ISBN 978 88 94903 16 4. pag 80, € 9.00 per acquistare il libro clicca QUI |
Gradualmente anno dopo anno vedo avviarsi Stefano Iori
verso la grande Poesia, quella che nel tempo rimane e al tempo ci e si concede.
Un linguaggio più semplice e diretto dove la parola punta
dritto e senza inchinarsi a stili e metafore, che spesso nulla contengono. Lascia la tua terra si fa leggere senza
alcuna difficoltà, accompagnando il lettore nei dubbi e incertezze della vita e del
pensiero dell’Autore che, come attraversando l'ombra d'un cammino incerto, inversamente, tratta e cerca di far luce su temi
affatto che semplici.
Molto si potrebbe citare della poesia lasciata in eredità
dei tempi passati in merito alla vita e alla morte e, come spesso accade,
quando i poeti scrivono di morte, urlano alla vita.
Qui è 'forte' la ‘solitudine’, quella solitudine che il poeta che tende lo sguardo, vede in sé guardandosi attorno.
Mentre i nostri tempi così bui sembrano allontanarci dall'arte e
dallo stesso vivere del sé e con sé, si stacca ancor più da ciò che lo circonda,
sfidando il vuoto, penetrando nelle vite altrui e nella propria, così che i versi
diventano, come da sottotitolo una “Sinfonia del congedo”.
Quasi scusarsi con sé:
Non so più con chi stare / e lo
specchio non basta /
Nessun tocco o carezza / nessun bacio d’intrigo /
S’avvicina la morte / e
l’aspetto da solo /
Singolare contesa / nel silenzio rotondo
Lo stesso Autore ci avvisa nella nota al libro:
[…La raccolta parte da un in principio (il bereshit che apre la
Torah), per arrivare a un nuovo, ulteriore cominciamento. E in principio c’è la
paura della morte, ma anche il suo ineffabile e mostruoso fascino.]
Quanto
metto di volontà nei gesti? / Fletto
la gamba o questa cede da sé?
Tremore
d’ansia o brivido demente?
L’anima
ancor fiera / non
vuole risposte / dal corpo che smuore
In questa nuova raccolta avverto una maggiore attenzione al ritmo e alla musicalità
del verso, tralasciando la punteggiatura, spesso d’obbligo, inutile o meno attenta, e come 'sinfonia' chiude di volta in volta il verso con naturalezza.
Anche probabile l’ascolto e la lettura di tanta poesia da
congelatore da spingerlo oltre la noia del presente cercando altrove bellezza e stupore, e ogni traccia diventa riga sino a concludere ogni volta una storia
completa. Il lettore rileggendo potrà interpretare in modo diverso ognuna di queste 'storie'.
Così nell'allontanarsi fino a sparire, il Poeta traccia il proprio cammino, abbandona la giovinezza, dimentica l'infanzia e quasi gusta il proprio cammino verso la fine.
Libro da leggere, rileggere e "tenere sul comodino" a portata di mano.
Insidiose letargie / intonano
canti / dal ventre grasso / della terra esplorata
Coro
di sirene / che illude il viandante / Il già detto / è in agguato
Poi
spuntano viole / dai petali setosi / Le carezza il savio / con mano muta
Il
folle ne fa ghirlanda / per ornare il nuovo regno / delle voci che verranno
Benedetto
sia / ogni grano / di stupore
Ma lo stupore dalla tregua passa al rammarico:
Notte
Legni
si piegano / sotto il peso dei libri / Macchine e carte /
mordono il tavolo / che piange nel buio / con gemito sottile
Notte
/ La sedia respira / senza il mio peso / Leggerò domani / ciò che non ho
scritto
Dall'ombra grigia verso il buio, nella solitudine del cammino verso il nulla o la morte, o la ricerca attraverso la
Storia, anzi le molte Storie frequentate dall'Autore, di accenni di speranza, bellezza o quiete.
Traggo ancora dal libro:
1.
Rabbi
Bunam ebbe a dire:
Continuamente passiamo
attraverso due porte:
fuori di questo mondo
dentro il mondo futuro
e di nuovo fuori e dentro
Fintanto*
Si
rallegra il giovane
cui
un demone gentile
assegna
lieti istanti
di
luce e grazia
Memoria
garbata
di
giorni beati
sarà
trofeo
di
quella fortuna
È
benevolo
il
piccolo dio
Poi
Avide
ombre appaiono
Materia
d’illusione
Parvenze
di senso
che
urlano senza dire
* Da I racconti dei chassidìm,
op. cit.
Insidiose
letargie
intonano
canti
dal
ventre grasso
della
terra esplorata
Coro
di sirene
che
illude il viandante
Il
già detto
è in
agguato
Poi
spuntano viole
dai
petali setosi
Le
carezza il savio
con
mano muta
Il
folle ne fa ghirlanda
per
ornare il nuovo regno
delle
voci che verranno
Benedetto
sia
ogni
grano
di
stupore
A
rabbi Aronne fu chiesto
cosa
avesse imparato
dal
suo maestro
il
grande Magghid
“Nulla”
rispose questi
“Ho
imparato il nulla
il
senso intimo del nulla
Ho
capito che sono nulla
e
che pure sono”3
I
margini del nulla
non
sono luce o buio
eppure
hanno voce
sottile
e impensata
Ai
margini del nulla
cieco
sta un lume spento
nella tenebra smagliante
nella tenebra smagliante
Stefano Iori è nato a Mantova nel 1951. Dal 1979 al 1985 ha svolto un’intensa attività teatrale e televisiva, in Italia e all'estero, come attore e regista. Debuttò come saggista nel 1992, firmando il volume Scritture del teatro (edizioni Provincia di Mantova). Iscritto all'Albo dei Giornalisti Professionisti, è stato redattore del quotidiano La Voce di Mantova dal 1992 al 1999.
Si è rivelato al pubblico e alla critica con la filmografia ragionata I Grandi del cinema. Tinto Brass (Gremese Editore, Roma, 2000). Ha collaborato con vari editori in qualità di curatore, fra questi anche Editoriale Giorgio Mondadori. Ha firmato tre libri di poesia: Gocce scalze (Albatros Il Filo, Roma, 2011), Sottopelle (Kolibris, Ferrara, 2013, con prefazione di Gio Ferri) e L’anima aggiunta (Edizioni SEAM, Roma, 2014, con prefazione di Beppe Costa e traduzione inglese a fronte; seconda edizione per i tipi Pellicano, 2017). Nel 2015 ha pubblicato il romanzo La giovinezza di Shlomo (Gilgamesh Edizioni, Mantova). È direttore responsabile dei "Quaderni del Premio Letterario Giuseppe Acerbi" e della rivista di poesia "Versante Ripido", nonché direttore artistico del Mantova Poesia-Festival Internazionale Virgilio e del Sirmio International Poetry Festival. È condirettore del blog di poesia Trasversale e coordinatore del Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio. Sue poesie, oltre che in inglese, sono state tradotte in spagnolo, lituano e rumeno.