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Nessun personaggio di fantasia è stato maltratto.
La Giornata Mondiale della Poesia, nasce nel 1999. Il suo scopo è quello di supportare e incoraggiare la scrittura poetica ma non solo; anche la lettura e la pubblicazione dei versi poetici svolgono un ruolo fondamentale. Ne è incentivato anche l'insegnamento, in tutti i paesi del mondo. La giornata della poesia viene celebrata ogni anno: il 21 marzo.
Cos’è e perché si festeggia ?
La Giornata Mondiale della poesia viene indetta per la prima volta dall'Unesco nel 1999, riunitasi per la 30esima Conferenza generale, a Parigi. Nella dichiarazione è chiara l’esigenza di "dare nuovo riconoscimento e slancio ai movimenti poetici nazionali, regionali e internazionali".
La promozione della cultura è rivolta a tutti e non più riservata solo ai “circoli letterari”. Questo è un punto cardine dell’istituzione, che ne rende la funzione estremamente educativa e alla portata di ognuno.
In tutto il mondo si cantano versi “bucolici” e su iniziativa di chi si è sempre impegnato per la promozione della poesia, si svolgono varie iniziative; soprattutto nei parchi. La poesia si fonde con la natura, da sempre ispiratrice dei poeti, creatori di versi.
In questo 2024, tra le iniziative organizzate
troviamo: la Giornata da Pellicanolibri, nel quartiere di Casalotti, in via
Gattico, 3, che la organizza da diversi anni il giorno 22 marzo e, il giorno
dopo, il 23 al Parco della Cellulosa nello stesso quartiere di Roma, struttura importante del Comune, tutte e due gli incontri sono organizzati
da Beppe Costa con inizio alle ore 17:30 e la partecipazione di tanti ospiti dall’Italia
e dall’estero,
l’ingresso
è libero. Oltre la poesia ci saranno alcuni musicisti fra questi Nicola Alesini, Lorenzo Neroni e Francesco Bressanelli
Letture di Marcello Aslan
Il M° Nicola Alesini |
Treccani per l’occasione ad un grande della letteratura italiana rende omaggio voce regina del 900: Umberto Saba. Nato a Trieste nell’83 e morto a Gorizia nel 1957. A ricordarlo sarà lo scrittore Mauro Covacich che dedicherà una lezione show a Saba, autore del noto romanzo Ernesto, porta-voce e narratore indiscusso di sentimenti.
L'evento si terrà il 21 marzo a Roma, alle ore 18:00 presso la sala Igea dell'Istituto della Enciclopedia Italiana in Piazza della Enciclopedia Italiana 4. L’iniziativa è ad ingresso libero, fino a esaurimento posti.
Ad uscirne fuori è un risultato quasi musicale capace di connettere il proprio spirito a quello universale.
Per chi non lo fosse, non lo sia o semplicemente non lo sappia ancora, l’augurio è quello farsi attraversare da questa magia e dalla bellezza, in grado ancora di emozionare come poco altro al mondo.
Arianna Tomassetti
Lorenzo Neroni |
La condizione del dolore a cura di Beppe Costa, Edizioni Di Carlo: https://www.dicarloedizioni.it/
Adel Khozam, Alfredo Pérez Alencart, Alfredo Vasco, Arianna Tomassetti, Cheikh Tidiane Gaye, Claudio Moica, Daniela Dante, Emanuela Maggini, (in arte Melita Ruiz), Era Buçpapaj, Evan Myquest, Luigi Paciello, Mark Lipman, Nenad Glišić, Olimbi Velaj, Patrizia Nizzo, Poul Lynggaard Damgaard, Rashid Khair, Rosana Crispim Da Costa, Rossana Jemma, Sara Capoccioni, Ugo Magnanti
Francesco Bressanelli |
Come scrive Alfredo Pérez Alencart: Oggi tocca al Perù ma anche alla Spagna. L’autore è nato a Puerto Maldonado, nel 1962 e dal 1987 insegna all’Università di Salamanca. A breve arriva in Italia.
con Alfredo a Maghar (Galilea, ospite del Nisan festival) |
Rinascere ancora...
