Ho spesso accennato l'uso ormai quasi desueto che nonni, papà, mamme e zie raccontassero ai bambini, prima di andare a letto, una fiaba, da un libro o anche immaginata.
Purtroppo, soprattutto nel nostro paese, questa tradizione è pressoché sparita, lasciando il compito di 'educare' ad uno schermo. Questo ha contribuito, contribuisce e contribuirà forse ancora per molto la nostra civiltà. Il danno è evidente perché i libri in genere e soprattutto le fiabe e i racconti dell'infanzia, restano impresse, aiutano a crescere e, probabilmente, ad eliminare molta volgarità che ormai fa parte del vivere quotidiano. Distinguere il buono dal cattivo (con qualche difetto che anche le fiabe possono avere) è uno dei punti fondamentali per la nostra educazione.
L'opportunità di fare ciò che possibile ci è data dalla passione e conoscenza che Franca Palmieri, scrittrice, ma fino a poco tempo anche fa insegnante, pubblicando una serie di scritti, oltre questo che state leggendo, che trovate in calce alla pagina. (b.c.)
«Non ho fatto e
non farò nulla di meglio delle Fiabe»
L. Capuana
Ranocchino (ill. dal web) |
Leggere le fiabe di Capuana è tornare bambini e
immergersi in un mondo incantato, ma anche realistico, dove appare improvvisa
la magia che aiuta a risolvere i problemi quotidiani. Il quotidiano descritto
dall’autore, infatti è presente in una memoria antica che ci appartiene e che
non è poi così diverso da quello che viviamo oggi, anche se in contesti
diversi. Ci ritroviamo in remoti paesetti, in cui tutti si conoscono, governati
da Re, Regine, Primi ministri, spesso viziati e con forti brame di potere e
ricchezza, dove persone umili faticano a sopravvivere e si impegnano per farlo,
mettendo a frutto le qualità possedute o conducendo con dignità una vita grama,
senza mai perdere del tutto la speranza. E la fiducia in un cambiamento
positivo viene premiata con l’arrivo di un aiutante magico, (forse un’idea
illuminante) spesso in seguito ad un’azione generosa, che salva. Nessuno è
esente da difetti, ma sia i ricchi che i poveri sono disposti a cambiare essi
stessi e a lottare per migliorarsi. Non si può fare a meno di sentirsi
catapultati in questo mondo fantastico e viverlo fino in fondo, trovarsi a tu
per tu con strani personaggi metà uomini/donne, metà animali, Nani sbilenchi,
inquietanti Vecchine da cui non si sa bene cosa aspettarsi; ognuno di noi può scegliere
se diventare Sartine o Fornai, Reginotte o Reucci, Principesse in incognito con
debiti da scontare, ma l’ intrigo è proprio questo, vivere avventure in cui
conta il nostro agire, anche nel rapporto con la magia, senza avere la certezza
del lieto fine.
Questa è la bella storia di Ranocchino porgi il ditino, e sentirete qui
appresso perché si dica così. Si racconta dunque che c'era una volta un povero
diavolo, il quale aveva sette figliuoli, che se lo rodevano vivo. Il maggiore
contava dieci anni, e l'ultimo appena due.
Ranocchino da C’era una volta… Fiabe Ranocchino
La povertà costringe un padre di sette figli a prendere la decisione di
venderli e il più piccolo, Beppe/Ranocchino si offre volontario per provvedere
alle necessità della famiglia. Una vecchina trasforma il bambino, che nessuno
vuole, in un tenero ranocchio di cui si innamora una Reginotta, tanto da
volerlo sposare. L’amore del Re per la figliola gli farà affrontare difficili
prove che metteranno in luce la compassione, lo spirito di sacrificio e l’amore
verso gli altri per un lieto fine.
C'era una volta
un Re e una Regina, che avevano una figliuola bruttissima e contraffatta nella
persona, e non se ne davano pace. La tenevan rinchiusa, sola sola, in una
camera appartata e, un giorno il Re, un giorno la Regina, le portavan da
mangiare in una cesta.
La fontana della bellezza da C’era una volta… Fiabe
Padellina ill. di Lucia Scuderi |
La misera condizione di una famiglia e la preoccupazione per l’avvenire
danno origine ad una fiaba ironica e divertente in cui la protagonista generosa
e sensibile sa apprezzare il dono di una fata e con questo creare un futuro
migliore.
