Il rumore della nebbia di Mauro Macario visto da Viviane Ciampi

Caro Mauro,

Ora ne sono certa: 


L'aria di Rimini ti fa bene! Ho avuto il privilegio di leggere il tuo “ultimo” (parole tue) libro di poesie procedendo piano, per ordine, a partire dalla toccante composizione “Crociera forza sette” in cui trovo i versi: "Le conchiglie frantumate sulla battigia / hanno lasciato le voci sul fondo / a calpestarle /scrocchiano come ossa rotte / la memoria fragile dei vecchi / si china ogni inverno / su spiagge gelate / a incollare sussulti / al silenzio dell'età". Queste parole hanno avuto un impatto profondo su di me e mi hanno spinto a riflettere sulla natura effimera della vita e della memoria. Ma l’interezza delle composizioni del libro sanno rivelare la bellezza intrinseca della vulnerabilità umana, dell’amore cantato e decantato, le illusioni e delusioni e la capacità (o no) di affrontare il passare del tempo con grazia e profondità emotiva.

Mentre leggevo la poesia eponima "Il rumore della nebbia", ho assistito alla cattura, in modo strettamente fotografico dell’immagine del "rumore biancastro" che "scivola a fecondare / rinascite impossibili" riuscendo a farci percepire la nebbia non solo come fenomeno meteorologico, ma come una casa malferma nel tempo, come una forza poetica potentissima, dimodoché si possano creare nuove opportunità e suggestioni, senso di mistero come di trasformazione.

E in ciascuna delle pagine, ho notato come tu rimanga fedele alla tua linea poetica, ma allo stesso tempo introduci novità intriganti che aggiungono complessità e mettono in evidenza la tua capacità di esplorare altre prospettive.

I versi "un fiato di tanti fiati / vuole portarti via / staccarti dal suolo" sono particolarmente intriganti. Rappresentano una sorta di richiamo alla fuga dalla realtà, un'esperienza di distacco e liberazione. La tua poesia riesce a toccare le corde dell'immaginazione e spinge il lettore a riflettere su concetti come il tempo, e la connessione con il passato. Aggiungo che è il libro di chi si è guadagnato il lusso di poter esprimere il proprio disappunto. Lo hai sempre fatto. Ma qui non hai bisogno di gridarlo.

Notevole La poesia finale "A questo punto / la storia finisce qui," dove annunci con serenità la fine del tuo racconto, suggerendo che la tua vita, come tutte le storie, hanno una conclusione inevitabile, ma senza ansia eccessiva, senza osare la parola gioia ma con un’ accettazione pacifica della fine.

La menzione della "capacità di creare / tramite seduta spiritica / mi manca lo confesso" è un riferimento all'idea di comunicare con i morti attraverso medium o sedute spiritiche, suggerendo un desiderio di lasciare un'impronta anche dopo la morte, ma ammettendo la tua incapacità di farlo. E qui scatta l’ironia che ti contraddistingue. È sempre ironia della disperazione quando non manca il desiderio di essere ricordato con una "bella copertina," una "foto in gioventù" (vezzo di un dandy?) e la "prefazione / di tutti quelli che ho amato," sottolineando l'importanza del ricordo e dell'amore indispensabile alle nostre vite. Le pagine si concludono con uno sberleffo al “nemico”. Ma sì, Mauro, meglio “un insulto postumo" a un tardivo sentimento, perché ‒ fedele a te stesso come già ebbi a dire ‒ preferisci la sincerità e la verità, anche se espressa in forma negativa. Condivido queste parole veraci nei confronti dei tuoi simili!

Sono ansiosa di continuare a leggerti ‒ anche se questo libro somiglia a un testamento ‒, a esplorare ulteriormente i tuoi pensieri, le emozioni attraverso la poesia, le note saggistiche, i romanzi. Viviamo felici in attesa dell’ultimo respiro!

Con l’affetto di sempre,

Viviane