Chissà sotto quale
forma;
e sopportare i limiti
che una pace eterna,
promette di portare via con sé.
Basterebbe forse un
solo istante
fuori dalla carne,
per godersi quel secolo di vita
trascorsa dentro un’anima.
Lasciamo pure credere
al fato
d’essere lui a decidere
chi di gioia vestirà l’esistenza.
E alla ragione,
concediamole la possibilità
di passeggiare allegramente
lungo le vie del dolore,
senza ribellarsi
all’indubbia sua saggezza.
O follia, quale colpa
ti si può attribuire
se abbiamo necessità di credere
a tutto quel che smuove
gambe stanche...
alla sfrontata ricerca del piacere.
L’uomo e la sua
morale:
una foglia caduta
in primavera
che nessuna mano
oserà mai cogliere.
Ombre di luci
innescano suoni,
sordi lamenti di pace smarrita.
Rinnego la vita
se questo è il mio giorno,
che stanco s’arrende
a nuove emozioni.
Da tempo predico
calma,
ma intanto m’invade
il pensiero indolente
che posseder tutto
non rende felici.
Sorrido alle lacrime
di un vecchio ricordo,
triste bisogno,
di un ultimo sogno.
Se esistere è piangere,
allora che fare?
Meglio burlarsi
del proprio dolore.
Giochi di ombre
a due passi dal mare:
un’onda promette
di prendersi tutto.
Giuro che è l’ultima!
L’ultima dannata volta
che affido alla cenere
i miei pensieri.
Sono stufo...
Stanco di tutti i
buoni propositi
e delle delusioni che si celano in essi.
Ci sarà pure un
desiderio
ancora inespresso?
Dovesse avverarsi
pazienza!
Per una volta sola fa niente.
Poggio un occhio sul
mio vizio:
manca poco.
Doveva essere l’ultima.
Certo!
Ma quando non ho mai
deluso me stesso?
Sfilo dal pacchetto
l’ennesima “ora” in meno:
la guardo, mi sorride,
quindi la serro fra le labbra.
Giace mezza
addormentata
attendendo la sua fine.
Le do fuoco
dolcemente,
aspirando le sue pene.
Un brivido scuote le
già tenui certezze:
sospiro che illude la carne,
arrogante virtù dell’inumano essere.
Estratti di antiche
conoscenze
a riparo da ogni dubbio,
ormai destinate a perire dietro le quinte
di questo osceno spettacolo.
Dove tutti recitano
una parte,
ma nessuno indossa
i panni del protagonista.
Credimi sciocco
teatrante:
questa vita è fatta
solo di comparse!
Avrai ciò che desideri
solo quando il tempo,
burlandosi del tuo domani,
ti sussurrerà all'orecchio:
“Tieni pure il resto”.
Allora è questa la felicità?
La frigida essenza di
un istante
che dribbla l’anima
e si schianta feroce
contro il primo senso di colpa!
Che idioti siamo!
Schiavi di un
desiderio
che rigurgita un sorriso,
fatto solo per dimostrare
a chi ci ama
che siamo ancora vivi.
Vivi certo, come un
sasso
che dal fondo di un fiume
maledice quella mano
che osa raccoglierlo ancora.
E morti, come un fiore
appena sbocciato e già colto,
che profuma di un’esistenza
fin troppo fragile.
Allora a che serve
sorridere?
Quando su quell’altalena
non siederà più nessuno,
sarà comunque delle lacrime
che malediremo il sapore.
Non è una risata
a benedire l’avvento,
ma lacrime copiose
che sporcano di vita la terra.
Qui, dove per
esistere,
bisogna trovarsi un posto
che non pretenda un domani,
sotto stelle affievolite
da quell’ottavo giorno:
l’unica salvezza ha gli occhi
spenti del prevaricato.
Un’alba sconosciuta
e orologi fermi,
le cui tentazioni inquiete
di cui nessuno parla,
sono sentieri fatti apposta
per chi non vuol sapere.
Quando l’amore finisce
non resta che aggrapparsi al desiderio.
E diveniamo spazi
troppo stretti,
per infilarci dentro
ciò che siamo.
