self growing, a little at a time,
into a tree, to have eradicated
my own roots, leaving you.

But you, my Land, have never left me,
accompanying me in my deserts,
resurrecting me as a Christ.

All my thoughts, all my words,
all the love I could give
were born from you, from your love.

This is why I return to your arms, Mother,
every time I dream of you.

***

Sembrava che la notte
fosse perfetta per prendere colpi
di sferza in piena faccia o per picchiare
a tradimento il tuo migliore amico
mentre l’ombra calava su ogni gesto
nascondendolo al mondo, ai suoi guardiani.

Sembrava che la notte
proteggesse il pastore ed il suo gregge.
Dava ricetto invece agli empi ai ladri
a belve in forma umana sempre cinte
da un’aura fascinosa di mistero.

Sembrava che la notte
permettesse perfino agli assassini
di sfuggire a rimorsi colpe accuse
pene esemplari mentre fra i paurosi
c’era chi se ne stava in covi bui

e chi nel fango si fingeva morto.

*

The night seemed
perfect to receive whiplashes
full in the face or to beat
your best friend by surprise
as the shadow descended on every gesture
hiding it from the world, from its watchmen.

The night seemed
to protect the shepherd and his herd.
While hosting the wicked and the thieves
beasts in human form always surrounded
by a charming aura of mystery.

The night seemed perfect
to allow even murderers
to escape remorse guilt accusations
exemplary punishments as among the cowards
there were those hiding in dark dens

and those in the mud pretending to be dead.

la foto è di Marco Cinque


La mia Notte Bianca pugliese

Neanche il tempo di placare le emozioni della presenza a Liberevento a Iglesias, in Sardegna, premiando Barbara Alberti (alla carriera), Nora Capomastro e Claressa Carbini (a giovani talenti), che il respiro della Poesia si è spostato in Puglia, a Molfetta e Giovinazzo, dove con grande sobrietà, leggerezza e talento si è svolta la Notte bianca della Poesia, organizzata dall’Accademia delle Culture e dei Pensieri del Mediterraneo (presieduta dall’affabile e infaticabile Nicola de Matteo), curata dal direttore artistico prof. Gianni Palumbo che con maestria, cultura e una certa dose di autoironia ha presentato le due serate che mi hanno visto coinvolto, non senza una forte emozione.

Un mare di poeti e artisti e, nella seconda notte di Giovinazzo, in 5 postazioni diverse dove, naturalmente non potevo essere presente. Ma se la rete serve a qualcosa – ed è dovuto – ho potuto ascoltare poeti degli altri incontri e associazioni, così come la voce calda d’un violino o la voce recitante di Elisa Baruccheri (di lei non posso dire, non sarei obiettivo, ma c’è la sua storia e la sua vita a parlare al posto mio). Così come, per la stessa ragione, non posso parlare del M° Vito Vittorio Desantis (ringraziarlo certamente sì!) che ha accompagnato le mie letture. Porto sempre molte poesie, scegliendo poi secondo gli occhi che vedo guardarmi.

Colpito senza dubbio – e fortemente – dalle giovani età del gruppo musicale dei Drillz che ha eseguito con estrema bravura brani complessi dei Queen, il complesso della Antica Barberia del Corso, quattro scalmanati senz’età con grande talento che ci hanno ricordato sempiterni brani di Aznavour, Chaplin e i celeberrimi Oci ciornie e l’arabo Hava Nagila e poi l’incanto della voce, delle scelte della quindicenne Denise De Giglio; vederla mentre eseguiva Caruso e guardare i suoi occhi dove era visibile il mare che descriveva: ci ricordava così un grande della lirica, un cantautore e come la passione in un giovanissimo possa creare tumulti alla mente, alla pancia e al cuore. E, a proposito della lirica, una eccezionale esecuzione di brani di Puccini e del (mio) Bellini da parte della soprano Marilena Gaudio, accompagnata al piano dal M° Emanuele Petruzzella. Non meno intensa l’altrettanto straordinaria esibizione di canti e cultura popolare da parte del duo Maria Moramarco (voce) e Luigi Bolognese (chitarra), parte del gruppo de Il Convivio dei Poeti di Onofrio Arpino.

Nessuna enfasi, nessuna retorica, nessuna politica d’intrallazzo (che spesso si affaccia approfittando di un palco e d’un microfono). Se si eccettua un breve intervento sulla poesia del sindaco di Giovinazzo Michele Sollecito (perfetto anche nel nome), sì può affermare con certezza che non è accaduto come al solito che, dopo le prime tre poesie, il pubblico si addormenti o parli d’altro, affatto! Dopo le prime tre vuoi ascoltarne altre cento, mille, all’infinito! Versi a sostegno di un mondo alla deriva rimangono l’unico salvagente possibile da utilizzare.

