ANNA MARIA ORTESE due lettere ritrovate

Quando si scrivono le biografie...

Luca Clerici, nella sua monumentale opera dedicata ad Anna Maria Ortese: "Apparizione e visione - Vita e opere di Anna Maria Ortese", (che ho dovuto compare) ha scritto di me in una pagina che facevo il tipografo, solo dopo due ero ospite a cena di Adele Cambria, infine, sempre secondo 'lui' apro addirittura una filiale della Pellicanolibri a Roma. Poi, quasi con disprezzo (del prof. che fa lavorare gli assistenti) accenna ai libri da me editi come fatto "amicale". Che brutta parola, caro Luca, per uno che è riuscito ad andare dal Presidente del Consiglio, portando le lettere più 'strazianti' sulle povere condizioni di Anna e che il segretario di Giuliano Amato (non ricordo il nome) trattenne per sé e che non ho più recuperate.
Mentre Voi tutti l'avete festeggiata, compreso quelli che non hanno voluta firmare la petizione e vi fate pranzi cene premi e cotillon, io correvo l'Italia, andavo a Rapallo ed ero l'unica persona di cui si fidava. Anche il contratto fatto fare con l'Adelphi è stata una mia insistenza. L'unico a dirmi grazie, oltre a lei è stato il questore di Genova di allora (non ricordo il nome) che mi telefonò dicendomi che la legge Bacchelli (di cui spero lei abbia a godere, come altri lo fanno oggi, grazie alle mie fatiche) arrivava in tempo. Infatti, lei non sa, che l'ufficiale giudiziario venne fermato dal questore che aveva avuta la notizia.
E quando ricevette il premio Fiuggi, dove per assenza di cravatta non mi fecero entrare, lei, all'uscita (l'avevo io con mio figlio accompagnata a Fiuggi) comprò una bottiglia di Vermouth e, lasciando di stucco i soliti 'festeggiandi' ce ne andammo al bar.
Caro Luca, se dopo 107 anni si vanno a leggere le biografia di Giovanni Pascoli o Capuana si legge che mio nonno è stato l'editore dei primi libri di Pascoli, si legge che Capuana gli scriveva lettere (cfr. Si conta e si racconta, Pellicanolibri), chiedendogli denaro in prestito di nascosto alla moglie.
I libri si fanno leggendo, caro Luca. Oggi no. Piero Pelù scrive prefazioni ai giganti della poesia che per giunta vengono tradotti male.
Io vivo quasi in miseria, per avere occupato il mio tempo a cercare di promuovere l'arte, la poesia. Il mio primo salvataggio fu per "La casa-Museo di Palazzolo Acreide" (so che lei non sa, come tanti italiani cos'è. Ma arrivano e arrivavano quando era vivo, autobus da mezza Europa! E tante altre cose. Bastava guardare oltre le proprie assistenti che di tesi su Anna Maria ne hanno fatte, eccome.
Così muoiono per sempre Bellezza, Moravia, Pasolini (lui ci viene ricordato più per il delitto che per come inveiva contro la cattiva qualità degli intellettuali, categoria cui non appartengo.
Concludo dicendo, nel caso potesse leggermi, di essere più attento per le prossime biografie. C'è sempre qualcun altro che dice l'omelia ai funerali (come Siciliano per Moravia) che non ne sa niente e niente c'entra. Almeno studi!
Di me si dice che ho fatto vita disordinata ed errabonda. Vero. Sa quanto mi è costato vivere come vivo? Certo no! Ma la mia posizione è ben dritta! a testa alta.








Rapallo, 16/09/’85

Caro Beppe Costa,
sono proprio contenta che lei mi abbia dato occasione di scriverle.
Sa che impressione provo, parlando con lei? Come di una sosta, di una tregua minima fra gli alberi in un giorno troppo assolato. E’ che lei è un cuore amico – è amico prima di ogni altra cosa, e in questo mondo che brucia sempre, dà un senso di pace, di ristoro.
Sono ancora più contenta che si sia riposato un poco, a Sezze Romano; ma dovrebbe concedersi qualcosa in più.
La sento un po’ scoraggiato, un po’ solo, e credo di capire, ma nell’incertezza, preferisco non dire nulla. Solo che l’esistenza è piena di contraddizioni, e le persone possono mutare, come le condizioni del tempo, ma se sono pessime, e non di natura, poi le ritroviamo.
Ho visto il libro di Dario, grazie per avermelo mandato. Mi manca la prima parte. C’è una tristezza che coinvolge. Bellissimo.
Comunque, bisogna avere indulgenza. Quanto fa bene al nostro cuore, prima che al cuore degli altri. E bisogna che ci vogliamo un po’ bene. Dici occorre che ognuno di noi voglia un po’ bene a se stessi - - mi capisce, caro Costa? Abbia dunque riguardi e gentilezza anche per se stesso. Non accolga troppe amarezze, nel suo cuore. Meglio “ giustificarla” e restarne liberi.
Non ho ancora aperto il fascio di dattiloscritti. Credo che andrà benissimo.
La ringrazio di aver fatto fare una copia dattiloscritta del mio lavoro. E, a proposito, le ricordo: in qualsiasi momento deciderà di non farne nulla si senta liberissimo di farlo. Io non troverò nulla da obiettare. Faccia solo ed esattamente quanto è bene fare per la Pellicanolibri. L’amicizia, in questi casi, non è un buon criterio di scelta.
Sto vivendo anch’io un momento confuso. Con molti progetti, ma molto stanca (di questa estate carceraria) e senza più una vera fiducia (ma in lei credo).
Affettuosamente A.Ortese