Occhi spinti verso
l’altrove
e un’unica caparbia volontà,
capace di rimanere in vita,
attendendo l’eterno riposo.
Non c’è tempo che
possa brandire
mani costrette a indossare pugni.
Questione di pochi secondi!
Un colpo sul viso
e mille cuori infranti.
Non una voce
si leva misericordiosa,
a redarguire il dubbio,
maledicendo ogni certezza.
Qui, dove tutto è
niente,
forse m’illudo di esistere
solo perché d’inerzia sopravvive
Il Centro Nazionale del Libro e della Lettura albanese comunica che il libro di Olimbi Velaj La felicità degli altri è finalista al Premio Nazionale di Letyteratura nella sezione poesia. Il libro è pubblicato in Italia da Pettorosso editore, in edizione originale albanese e tradotto in italiano da Valbona Jakova.
Isbn 978-88-98965-41-0, € 12.00 |
prefazione:
Come fosse la morte e l’amore l’unica compagna e i ricordi l’unica compagnia.
Quando la poesia diventa storia universale, cui è difficile sottrarsi. Ogni paese ha avuto la propria razione di tragedie, i propri conflitti e abbandoni.
A volte senza speranza le vicende sono state rimandate attraverso la poesia più che dalla storia, sempre partigiana a seconda del lato dove gli occhi scorrono le immagini.
I versi di Olimbi Velaj, più di altri, rappresentano il racconto della sconfitta, dell’assenza da qualsivoglia lato si voglia guardare. Senza rancore alcuno. Prevale il dolore non cieco semmai addolcito da una grande tenerezza che scorre da una pagina all’altra coinvolgendo il lettore:
È caduta anche questa notte
nella profondità delle leggende
come un suono d’acqua
nel buio è sprofondato il mondo
In guerra e in amore abbiamo perso tutti, conflitti senza medaglie e senza eroi. Perdendo l’amore che, a differenza delle macerie di strade e palazzi, non potranno più ricostruirsi,
Ma questo è un passaggio lento e costante nella memoria di chi ha visto. con occhi increduli, consumarsi la tragedia di lutti, di distruzioni quando neanche le stelle avevano il coraggio di apparire in cielo.
Fra i ricordi c’è appunto ampio spazio per la tenerezza:
Tra questi paesaggi poi mi delizio
perché più chiaro tu sei
quando non ti ho.
E mi muovo dentro me, lontana dagli altri
in alto e di lato e nell’aria
con pensieri oscillanti ed eccessiva immaginazione
Così appaiono momenti vissuti quasi con stupore, come
brevi libertà acquisite malgrado noi. Basta così poco ed è già tanto.
Te lo ricordi
là c’era la sabbia
gialla come tutte le morti
e scivolosa
e noi costretti a camminare piano
e nello stesso spazio di tempo
altrove saremmo andati lontano…
Così la poesia trova, come a volte e raramente accade,
quel contraltare fra amore e morte. Intense le pagine dell’uno e dell’altra, come
filo logico l’Autrice tesse la trama della storia universale raccontata attraverso
la propria esperienza. Non è mai oscuro il pensiero, privo di metafore vuote,
spesso oggi utilizzate quando non si ha nulla da narrare o non si hanno le capacità
per farlo senza cadere in populismi o retorica.
Ne è ben consapevole la Velaj, già giornalista e
corrispondente di guerra, ma ancora sul campo a combattere stupidità e
corruzione. Quest’ultima che affligge da gran tempo il suo paese (come tanti
altri). Una lotta che sebbene non mostri segni visibili, viene vissuta con
determinazione, a volte con rabbia, in un paese che negli anni ha visto vari
tentativi per passare da una dittatura all’altra e a una finta democrazia, dove
le lotte per il potere sono proseguite e proseguono a discapito di un popolo disarmato.
Di nuovo, come allora, il fumo si dissolve
nell’aria tremante
sul mio stupore senza verso…
forse sono giunta qui per cercare ricordi
nella silenziosa gioia del passato
dove l’amore fendeva come un pugnale[…]
e;
[…]Forse sono tornata qui
per amarti nuovamente
e per dirti che i tuoi occhi
non si spengono
durante tutti questi miei percorsi.