Questi alcuni dei meriti dovuti alla maestria di Nicola De Matteo che certamente non ha avuto il compito semplice di organizzare questa lunga kermesse poetica: la prima sera durata oltre quattro ore; della seconda non ho tenuto il conto. Dell’intenso e preparatissimo direttore artistico Gianni Palumbo, a tratti divertente nella figura solo all’apparenza dimessa, che ha tenuto stretto ogni poeta al pubblico attento e plaudente.

Certo qualche poeta si è mostrato ciò che è, scappando via dopo aver letto se stesso, ma diciamo che forse gli partiva il treno, e non c’è opera d’arte senza un difetto. Mentre gruppi a più grande distanza come quello di Interzona News,  guidato da Cosimo Rodia, da Taranto o i poeti dell’Associazione Matera Poesia, guidati da Maria D’Agostino, così come la gran parte, sono rimasti ad ascoltare fino alla fine e oltre, continuando nei giorni seguenti a ricordare ogni momento di una iniziativa forse irripetibile.

Come tassello aggiuntivo il cosiddetto poeta paninaro che ha concluso con Nicola, Gianni, Paolo Dinatale (factotum fra le quinte) e Vito Davoli (artefice e promotore  di questo mio indimenticabile incontro in Puglia), Michele Palmiotto, con una poesia tatuata al braccio sinistro che avrei avuto tanta voglia di leggere.

Questa in sintesi rimarrà nella memoria uno dei formidabili incontri umani e poetici più che mai (al di là dei versi) carico di sorrisi e colmo di abbracci. Grazie



Beppe Costa

Valbona Jakova: Tre poesie inedite


Seguo da tempo la poesia di Valbona Jakova, grande traduttrice e ottima poeta  e, confesso, pur non conoscendone la vita privata, la vedo riflettersi come in uno specchio nei versi e, da un libro all’altro, la maturazione stilistica avvenuta. Certamente la sua lunghissima esperienza come traduttrice dall’italiano all’albanese e viceversa ha prodotto nuove musicalità, ritmo e religiosità, abbandonando una certa staticità proprio della lingua madre.

Da qualche tempo decide di abbandonarla, anche se considerata una grande lingua, scrivendo esclusivamente in quella italiana, divenendo così molto più libera di continuare a spaziare su temi più intimi, non solo personali che, per ciò, riguardano un pubblico più vasto e, in poesia, questo è bene.

Lo scrivere, ma anche tradurre se stessi, non è per nulla semplice come non lo è, specie per una donna, scrivere di sé in piena libertà: abbiamo sempre qualcuno che ci spia, spesso il nostro stesso io.

Ciò premesso, in questa nuova raccolta, che ho il piacere di leggere in anteprima, ritrovo temi sociali (anche se già trattati in passato) rinnovati nel linguaggio e nello stile, dove finalmente l’identità del migrante viene superata e prevale quella dello scrittrice. 
Ciò che ci circonda appare con chiarezza: le solitudini soffocate negli occhi assenti di chi non vede, il male dell’esistere combattendo battaglie difficili da vincere, cercando, anche in chi ci guarda, una qualche verità che conforti, spingendoci a pensare che i propri dolori siano più visibili.

La stanchezza delle ore, le attese nella loro inutilità sono temi che accomunano i pensanti mortali, spesso ombre mobili che attraversano la nostra strada senza lasciar tracce né rumori. 
Credo e spero, in questa occasione, di dover augurare alla nuova raccolta, (ne offro un piccolo stralcio) l’augurio di venire presto alla luce.

Finestre

Che aria respiro
se mi sento svenire
in un limbo che nutre
l’anima con ombre
che si muovono nella mia testa
e scendono sui piedi
tronchi senza nervi,
inermi.

Vedo il tuo viso
oltre il vetro della distanza
e non capisco
quale tempo ti abbia incantato.

Ti tratto come inganno
perché intravedo
nella tua mente
l’oscura tana dei tuoi numeri
e calcoli fumanti
che inebriano gli occhi.

Non so poi come sei tramutato
in embrione, ma sento in pancia,
come nel grembo materno,
il lento piacere degli spasmi,
moto ondoso che trapassa aure
per piegare l’orgoglio delle rive.

Di una felicità mai decifrata
erano felici tutti i massi
della mia esistenza,
mentre tremavano in profondità…

La mia mente
divora tutto il mio essere
ma non si denuda.
Vedo sempre l’acqua
ma non la sorgente.

Sento sempre i suoni
sparsi nell’aria e da te
mi separa il vetro
di ogni distanza!

Mi richiama di tornare
il mio spirito
e io lo ascolto!

Prima di rientrare
scorgo ancora le stesse
ombre nere, furiose,
su tutte le squillanti
finestre… chiuse!

***

Ho chiesto

Ho chiesto: buio, sei il mio amore?
Ma il buio mi ha deriso.

Ho chiesto alla luna: sei tu amore?
Un tiepido sorriso è caduto giù.
Ho detto a un sasso, sei bello,
ma il torrente l’ha fatto sparire.