C’era una volta un contadino che aveva una figliuola. Egli andava a
giornata; la figliuola filava stoppa o tesseva tela per conto delle vicine:
così campavano la vita.
Padellina da Il Raccontafiabe Seguito al «C'era una volta...»
Una fata premia l’altruismo di una ragazza povera con il dono di una
padellina. L’oggetto produce cibo senza fine e guida la protagonista verso il
suo avvenire. Nel corso degli eventi l’invidia si scontra con la solidarietà e
la diffidenza, nonché l’arroganza lasciando spazio al bene.
Comare Formica da Ti racconto una fiaba |
C'era una volta una povera donna che viveva del suo lavoro. Arrivata in un paese dove nessuno la conosceva, aveva preso in affitto una cameretta a pian terreno e lavorava, lavorava da mattina a sera, filando, tessendo, cucendo, secondo le richieste della gente. Di quel po' che guadagnava, un terzo lo spendeva per vivere, e il resto lo metteva da parte. Campava quasi con niente.
Comare Formica da Chi vuol fiabe, chi vuole?
Una sarta laboriosa svolge la sua attività con gioia e impegno, nonostante
le ristrettezze economiche, senza ascoltare critiche ironiche.
Nessuno sa da dove viene, finché afferma di essere figlia di re e regina, di
voler costruire un palazzo e prendere marito, dopo essere ringiovanita. Tutto
quel che racconta si avvera e anche se accadono fatti molto strani, riesce a
convertire i vizi in virtù.
C'era una volta un poveraccio che viveva facendo da corriere. Lo spedivano qua, lo spedivano là; e perché era lesto di gambe, lo chiamavano Saetta. Lo pagavano male; certe volte non lo pagavano affatto col pretesto che, non avendo recapitato in tempo una lettera, aveva mandato a monte un affare importante. Non voleva dire! Purché non perissero di fame lui e la moglie, non rifiutava di tornar a servire anche coloro che non lo avevano pagato.
Tartarughino |
Tartarughino da Si conta e si racconta (Fiabe minime 1911-1913)
Un corriere desidera un figlio che prosegua il suo lavoro,
tuttavia non riesce ad averne. Per puro caso gli capita una commissione in cui
ha l’opportunità di fare del bene ad uno sconosciuto, ma nonostante la buona volontà
non ottiene l’effetto desiderato. Il committente gli regala un figlio che si
rivela essere una tartaruga con volto di bambino. Questi viene cresciuto da lui
e la moglie con grande amore, a dispetto della menomazione e alla fine, le sue
buone intenzioni vengono ripagate.
Queste sono solo alcune delle fiabe di Luigi Capuana, tratte dalle
Raccolte C’era una volta… Fiabe, da Il Raccontafiabe Seguito al
«C'era una volta...», da
Chi vuol fiabe, chi vuole? e infine da Si conta e si racconta (Fiabe minime 1911-1913).
A partire dal 1882 Luigi Capuana da scrittore verista diventa
narratore di fiabe con grande successo, tanto che la sua prima raccolta, C’era una volta..., viene ristampata
venti volte e gli permette di non avere problemi economici. Alcuni indizi,
tuttavia, rivelano la sua natura verista, quali ad esempio l’assenza di
intenzioni moralistiche o il recupero del folklore siciliano. Le sue fiabe, pur essendo inventate, non si
distinguono da quelle tramandate dalla tradizione popolare, infatti il
linguaggio e la struttura narrativa si fondono con i modi narrativi popolari a
cui egli unisce però l’originale creatività, sia nelle storie, che nei
personaggi. Ne risulta un’armonia che lo valorizza e lo rende apprezzabile. Sin
dall’inizio infatti lo scrittore stabilisce un patto con il lettore, chiarendo
che lui è il vecchio cantastorie o il nonno che racconta, mentre alla fine
torna ad essere autore-complice. Anche nell’uso dei nomi si nota una perfetta
simbiosi tra invenzione e tradizione, in quanto vengono usati nomignoli che rappresentano l’essenza del personaggio e per
questo si declinano in forme alterate o composte.