Le pagine scorrono come tappe e stanze nel percorso della memoria: non importa se l’amore sia stato breve, lungo o intenso. Importante il contrasto dei momenti così diversi vissuti da divenire quasi la vita presente. Raccontare del proprio passato in versi così limpidi e convincenti rende complice il lettore, consapevole che la poesia è l’unica arma possibile contro le brutture cui giornalmente assistiamo. In lei e spero anche nel lettore c’è la possibilità di rivivere il passato per risolversi nel presente. Nessuno ne è immune.
Beppe Costa
Sikur të ishte vdekja dhe dashuria e vemja shoqe dhe
kujtimet e vetmja shoqëri. Kur poezia bëhet histori universale pikërisht
atëherë është e vështirë t’i shmangesh.
Çdo vend ka pasur hisen e vet të tragjedive, konfliktet
dhe braktisjet e tij. Ndonjëherë pa shpresë, shumë shpesh ngjarjet janë shtyrë
përmes poezisë më shumë se sa prej historisë, gjithmonë partizane në varësi të asaj
ane nga ku sytë vëzhgojnë si rrjedhin imazhet. Vargjet e Olimbi Velajt, më
shumë se të tjerët, përfaqësojnë historinë e humbjes, të mungesës nga çdo anë
që do të dëshironit të hidhnit sytë.
Pa asnjë lloj mërie. Mbizotëron jo dhimbja e verbër, por
ajo e ëmbëlsuara nga një butësi e madhe që rrjedh nga një faqe e librit në tjetrën
duke e përfshirë dhe duke e bërë për vete lexuesin:
Ra edhe kjo natë
në fundin e legjendave
si një tingull uji
në terr u fundos bota
Në luftë dhe në dashuri kemi humbur të gjithë, konflikte
pa medalje dhe pa heronj. Humbja e dashurisë, ndryshe nga rrënojat e rrugëve
dhe pallateve, nuk ka më mundësi rindërtimi. Por ky është një pasazh i
ngadalshëm dhe i vazhdueshëm në kujtesën e atyre që kanë parë me sy të
pabesueshëm konsumimin e tragjedisë së zisë, të shkatërrimit, kur edhe yjet nuk
kishin më guxim të shfaqeshin në qiell.
Përmes kujtimeve shpaloset një hapësirë e madhe të cilën e mbush me butësi:
Nëpër këto pamje këndellem më pas
sepse më qartë ti je
kur s’të kam
Dhe lëviz brenda vetes, larg të tjerëve
lart dhe anash dhe në ajër
me përmbajtje valore e tepri imagjinate
Në këtë mënyrë shfaqen momente të jetuara pothuajse me
habi, si liritë e shkurtëra të fituara pavarësisht nga ne. Mjafton kaq pak që
në fakt është shumë.
E mban mend
atje ka qenë rëra
e verdhë si të gjitha vdekjet
dhe e rrëshqitshme
dhe ne ecnim detyruar ngadalë
dhe në të njëjtën pjesë kohe
diku tjetër do kishim shkuar larg…
Kështu që poezia gjen, siç mund të ndodhë rrallëherë, një
lloj kontrasti midis dashurisë dhe vdekjes. Intensive faqet e njërës dhe të tjerës,
si një fill logjik. Autorja thur përmbajtjen e historisë universale duke e
rrëfyer nëpërmjet përvojës së saj. Tek ajo nuk është asnjëherë i errët mendimi,
i privuar nga metafora të zbrazëta, shpesh të përdorura sot kur nuk ka më asgjë
për t’u treguar ose për faktin se nuk kanë aftësi për ta bërë atë pa rënë në
populizëm, apo retorikë. Velaj është shumë e vetëdijshme, tashmë një gazetare
dhe korrespondente e luftës, por ende sot në fushën e betejës për të luftuar marrëzi
dhe korrupsione. Ky i fundit ka ndikuar negativisht në vendin e saj për një
kohë të gjatë (si shumë të tjerë). Një luftë që, megjithëse nuk tregon shenja
të dukshme, përjetohet me vendosmëri, nganjëherë me zemërim, në një vend që
gjatë viteve ka parë përpjekje të ndryshme për të kaluar nga një diktaturë në tjetrën
demokraci, të rreme, ku luftërat për pushtet kanë vazhduar dhe vazhdojnë në dëm
të një populli të çarmatosur.