Ho chiesto alla mia terra: amami!
Ma la terra mi ha cacciata via.
Ho detto al ghiaccio: che meraviglia!
Una statua senza cuore mi rese il suo gelo.

Ho detto al sole: sono una viandante,
il sole mi ha scaldato di tanti raggi d’amore.
Ho chiesto all’amore: dove sei?
Mi ha aperto un cuore pieno di dolori.

***

Autunno

Spogliavano il tronco,
come le concubine
davanti a Re Sole, le foglie
della foresta, e lasciavano cadere
per terra i loro veli, che in autunno
si confondevano velocemente
con i rari colori del tramonto.

Al crepuscolo, veli e foglie stese,
diventavano tutte nero tappeto
aspettando il tuo passo audace.

Ti aveva strappato l’ombelico
uno spirito, e tu forse non sapevi
che aveva piantato i tuoi occhi
in ogni foglia caduta, in ogni tronco
della foresta, in ogni crepuscolo,
in ogni velo trasparente e ti chiamava
per vedere nuove apparizioni
spogliarsi nude,
a volte chimere gemelle,
e trapiantarle
in sagome di una tua memoria
che rimaneva nell’oggi, sempre,
come un’infanzia che non svanisce mai.

Così tu non sapevi passeggiare
nei giardini dello spirito,
non sapevi attraversare
i sentieri dell’anima,
non sapevi contare i passi
dell’attesa,
tu non sapevi respirare
l’unico fiato della montagna,
consacrata al vento,
non sapevi baciare il suo collo
scoperto al sole,
non volevi accarezzare la chioma
dei suoi pini.

Ti spaventava la secolare incendiaria
veemenza.

Ti specchiavi solo
nel riflesso seducente
delle casuali parole voragini,
buie…
belle come la notte!



Leggi altre poesie cliccando QUI e QUI

Questo invece è l'ultimo libro di Valbona (Gilgamesh, 2020), per acquistarlo clicca QUI
ISBN 978-88-6867-482-3, pp. 89,€ 12,00







Claudio Moica, Non scrivo poesie di domenica

 

ISBN 978-88-98965-33-5, € 9.00

Non solo Poesia, bensì anche una riflessione sullo scrivere versi e su se stesso. Il Poeta non si giustifica, non avanza pretese che non siano quelle che già sa chi, nello scrivere, trova la forza di sopravvivere e sopportare questo meraviglioso e terribile mondo costituito da violenza e umanità, amori e solitudini.

Con un ritmo leggero ma deciso segue come una partitura lo svolgere della settimana, dal lunedì al sabato, ubbidendo alla regola, rispettata da Dio e dal Poeta che la domenica non si lavora.

Anche se in alcuni paesi il Mestiere di Poeta o Scrittore non viene riconosciuto, spesso considerato un hobby come la pesca o la briscola, ci si ritrova qui in Non scrivo poesie di domenica, con tutti i drammi, ma anche le rare gioie che, spesso la cecità del velocista non sente e non vede. Con un andante ricco di visioni - attraverso le foto inserite nei testi -

Così scrive un amico di Claudio Moica Gudrun Leyendecker, centrando in breve il suono […Con l'orecchio musicale di mia madre, che era una meravigliosa pianista, ascolto la poesia non solo con il senso del significato, la percezione della scelta delle parole e le sensazioni dell'emozione, ma ricevo melodie da una poesia…].

Come sempre però lascio la parola all’Autore, ricordando la prima presentazione del libro presso l’ASP di Carbonia il 25 giugno.

L’abbraccio questa mia solitudine incompresa
da chi fruga tra i viottoli illuminati dal nulla
con l’arroganza di chi non ha mai mosso il tempo
e solo i morti ti restituiscono l’assenza di vita.

***

Mi sono nascosto nel centro
dell’essenza dove la luce è silenzio
mentre fuori da me risuona il buio
travestito da sorrisi a metà.
Poi mi protendo a toccare l’infinito
e risento i suoni dei respiri lenti
quelli affacciati nelle intenzioni
quando mi urgeva respirare per vivere.

E ora mi fa male ascoltare il tempo
diventato rumoroso e provocatorio
tanto che non sento più i miei passi
e a tentoni cerco l’uscita dal labirinto.

Ho congiunto anche le mani
ma non ricordo le preghiere
o forse non so pregare con le parole
quelle suggerite da un dio terreno.

Fermo il mio passo all’incrocio del dubbio
laddove il buio è il doppio degli anni trascorsi
e riprendo il cammino verso il raggio di verità
attento a non disturbare il vostro sonno.

***

Cosa mi racconterai quando la polvere cesserà
quando le insegne della città si spegneranno
e gli spazi bui saranno più profondi?

Cosa racconterai di noi e delle nostre dita leggere
quelle che sfioravano il tempo vigliacco
che sfidavano la notte grinzosa e fosca?