Luigi Capuana |
Ad esempio diminutivi quali,
Ranocchino, Tartarughino sono dati a personaggi vittime di un’esclusione. Capuana è
attento anche alle illustrazioni di cui riconosce l’importanza nella funzione
comunicativa ed è molto abile nell’inserimento di strutture ritmico-poetiche in
punti precisi del racconto rendendolo fluido e vivace, favorendone così la comprensione
e la memorizzazione. Per lui la fiaba è una produzione
artistica e non solo un genere destinato ai bambini, anche se la sua lunga
esperienza pedagogica traspare nelle scelte di stile e nella conoscenza del
mondo infantile a cui si rivolge non trascurando la morale, seppur non esibita.
Inoltre egli stesso annuncia che la scrittura delle fiabe è un fatto
eccezionale per lui, senza paragoni con le altre sue opere, sottolineando che
queste ultime sono l’esito di una programmazione, mentre le fiabe nascono da un
entusiasmo che lo rende strumento di una ispirazione esterna, evidenziando che
prova grande piacere a scriverne. Capuana scrive le sue fiabe adottando un italiano non solo di stampo
manzoniano, ma notevolmente rivolto alla letteratura, tuttavia Rosaria Sardo
scrive che i sicilianismi nascosti
a livello fraseologico sono tanti e alcuni manipolati in modo parziale, come ad
esempio nel caso di: Rodere qualcuno (vivo),
per “colpire, affliggere una persona” o “angosciare preoccupare profondamente” in
siciliano rusicarisillu vivu vivu (Si
racconta che c’eraun povero diavolo, il quale aveva sette figliuoli, che
se lo rodevano vivo - Ranocchino). Il siciliano si trova nascosto anche nelle
filastrocche che punteggiano le fiabe di Capuana, per esempio in Chi la vuol
cruda, chi la vuol cotta/Chi non gli piace, me la riporti. Ranocchino. Rima siciliana sottesa: cotta/m’arripotta.
Teatro stabile di Catania |
L’universo fiabesco di Capuana è popolato da fate, maghi, nani,
streghe, orchi, lupi mannari, ma anche da personaggi della vita reale, reucci,
reginotte, ministri ricchi e potenti, accostati a contadini, sarte, falegnami,
cuoche, corrieri, quasi sempre indigenti. Ci sono grilli, ranocchini, bambini
minuscoli, principesse - serpenti, una tartaruga con la testa da bambino, una
bimba piccina che viene offerta a una sirena e vecchine prese in giro pronte a
scagliare maledizioni. L'elemento fantastico e magico, nelle fiabe di Capuana,
si unisce al quotidiano, che emerge dalle descrizioni di poveri paesi, di
stradine animate da ragazzacci che si inseguono, dalle chiacchiere delle donne
impegnate a cucire o cucinare sulla soglia di casa. Nelle sue fiabe si possono
facilmente riconoscere molte funzioni individuate
da Vladimir Propp, linguista e antropologo russo, quali l’allontanamento, la partenza, il viaggio, la prova,
il mezzo magico, il ritorno, il lieto fine. Si parte da una situazione iniziale modificata da qualcosa di inaspettato, o da un’azione cattiva e
successivamente il racconto si sviluppa, con un intreccio articolato,
attraverso diverse avventure che
vive il/la protagonista, prima della conclusione. I personaggi sono l’eroe,
l’antagonista, il donatore, l’aiutante, la persona
ricercata, il mandante.
Spesso i protagonisti riescono ad apportare dei cambiamenti alla loro vita, grazie
al sostegno di aiutanti magici,
maghi e raggiungimento il lieto fine. Tra i motivi ricorrenti presenti in altre
fiabe, troviamo: la coppia che desidera un figlio, l’abbandono del bambino da
parte del genitore, l’anellino fatato, il bambino minuscolo, la gelosia tra
sorelle e le trasformazioni in animali.
“Capuana
scrittore per l’infanzia ha ricevuto nel tempo unanimi consensi per un
corpus narrativo unico per consistenza, varietà e felicità di realizzazioni in
Italia, dopo Collodi e prima del geniale mae-stro/letterato novecentesco
Rodari.” Rosaria Sardo in Il dialetto nascosto nelle fiabe di
Capuana, fra istanze normative e istanze mimetiche
Franca Palmieri, 8 Maggio 2018