Përsëri, si atëherë, tymi hepohet
në ajrin e dridhshëm
mbi hutimin tim pa kahe…
Ndoshta erdha këtu për të gjetur kujtime
në gëzimin e heshtur të së shkuarës
ku dashuria si një kamë ngulej […]
dhe;
[…]Ndoshta kam ardhur këtu
për të të dashur prapë
dhe të të them se sytë e tu
nuk u shuan
në asnjë prej endjeve të mia
Faqet rrjedhin si etapa dhe dhoma në rrugën e kujtesës:
nuk ka
rëndësi nëse dashuria do të ishte e shkurtër, e gjatë, apo intensive. Mjaft
i rëndësishëm kontrasti i momenteve kaq të ndryshëm të jetuar në
një mënyrë të tillë, aq sa do të bëhen pothuajse jetë e pranishme. Rrëfimi
i së kaluarës së saj në vargje kaq të qarta dhe bindëse e bën atë
të bashkëpunojë me lexuesin, të vetëdijshëm se poezia është arma e vetme e
mundshme kundër shëmtisë për të cilën dëshmojmë dhe të cilën
e jetojmë çdo ditë. Tek ajo dhe shpresoj edhe tek lexuesi, ekziston mundësia
për të rijetuar të kaluarën për të gjetur zgjidhjen në të tashmen.
Askush nuk është imun.
Beppe Costa
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Premio Pellicanolibri alla carrieta 2023 per la Poesia e la traduzione
EMBERS OF COMPASSION War's relentless fury breeds despair
and pain, Leaving behind shattered lives and
dreams. Let empathy and kindness be our main, And bridge the gaps that war has
torn, it seems. War's fiery blaze consumes both land
and soul, Leaving behind ashes of broken trust. Let compassion reign and hatred's
flames control, And turn the tides towards peace, fair
and just. |
BRACI DI
COMPASSIONE
La furia implacabile della guerra genera disperazione e
dolore, Lasciando dietro di sé vite e sogni frantumati. Che l'empatia e la gentilezza siano la nostra guida
principale, E colmino le lacune che la guerra sembra aver
strappato.
La fiammeggiante ardente della guerra consuma sia la
terra che l'anima, Lasciando dietro di sé ceneri di fiducia infranta. Che la compassione regni e controlli le fiamme
dell'odio, E inverta le maree verso una pace giusta ed equa. |
BLOSSOMS OF PEACE In war's cold embrace, love withers
away, And hope succumbs to the chaos and
strife. Let peace's gentle touch lead the
way, And bring an end to war's destructive
life. War's shadow looms, casting darkness
on our days, But love's resilient light can never
be denied. Let us unite, in peace's name,
always, And forge a world where swords are
laid aside. War's battlefield, a tragic stage of
pain, Where brothers and sisters turn to
foes. Let understanding and dialogue
regain, The chance for peace to flourish and to grow. In war's wake, cries of anguish
pierce the air, As lives are shattered and dreams are
lost. Let compassion and forgiveness
repair, And break the cycle, no matter the
cost. |
FIORENTI DI PACE
Nel freddo abbraccio della guerra, l'amore appassisce, E la speranza cede al caos e alle lotte. Lascia che il tocco gentile della pace guidi la via, E ponga fine alla vita distruttiva della guerra.
L'ombra della guerra incombe, gettando oscurità sui
nostri giorni, Ma la luce resistente dell'amore non può mai essere
negata. Uniamoci sempre nel nome della pace, E forgiaremo un mondo in cui le spade sono deposte.
Il campo di battaglia della guerra, un tragico
palcoscenico di dolore, Dove fratelli e sorelle si trasformano in nemici. Lascia che la comprensione e il dialogo riconquistino, La possibilità per la pace di fiorire e crescere. Nel risveglio della guerra, le grida di angoscia
squarciano l'aria, Mentre vite vengono frantumate e sogni perduti. Lascia che la compassione e il perdono riparino, E rompano il ciclo, a prescindere dal costo. |