Ora che non abbiamo più un nome
ma solo vaghi accenni di parole
e per orientarci nello spazio oscuro
spiamo le briciole di luce.

Cosa ricorderai del nostro ignoto amore
forse di quando dimenticavi di abbracciarmi
o distrattamente scivolavi tra le stanze?

Cosa ricorderai di quei giorni persi a rincorrerci
dietro scrivanie disordinate e distributori di caffè
a elogiare vaghe promesse di eternità?

Ora che non possiamo sfuggire alle promesse fatte
ci nascondiamo tra cumuli di bugie perverse
a seppellire la ragione che ondeggia nell’aria
a far morire l’ultima speranza di vita.

***

Incontrarsi mentre la vita sta di lato
e aver più paura di vivere sottovoce
che morire avvolti da un cielo rosso
urlando che volare si può ma soltanto al buio.

***

In questo vento di ricordi
ho chinato il capo stanco
un po’ di pioggia ha spento i pensieri
e poi sei arrivata tu
ad asciugare queste parole inutili.

Prima di te solo sguardi leggeri
vaghe percezioni imperfette
in questo mio fuggire
dai nastri incastrati nella ruggine.

E ora tu a curarmi tra i passanti
a ripulire i dubbi e la paura
mentre la luna appesa ad un filo
sparge fragili fiori
su onde addormentate dal silenzio.

Puoi acquistare il libro sul sito dell'Editore, cliccando QUI e in tutte le librerie on-line


𝐏𝐨𝐞𝐬𝐢𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐍𝐨𝐭𝐭𝐞 (se manca la luna) 2022

diretta Zoom 13 giugno 2022

Incontro multilingue di poesia con gli Autori: 


𝐀𝐥𝐞𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐚 𝐓𝐫𝐞𝐯𝐢𝐬𝐚𝐧, 𝐀𝐥𝐟𝐫𝐞𝐝𝐨 𝐏é𝐫𝐞𝐳 𝐀𝐥𝐞𝐧𝐜𝐚𝐫𝐭,
𝐂𝐚𝐫𝐦𝐞𝐧 𝐏𝐚𝐥𝐨𝐦𝐨 𝐏𝐢𝐧𝐞𝐥, 𝐂𝐥𝐚𝐮𝐝𝐢𝐨 𝐌𝐨𝐢𝐜𝐚, 𝐂𝐫𝐢𝐬𝐭𝐢𝐧𝐚 𝐏𝐨𝐥𝐥𝐢,
𝐃𝐚𝐧𝐢𝐞𝐥𝐚 𝐃𝐚𝐧𝐭𝐞, 𝐄𝐫𝐚 𝐁𝐮ç𝐩𝐚𝐩𝐚𝐣, 𝐄𝐯𝐚𝐧 𝐌𝐲q𝐮𝐞𝐬𝐭, 𝐋𝐢𝐝𝐢𝐚 𝐏𝐨𝐩𝐚,
𝐋𝐮𝐜𝐢𝐚𝐧𝐧𝐚 𝐀𝐫𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢𝐧𝐨, 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐨 𝐂𝐢𝐧𝐪𝐮𝐞, 𝐌𝐚𝐫𝐭𝐚 𝐌𝐚𝐫𝐢𝐚 𝐂𝐚𝐦𝐩𝐨𝐫𝐞𝐚𝐥𝐞,
𝐍𝐢𝐤𝐨𝐥𝐥𝐞 𝐋𝐨𝐤𝐚, 𝐍𝐨𝐫𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐨𝐦𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨, 𝐎𝐥𝐢𝐦𝐛𝐢 𝐕𝐞𝐥𝐚𝐣, 𝐏𝐚𝐭𝐫𝐢𝐳𝐢𝐚 𝐍𝐢𝐳𝐳𝐨,
𝐏𝐨𝐮𝐥 𝐋𝐲𝐧𝐠𝐠𝐚𝐚𝐫𝐝 𝐃𝐚𝐦𝐠𝐚𝐚𝐫𝐝, 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭𝐚 𝐃𝐞 𝐓𝐨𝐦𝐢,
الشاعر سعيد ابو طبنجه (𝐒𝐚𝐢𝐝 𝐀𝐛𝐮 𝐓𝐚𝐛𝐚𝐧𝐣𝐚), 𝐒𝐚𝐫𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐨𝐜𝐜𝐢𝐨𝐧𝐢, 𝐒𝐢𝐦𝐨𝐧𝐞 𝐏𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐞,
𝐓𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐓𝐚𝐢𝐣𝐢𝐧, 𝐔𝐠𝐨 𝐌𝐚𝐠𝐧𝐚𝐧𝐭𝐢, 𝐔𝐤ë 𝐁𝐮ç𝐩𝐚p𝐚𝐣, 𝐕𝐚𝐥𝐛𝐨𝐧𝐚, 𝐕𝐢𝐭𝐨 𝐃𝐚𝐯𝐨𝐥𝐢 -

musica: 𝐍𝐨𝐭𝐭𝐞 di Beppe Costa eseguita dal M° 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐂𝐚𝐯𝐢𝐜𝐜𝐡𝐢𝐧𝐢