Riporto da "La Stampa", del 10 aprile 1986
Un mese fa molti intellettuali italiani firmarono un appello perché Anna Maria Ortese, l’autrice di Il mare non bagna Napoli e L’iguana, potesse usufruire della «legge Bacchelli», istituita a favore di personalità della nostra cultura in difficili condizioni economiche. L’iniziativa ha suscitato polemiche e ora Anna Maria Ortese, che vive appartata a Rapallo, interviene per la prima volta per chiarire i fatti di cui è stata «involontaria» protagonista.
Mi è stato chiesto se della raccolta di firme e della relativa campagna di stampa promossa da alcuni intellettuali romani allo scopo di sollecitare un possibile provvedimento (dalla famosa legge Bacchelli) a mio favore, sapessi nulla prima che fosse iniziata; e se, sapendolo, sarei stata consenziente. Rispondo di no. Nessuno mai mi aveva informata e, sapendolo, non sarei stata consenziente.
L’intento (pur buono, e di cui sono grata) era sproporzionato alla mia figura. Sono d'accordo su queste raccolte di firme e su queste «campagne» quando si muovono a favore di casi veramente atroci (rovina morale di cittadini, e così via) e soprattutto, e sempre, a favore degli animali. La nostra (in realtà non è la mia ) civiltà, i nostri usi e costumi vivono su sofferenze e violenze imposte alla Natura, talmente profonde e inaccettabili, che scandalizzarsi per comuni emergenze umane mi appare, anche se ne risento personalmente, piuttosto esagerato.
Dal lontano ’37 sono entrata, per mia scelta, in una strada anomala per una donna (per di più senza status) ed è quasi bene che ne paghi le conseguenze. Scrivere racconti non è una professione. Non giurerei di aver dedicato a questa attività personale tutta la mia intelligenza. (Ero intelligente?). Ho vissuto la giovinezza piuttosto distrattamente, senza coltivare interessi concreti, come se fossi nata ricca; e solo dopo la guerra, un pò di giornalismo, e libri fatti con articoli di giornale, hanno potuto dare l’impressione che io mi fossi impegnata in una specie di critica sociale, e quindi la mia scrittura fosse utile.
Non era utile. Senza volermi veramente giudicare e accusare, dico che i miei interessi (e pensieri) poco alla volta hanno abbandonato il sociale e le sue guerre per rivolgersi e fermarsi su cose totalmente estranee al normale interesse dei lettori. Mi ha colpita il trascorrere del tempo, delle emozioni, delle forme, e il perdersi senza spiegazione di tutto. E l’umanità (su cui avrei giurato) mi è parsa sempre più una lontana creatura antidiluviana, tutta protuberanze dorate e mostruosità, tutta solitudine silenzio e pericolo, che attraversasse lentamente il vuoto orizzonte. Non sono più stata tanto favorevole all’umanità! Resto confusa, quindi, per la disattenta rivalutazione (in senso sociale) dei miei scritti. E a disagio per qualche «valore» (che non può essere certo positivo) che mi è stato leggermente attribuito.
E’ vero tuttavia quanto è stato scritto: che non ho casa, che devo lasciare queste stanze dove avevo la mia vita e le mie sempre più confuse e incomprensibili carte, e che non so dove andare. Non è vero invece che io sia indigente. Lo sarò, semplicemente, non appena, munita di soli sei biglietti da cento mensili, dovrò cercare un’altra casa senza la protezione della legge. Non è vero nemmeno che stia diventando cieca , come assicura un giornale romano. Questo complicherebbe tutto, e speriamo che non accada.
Di alcune «arroganze» che mi sono state attribuite da altri giornali, come: «Niente carità, solo diritti!» ["Il Messaggero" di Roma NdR], posso dire solo che mancano della mia firma, e anche della firma di una persona di medio buon senso. Così contrapposte, poi, si umiliano a vicenda. Da altre cose, invece (che sono state dette di me) non posso difendermi. Non le ho lette. Il tempo, del resto, passa, e si porta via il vero e il non vero, l’immaginario e l’immaginato. Immaginario, secondo me, può dirsi di qualsiasi vera attività della mente (scritti, e così via), mentre immaginato è solo il lavorio di altre menti, esterne a quel non produttivo lavoro, per cancellarlo definitivamente. Il «ciò che si dice», a volte, è quasi più valido di ciò che è stato davvero pensato e realizzato; ma questo non meraviglia: fa parte della natura del mondo (che è altra cosa dal mondo della Natura).
Posso aver sbagliato non intervenendo subito in questa «campagna» per tentare di fermarla. Ma mi sembrava impossibile, mi sembrava che non riguardasse me. Tutto era stato così improvviso e insensato.
Chiedo adesso scusa ad Autorità grandi e piccole, che la «iniziativa» ha colpito e forse distratto dalle loro normali occupazioni. Rassicuro i miei pochi amici che mi sto rimettendo (ma ci vorrà del tempo) dagli inevitabili danni di tanta attenzione. Li ringrazio infine della loro bontà, e profitto di questa occasione per dire grazie anche al remoto Sud. Qui, trecentosessantasei alunni della Scuola Media «Rondinelli», e poi la loro Preside, e poi ancora altre care autorità comunali, hanno scritto, con sollecitudine i fratelli, alle autorità liguri, raccomandandomi. E questi, sì, non erano più arcani esseri antidiluviani, come il mondo di cui anch'io faccio parte, e ho provato tristezza di non aver fatto mai nulla per loro. Mi perdonino. Rimedio, se può voler dire qualcosa, con un abbraccio.
Anna Maria Ortese