Victor Hugo Quintanilla Coro: Testimonianza


Scopro questo poeta o personaggio pubblico o, chissà insegnante boliviano con questi versi
e per tutta la notte non faccio che tradurre ma  non basta. Vorrei sapere cosa fa, gli anni, dove e se insegna, se giovane o vecchio e con chi ha, se lo ha davvero un rapporto con questsa donna, anctica e magica, misteriosa e dolente che non riesce a togliersi di dosso.
Allora quel sangue diventa mio e traduco con la curiosità del bambino che vuol conoscere questo compagno di giochi che vive dall'altra parte della terra!

(beppe costa)

Testimonianze

1.

Ti ho incontrata
quando gli uomini aarrivavano da te,
per sfogarsi sulla tua pelle di immigrata.

Il tuo sorriso li allontanava
da letti apocalittici,
da dove sono tornati come se il tuo grembo
potesse restituire loro la dignità.

Ti stavo cercando
come se avessi diverse vite
così da perdermi in te,
disposto a sacrificare la mia unica stella
e vivere quel sangue di altri destini.

Quando hai permesso che mi scoprissi in te
eri un animale mitologico
a divorare le mie carni,
una femmina indigena
affilando lame con le mie ossa,
una zingara dolente
che somministra pozioni segrete
con i miei capelli.

Mi hai abitato
senza mascherarti in nesuna fede,
senza la speranza di alcuna stirpe.

Eri solamente tu
-completa com’è l'universo-
rendendoti presente una e più volte
con i desideri più antichi di questo mondo.

Poi sei sparita avvolto
nella nebbia di albe impossibili,

lontano da quei desideri
ignara del tuo modo di essere donna.

Hai camminato come se la vita degli altri
non iniziasse da nessuna parte,
come se l'illusione più cieca
veniva pacificata per sempre
nel tuo sguardo.

Mentre gli altri strisciavano verso di te,
come fossi la terra promessa,
Ero un uomo
inconsolabilmente autunnale all'interno,
un uomo vecchio che si strappa la pelle
per scoprirti
in qualche nuova ferita.

Quando nient'altro poteva rassegnarmi,
sei riapparsa ancora con tutte le donne
apparse tuoi occhi,
aperti per arrendermi alla fine del mondo.

Mi hai posseduto con il rapimento della vergine
cercando di recuperare la pura innocenza ,
con l'incuria di una pancia
che non ha cercato di ridare la vita.

Ero allora
un uccello meno assetato sulla terra,
un nuovo Lazzaro
giurando di darti una ancor meglio resurrezione,
un vagabondo
che canmmina di dritto verso le tue gole.

III

Ma la tua assenza si è fatta sentire ancora una volta
con l’antica età del nulla
e nei miei occhi nidificavano uccelli di sabbia
che mi prudevano
nel caso tu fossi in quelli.
Così difficile trovarti!
in mezzo a tanta luce!

Come Adamo mi sono rassegnato a perderti
decidendo di rinunciare
alla sua prima disobbedienza.

Partii
una guerra nostalgica fuori luogo,
un altro espatriato della tua carne,
una croce senza fondo che moltiplica il suo sale
per una donna coltivata nell'orgoglio
che non smette di aprirsi come un abisso.

Il vuoto mi ha trasformato in mostro
la tua voce ignorava le mie parole
mi vedo precipitare nel tempo
con la domanda che ho deciso
di non farti mai.

traduzione dallo spagnolo: Beppe Costa

TESTIMONIO

1

te conocí
cuando los hombres llegaban a ti,
para desahogarse en tu migratoria piel.

Tu sonrisa solía llevarlos
a lechos apocalípticos,
de donde volvían como si tu regazo
les hubiera devuelto la dignidad.

Yo te buscaba
como si tuviera varias vidas
para perderlas contigo,
dispuesto a sacrificar mi única estrella
y vivir en la sangre de otros destinos.

Cuando te dejabas descubrir en mí,
eras una fiera mitológica
desprendiéndome la carne,
una hembra indígena
afilando lanzas con mis huesos,
una dolorosa gitana
haciendo pócimas secretas
con mis cabellos.

Me habitabas
sin la máscara de ninguna fe,
sin la esperanza de ninguna estirpe.

Eras únicamente tú
-completa como el universo-
haciéndote presente una y otra vez
con los deseos más antiguos de este mundo.

II

Luego desaparecías envuelta
en la neblina de madrugadas imposibles,
lejos de aquellos anhelos
ajenos a tu forma de ser mujer.
Caminabas como si la vida de los demás
no empezara en ninguna parte,
como si la ilusión más ciega
estuviera pacificada para siempre
en tu mirada.

Mientras otros se arrastraban hacia ti,
como si fueras la tierra prometida,
yo era un hombre
desconsoladamente otoñal por dentro,
un viejo estepario desgarrándose la piel
por si te descubría
en alguna nueva herida.

Cuando ya nada más se podía resignar en mí,

aparecías otra vez con todas las mujeres
despiertas en tus ojos,
abiertas para entregarme el fin del mundo.

Me poseías con el arrebato de una virgen
buscando recuperar su primera inocencia,
con la despreocupación de un vientre
que no buscaba repetir la vida.
Yo era entonces
un pájaro sediento menos en la tierra,
un nuevo Lázaro
jurando entregarte su mejor resurrección,
un vagabundo
con el camino horizontal hacia tus desfiladeros.

III

Pero tu ausencia regresó una vez más
con la edad más antigua del vacío
y en mis ojos anidaron aves de arena
que me picaban las miradas
por si te encontrabas en ellas.
¡Era tan difícil encontrarte
en medio de la luz!
Me resigné a perderte
como un Adán que decide renunciar
a su primera desobediencia.

Fui
una extraviada guerra de nostalgia,
un expatriado más de tu carne,
una cruz sin fondo multiplicando su sal
por una mujer cultivada en un orgullo
que no deja de abrirse como un abismo.

El vacío me convirtió en un monstruo
que calló tu voz en mis palabras
y me dejó caer en el tiempo
con una pregunta que decidí
no hacerte jamás.

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