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#beppecostaincontri #pellicanocult #PellicanoLibri #movimientopoéticomundial




 

Cinzia Marulli: Autobiografia del silenzio

ISBN 978-88-9346-608-0 € 10.00

Ricevo il libro Autobiografia del silenzio di Cinzia Marulli: carico di dolori, coraggio e attualità - non potrebbe essere altrimenti visto che sempre di violenza subita si tratta, - in tempi ancora più bui quando la vergogna, spesso l’insulto e la gogna, ricadevano sulla vittima, non mai sui carnefici.

D’altro canto il coraggio citato dall’autrice che si rimprovera il silenzio, ha da contraltare con la vigliaccheria del violentatore. Ricordiamo che per la prima volta un processo fece in qualche modo giustizia grazie a Tina Lagostena Bassi (video RAI del 1979, Processo per stupro dell'anno prima celebrato a Latina) ma, certo, non cambiò nel nostro paese né nel mondo l’idea che, tutto sommato, è la donna a cercarsela. Ulteriori esempi di cecità sono cronaca di ogni giorno quando la violenza arriva al femminicidio.

Qui siamo difronte a poesia e prosa poetica onesta e attuale, questo richiede ancor più coraggio, molto più di una tempo di bambina, quando la confusione per l'accaduto può, anzi è, sempre ciò che incombe. Nei racconti, soprattutto di autori del nord Europa ci hanno abituati, anzi assuefatti alla violenza nella forma più ambigua della fiaba: impossibile non comprendere quando l'orco sia un personaggio perdente di fronte all'arrivo di un presunto principe: la violenza, quasi l'orrido, diventa naturale nei racconti di un tempo che forse non è ancora scaduto.

Questo piccolo volume diviene quindi, al di là, del verso o del racconto, uno strumento di forza per quel dolore cui molti non danno l'importanza che invece dovrebbe avere nel percorso dell'intera vita: chi lo prova, lo fa suo e ne diventa il portavoce di allarme globale. 
Ma adesso è giusto ascoltare la voce della Poesia:


Sono il mostro che ti prenderà
non puoi scappare bambina
non ci sono ripari nel bosco scuro

piangi le lacrime dell’innocenza
quella che non avrai più

dammi la tua oscena verginità.

*

I piedini della bambola con le scarpette rosse
nei vicoli quotidiani tra la scuola e la casa

salutare davanti alla bottega
l’uomo vecchio come un nonno

quel giorno le caramelle
avevano il sapore osceno dello stupro.

*

I giochi di notte tagliano i pensieri
l’aria immobile del terrore

qualcosa non va nello sguardo
della bambola
ha le lacrime rosse di sangue.

*

C’è sempre quella bambola
con i capelli lucidi di nylon
e le gambette sporche di tempo

ha ancora le braccia aperte
in attesa di un abbraccio
e il viso macchiato di paura

con un buco nell’occhio destro
per non vedere l’uomo nero

e una piccola sfera celeste in quello sinistro
per guardarsi fuggire nel sereno della morte.

*

Non c’era sapone - niente acqua -
per lavare via

l’ombra sudicia sulla pelle
la pelle impaurita dalla carezza
che ha il volto mostruoso di satana

ma la bambola le dimenticherà
quelle mani sporche
che l’hanno portata nel silenzio
interno delle costole

il suo biancore immenso
rende luce tra quel nero
e l’avvolge nel suo stesso bene
quel bene ha per combattere
e quella pura essenza di bambina

niente reggerà il peso del mondo
- atomi più grandi delle molecole -
ognuno trova poi il suo riparo
quel luogo sicuro e sacro dove
non sentire.

*

C’è stato un giorno
in cui la bambola si è risvegliata
viva

era un giorno di scuola
tra i banchi il suo compagno

il bacio appena accennato

di nuovo il terrore
di nuovo.

*

Quello che è stato è stato
il male è indietro

la vita ha vinto sulla vita
dall’interno la luce
ha dipinto di sole
la cicatrice

nessuno ha potuto offuscare
l’amore
quell’amore che cresce
nel mio grembo
e che ha il volto meraviglioso
del bene.

*

Può avvenire - ed è accaduto –
che l’orco cattivo esista davvero

non è brutto come ci raccontano

se incontra una bambola
allora è cattivo

e quella bambola (ve lo racconterò)
ero io

ma per poterne parlare
ha dovuto perdonare

ha dovuto imparare ad amare.


