Claudio Moica, Non scrivo poesie di domenica

 

ISBN 978-88-98965-33-5, € 9.00

Non solo Poesia, bensì anche una riflessione sullo scrivere versi e su se stesso. Il Poeta non si giustifica, non avanza pretese che non siano quelle che già sa chi, nello scrivere, trova la forza di sopravvivere e sopportare questo meraviglioso e terribile mondo costituito da violenza e umanità, amori e solitudini.

Con un ritmo leggero ma deciso segue come una partitura lo svolgere della settimana, dal lunedì al sabato, ubbidendo alla regola, rispettata da Dio e dal Poeta che la domenica non si lavora.

Anche se in alcuni paesi il Mestiere di Poeta o Scrittore non viene riconosciuto, spesso considerato un hobby come la pesca o la briscola, ci si ritrova qui in Non scrivo poesie di domenica, con tutti i drammi, ma anche le rare gioie che, spesso la cecità del velocista non sente e non vede. Con un andante ricco di visioni - attraverso le foto inserite nei testi -

Così scrive un amico di Claudio Moica Gudrun Leyendecker, centrando in breve il suono […Con l'orecchio musicale di mia madre, che era una meravigliosa pianista, ascolto la poesia non solo con il senso del significato, la percezione della scelta delle parole e le sensazioni dell'emozione, ma ricevo melodie da una poesia…].

Come sempre però lascio la parola all’Autore, ricordando la prima presentazione del libro presso l’ASP di Carbonia il 25 giugno.

L’abbraccio questa mia solitudine incompresa
da chi fruga tra i viottoli illuminati dal nulla
con l’arroganza di chi non ha mai mosso il tempo
e solo i morti ti restituiscono l’assenza di vita.

***

Mi sono nascosto nel centro
dell’essenza dove la luce è silenzio
mentre fuori da me risuona il buio
travestito da sorrisi a metà.
Poi mi protendo a toccare l’infinito
e risento i suoni dei respiri lenti
quelli affacciati nelle intenzioni
quando mi urgeva respirare per vivere.

E ora mi fa male ascoltare il tempo
diventato rumoroso e provocatorio
tanto che non sento più i miei passi
e a tentoni cerco l’uscita dal labirinto.

Ho congiunto anche le mani
ma non ricordo le preghiere
o forse non so pregare con le parole
quelle suggerite da un dio terreno.

Fermo il mio passo all’incrocio del dubbio
laddove il buio è il doppio degli anni trascorsi
e riprendo il cammino verso il raggio di verità
attento a non disturbare il vostro sonno.

***

Cosa mi racconterai quando la polvere cesserà
quando le insegne della città si spegneranno
e gli spazi bui saranno più profondi?

Cosa racconterai di noi e delle nostre dita leggere
quelle che sfioravano il tempo vigliacco
che sfidavano la notte grinzosa e fosca?

Ora che non abbiamo più un nome
ma solo vaghi accenni di parole
e per orientarci nello spazio oscuro
spiamo le briciole di luce.

Cosa ricorderai del nostro ignoto amore
forse di quando dimenticavi di abbracciarmi
o distrattamente scivolavi tra le stanze?

Cosa ricorderai di quei giorni persi a rincorrerci
dietro scrivanie disordinate e distributori di caffè
a elogiare vaghe promesse di eternità?

Ora che non possiamo sfuggire alle promesse fatte
ci nascondiamo tra cumuli di bugie perverse
a seppellire la ragione che ondeggia nell’aria
a far morire l’ultima speranza di vita.

***

Incontrarsi mentre la vita sta di lato
e aver più paura di vivere sottovoce
che morire avvolti da un cielo rosso
urlando che volare si può ma soltanto al buio.

***

In questo vento di ricordi
ho chinato il capo stanco
un po’ di pioggia ha spento i pensieri
e poi sei arrivata tu
ad asciugare queste parole inutili.

Prima di te solo sguardi leggeri
vaghe percezioni imperfette
in questo mio fuggire
dai nastri incastrati nella ruggine.

E ora tu a curarmi tra i passanti
a ripulire i dubbi e la paura
mentre la luna appesa ad un filo
sparge fragili fiori
su onde addormentate dal silenzio.

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