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Alessandra Trevisan: Le spalle al mare

Con Le spalle al mare Alessandra Trevisan affronta il tema dell’incontro con sé attraverso l’altro nel tentativo – sublime e (forse) riuscito – di ritrovare il noi, come si legge nella breve nota che introduce i testi: […Da qui, la sua poesia che trasmette un’idea di limpidezza, di azzurrità, di amore segue la “partitura” di una volontà inesausta di “circostanziare una nascita”, nella vita e nella scrittura…]. Un percorso che, disperatamente molti (me compreso, inutilmente) avrebbero voluto fare. Attenta studiosa di autori dimenticati, (questo ci ha fatto incontrare) soprattutto della scrittura femminile con diversi saggi che fanno luce sulle difficoltà delle donne di venire ascoltate e, quindi lette e pubblicate, dalla cultura che ci consegnano gli asserviti al potere imperante nelle maggiori case editrici.
Al contrario del poderoso e attento saggio Nel mio baule mentale, per una ricerca sugli inediti di Goliarda Sapienza, (Aracne 2020), nella sua poesia la parola appare distillata, essenziale, a volte si avvale d'un solo verso: "Se tendi all’uno estingui il simbolo". o due: "Ricostruire, rifare / la fila del mare".
Conoscendo da anni l’Autrice sono portato a pensare a un titolo simile, ma tanto diverso: Le spalle al muro, come riflesso di ciò cui prima accennavo. Lascia l’Università che, personalmente, vedo come muro, per ritrovare l'entusiasmo verso le passioni indispensabili cui crede, impegnandosi ancor più nella ricerca senza condizionamento alcuno, dando vita insieme a Viviana Fiorentino al collettivo “Le Ortique", continuando l’impegno come lyricist e musicista. La silloge edita nel 2021 è risultato della 6a edizione del Premio nazionale di poesia “Arcipelago Itaca”, Opera prima.
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di seguito alcune poesie

C’è davvero l’oltre-modo
l’oltretutto, l’oltre mondo e il dire
che sappiamo dove andiamo
a cerchio chiuso, insieme
con parole inzuppate di divenire.
Scelgo la scelta
come allora dicevo in quel
me che non più riconosco,
in questo noi che ora riluce
scelgo di venire a noi / di-venire.

*

Assorbo tutte le similitudini:
convergono dove ci sentiamo
esclusi, in un urlo salvo.
La memoria resta protesa con cifra
di rabdomante e voce di festa.

*

Persuadere il tempo
nella gloria intatta
di tutto l’andare
di sete e fame:
è ardore rivendicare,

*

Ho chiesto di tornare indietro
per ripartire l’origine.
Ci dev’essere una dimensione
che ci persuade a fare pensiero,
un sapere senza valore,
per muoversi oltre, tentare.

*

Da sotto il nuovo velo
che apre a un finale
ricordare i segni quando
prima, nel sale
saliva il regno.
Eravamo noi, le spalle al mare,
a dirci primi.
E sentire come non finisce amare
te e ogni parte.

*

Sapere dove questi opposti collimano
dentro di noi quando noi siamo.
Ci vuole mistero e benedizione.
Il sostegno è nominale da ogni lato,
in ogni cosa.
 

Alessandra Trevisan è studiosa di letteratura italiana contemporanea, lyricist e cantante. Ha pubblicato la monografia Goliarda Sapienza: Una voce intertestuale, (La Vita Felice, 2016) e altri contributi su quest’autrice si rintracciano in saggi su riviste. L’attenzione rivolta al Novecento le ha permesso di occuparsi anche di Gabriele d’Annunzio, Matilde Serao, Milena Milani, Clara Sereni, Adele Cambria, Anna Maria Ortese e Beppe Costa, Lalla Kezich e di altre voci anche viventi, tra cui quella della poeta Silvia Salvagnini. Nel 2020 pubblica con Aracne il saggio Nel mio baule mentale: per una ricerca sugli inediti di Goliarda Sapienza, con postfazione di Ilaria Crotti.

Marcello Aslan: Diario d’Africa italiano - inglese

Diario d’Africa, 22 Febbraio 2022

Siamo in viaggio da qualche ora per strade sterrate. Tentiamo di distanziare un rinoceronte che, oramai lontano, pare avere un ripensamento e decide di caricarci.

Sotto l’urto, come una barca investita da un’onda, la Jeep si adagia su un fianco. Le ruote girano senza presa. Sortita l’uscita dai finestrini troviamo rifugio su un Baobab.

Le scimmie ci molestano. Un leopardo le ha fatte scappare. Non prima di essersi mangiate il mio pranzo, per tenerle buone. Fino a domani solo acqua, disperiamo riprendere il viaggio.

La macchina ha riportato danni, lavoriamo con i pochi strumenti che abbiamo con noi nella speranza di arrivare al prossimo villaggio. Ho perso sangue da un sopracciglio. E’ cosa lieve, eppure le iene hanno fiutato e cominciano ad avvicinarsi. Abbiamo con noi un fucile e poche cartucce.

Sistemate le ultime cose ci ritroviamo in circolo intorno al fuoco, fumando la pipa di Padouk della savana centrafricana, caricata con un blend appena speziato, profumato e dolce.

I racconti di Chagua, la guida, fanno ridere tutti, apprendiamo fantasiose ricette del nonno per tener lontane le ubbie delle tre mogli.

Improvvisamente, le iene hanno preso a correre da una parte all'altra, parevano impazzite.

La polvere ha oscurato la luna, il fuoco. I volti, illuminati alcuni istanti prima da fiamme affusolate che le foglie del cocco fanno vibrare nel buio, omaggio alla grande madre, hanno cambiato espressione.

Due colpi di fucile sono bastati ad allontanarle. Non possiamo rischiare, ne rimangono cinque.

Così, trascorsa la notte, abbiamo ripreso con lena alle prime luci dell'alba.

Il sentiero pare tracciato per indurre il viaggiatore a tornare sui suoi passi.

Sono alla guida da due ore, il panorama è di vegetazione a macchie, qualche Baobab gigante che pare un re seduto sul trono. Quindi gnu, giraffe e pascoli a perdita d’occhio.

L’indomani si prosegue su camioncini anni 50, adibiti al trasporto pubblico. Abbiamo perso la Jeep, un assalto notturno dei Tuareg.

Ci hanno svegliato tenendo le armi puntate verso il cielo. Con gentilezza hanno chiesto di lasciarli andar via senza opporre resistenza, i volti coperti dal turbante che li protegge nelle tempeste di sabbia.

Gli avvoltoi li incontreremo appena si comincerà a salire la montagna sacra, il Kilimanjaro.

Il sole a 4.000 metri è una bolla di luce bianca.

Gli avvoltoi planano lungo le valli, verso le cime, seguendo le correnti.

L'aria è rarefatta, il silenzio aiuta la mente a librarsi sugli altipiani del tetto del mondo.

Tutto dovrà cambiare....




Diario d’Africa, 27 Febbraio 2022

Lasciate le vette del Kilimanjaro, in un’alba d’aria pungente e fina, accompagnati dal volo dell’aquila delle Ande (veleggia per queste valli da quasi un secolo, una storia che merita un racconto a se), abbiamo preso un aeroplano locale, un bimotore a elica, la carrozzeria ammaccata.

Il pilota, una gamba più corta, avanza ondeggiando tra i banani.

Per un attimo pensiamo sia ubriaco, anche l’aereo pende da una parte.

Pochi minuti dal decollo, uno schianto e siamo costretti all’atterraggio. La depressione della carlinga ha strappato via il portellone, i bagagli miracolosamente al loro posto.

Dovevamo raggiungere l'aeroporto internazionale di Dar Es Salaam.

L’Europa si allontana.

Continuiamo con un trenino che attraversa la savana del Kojongo, la più impervia, abitata dalle ultime tribù di cacciatori di teste.

Nonostante fuori si sfiorino i 40 gradi viaggiamo con i finestrini chiusi. Cercare un po’ d’aria può rivelarsi fatale. Hanno lunghe cerbottane, i dardi avvelenati raggiungono distanze impensabili, talvolta sorprendendo le prede nel sonno.

Dopo il Kojongo attraverseremo le pianure dell'altipiano della mangrovia d’acqua dolce, unica aerea geografica che la ospita.

Viaggiatori e scrittori vi hanno dedicato le parole più raffinate per descriverla, mai sfiorandola.

I fiori rosa e bianchi lanciano riflessi al tramonto che sfuggono la penna come quegli animali selvatici che non riusciamo a inquadrare l’istante di uno scatto. Alziamo lo sguardo e ci chiediamo sia stata la nostra immaginazione, non ve ne è traccia.

Il trenino rallenta in prossimità di una piccola stazione, tra una cava abbandonata ed una forra del Goroinoa. Qualche passeggero scende in corsa, gli lanciano le poche cose che porta con se, sovente uno scatolone o delle sacche piene di oggetti, di frutta, tenute assieme da elastici ricavati da camere d’aria di bicicletta.

Nella pianura splendide livree al pascolo vicino al corso d’acqua.

Un alligatore sorprende per l’agilità con cui afferra e trascina con se una zebra, incurante il pericolo sotto lo sprone della sete. Le cornacchie si alzano in volo strepitando, come fosse toccato ad una di loro.

Tutto finisce in pochi secondi.

Gli occhi dei viaggiatori sbarrati, le goccioline di sudore filano lungo la fronte e fanno riprendere il regolare battito di ciglia.

Anche il trenino guadagna velocità, l’ultimo passeggero con un salto aggancia la carrozza di coda…rimane così, il corpo una bandiera.

“I tagliatori di teste hanno altro da fare, è luna piena”, ci dice il macchinista aprendo uno spiraglio a far entrare un po’ d’aria.

La savana si dirada, l’occhio spazia ora su distese di mangrovia, giganteschi Baobab e risaie disegnate nei confini di fango.

Il sole si avvicina alla linea dell’orizzonte poggiandosi alle nuvole che cingono le colline del lago Hasani, riflesse nello specchio d’acqua assieme alle grandi ali della cicogna rosa.

Il cuore batte lento a scandire una qualità del tempo che vorremmo afferrare, come l’alligatore la zebra, noi la vita…


Foto di Marcello Aslan

Diary of Africa, February 22, 2022

We have been traveling for a few hours on dirt roads. We try to outdistance a rhino who, now far away, seems to have second thoughts and decides to charge us.

Under the impact, like a boat hit by a wave, the Jeep lays on its side. The wheels spin without grip. After exiting the windows we find refuge on a Baobab.

Monkeys harass us. A leopard made them run away. Not before eating my lunch, to keep them quiet. Until tomorrow only water, we despair of continuing the journey.

The car was damaged, we work with the few tools we have with us in the hope of reaching the next village. I bled from an eyebrow. It's a slight thing, yet the hyenas have smelled and are starting to approach. We have a rifle and a few cartridges with us.

Having arranged the last things, we find ourselves in a circle around the fire, smoking a Padouk pipe from the Central African savannah, loaded with a slightly spicy, fragrant and sweet blend.

The stories of Chagua, the guide, make everyone laugh, we learn imaginative recipes from his grandfather to keep away the whims of the three wives.

Suddenly, the hyenas started running from side to side, they seemed crazy.

The dust obscured the moon, the fire. The faces, illuminated a few moments earlier by tapered flames that the coconut leaves make vibrate in the dark, a tribute to the great mother, have changed expression.

Two rifle shots were enough to drive them away. We can't risk it, there are five left.

So, after the night, we resumed with vigor at the first light of dawn.

The path seems to have been traced to induce the traveler to retrace his steps.

I've been driving for two hours, the landscape is patchy vegetation, some giant Baobabs that look like a king sitting on a throne. Then wildebeest, giraffes and pastures as far as the eye can see.

The next day we continue on 1950s vans used for public transport. We lost the Jeep, a night assault by the Tuaregs.

They woke us up with guns pointed at the sky. They politely asked to let them leave without resistance, their faces covered by the turban that protects them in the sandstorms.

We will meet vultures as soon as we begin to climb the sacred mountain, Kilimanjaro.

The sun at 4,000 meters is a bubble of white light.

Vultures glide along the valleys, towards the peaks, following the currents.

The air is rarefied, the silence helps the mind to soar over the plateaus of the roof of the world.

Everything will have to change...



Diary of Africa, February 27, 2022.

Leaving the peaks of Kilimanjaro, in a dawn of pungent and fine air, accompanied by the flight of the eagle of the Andes (it has been sailing through these valleys for almost a century, a story that deserves a story in itself), we took a local plane , a twin-engine propeller, the body dented.

The pilot, one leg shorter, waddles through the banana trees.

For a moment we think he is drunk, even the plane leans to one side.

A few minutes after take-off, a crash and we are forced to land. The depression of the cockpit tore off the tailgate, the luggage miraculously in its place.

We needed to get to Dar Es Salaam International Airport.

Europe moves away.

We continue with a small train that crosses the Kojongo savannah, the most impervious, inhabited by the last tribes of headhunters.

Although it is almost 40 degrees outside, we travel with the windows closed. Looking for some air can prove fatal. They have long blowguns, the poisoned darts reach unthinkable distances, sometimes surprising the preys in their sleep.

After the Kojongo we will cross the plains of the freshwater mangrove plateau, the only geographical area that hosts it.

Travelers and writers have dedicated the most refined words to describe it, never touching it.

The pink and white flowers cast reflections at sunset that escape the pen like those wild animals that we can't frame the instant of a shot. We look up and wonder was it our imagination, there is no trace of it.

The little train slows down near a small station, between an abandoned quarry and a Goroinoa ravine. Some passengers run down, they throw him the few things he carries with him, often a box or bags full of objects, fruit, held together by elastic bands made from bicycle inner tubes.

In the plain, splendid liveries grazing near the stream.

An alligator is surprising for the agility with which it grabs and drags a zebra with it, regardless of the danger under the spur of thirst. The crows fly up screaming, as if it was the turn of one of them.

It all ends in seconds.

The travellers' eyes wide open, the droplets of sweat run along the forehead and make the regular blinking resume.

Even the little train gains speed, the last passenger hooks up with the rear carriage with a jump…it stays like this, the body a flag.

“The head cutters have other things to do, it's a full moon,” the engineer tells us, opening a crack to let in some air.

The savannah thins out, the eye now sweeps over expanses of mangroves, gigantic Baobabs and rice paddies drawn in the confines of mud.

The sun approaches the horizon line resting on the clouds that surround the hills of Lake Hasani, reflected in the mirror of water together with the large wings of the pink stork.

The heart beats slowly to mark a quality of time that we would like to grasp, like the alligator the zebra, we life…